Il papato da Innocenzo III a Bonifacio VIII (cfr.Franzen § 33)

Il papato da
Innocenzo III a
Bonifacio VIII
Giudizio sintetico
Il processo iniziato sotto il governo di Gregorio
VII (1073-1085), ed esplicitato nel Dictatus Papae,
(=il papa come suprema autorità della comunità
occidentale) raggiungeva il suo apice con il papato
di Innocenzo III (1198-1216).
Gli antefatti
1197: l’imperatore Enrico VII (figlio di
Federico I Barbarossa), proprio mentre era
occupato a creare un potente impero, moriva
improvvisamente a soli 32 anni.
erede il figlio di appena due anni, Federico II.
In Germania si scatena la lotta per la
successione
1198: solo alcuni mesi più tardi anche il
decrepito papa Celestino III (1191-1198)
moriva.
A questo sarebbe succeduto l’energico
trentasettenne Innocenzo III, il più potente
papa del medioevo.
Mentre in Germania le tremende lotte per la
successione al trono portavano al crollo
l’impero,
nella Chiesa il papato poté consolidare
completamente la sua posizione su tutta la
Chiesa occidentale ed esercitare su tutti gli stati
europei un’autorità piena, assoluta e
riconosciuta.
Innocenzo III
(1198-1216)
Lotario di Segni, nato nel
1160 dalla famiglia dei
Conti della Campagna
romana.
aveva compiuto a Parigi e a
Bologna approfonditi
studi teologici e giuridici;
era stato accolto dallo zio
Clemente III (1187-1191)
nel Sacro Collegio
cardinalizio, ciò lo rese
presto esperto degli affari
della Curia.
Segni
Figura piccola e vivace
salute cagionevole,
seppe unire la sua vasta dottrina con
un’eccezionale forza spirituale,
acume, prudenza e moderazione straordinarie.
Lotario di Segni (Innocenzo III) non era animato da
una meschina logica di potere; non era questo che lo
faceva intervenire nelle vicende temporali. Egli
possedeva una concezione altamente spirituale del
ministero del papato universale.
Egli interveniva in tutte le vicende rilevanti del tempo,
ecclesiastiche, sociali, politiche per un preciso senso di
responsabilità, che nasceva dalla convinzione che le
cose di questo mondo dovevano sottomettersi
all’ordine voluto da Dio e che i re e i principi erano
tenuti a piegarsi alla giustizia di Dio.
La distinzione tra le cose puramente politiche e quelle
puramente religiose, fra Chiesa e Stato, non era ancora
perfezionata da evitare interferenze o invadenze
reciproche dei due campi.
La sua azione
① Anzitutto Innocenzo si sforzò di ripristinare l’autorità
papale in Roma e nello Stato Pontificio, poiché nel
corso del sec.XII questa aveva subito diverse limitazioni
a causa delle mire autonomistiche dei Romani e
all’azione svolta dalla casa imperiale degli
Hohenstaufen. Nella indipendenza territoriale il papa
vedeva una condizione fondamentale per la libertà
della Chiesa. In effetti egli riuscì a conseguire, tanto a
Roma, che nello Stato Pontificio, sia pure attraverso
aspre lotte, quanto si era prefisso.
② Contemporaneamente Innocenzo si preoccupava anche
della situazione dell’Italia meridionale, in modo
particolare della Sicilia. L’unione della Sicilia al regno
tedesco avrebbe trasformato il papa in un vescovo
subordinato all’impero (per il legame feudale che
univa il papa alla Sicilia dai tempi dei Normanni) e
Innocenzo avrebbe così perduto quel potere universale,
che gli veniva proprio dall’essere indipendente. La sua
politica quindi, era tutta volta ad impedire il possesso
tedesco su Sicilia e Italia Meridionale.
L’Europa al
tempo di
Federico II
(1212-1250)
Regno di
Francia
Impero RomanoTedesco
Stato
Pontificio
Regno di
Sicilia
③ Interveniva nella lotta per la successione al trono
tedesco tra Filippo di Svevia e Ottone IV.
non rivendicava a sé la decisione sull’elezione
imperiale, ma richiedeva solo di esprimere un
giudizio sulle qualità morali dei due pretendenti al
trono.
Per questo motivo in un primo momento rifiutò di
approvare l’elezione di Filippo di Svevia, lo riteneva
uomo dispotico e che mirava ad annettere all’impero
l’Italia meridionale. Quando Filippo, si dimostrò
equilibrato e dette garanzie precise sulla sua politica
verso la Sicilia, Innocenzo fu subito pronto a fare la
pace con lui.
