L’accertamento deLLa pericoLosità psichiatrica: presupposti e revoca deLL’appLicazione deLLe misure di sicurezza personali. I limiti del giudizio predittivo Scandicci (Firenze), 5 giugno 2015 di UGO FORNARI Neuro psichiatra e medico legale già Professore ordinario di Psicopatologia Forense Università degli Studi di Torino [email protected] L’inFermità di mente e La sua VALUTAZIONE LA PSICOPATOLOGIA FORENSE CERCA DI - stabilire l’incidenza dei disturbi psicopatologici individuati sul funzionamento globale e settoriale della persona oggetto di indagine peritale - esplorare il rapporto tra disturbo psicopatologico, funzionamento mentale e atto (agito o subito) avente rilevanza in ambito sia penale, sia civile (c.d. «nesso causale») - individuatane l’esistenza, quantificarne l’incidenza sotto forma di vizio di mente (totale o parziale) o di altri stati di incapacità - definire con criteri clinici l’eventuale pericolosità sociale psichiatrica, graduandola in elevata e attenuata - indicare eventuali «misure terapeutiche» da adottare. LA VALUTAZIONE FORENSE Ecco allora che l’attenzione del perito/consulente deve essere concentrata non solo sull’inquadramento diagnostico del periziando (= che cosa ha), ma deve tenere conto del suo bagaglio culturale e nozionistico, delle caratteristiche della relazione e del contesto in cui è avvenuto il fatto e dell’eventuale compromissione psicopatologica del suo funzionamento mentale (organizzazione cognitiva, assetto affettivo-relazionale, gestione delle emozioni) riferita all’evento giuridicamente rilevante, agito o subito, in ambito penale o civile (= chi è). SOTTO QUESTO PROFILO, IL SIGNIFICATO FUNZIONALE DI INFERMITÀ DI MENTE e IL NESSO DI CAUSALITÀ Vizio di mente esiste solo in quei casi in cui l’agito può essere iscritto in documentate alterazioni funzionali sintomatiche di disturbi mentali gravi o psicotici che, per l’intervento di fattori stressanti, si costituiscono come un «quid novi» o di un «quid pluris» psicopatologici rispetto al quadro di stato e si epifonemenizzano nel comportamento oggetto di indagine. IL SIGNIFICATO FUNZIONALE DI INFERMITÀ DI MENTE e IL NESSO DI CAUSALITÀ In difetto o in assenza di detto rapporto, anche il malato di mente può essere ritenuto imputabile e competente, dal momento che il suo funzionamento mentale, sia pur sotteso dai disturbi psicopatologici da cui è affetto, non si correla con il comportamento oggetto di indagine giudiziaria e si colloca in spazi convenzionali di «libertà», «autonomia» e «capacità» ( reato di e reato in malato di mente). IL PROBLEMA deLL’accertamento deLLa PERICOLOSITÀ SOCIALE PSICHIATRICA NELLA SUA ATTUALITÀ E PERSISTENZA PREMETTO CHE ESISTONO DUE TIPI DI PERICOLOSITÀ SOCIALE - una è la pericolosità sociale psichiatrica di esclusiva competenza del perito psichiatra e che si identifica con la necessità attuale di cure e di assistenza specialistiche, in regime di coazione o di libertà vigilata; - cosa ben diversa è la pericolosità sociale penale (o criminale) il cui accertamento, nella sua dimensione prognostica, deve rimanere compito di esclusiva spettanza del magistrato (art. 203 c.p.). (segue) Per internati e internandi, due sentenze della Corte costituzionale (sentenze 8.7.1982, n. 139 e 15.7.1983, n. 249) hanno stabilito che l’applicazione della misura di sicurezza psichiatrica deve essere costantemente subordinata all’accertamento della presenza e persistenza di pericolosità sociale al momento in cui gli viene applicata la misura stessa. Non solo, ma questa va distinta in elevata e attenuata perché ben diverse sono le conseguenze sanzionatorie applicative (sentenza Corte costituzionale n. 253/2003). APPLICAZIONE PROVVISORIA DELLE MISURE DI SICUREZZA «È costituzionalmente illegittimo l’articolo 206 c.p. nella parte in cui non consente al giudice di disporre, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una misura di sicurezza non detentiva, prevista dalla legge, idonea ad assicurare alla persona inferma di mente cure adeguate a contenere la sua pericolosità sociale» (Corte Cost., 17-29.11.2004, n. 367). In fase di cognizione, peraltro, è da tempo possibile disporre il ricovero in SPDC (art. 73 c.p.p.); gli arresti domiciliari in SPDC/Casa di Cura/domicilio o altra privata dimora (art. 284 c.p.p.); la custodia cautelare in luogo di cura o in SPDC (con piantonamento) (art. 286 c.p.p.). PERICOLOSITÀ SOCIALE PSICHIATRICA ELEVATA De jure condito, la pericolosità sociale psichiatrica, se elevata, comporta l'internamento in una REMS, struttura residenziale sanitaria per l'esecuzione della misura di sicurezza personale detentiva. Essa è stata introdotta dalla legge n. 81/2014 e sostituisce l’ospedale psichiatrico giudiziario e l’annessa casa di cura e di custodia. Precisa la legge: “quando sono acquisiti elementi dai quali risulta che ogni misura diversa non è idonea ad assicurare cure adeguate e