UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA SCUOLA INTERUNIVERSITARIA SICILIANA PER LA SPECIALIZZAZIONE ALL’INSEGNAMENTO NELLE SCUOLE SECONDARIE MESSINA CLAUDIA GRAZIA URTI IN UNA E DUE DIMENSIONI: LA SCOPERTA DEL NEUTRONE. TESINA Corso di Fondamenti di Fisica I Prof. V. Bellini ANNO ACCADEMICO 2004 – 2005 Indice Introduzione…………………………………………………………………….3 Parte generale. 1. Esperimenti di interazione tra due corpi. 1.1 Esperimento di esplosione……………………………………………….4 1.2 Esperimento di implosione……………………………………………….5 1.3 Interazione tra due sferette metalliche………………………………….6 2. Quantità di moto e sistemi isolati. 2.1 Quantità di moto…………………………………………………………...7 2.2 Sistema isolato…………………………………………………………….8 2.3 Conservazione della quantità di moto…………………………………..9 1 3. Urti. 3.1 Conservazione della quantità di moto negli urti………………………10 3.2 Classificazione degli urti………………………………………………...10 3.3 Urti elastici in una dimensione…………………………………………13 3.4 Urti obliqui………………………………………………………………...18 3.4.1 Urto elastico obliquo di due sferette di cui una ferma………18 3.4.2 Urto obliquo anelastico e totalmente anelastico…………….23 Parte applicativa. La scoperta del neutrone……………………………………………………26 2 Introduzione. Scopo di questa tesina è spiegare la teoria degli urti in una e due dimensioni, facendo vedere come con l’applicazione dei principi di conservazione sia stato possibile arrivare alla scoperta del neutrone. L'approccio è di tipo didattico, il tema trattato è alla portata di un uditorio di studenti del terzo anno di un liceo scientifico. I prerequisiti necessari per una giusta comprensione della parte generale e di quella applicativa sono: leggi della dinamica; dinamica del punto materiale; energia cinetica e teorema delle forze vive; impulso di una forza; conservazione dell’energia. 3 Parte generale. 1. Esperimenti di interazioni fra due corpi. Quando due o più corpi si scambiano delle forze si dice che essi interagiscono o che c’è una interazione. Si passa così dallo studio della dinamica del punto materiale a quella di un sistema di particelle. Esaminiamo ora alcune interazioni tra due corpi. 1.1 Esperimento di esplosione. Immaginiamo di avere due carrelli A e B su un tavolo ben levigato, legati con un filo in modo che la molla interposta sia mantenuta compressa. Supponiamo che i due carrelli abbiano uguale massa m. Se si brucia il filo, i carrelli acquistano velocità v A e v B opposte. Per poter misurare le velocità, si dispongono sul tavolo due arresti in modo che i due carrelli li tocchino contemporaneamente. 4 Se chiamiamo x A e x B , rispettivamente gli spazi percorsi dai carrelli A e B, dall’istante in cui brucia il filo a quello in cui essi urtano contro gli arresti, detto t il tempo trascorso, sarà ovviamente: v A xA t e v B xB . t Se si ripete l’esperimento usando stavolta un sistema C formato da due carrelli aventi la stessa massa e un altro carrello D, si trova sperimentalmente che il sistema C acquista dopo l’esplosione una velocità v C pari alla metà della velocità v D assunta dal carrello D. Le velocità continuano ad avere versi opposti. 1.2 Esperimento di implosione. Può essere considerato come l’esperimento opposto al precedente. Ai due carrelli A e B sempre di massa uguale, lanciati con velocità opposte, viene attaccata della plastilina in modo che essi restino uniti dopo l’urto. Si trova che dopo l’urto entrambi i carrelli si arrestano. Se si ripete l’esperimento usando un sistema C, formato da due carrelli aventi la stessa massa, e un altro carrello D, si trova che dopo l’urto la velocità del sistema C + D è uguale ad un terzo della velocità comune ai 5 due carrelli prima dell’urto, ed è diretta come la velocità del sistema di massa maggiore prima dell’urto. 1.3 Interazione tra due