pericolosità sociale e misure di sicurezza

L’ineLudibiLe riforma deLLe
misure di sicurezza
psichiatriche
TORINO, 8 MARZO 2016
di UGO FORNARI
Neuro psichiatra e medico legale
già Professore ordinario di Psicopatologia Forense Università
degli Studi di Torino
[email protected]
I PRINCIPI DELLA CORTE
COSTITUZIONALE RIGUARDO
ALLA PERICOLOSITÀ SOCIALE
PSICHIATRICA E ALLA SUA
ATTUALITÀ E PERSISTENZA
MISURE DI SICUREZZA E PERICOLOSITÀ
SOCIALE PSICHIATRICA
In punto vizio totale e parziale di mente, due
sentenze della Corte costituzionale (sentenze
8.7.1982, n. 139 e 15.7.1983, n. 249) hanno stabilito
che l’applicazione della misura di sicurezza
psichiatrica deve essere costantemente subordinata
all’accertamento della presenza e persistenza di
pericolosità sociale psichiatrica al momento in cui
viene applicata la misura stessa.
Non solo, ma questa va distinta in elevata e
attenuata perché ben diverse sono le
conseguenze sanzionatorie (sentenza Corte
costituzionale n. 253/2003).
PERTANTO ESISTONO DUE TIPI DI
PERICOLOSITÀ SOCIALE
- una è la pericolosità sociale psichiatrica di
esclusiva competenza del perito psichiatra e che
si identifica con la necessità attuale di cure e di
assistenza specialistiche, in regime di coazione o
di libertà vigilata;
- cosa ben diversa è la pericolosità sociale
penale (o criminale) il cui accertamento, nella
sua dimensione prognostica, deve rimanere
compito di esclusiva spettanza del magistrato
(art. 203 c.p.).
PERICOLOSITÀ SOCIALE PSICHIATRICA
ELEVATA
La pericolosità sociale psichiatrica elevata, prima
dell'entrata in vigore della legge n. 81/2014,
comportava l’internamento in Ospedale psichiatrico
giudiziario o in Casa di cura e custodia per un
periodo minimo stabilito in sentenza.
Detto internamento doveva essere sottoposto a
verifiche periodiche da parte del giudice della
sorveglianza, con possibilità di proroga,
trasformazione e revoca, a seconda del parere dei
sanitari della struttura manicomiale.
PERICOLOSITÀ SOCIALE
PSICHIATRICA ATTENUATA
In caso di attenuazione di detta pericolosità, sia
in fase di esecuzione (Corte Cost., 2-18 luglio
2003, n. 253), sia in fase cautelare e in via
provvisoria (Corte Cost., 17-29 novembre 2004,
n. 367), da tempo è prevista la misura di
sicurezza personale non detentiva della libertà
vigilata con prescrizioni accessorie (art. 228, 2°
co., c.p.) che il giudice ritiene necessarie.
I relativi provvedimenti vengono eseguiti presso
strutture del D.S.M. o con questo convenzionate
e individuate (case di cura, comunità, case
alloggio, oltre che privata dimora e via dicendo).
La libertà vigilata, come trattamento sociosanitario riabilitativo a medio-lunga durata, può
essere eseguita anche in una struttura
psichiatrica protetta (Corte Costituzionale, 5
marzo 2007, ordinanza n. 83).
PERICOLOSITÀ SOCIALE PSICHIATRICA
ASSENTE
Se la patologia generatrice di infermità totale o
parziale non è più presente e non persiste (Corte
Cost. 8 luglio 1982, n. 139 e 15 luglio 1983, n.
249), la misura di sicurezza psichiatrica viene
revocata e la persona ritorna a essere un «libero
cittadino».
Ogni competenza del giudice cessa, salvo che permanga
una patologia di mente che comporti una presa in
carico di tale persona da parte dei Dipartimenti di
Salute Mentale (come ricordano l’art. 4 della legge 17
febbraio 2012, n. 9 e una Ordinanza del Magistrato di
Sorveglianza di Firenze, del 15.02.12).
VERSO LA LEGGE N. 81/2014
Dopo anni di relativo immobilismo sul fronte delle
misure “hard”, si è andati incontro a un
progressivo cambiamento, fino all’abolizione
del manicomio criminale. In questo percorso, in
maniera “innovativa” si era già mosso il governo
Monti il cui Ministro della giustizia, nel decreto
legge 22.12.2011, n. 211, G.U. 20.2.2012 c.d.
decreto “svuota - carceri” (o salva - carceri) aveva
previsto il superamento degli ospedali psichiatrici
giudiziari entro il 31.3.2013 (legge 14 febbraio
2012, n. 9).
Il decreto 1 ottobre 2012 (Gazzetta Ufficiale n.
270 del 19 novembre 2012) si limita a dettare i
requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi
delle future strutture residenziali sanitarie
(REMS) che devono sostituire gli attuali
manicomi criminali e le annesse case di cura e di
custodia.