a fare fronte alla sua pericolosità sociale” (legge n. 81/2014). PERICOLOSITÀ SOCIALE PSICHIATRICA ATTENUATA In caso di attenuazione della stessa, sia in fase di esecuzione (Corte Cost., 2-18 luglio 2003, n. 253), sia in fase cautelare e in via provvisoria (Corte Cost., 17-29 novembre 2004, n. 367), è prevista la misura di sicurezza personale non detentiva della libertà vigilata con prescrizioni accessorie (art. 228, 2° co., c.p.) che il giudice ritiene necessarie. I relativi provvedimenti vengono eseguiti presso strutture del D.S.M. o con questo convenzionate e individuate (case di cura, comunità, case alloggio, oltre che privata dimora e via dicendo). La libertà vigilata, accompagnata da opportune prescrizioni idonee a evitare le occasioni di nuovi reati, può essere eseguita anche in una struttura psichiatrica protetta (Corte Costituzionale, 5 marzo 2007, ordinanza n. 83). PERICOLOSITÀ SOCIALE PSICHIATRICA ASSENTE Se la patologia generatrice di infermità totale o parziale non è più presente e non persiste (Corte Cost. 8 luglio 1982, n. 139 e 15 luglio 1983, n. 249), la misura di sicurezza psichiatrica viene revocata e la persona ritorna a essere un «libero cittadino». Ogni competenza del giudice cessa, salvo che permanga una patologia di mente che comporti una presa in carico di tale persona da parte dei Dipartimenti di Salute Mentale (come ricorda una Ordinanza del Magistrato di Sorveglianza di Firenze, del 15.02.12). LA PERICOLOSITÀ SOCIALE PSCHIATRICA DAL PUNTO DI VISTA DEL CLINICO La pericolosità sociale psichiatrica deve tradursi operativamente in una valutazione del rischio psichiatrico che deve essere oggetto di valutazione e gestione clinica (clinic risk assessment and management). Esso, quando elevato e scompensato, deve tradursi in trattamento sanitario obbligatorio giudiziario clinicamente individuato da Indicatori interni propri della patologia di cui il soggetto è portatore (high risk) - presenza e persistenza di sintomatologia psicotica florida; - assenza di consapevolezza di malattia (insight); - atteggiamento negativo o non collaborativo verso le terapie (adherence); - scarsa o nulla risposta a quelle praticate (purché adeguate sotto il profilo qualitativo e del range terapeutico); - segni di disorganizzazione cognitiva e impoverimento ideo-affettivo e relazionale; - storia psichiatrica significativa. LA LEGGE N. 81/2014 PREVEDE CHE L’ accertamento della pericolosità sociale debba essere effettuato “solo in base alle qualità soggettive della persona e senza tener conto delle sue condizioni di vita individuali, familiari e sociali; non si può, inoltre, basare un giudizio di pericolosità sociale sulla sola mancanza di programmi terapeutici individuali”. Quando e se gli indicatori interni vanno diminuendo di gravità e si può documentare un’evoluzione positiva del quadro psicopatologico e comportamentale (= low risk) entrano in gioco gli indicatori esterni alla patologia di cui è portatore e che nulla hanno a che fare con quella. Si tratta di indicatori la cui validità è accertata dai servizi dell’UEPE (Uffici per l'Esecuzione Penale Esterna) e che consistono ne Indicatori esterni alla patologia di cui il soggetto è portatore (low risk) - caratteristiche dell'ambiente familiare e sociale di appartenenza (accettazione, rifiuto, indifferenza); - disponibilità e progetti terapeutici da parte dei servizi psichiatrici di zona (la continuatività terapeutica); - possibilità o meno di (re)inserimento lavorativo o di soluzioni alternative; - tipo, livello e grado di accettazione del rientro del soggetto nell’ambiente in cui viveva prima del fattoreato; - opportunità alternative di sistemazione logistica. PERICOLOSITÀ SOCIALE PSICHIATRICA Sotto questo profilo, accertare presenza e persistenza di pericolosità sociale psichiatrica in un autore di reato o in fase di cognizione o di esecuzione e graduarla in elevata, attenuata o assente è procedimento che deve - seguire il metodo clinico integrato - tenere presenti i criteri già esposti - essere messo al servizio della persona che si ha in carico come paziente giudiziario - essere oggetto di informativa periodica per il giudice della cognizione o dell’esecuzione. Tutto ciò prevede una revisione radicale dell’uso che attualmente si fa nella perizia psichiatrica in punto diagnostica clinica, valutazione dell’infermità di mente e della pericolosità sociale psichiatrica, soprattutto tenendo conto che le nuove strutture devono prendersi cura di persone affette da disturbi psicotici o da disturbi gravi della personalità con rigorosa esclusione di coloro che presentano disturbanti comportamenti criminali egosintonici tanto frequenti negli psicopatici e nei sociopatici, che in percentuale significativa fanno anche uso di sostanze e che costituiscono l’assoluta prevalenza rispetto alle persone affette da disturbi psicotici e da disturbi gravi della