LA NORMALITA’ CHE DELINQUE. VIOLENZA SULLE PERSONE FRAGILI E IMPUTABILITA’ : ASPETTI GIURIDICO-PSICHIATRICI Milano 21.11.2014 Legnano H nuovo Legnano H storico Cuggiono Magenta Dr.ssa Laura Ghiringhelli medico Psichiatra e Criminologo Abbiategrasso 1 CONCETTO DI IMPUTABILITA‘ CENNI STORICI Il principio secondo il quale chi sia folle, alienato, affetto da disturbo o sofferente psichico, malato di mente in modo da vedere compromesse le capacità di comprensione o di libera determinazione debba essere considerato meno o per nulla responsabile dei propri atti è principio di antica data e di quasi universale accettazione. Diritto Romano, legislazione Giustiniana, diritto Penale Canonico, Codice Napoleonico, Codice Zanardelli, Codice Rocco 1930 2 DEFINIZIONI INTENDERE: ovvero l’essere in possesso delle capacità cognitive, di comprensione e previsione. E’ il discernere rettamente il significato, il valore, le conseguenze fattuali, morali giuridiche delle proprie azioni VOLERE: libero autodeterminismo in vista di uno scopo, come la possibilità di optare per una condotta e di resistere agli stimoli 3 ART.88, 89 c.p. GRADUALITA’ DELLA IMPUTABILITA’ Art.88: vizio totale= la malattia ha agito; Art.89: vizio parziale=la pena è diminuita; CRITERIO CRONOLOGICO Caratteristiche dell’infermità al momento del fatto, indagine criminogenetica e criminodinamica CRITERIO EZIOLOGICO O CAUSALE 4 Diagnosi sull’imputabilità 1. Il giudizio sull’imputabilità va riferito al momento della commissione del fatto delittuoso (criterio cronologico). 2. Deve essere presente un rapporto di causalità fra il disturbo mentale e il delitto (criterio di causalità): i motivi del delinquere devono ricondursi ai meccanismi psichici morbosi. Non basta la presenza di una qualsivoglia ancorché grave infermità, ma essa deve presentare caratteristiche tali da aver partecipato alla genesi e alla dinamica di quel particolare reato - valore di malattia del fatto-reato (valutazione psichiatrica/criminologica). La malattia mentale non sempre e non necessariamente investe tutta la personalità 5 Inquadramento diagnostico nosografico (criterio 1: il classificare) Conferimento di “valore di malattia” (infermità) all’azione commessa (criterio 2: il valore di malattia dell’atto) Traduzione della valutazione psicopatologica-clinica in giudizio quanti-qualitativo (criterio 3: il valutare) 6 CONCETTO DI INFERMITA’ IN PSICHIATRIA FORENSE Concetto di infermità è diverso da quello di malattia Al Giudice non può interessare una eventuale diatriba nosogafica bensì interessa solo sapere se e quali conseguenze ne siano derivate a carico della capacità di intendere e volere al momento del fatto. Non ci sono tavole sinottiche né un parallelismo tra diagnosi psichiatrica e categorie giuridiche. 7 Perizia psichiatrica vs perizia psicologica/criminologica Tutto ciò non deve tuttavia significare una rinuncia ad un ampliamento dell’indagine psichiatrica, attraverso l’introduzione di elementi relativi alla “biografia di vita” del periziando al fine di meglio comprendere le soggettive motivazioni e la stessa sofferenza di molti autori di reato. A tale riguardo Fornari (2005) sottolinea come il “comprendere”, ovvero il rispondere alla domanda ”perché lo ha fatto?”, attraverso l’esecuzione di una semplice inchiesta biopsicosociale, tendente a raccogliere dati obiettivi sulla condizione esistenziale del reo (come peraltro richiesto al Giudice ex art. 133 c.p. “[…] dalle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo”), può contribuire, pur rimanendo entro binari rigorosamente psichiatrici, ad illustrare la criminogenesi e criminodinamica del fatto. Tuttavia nozioni quali disturbi mentale (diagnosi clinica), valore di malattia (diagnosi psicopatologica) e infermità (valutazione normativa) devono essere tenute separate e distinte da ipotesi criminogenetiche e criminodinamiche pena il rischio di incorrere nel divieto di cui all’art. 220, 2 c., c.p.p. 8 normalità in psichiatria Perizia psichiatrica vs perizia