sferette metalliche. Poniamo due sferette metalliche A e B, di massa uguale, su un binario in modo che la direzione del moto sia sempre la stessa sia prima che dopo l’urto. La sferetta A che urta con velocità v A la sferetta B, supposta ferma, si arresta dopo l’urto, mentre B acquista la velocità che aveva A prima dell’urto. Ripetendo l’esperimento usando una sferetta A di massa doppia rispetto a B, inizialmente sempre ferma, si trova che dopo l’urto entrambe le v A e con velocità sferette si muovono nel verso di 4 vB vA. 3 6 1 vA vA 3 e 2. Quantità di moto e sistemi isolati. Tutti gli esperimenti di interazione tra due corpi sopra esposti, possono essere considerati come esempi di conservazione della quantità di moto. 2.1 Quantità di moto. Si definisce quantità di moto Q di una particella di massa m e velocità v la grandezza vettoriale: Q mv (1) La quantità di moto è dunque un vettore avente per direzione e verso quelli di v e modulo uguale al prodotto della massa per il modulo della velocità. L’equazione dimensionale risulta: Q mlt 1 e l’ unità di misura nel sistema SI è kg (2) m . s La quantità di moto di un sistema formato da più particelle si definisce come la somma vettoriale delle quantità di moto delle singole particelle. 7 Considerando l’esempio precedente dell’urto fra le due sferette metalliche si può far vedere che, in entrambi i casi, pur variando le quantità di moto delle singole sferette, nell’urto si conserva la quantità di moto totale del sistema composto dalle due sferette. 2.2 Sistema isolato. Precisiamo cosa si intende per sistema isolato al fine di poter generalizzare la conservazione della quantità di moto. Un sistema di due o più corpi si dice isolato quando si può considerare trascurabile ogni interazione con corpi materiali che non fanno parte del sistema. Se consideriamo le forze agenti su un corpo di un sistema, queste si possono distinguere in due categorie, quella delle forze interne e l’altra delle forze esterne. Si definisce interna la forza agente su un corpo del sistema e dovuta all’azione di un altro corpo del sistema, mentre sarà detta esterna la forza agente su un corpo del sistema e dovuta all’azione di altri corpi che non fanno parte del sistema. 8 Allora diremo che un sistema è isolato se non agiscono sui suoi corpi forze esterne, oppure se la risultante delle forze esterne è nulla o se le forze esterne sono trascurabili rispetto a quelle interne. 2.3 Conservazione della quantità di moto. Tutti i fenomeni avvengono in modo da rispettare il cosiddetto principio di conservazione della quantità di moto: In un sistema isolato la quantità di moto totale rimane costante nel tempo, se misurata rispetto ad un sistema inerziale. Naturalmente ciò che rimane costante è la quantità di moto totale del sistema, mentre la quantità di moto di un singolo corpo del sistema può variare. Negli esperimenti descritti nel paragrafo precedente la quantità di moto si mantiene costante, in quanto i sistemi considerati sono isolati. 9 3. Urti. Con l’espressione urti fra due corpi si intende una qualsiasi interazione fra due o più corpi, senza che necessariamente ci sia un contatto. Sono esempi di urti gli esperimenti descritti nel primo paragrafo. 3.1 Conservazione della quantità di moto negli urti. In tutti i tipi di urti, durante l’interazione si sviluppano forze molto intense, rispetto alle quali le forze esterne si possono considerare trascurabili. Da ciò segue che in tutti gli urti la quantità di moto totale del sistema si mantiene costante. 3.2 Classificazione degli urti. Gli urti si classificano in due categorie, a seconda della conservazione o meno dell’energia cinetica. Urti elastici: se l’energia cinetica del sistema si conserva; Urti anelastici: se l’energia cinetica del sistema non si conserva. 