Con l’entrata in vigore della legge n. 81/2014 , la
pericolosità sociale psichiatrica, se elevata, dal 1
aprile 2015 comporta dunque l'internamento in
una REMS, struttura residenziale per
l'esecuzione della misura di sicurezza personale
detentiva.
COAZIONE, CURA E CONTROLLO
Si tratta di un provvedimento coattivo che
dovrebbe rivestire caratteristiche di eccezionalità
e di temporaneità e che, all’interno della REMS,
ha una gestione esclusivamente socio –sanitaria.
La legge n. 81/2014 prevede, infatti, che dette
strutture esplichino funzioni terapeutico
riabilitative e socio riabilitative a favore di
persone affette da disturbi mentali, autrici di reati
e per le quali la magistratura ha applicato
l’internamento negli ex manicomi criminali.
Dalla nuova legge non viene
modificata né la disciplina
prevista dal codice penale in tema
di imputabilità (artt. 88 e 89) e di
pericolosità sociale (art. 203), né
la disciplina prevista dalla legge
sull’ordinamento penitenziario (l.
354/1975 e succ. integrazioni e
modifiche).
Il 1° aprile 2015 si sono aperte le prime REMS che si
sono affiancate alle già esistenti strutture per
l’esecuzione della libertà vigilata.
Entrambe le misure sono irrogate dal giudice della
cognizione o dell’esecuzione e sono affidate, nella
loro gestione, al Dipartimento di Salute Mentale, con
la supervisione del magistrato.
In entrambi i casi, gli autori di reato non solo sono
«infermi di mente», ma anche «socialmente
pericolosi».
Valutazioni cliniche spesso opinabili e confusive,
commistioni e interferenze tra socialmente
pericoloso e bisogno di cure si ripresentano.
LA VALUTAZIONE CLINICA DELLA
PERICOLOSITÀ SOCIALE
PSICHIATRICA COME INNOVAZIONE
PRELIMINARE
PERICOLOSITÀ SOCIALE PSCHIATRICA DAL
PUNTO DI VISTA CLINICO
La pericolosità sociale psichiatrica deve essere
sostituita dalla valutazione clinica della
necessità di cura a elevata o attenuata intensità
terapeutica.
Gli indicatori psicopatologici di rischio psichiatrico
elevato o attenuato devono essere riassorbiti nel
progetto di cura e valutati all’interno dello stesso.
Analogamente devono essere valutate le risorse
individuali e ambientali (v. oltre ) e i fattori
protettivi dal rischio psicopatologico.
NECESSITÀ DI CURA A ELEVATA INTENSITÀ
TERAPEUTICA
Quando l’autore di reato affetto da un disturbo psicotico
o da un disturbo grave di personalità è stato prosciolto in
via provvisoria o definitiva e persiste una necessità di
cura ad elevata intensità terapeutica a breve e medio
termine si procede a un
trattamento sanitario giudiziario a breve-medio
termine (T.S.G.) da eseguirsi in un S.P.P.G.
La necessità di cura a elevata intensità terapeutica
sia in fase di cognizione sia di esecuzione è
clinicamente individuata da
Indicatori interni propri della patologia di cui il
soggetto è portatore
- presenza
di sintomatologia psicotica florida;
- assenza di consapevolezza di malattia (insight);
- atteggiamento negativo o non collaborativo verso le
terapie psicofarmacologiche (adherence);
- scarsa o nulla risposta a quelle praticate
(compliance);
- esplosioni comportamentali di rabbia incontrollata,
auto- e/o etero-distruttive;
- impoverimento e incapacità di regolazione ideoaffettiva e relazionale;
L’art. 1, comma 1 della legge n. 81/2014
prevede che l’ accertamento della pericolosità
sociale che comporta l’internamento in una
REMS debba essere effettuato
• solo in base alle qualità soggettive della persona
• senza tenere conto delle condizioni di cui
all'articolo 133, secondo comma, numero 4, del
codice penale.
• Non costituisce elemento idoneo a supportare il
giudizio di pericolosità sociale la sola mancanza
di programmi terapeutici individuali.
La Corte costituzionale nella sentenza n.
186/2015 ha testualmente affermato che
questa norma vale
solo per disporre il ricovero di una persona in una
REMS
e che detto internamento, provvisorio o definitivo,
può essere disposto solo “quando sono
acquisiti elementi dai quali risulta che ogni
misura diversa non è idonea ad assicurare
cure adeguate e a fare fronte alla sua
pericolosità sociale” (legge n. 81/2014).
“La limitazione quindi non riguarda in generale la
pericolosità sociale, ma ha lo scopo di riservare le
misure estreme, fortemente incidenti sulla libertà
personale, ai soli casi in cui sono le condizioni
mentali della persona a renderle
necessarie”(Corte Costituzionale, sentenza
citata).