psicologica/criminologica La diagnosi psichiatrica rimane il momento fondamentale ed insostituibile per la valutazione dello stato di mente del periziando e del valore di “malattia dell’atto”, non potendo la psicologia clinica/criminologia sostituire il contributo fondamentale e primario della psichiatria. Tuttavia la sola diagnosi psichiatrica risulta insufficiente per orientarsi nei percorsi motivazionali che hanno portato al crimine. La dimensione del comprendere psicologico/criminologico, sebbene debba essere tenuta ben distinta dalla ricostruzione psichiatrica/psicopatologica, può tuttavia fornire un utile supporto alla valutazione di quei percorsi psicodinamici che possono contribuire alla spiegazione dell’atto (il comprendere), divenendo parte integrante dell’elaborato peritale, quando criminogenesi e criminodinamica trovano il loro contenitore formale e sostanziale in un funzionamento patologico psichico di rilevanza forense (Fornari, 2005). 10 NORMALITA’-DEVIANZA Quando noi parliamo di "comportamento normale", noi di solito contrapponiamo al comportamento normale quei comportamenti che chiamiamo "anormali", o più precisamente "comportamenti devianti". Ora i "comportamenti devianti", non sono sempre folli. Possono essere comportamenti, per esempio, di tipo criminale. Anche le criminalità hanno forme di devianza. Oppure possono essere comportamenti, diciamo strambi, originali. Ci sono persone, di solito una piccola minoranza, che, senza essere né folli né criminali, hanno dei comportamenti originali, dei comportamenti fuori, dall'ordinario. Ora la cosa interessante è che noi tutti, fin da bambini, impariamo a comportarci secondo certe regole. Cioè il bambino, fin da molto piccolo, cerca di capire cos'è che si fa e cos'è che non si fa. Ma per capire cos'è che si fa, cioè quello che è, fra virgolette, "giusto", il bambino ha anche bisogno di avere un'idea di quello che non si fa, cioè di quello che non è, fra virgolette, "normale" di quello che è deviante. Quindi l'immagine della devianza, l'immagine di ciò che è fuori dalla norma, di ciò che è per certi lati sbagliato o folle oppure contro le regole ci serve per capire dov'è il confine fra ciò che ci si aspetta che noi facciamo e ciò che invece non dovremmo fare. Perciò, in qualche modo, l'immagine della devianza è un'immagine di cui abbiamo bisogno. E’ ben noto che, in una prospettiva naturalistica (neurofisiologica e psicodinamica), sia le passioni sia le intense emozioni possono influenzare sfavorevolmente la ragione, la libertà di scelta, la coerenza dell'agire, il controllo della volontà, talché ognuno sa come si possa essere “travolti” da questi sentimenti. In effetti, una persona sopraffatta dall’ira o preda di una qualsivoglia intensa passione, si trova ad avere concretamente ridotta la capacità di intendere e di volere: ma la legge ritiene che ogni individuo, purché sano di mente, debba esercitare un controllo sulla propria affettività e non debba declinare, sotto la spinta di emozioni o passioni, le funzioni inibitorie nei confronti delle pulsioni violente. Se così non fosse, ogni delitto impulsivo diverrebbe non punibile. Gli stati affettivi definibili quali emozioni e passioni non vengono ritenuti idonei a incidere sull’imputabilità. Nel caso però che gli stati emotivi o passionali riconoscano la ragione nella loro incontrollabilità in preesistenti condizioni patologiche (psicosi, disturbi dell'umore, disturbi deliranti, schizofrenia, demenze, ritardi mentali, certi disturbi d'ansia) e ne siano essi stessi una espressione sintomatologica fondamentale, tali stati emotivi e passionali verranno ritenuti idonei ad abolire o ridurre la capacità di intendere e volere in forza della coesistente malattia: non sarà pertanto tale stato emotivo o passionale ad abolire o ridurre di per sé l'imputabilità, ma la soggiacente malattia mentale. Il discriminare fra semplice stato emotivo e passionale, irrilevante sull’imputabilità, e disturbo mentale transitorio non è facile; neppure è agevole la diagnosi