personalità. LA PROPOSTA OPERATIVA È fondamentale pertanto - che la diagnosi sia il frutto di un modello clinico integrato, in cui confluiscano quelli categoriale, psicopatologico e funzionale, arricchiti da tutti i mezzi e le tecniche di sussidio diagnostico utili e consentite, comprese le indagini neuroscientifiche - che la nozione di infermità di mente sia inscritta in documentate alterazioni funzionali sintomatiche di disturbi mentali gravi o psicotici che, per l’intervento di fattori stressanti, di un «quid novi» o di un «quid pluris» psicopatologici rispetto al quadro di stato, si scompensano e si epifonemenizzano nel comportamento oggetto di indagine. LA PROPOSTA OPERATIVA - che l’uso delle misure di sicurezza sia inquadrato in una cultura primariamente orientata alla cura, attraverso un’azione integrata inserita in un sistema assistenziale a rete, di cui fanno parte REMS e DSM con tutte le strutture a essi afferenti, ma soprattutto operatori della giustizia, della sanità e dei servizi sociali cui è demandata, per deontologia e per legge, la tutela del paziente psichiatrico giudiziario e che devono a tale scopo costruire percorsi comuni di collaborazione e di reciproca comunicazione. Perizie e consulenze da rapporto statico orientato a fini esclusivamente giudiziari devono implementarsi in maniera dinamica e comprendere valenze a finalità terapeutiche, secondo il dettato costituzionale che all’art. 32 stabilisce essere quello alle cure un diritto inalienabile di tutti i cittadini, autori o vittime di reati compresi. Una buona pratica clinica che si occupa di pazienti psichiatrici giudiziari non dimentica la posizione giuridica del singolo, ma non subordina a questa gli obblighi e le modalità di assistenza e di intervento e ricorda che i singoli operatori sono sempre vincolati agli standard dell’ etica professionale contenuti nei rispettivi codici deontologici. i quesiti da porre al perito/consulente o al funzionario di servizio sociaLe deLL’uepe in punto valutazione del rischio psichiatrico IL QUESITO PERITALE NELLA FASE DELLA COGNIZIONE «accertino i periti (omissis) – quali sono le attuali condizioni di mente di (nome e cognome); – dicano se esse siano o meno compatibili con il protrarsi del regime di custodia cautelare in atto (se si tratta di persona detenuta) e con la sua capacità di partecipare coscientemente al processo; – in caso di risposta negativa, se sia necessario disporre il ricovero provvisorio presso idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero, ovvero gli arresti domiciliari (anche eventualmente presso case di cura, ovvero comunità specializzate); (segue) – valutino se versasse o meno, al momento dei fatti e in riferimento agli stessi, in stato di infermità di mente tale da escludere o scemare grandemente la sua capacità di intendere o di volere; – ricostruiscano criminogenesi e criminodinamica del reato addebitato al soggetto ed esaminino il funzionamento mentale dello stesso, sotto il profilo psicopatologico; – accertino infine se (nome e cognome) sia da considerare persona socialmente pericolosa sotto il profilo psichiatrico e se detta pericolosità (se accertata) sia elevata o attenuata, indicando possibilmente tempi, luoghi e modalità di esecuzione dei relativi provvedimenti (internamento in una REMS o libertà vigilata presso un DSM)». IL QUESITO PERITALE NELLA FASE DI ESECUZIONE II periziato presenta o meno, allo stato, disturbi mentali in fase di scompenso? Quale evoluzione essi hanno avuto? si sta sviluppando, è presente o è ancora assente consapevolezza di malattia (insight)? quale è l’atteggiamento verso le terapie che gli vengono praticate (adherence) e ad altri interventi? quale è la sua risposta a quelle che gli vengono praticate? sono esse adeguate sotto il profilo qualitativo e del range terapeutico)? sono presenti segni di disorganizzazione cognitiva e impoverimento ideo-affettivo e relazionale? In conclusione, il paziente presenta o meno, allo stato, un rischio psichiatrico di grado elevato (high risk) o attenuato (low risk)? I QUESITI PER IL PERITO E IL FUNZIONARIO DELL’UEPE IN CASO DI RISCHIO PSICHIATRICO ATTENUATO Il paziente è disponibile e partecipa ai progetti terapeutici e di reinserimento psicosociale propostigli e praticabili? Quali opportunità alternative e affidabili di sistemazione logistica rispetto alla prosecuzione del suo internamento? Quali disponibilità e possibilità di progetti terapeutici e risocializzativi da parte dei servizi psichiatrici di zona e dell’UEPE? Quali sono gli atteggiamenti dell'ambiente familiare e sociale di appartenenza (accettazione, rifiuto, indifferenza)? Quale tipo, livello e grado di accettazione del rientro del soggetto nell’ambiente in cui viveva prima del fatto-reato? Esistono possibilità di (re)inserimento lavorativo o di altre attività socialmente utili, anche se non esclusivamente di pubblica utilità?