Detto ricovero viene gestito direttamente dal DSM,
che prende in carico i pazienti internati e i rapporti
con i giudici della cognizione e dell’esecuzione (v.
conferenza unificata Stato Regioni del 26 febbraio
2015 e circolare n. 5406/2015 Corte Appello
Bologna).
NECESSITÀ DI CURA AD ATTENUATA
INTENSITÀ TERAPEUTICA
Quando gli indicatori interni vanno diminuendo di
gravità e il quadro psicopatologico e
comportamentale si va stabilizzando nel senso che
- si è attivato un progressivo processo di
responsabilizzazione e di autonomizzazione;
- la sintomatologia psicotica florida si è raffreddata o
spenta;
- è stata raggiunta una buona capacità di controllo e
di regolazione emotiva;
- la qualità di vita è migliorata;
- il funzionamento globale intrapsichico e relazionale
è migliorato;
(segue)
entrano allora in gioco gli indicatori esterni alla
patologia di cui il soggetto è portatore (le risorse)
e che nulla hanno a che fare con quella e con il
dettato dell’art. 1 della legge 81/2014.
Si tratta di indicatori fondamentali per applicare la
libertà vigilata e affidare la persona al D.S.M.
Essi si integrano con quelli interni. La loro validità
è accertata dall’UEPE (Uffici per l'Esecuzione
Penale Esterna) e consistono negli
Indicatori esterni alla patologia di cui il soggetto
è portatore (le risorse)
- caratteristiche dell'ambiente familiare e sociale di
appartenenza (accettazione, rifiuto, indifferenza);
- disponibilità e progetti terapeutici da parte dei servizi
psichiatrici di zona (la continuatività terapeutica);
- possibilità o meno di (re)inserimento lavorativo o di
soluzioni alternative;
- tipo, livello e grado di accettazione del rientro del
soggetto nell’ambiente in cui viveva prima del fattoreato;
- opportunità alternative di sistemazione logistica.
A CHE SERVONO QUESTI INDICATORI?
Severa presenza e persistenza degli indicatori interni
riveste importanza fondamentale nel ritenere elevata
la necessità di cure e nel proporre un ricovero nelle
attuali strutture o in quelle istituende.
Di fronte a una attenuazione o buona
compensazione degli indicatori «interni», assumono
notevole importanza quelli esterni per proporre
- o la trasformazione dell’internamento in libertà
vigilata presso altre strutture del DSM
- o la revoca della misura stessa.
PERTANTO, TUTTI GLI «ESPERTI»
devono essere in grado di discriminare
-i fattori di rischio individuali riconducibili a tratti di
personalità, apprendimenti differenziali, associazionismo
criminale (fattori criminogenici)
-rispetto a fattori di rischio non correlati al
comportamento criminale, bensì a disturbi psichiatrici
(fattori non-criminogenici).
A loro volta, questi ultimi sono suddivisi in “statici” e
pertanto non modificabili e in “dinamici”, cioè
modificabili e migliorabili con il trattamento.
Questa distinzione è fondamentale
-per individuare i fattori sui quali i professionisti della
psiche possono incidere con i loro strumenti
terapeutici
-per circoscrivere le loro competenze alla messa in
atto di specifici e differenziati progetti e percorsi
sanitari
-per restituire al «giudiziario» persone che non sono
di loro competenza, ma che devono afferire a sistemi
«altri» di cura e di controllo;
-per distinguere un comportamento da sanzionare da
un comportamento da curare.
In altre parole, l’eventuale agito deve diventare
occasione per una riflessione condivisa e non
solo per l’attivazione di una sanzione che, anche
se spesso necessaria, deve sempre essere
collocata all’interno di una presa in carico in cui
le nozioni di cura e di controllo del disturbo
psicopatologico si integrano vicendevolmente.
Da un punto di vista deontologico, il controllo
sanitario (non già quello sociale) quando incide
su specifici sintomi di scompenso psicopatologico,
si integra nel progetto di cura in una con tutti gli
altri obblighi di garanzia che gravano su qualsiasi
sanitario a tutela e garanzia di ogni «buona
cura».
Una visione integrata del lavoro psichiatrico
giudiziario deve prevedere, però, che gli operatori
sanitari si possano prendere cura solo di autori di
reati affetti da disturbi dello spettro psicotico o
depressivi maggiori o da disturbi gravi della
personalità (Cass., S. U. Pen., 9163/2005),
eventualmente in comorbidità e scompensati sul
piano funzionale
con rigorosa esclusione di coloro che presentano
comportamenti criminali egosintonici (psicopatici,
sociopatici, antisociali), che sono di competenza
«altra». Analogamente per delinquenti sessuali,
mobbizzatori, molestatori assillanti e via dicendo,
quando privi di dignità psicopatologica.