del disturbo in questione, proprio per la sua caratteristica di manifestarsi in modo subitaneo, in assenza di precedenti morbosi di sorta, e per la sua altrettanto rapida risoluzione, talché al momento dell' accertamento peritale di esso non vi sarà più traccia: è intuitivo che ulteriori difficoltà derivano dal fatto che in una materia tanto evanescente sono frequenti le pretestazioni. Si ritiene che la discriminante tra semplice stato emotivo e passionale (che si realizza come una reazione psichica ancor considerabile come normale) e una reazione che si configuri quale disturbo mentale transitorio (cioè come reazione di carattere morboso) è rappresentata dalla ricorrenza al momento del fatto di indicatori psicopatologici di significato psicotico. La distinzione è ovviamente fondamentale per la valutazione dell'imputabilità, presente nel primo caso ex art. 90 c.p., ed esclusa o attenuata nella seconda ipotesi. Tali parametri discriminanti sono rappresentati: - da alterazione della coscienza durante la commissione del delitto(slivellamento o abolizione della capacità di integrazione, di partecipazione consapevole all' ambiente, con perdita della coscienza di sé dei luoghi e del tempo, con conseguente impossibilità di fissazione del ricordo di quanto è accaduto); - da una frattura nei confronti della realtà, talché il soggetto vede compromessa la propria consapevole partecipazione all' evento, la capacità inibitoria e quindi volitiva; - da condotta ed eloquio globalmente disorganizzati, cioè incomprensibili, afinalistici, privi di coerenza e non motivati; - da una modalità di reagire del tutto aliena dagli abituali standard comportamentali del soggetto, talché la reazione viene ad assumere "valore di malattia" per la sua eccezionalità e unicità. Indicativi del ricorso di tali fenomeni psicotici sono anche la non conservata memoria del fatto, le conseguenti lacune nella rievocazione dello stesso, lo stato confusionale del soggetto subito prima, durante e subito dopo il delitto. Queste situazioni morbose hanno anche la caratteristica di rendere il delitto mal comprensibile e assolutamente inconciliabile con la logica comune: vuoi per l'irrazionalità del comportamento, per l'incuria o l'impossibilità dell'autore nel garantirsi l'immunità, per la enorme sproporzione fra reazione aggressiva e circostanze scatenanti, o per la subitaneità e la non programmazione del delitto, provocati dalla globale e sconvolgente implicazione emotiva del soggetto, che pare aver perduto ogni capacità di autocontrollo. I disturbi mentali transitori vengono variamente denominati con dizioni che non sempre hanno un riscontro nella nosografia psichiatrica, ma che sono peraltro comuni nelle aule giudiziarie. Viene usato frequentemente il termine di discontrollo episodico, ovvero di raptus o ancora di reazione a corto circuito e di disturbo esplosivo, intendendosi con tali termini un turbamento repentino e accessuale che si traduce in una azione violenta (appunto il delitto d'impeto) sotto la spinta di una sorta di bisogno imperioso e incoercibile (il così detto impulso irresistibile) ingenerato dalle circostanze fortemente emotigene. Secondo la terminologia del DSM questi disturbi mentali transitori possono configurare ciò che viene ivi denominato come disturbo psicotico breve, o disturbo schizofreniforme, ovvero nei trattati di psichiatria denominato anche bouffée delirante, o psicosi reattiva breve: forme in ogni caso di vera e propria psicosi acuta che si risolvono nel volgere di qualche ora o di pochissimi giorni. Talora queste improvvise reazioni aggressive sono riconducibili al disturbo esplosivo intermittente, che considereremo fra i disturbi di personalità dovuti a difettoso controllo degli impulsi. In conclusione si differenziano dai semplici stati emotivi e passionali quelle condizioni psicotiche (disturbi mentali transitori) insorte al momento del fatto in soggetti che non avevano mai presentato in precedenza disturbi mentali, e che si concretizzano in atti di