10 La conservazione dell’energia cinetica quindi, avendosi solo per alcuni urti, non rappresenta un principio di carattere generale, come invece è la conservazione della quantità di moto di un sistema isolato. In generale sono elastici gli urti fra due sferette metalliche o fra due palle da biliardo. Se dopo l’urto i due corpi restano attaccati, muovendosi poi con la stessa velocità, l’urto è detto totalmente anelastico. C’è da dire però che gli urti che comunemente avvengono non sono quasi mai né perfettamente elastici né totalmente anelastici. Sono esempi di urti totalmente anelastici quello fra due automobili che restano attaccate una all’altra dopo l’urto, oppure quello di una pallottola sparata contro un sacco di sabbia, che la trattiene. Se supponiamo di essere nel caso di un urto totalmente anelastico fra due corpi, basterà conoscere le due masse m1 ed m2 e le loro velocità v 1 e v 2 prima dell’urto per determinare la velocità del sistema dei due corpi dopo l’urto. Per la conservazione della quantità di moto si ha: m1v 1 m2v 2 m1 m2 v 11 (3) da cui: m1v 1 m2v 2 v m1 m2 (4) Nel caso di urti fra due corpi che si muovono su una retta, si possono usare i moduli delle velocità anziché le velocità vettoriali, attribuendo un segno per distinguere il verso del moto. 12 3.3 Urti elastici in una dimensione. Affrontiamo ora il caso di due sferette che si muovono sia prima che dopo l’urto lungo una stessa traiettoria rettilinea, ovvero parliamo di urto in una dimensione. Questo tipo di urto viene anche chiamato normale o centrale. Date le velocità v 1 e v 2 delle sferette prima dell’urto e le rispettive masse m1 ed m2 vediamo di calcolare le velocità V1 e V2 delle suddette sferette dopo un urto normale ed elastico. Per la conservazione della quantità di moto e dell’energia cinetica si ha: m1v 1 m2v 2 m1V1 m2V2 1 1 1 1 m1v 12 m2v 22 m1V12 m2V22 2 2 2 2 (5) dalla seconda equazione si ricava: m1 v 1 V1 v 1 V1 m2 V2 v 2 V2 v 2 13 (6) mentre dalla prima segue: m1 v 1 V1 m2 V2 v 2 (7) Eseguendo il rapporto membro a membro fra queste ultime due relazioni si ottiene: v 1 V1 V2 v 2 (8) V2 v 1 V1 v 2 (9) da cui si ricava facilmente che sostituita nella prima equazione del sistema (5), dà: m1v 1 m2v 2 m1V1 m2 v 1 V1 v 2 (10) Ora possiamo ricavare V1 V1 m 1 m2 v 1 2m2v 2 m1 m2 (11) V2 può essere ricavato osservando che il sistema (5) è simmetrico rispetto a V1 e V2 , quindi è sufficiente scambiare gli indici 1 e 2 nell’espressione di V1 . 14 In definitiva le velocità delle sferette dopo l’urto sono: m1 m2 v 1 2m2v 2 V1 m1 m2 V m2 m1 v 2 2m1v 1 2 m1 m2 (12) Vediamo come diventano queste espressioni in alcuni casi particolari. SFERETTE DI UGUALE MASSA: m1 m2 m Sostituendo i valori delle masse nel sistema (12) si ricava che: V1 v 2 e V2 v 1 (13) Quindi le due sferette di massa uguale si scambiano le velocità dopo un urto normale ed elastico. 1 v1 v2 2 1 Prima dell’urto 2 Dopo l’urto 15 SFERETTE DI UGUALE MASSA DI CUI UNA FERMA: m1 m2 m ; v 2 0 Sostituendo i valori delle masse e della velocità della seconda sferetta nel sistema (12) si ricava che: V1 0 ; V2 v 1 (14) Quindi la prima sferetta si ferma e la seconda parte con la velocità che aveva la prima. 1 v1 2 v2=0 Prima dell’urto 1 2 Dopo l’urto 16 URTO DI UNA SFERETTA CONTRO UNA PARETE FISSA: Essendo la parete ovviamente ferma si avrà v 2 0 . Si può considerare la massa m1 della sferetta trascurabile rispetto alla massa m2 della parete. Dal sistema (12) dividendo numeratore e denominatore per m2 e ponendo m1 0 , si ha: m2 m1 1v 1 m v V1 2 1 m1 1 m2 m1 v1 m2 V2 0 m1 1 m2 2 (15) Quindi la sferetta urtante torna indietro con la stessa velocità di prima. m2= 2 v2=0 1 2 1 v1 Prima dell’urto Dopo l’urto 17 3.4 Urti obliqui. Affrontiamo ora il caso di due sferette che sono libere di muoversi in un piano, ovvero parliamo di urto in due dimensioni. Questo tipo di urto viene anche chiamato obliquo. 