Dopo che Filippo fu assassinato (1208) e Ottone IV
ottenne il riconoscimento della carica imperiale da
parte dei principi tedeschi e poiché sembrava
disposto a fare alcune concessioni, Innocenzo non
esitò ad incoronarlo imperatore (4 ottobre 1209).
Ottone non mantenne la parola e già nel 1210
mirava a prendere il possesso della Sicilia.
Profondamente deluso, il papa incominciò a
favorire il giovane Federico II, che nel frattempo
aveva raggiunto la maggiore età, tanto più che
questi, con giuramento, aveva rassicurato il papa che
non avrebbe mai tentato di unire la Sicilia
all’impero.
④ Innocenzo si adoperò sistematicamente per
edificare su salde basi giuridiche la supremazia
papale sui paesi europei affidando ai vari re le
loro terre come feudo papale. Anche i re
d’Inghilterra, d’Aragona, di Portogallo, di
Danimarca, di Polonia, di Boemia, di Ungheria,
di Dalmazia e di altre terre più piccole ricevettero
in feudo i loro paesi dal papa. La tutela del diritto
e della pace, antichi compiti imperiali, passavano
quindi al papa, autorità morale sempre più salda
e riconosciuta.
⑤ All’interno della Chiesa Innocenzo faceva valere il
principio del primato.
Interveniva energicamente nella elezione dei vescovi
e affidando alla Curia Romana tutte le dispute più
importanti (“cause maggiori”).
Riformava l’amministrazione della Curia, la vita
degli ordini monastici, la vita del clero.
Verso gli eretici: inizialmente tollerante ed
indulgente. Dopo il fallimento dei suoi tentativi e
l’uccisione del suo legato, Pietro di Castelnau
(gennaio 1208), cambiò strategia: Crociata. Il
terribile, cruento e vergognoso svolgimento di
questa non può essere imputato direttamente al
papa, ma al fanatismo del legato pontificio
Arnaldo Amalrici e agli interessi privati del conte
Simone di Montfort.
Grande merito di Innocenzo fu quello di aver
intuito, con sguardo lungimirante, le esigenze e
l’importanza dei movimenti di povertà sorti
all’interno della Chiesa. Si interessò degli
“Umiliati” lombardi fondando l’associazione dei
“Poveri cattolici” (1208); accolse benignamente
Francesco d’Assisi (1209); incominciò ad approvare
gli Ordini Mendicanti che diventarono presto i più
forti baluardi della Chiesa; nonostante tutto il
dispiegarsi della sua potenza, Innocenzo ebbe infatti
nell’intimo del suo animo, qualcosa in comune con
questi nuovi Ordini: il distacco interiore dalla
ricchezza e dal fasto, da cui egli si tenne sempre
lontano.
Il vertice del suo pontificato fu la convocazione del
quarto Concilio Lateranense apertosi nel novembre del
1215 con circa 500 vescovi e 800 abati. Esso rappresentò
il più imponente raduno di tutto l’Occidente medievale e
segnò un momento di importanza straordinaria della vita
ecclesiale del Medioevo. Le decisioni riformiste da esso
emanate contribuirono in gran parte al rinnovamento
interiore e al consolidamento della Chiesa ed ebbero
effetti che si fecero sentire a lungo, nei concili provinciali
e nei sinodi diocesani. La definizione della dottrina della
transustanziazione (eucarestia) e le disposizioni sulla
confessione e comunione pasquale (almeno una volta
all’anno) in esso stabiliti ebbero durata permanente.
Innocenzo morì subito dopo la conclusione del
Concilio (16 luglio 1216). Egli lasciava loro
un’eredità politica troppo pesante: i problemi
politico-territoriali, il mantenimento e
l’ampliamento dello Stato Pontificio finirono
per prevalere su quelli della Chiesa Universale.
Il culmine da lui raggiunto, non poteva essere
mantenuto dai suoi successori.
I successori di Innocenzo III
I successori di Innocenzo III non furono in grado di
mantenere la loro attenzione sulle questioni della Chiesa
Universale, ma prevalsero interessi particolari legati al
mantenimento e ampliamento dello stato pontificio.
Questioni politiche e di predominio
dominavano lo scontro dei vari papi con
l’imperatore Federico II: il problema di fondo
era quello di decidere a quale delle due
potenze universali spettasse la supremazia.
I rapporti dei papi con Federico II
Il giovane imperatore riprese la politica sveva in Sicilia e
nell’Italia meridionale (inglobarle nel Regno tedesco) invece di
iniziare la crociata per la quale si era impegnato.
Il papa di allora, Gregorio IX (1227-1241), lo scomunicava nel
1228.
Federico, pur scomunicato, partiva finalmente per la crociata
(1228-1229). Egli otteneva un certo successo: per la prima volta
dei rapporti diplomatici con il sultano (Al Kamil): ai cristiani la
Terra Santa.