grave violenza, generalmente non premeditati e scaturiti in circostanze violentemente emotigene. Nasce così l'esigenza di un'indagine psichica del reo, esperita di concerto dal medico-legale e dallo psichiatra, in sede giudiziaria, per appurare se l'azione compiuta possa considerarsi consona rispetto alla personalità dell'autore, oppure rivelatrice di una frattura della stessa , al fine di poter stabilire se si sia trattato di "delitto impulsivo", ma frutto, comunque, di un'attività mentale sana, o, al contrario, di uno stato solo apparentemente emotivo o passionale, ma che, in realtà, configura una vera e propria infermità di mente (es.: uno stato delirante ad impronta paranoica, ossessiva, allucinatoria; condotta emotiva di un demente; acting out di uno schizofrenico) . Nasce anche l’esigenza di una osservazione dell’ambiente in cui è nato il reato e spesso della relazione con la vittima Il quesito peritale L’imputato XX è stato ammesso al rito abbreviato condizionato all’espletamento di perizia psichiatrica sulla sua persona finalizzata ad appurare se egli, al momento dei fatti, fosse capace dì intendere e di volere, ovvero fosse in tutto o in parte privo della capacità di intendere o della capacità di volere, e, ad abundantiam, attualmente, sia capace di stare in giudizio, con: determinazione del quadro patologico da cui egli sia eventualmente affetto, individuazione della natura, gravità e, in ipotesi, grado di incidenza di detto quadro sull’ imputato al momento dei fatti, descrizione del nesso eziologico, sotto il profilo dei meccanismi dell’intendimento e della volontà, tra il quadro patologico, se sussistente, ed i fatti, indicazione della pericolosità sociale, in specie nell’attualità, dell’imputato, enucleazione dei modi di trattamento e contenimento di essa; 23 In tema di imputabilità non possono mai valere indicazioni a carattere generale, mentre si deve indagare caso per caso, con criterio clinico, sulla personalità e sui meccanismi psichici e psicopatologici messi in atto al momento del commesso reato Diagnosi psicopatologica forense = analisi clinica e dinamico-funzionale. 24 Evoluzione delle tecniche di imaging Anno Tecnica Substrato indagabile Impiego 1970 TAC Lesioni macroscopiche Neurologia 1975 PET I Generaz Grosse alterazioni metaboliche Neurologia 1980 RMN Lesioni fini Neurologia Ricerca psichiatrica 1990 PET avanzate Alterazioni metaboliche sottili, Attivazioni Metab. Attivazioni “cognitive” Attività recettoriale Neurologia Ricerca psichiatrica 1990 RMN avanzate Alterazioni connettività Alterazioni microscopiche Neurologia Ricerca psichiatrica 1993 fMRI Attivazioni “cognitive” rapide Neurologia Ricerca psichiatrica Ricerca psicologica Risposte al quesito Il sig. XX è innanzitutto persona capace di stare in giudizio. Dalla dettagliata analisi della documentazione clinica, dalle cartelle cliniche di San Vittore e dalla visita del CPS, dall’anamnesi desunta dal periziando e dalla madre e dai test eseguiti si può affermare che siamo di fronte ad un soggetto con assenza di quegli elementi psicopatologici di rilievo tali da poter essere organizzati in un quadro diagnostico nosograficamente riconosciuto. Tale assenza di psicopatologia si è mantenuta nel tempo: prima, al momento dei fatti, alla prima carcerazione, agli arresti domiciliari e nell’attualità. Non si concorda pertanto e questo è supportato anche dalla consulenza psicodiagnostica con quanto rilevato dal collega della difesa che ravvisa un disturbo di personalità misto (NAS) con caratteristiche dipendenti e borderline. XX è un soggetto di 24 anni, sufficientemente maturo e indipendente economicamente da anni in grado di portare avanti un progetto di vita in diversi settori dell’esistenza: sia lavorativo dove ha mantenuto un lavoro per cinque anni, sia relazionale e affettivo dove ha avuto legami sentimentali con persone differenti e di intensità e investimento affettivo differenziato, sia di amicizie e interessi sportivi; si è tenuto lontano dall’uso di sostanze salvo un uso di alcool con modalità puramente conviviali. Pertanto ci risulta difficile ragionare in termini di psicopatologia e nosografia e quindi di imputabilità. Se siamo ricorsi a valutazioni di processi psichici intrapersonali e interpersonali è stato solo per indagare la comprensione psicologica e psicodinamica del periziando e del contesto familiare in cui si sono giocate le dinamiche che hanno contribuito al cortocircuito che ha portato all’agire criminoso. 