3.4.1 Urto elastico obliquo di due sferette di cui una ferma. Studiamo il moto di una sferetta di massa m1 e velocità v 1 che urta elasticamente ed obliquamente una sferetta di massa m2 inizialmente ferma. Scegliamo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale con origine su m2 e avente l’asse x coincidente con la direzione di v 1 prima dell’urto. Le sferette dopo l’urto assumono velocità v 1 e v 2 formanti gli angoli θ e φ con la direzione positiva dell’asse x . 18 y v1 v1 θ m2 φ m1 x v2 Tenendo conto della conservazione della quantità di moto e dell’energia cinetica si ha il seguente sistema: m1v 1 m1v 1 m2v 2 1 1 1 2 2 2 2 m1v 1 2 m1v 1 2 m2v 2 19 (16) Proiettando la prima equazione del sistema (16) lungo gli assi x e y si ottiene: m1v 1 m1v 1 cos θ m2v 2 cos φ 0 m1v 1 sin θ m2v 2 sin φ 1 1 1 m1v 12 m1v 1 2 m2v 2 2 2 2 2 Il sistema, di tre equazioni in quattro incognite (17) , , v, v , 1 2 non è sufficiente per determinare le soluzioni; è perciò necessario avere qualche informazione in più, ad esempio possiamo supporre di conoscere l’angolo θ . Per risolvere il sistema (17), osserviamo che le prime due relazioni precedenti possono scriversi nella forma: m1v 1 m1v 1 cos θ m2v 2 cos φ m1v 1 sin θ m2v 2 sin φ (18) da cui elevando al quadrato ambo i membri e poi sommando membro a membro, si ottiene l’equazione: m1 v 1 m1 v 1 2m1 v 1v 1 cos θ m2 v 2 2 2 2 2 2 20 2 2 (19) Eliminando v 2 tra la terza equazione del sistema (17) e la precedente 2 (19) si ha: m 2 1 m1m2 v12 (2m12v1 cos ) v1 m12v12 m1m2v12 0 (20) che è una equazione di secondo grado nell’incognita v 1 , il cui discriminante è Δ m1 v 1 cos 2 θ m1 v 1 m1 m2 v 1 4 2 4 2 2 2 2 (21) Pertanto il problema ha soluzioni per Δ 0 , cioè se risulta: θ arcsin m2 m1 (22) A questo punto è necessario distinguere tre casi. 1° caso: m2 m1 Risulta sempre Δ 0 e l’equazione (20) presenta una variazione e una permanenza. Il problema ammette una soluzione in cui v 1 è la radice positiva della (20): m12v1 cos θ Δ v1 m12 m1m2 21 (23) e i corrispondenti valori di v 2 e φ si ottengono sostituendo prima nella terza e poi nella seconda delle (17) rispettivamente v 1 e v 2 e θ . 2° caso: m2 m1 La (22) è soddisfatta per θ π e la (20) ammette le soluzioni: 2 v1 0 v1 v1 cos θ (24) i cui corrispondenti valori di v 2 e φ si ottengono sostituendo prima nella terza e poi nella seconda delle (17). Con facili calcoli si perviene alle due soluzioni: v 1 v 1 cos θ v 2 v 1 sin θ π φ θ 2 v 1 0 v 2 v 1 φ 0 (25) di cui la prima corrisponde al caso dell’urto centrale elastico in cui la prima sferetta si ferma e la seconda parte con la velocità della prima. 3° caso: m2 m1 La (20) ammette due radici positive se è soddisfatta la (22). Il problema perciò ammette due soluzioni per i valori di θ che soddisfano la (22). 22 3.4.2 Urto obliquo anelastico e totalmente anelastico. Nel caso di urto anelastico l’ultima equazione del sistema (16) non è più valida, allora proiettando la rimanente equazione lungo gli assi x e y si ottiene: m1v 1 m1v 1 cos θ m2v 2 cos φ 0 m1v 1 sin θ m2v 2 sin φ (26) Notiamo che ancora una volta il numero delle incognite è maggiore del numero delle equazioni per cui il sistema non è risolubile. Potremmo immaginare di conoscere il valore di due delle quattro incognite, ad esempio θ e φ , in modo da semplificare il problema. In realtà in un urto anelastico la relazione che esprime la conservazione dell’energia cinetica può essere sostituita con un’altra che tiene conto della conversione dell’energia cinetica in altre forme di energia, o viceversa. In questo modo avendo a disposizione un ulteriore relazione tra le energie cinetiche iniziali e finali il sistema diventa risolubile. 