Tornato in Occidente, sciolto dalla scomunica (1230)
l’imperatore riprendeva le sue mire sull’Italia meridionale.
Nuovamente scomunicato (1239); avanzava minaccioso da
Napoli verso Roma (1241) con l’intenzione di conquistare la
città per farne la residenza del suo impero universale. Papa
Innocenzo IV (1243-1254) cercava di impedirlo in ogni modo.
Federico era scomunicato una terza volta dal primo Concilio
di Lione (1245).
La rottura tra papa e imperatore era ormai radicale. Il papa
giunse ad indire una crociata contro Federico, e ciò fu una
cosa nefasta. Ai partecipanti alla crociata si concedevano gli
stessi privilegi di cui fruivano le crociate di Terra Santa e
Innocenzo IV per ovviare una volta per tutte al pericolo di
essere accerchiato dagli Svevi, cedeva l’Italia meridionale, la
Sicilia e Napoli in feudo a Carlo d’Angiò, fratello del re di
Francia. Era la guerra tra i Guelfi (fedeli al papa) e i
Ghibellini (fedeli all’imperatore).
Fine della dinastia degli Hohenstaufen
Dopo la morte di Federico II (1250), l’impero cadeva
nuovamente in una crisi tremenda.
In Germania l’elezione imperiale aveva posto in serio pericolo
la pace, e in Italia, Corrado IV, figlio del defunto imperatore
(imperatore a sua volta negli anni 1250-1254), fu costretto a
combattere per conservare i suoi territori. Quando morì a 26
anni, il suo fratellastro Manfredi si adoperò per assumere lui
la reggenza italiana in nome di suo nipote Corradino,
l’ultimo Svevo, che allora aveva solo due anni.
Dopo la morte di Manfredi
(1266), il giovanissimo
Corradino tentava
audacemente (autunno 1267)
di riconquistare il suo regno
nell’Italia meridionale, ma
presso Tagliacozzo, fu battuto
da Carlo d’Angiò, e
decapitato, insieme ad altri 12
suoi fedeli a Napoli il 29
ottobre 1268.
Così la dinastia sveva finiva
tristemente e con lei anche la
potenza imperiale.
Tagliacozzo
In questa situazione anche il papato subiva un durissimo
colpo. Vincendo l’avversario i papi avevano vinto, ma era
una vittoria di Pirro; da allora in poi la posizione universale
del papa cominciò a vacillare. Lo Stato Pontificio perdendo
il sostegno imperiale non era più in grado di opporsi ai
grandi stati nazionali, che stavano ormai sviluppandosi e
che avanzavano sempre più le loro pretese di indipendenza e
portando velocemente al dissolvimento della comunità
occidentale.
La Francia diventava la potenza dominante in Europa, e in
breve volgere di tempo, il papato fu costretto a cedere la sua
posizione di supremazia al regno nazionale francese, non
solo, ma venendo attratto sempre più nell’orbita degli
interessi di questa nazione.
L’Europa al
tempo di
Federico II
(1212-1250)
Bonifacio VIII (1294-1303)
In seguito all’abdicazione volontaria di Celestino
V (1294) (morto nel 1296), venne eletto dopo un
solo giorno di conclave, il più capace dei
cardinali, Benedetto Caetani, Bonifacio VIII.
Volontà fortissima, tempra di dominatore e dotto
conoscitore del diritto canonico; il carattere era
brusco e irascibile, impetuoso nel decidere e
nell’agire, non sostenuto dalla profonda
spiritualità che animava i suoi più illustri
predecessori. Col suo modo di fare si creò molti
nemici personali.
Aspirava al dominio universale del papato,
secondo quelli che erano stati gli ideali di Gregorio
VII e di Innocenzo III.
Ma non si accorse che i tempi erano cambiati: il
papato non aveva più l’autorità necessaria e lui non
aveva la statura spirituale necessaria.
Quando volle far valere la supremazia spirituale e
politica del papato (bolla Unam Sanctam (1302)=la
teoria delle due spade, entrambe in mano al papa)
nei confronti di Filippo IV Re di Francia (il Bello)
(1285-1314) (che a sua volta aveva il proprio progetto
di supremazia mondiale) lo scontro fu inevitabile,
ma questa volta il danno fu del rappresentante del
potere spirituale.
1303 arresto del papa
ad Anagni da parte di
fedeli al re francese.
Liberazione quasi
immediata da parte
degli abitanti della
cittadina, ma l’atto di
forza del Re francese
rivelò la assoluta
impotenza e irrilevanza
politica del papato.
1300 primo Anno
Santo indetto da
Bonifacio VIII.
Anagni