26 INTOSSICAZIONE DA ALCOOL E STUPEFACENTI Il Legislatore ha escogitato i sistema di norme atte a scoraggiare l’uso di tali sostanze Per razionalizzare tali disposizioni si fa riferimento alla actio libera in causa, cioè il soggetto era libero di scegliere se mettersi in tale situazione Intossicazione ACUTA sia volontaria che colposa non esclude né diminuisce l’imputabilità (artt. 92,93 c.p.) Intossicazione CRONICA assimilabile all’infermità mentale e perciò si può (non deve) diminuire o escludere l’imputabilità (art. 95 c.p.) Esigenze di politica criminale (art.94 c.p.) prevede l’aggravante di pena nel caso di ubriachezza o intossicazione da stupefacenti 27 Imputabilità e abuso di sostanze Si configura così come negli stati emotivopassionali una situazione in cui non vi è coincidenza fra parametro naturalistico e giuridico in ordine alla responsabilità penale. Questi tipi di sostanze per i loro effetti psicoattivi hanno infatti marcata idoneità a interferire in vario modo sull’intendere e sul volere: come’offuscare la lucidità del raziocinio, col compromettere la coscienza, con l’alterare il giudizio, col ridurre il potere di critica, con l’indebolire freni inibitori, col far emergere pulsionalità abitualmente represse; 28 Abuso di sostanze e imputabilità per principio, non sono considerati dal legislatore rilevanti sull’imputabilità gli effetti psichici di tali sostanze, perché, per convenzione giuridica, ciascuno deve essere in grado di controllarne l’uso, di inibirlo o moderarlo. La Legge prevede diverse ipotesi circa l’imputabilità di chi commette reati mentre si trova in uno stato di alterazione mentale dovuto a ingestione di alcol o ad assunzione di stupefacenti. Fondamentale è in tal senso la distinzione tra effetti tossici immediati (intossicazione acuta) e conseguenze fisiche e psichiche a distanza di tempo (intossicazione cronica) 29 Intossicazione acuta È la conseguenza dell’ effetto immediatamente e direttamente provocato dalla singola sostanza, con sintomi variabili a seconda della sostanza stessa; gli effetti che si manifestano, siano essi psichici od organici, si risolvono in un lasso di tempo breve e con piena reintegrazione nelle condizioni preesistenti dopo che la sostanza è stata eliminata. 30 Intossicazione cronica È invece l’espressione di un’alterazione più duratura, dovuta al protrarsi nel tempo dell’ assunzione di stupefacente o alcol: in tali condizioni si osservano manifestazioni diverse da quelle dovute all’effetto immediato della sostanza e che rimangono a lungo anche quando venga sospesa l’assunzione della sostanza stessa. Viene equiparata alla malattia=infermità mentale 31 Dipendenza da stupefacenti Reati compiuti dal condizionamento del bisogno per procurarsi la droga. Giurisprudenza riconosce quasi sempre i tossicomani come pienamente capaci, perché altrimenti basterebbe essere abituale assuntore di eroina per sfuggire alla responsabilità penale. Può porsi in discussione l’ipotesi del vizio parziale di mente (quasi irrealizzabile quella del vizio totale) dell’ eroinomane, solo quando abbia compiuto un reato nel corso di una grave crisi di astinenza, tale da incidere sulla capacità di VOLERE. 32 PSICHIETRIA E GIUSTIZIA “la psichiatria come scienza nasce e muore nel momento stesso in cui si attua il contratto tra medicina e giustizia: da questo momento la psichiatria sarà dalla parte della giustizia, quindi dalla parte del potere, dimenticando il soggetto per il quale esiste e la cui sofferenza ha giustificato la sua stessa nascita” Franco Basaglia 33