23 Consideriamo ora l’urto obliquo totalmente anelastico. Abbiamo già detto che dopo l’urto il sistema dei due corpi viaggerà insieme con la stessa velocità. Fissiamo un sistema di riferimento cartesiano ortogonale avente origine coincidente con il punto in cui i due corpi, urtandosi rimangono uniti. Supponiamo che la massa m1 proceda con velocità v 1 avente la direzione dell’asse x del nostro sistema di riferimento, mentre la massa m2 la immaginiamo provenire dal semiasse negativo delle y con velocità v 2 . Dopo l’urto il sistema m1 m2 si muoverà con velocità v F . y vF θ m1 v1 x v2 m2 24 Tenendo conto della conservazione della quantità di moto proiettata lungo gli assi otteniamo il sistema: m1v 1 ( m1 m2 )v F cos θ m2v 2 (m1 m2 )v F sin θ (27) dove θ è l’angolo che v F forma con l’asse x . In questo caso non abbiamo più quattro incognite, come nel caso elastico, essendosi queste ridotte alle sole v F e θ . Il sistema risulta così sufficiente per descrivere il moto e quindi risolubile. 25 Parte applicativa. La scoperta del neutrone. Molte scoperte e invenzioni sono avvenute assolutamente per caso ma, come diceva anche il biologo francese Louis Pasteur, “il caso favorisce solo le menti più preparate”. Talvolta, anche attraverso le menti più eccelse passa, inatteso, un avvenimento di portata universale e resta, tuttavia, inosservato. E’ questo il caso della scoperta del neutrone, la particella che assieme al protone costituisce il nucleo dell’atomo. Era il gennaio del 1932 quando i coniugi Joliot-Curie stavano sperimentando le proprietà di una particolare radiazione ottenuta bombardando, con particelle (nuclei di elio) molto veloci, campioni di boro e di berillio. A quel tempo protone ed elettrone erano già stati scoperti; il primo, di carica positiva, come costituente fondamentale del nucleo atomico e il secondo come particella di carica negativa che gira intorno al nucleo al pari di un pianeta che gira intorno al Sole. Si presumeva però che oltre ai protoni, nei nuclei atomici più complessi, vi dovessero essere altre particelle dotate di massa ma non di carica. 26 Queste supposte particelle neutre non erano facili da osservare proprio perché prive di carica, mentre i sistemi di rilevazione in uso a quei tempi erano tarati solo per individuare le particelle provviste di carica. La radiazione molto intensa proveniente dal boro e dal berillio (colpiti dalle particelle ) veniva diretta su un blocco di paraffina dal quale usciva un gran numero di protoni. In un primo momento Irène Curie e il marito Frédéric Joliot pensarono che tale processo fosse attribuibile alla formazione di una radiazione elettromagnetica simile ai fotoni . Sennonché, in base ai calcoli, l’energia della radiazione che emergeva dai due metalli e il numero dei protoni che uscivano dal blocco di paraffina erano quantitativamente molto maggiori di quelli previsti teoricamente e ciò sembrava violare alcune leggi fisiche fondamentali. James Chadwick (1891-1974), allievo e collaboratore di Rhuterford, riprese le ricerche dei coniugi Curie e rifacendo l’esperimento finì per scoprire l’esistenza del neutrone ottenendo, per questo successo, il premio Nobel nel 1935. 27 Il suo lavoro può essere schematizzato nel modo seguente: 1) urto -berillio per ottenere la radiazione neutra penetrante; Po particelle neutre v x Be 2) interazione radiazione neutra-paraffina con produzione di protoni; vx paraffina protoni v P particelle neutre v x 3) interazione radiazione neutra-azoto con emissione di nuclei di azoto. vx azoto nuclei di azoto v N 28 particelle neutre v x Indicando con m x , v x e v x rispettivamente la massa e le velocità prima e dopo l’urto delle particelle incognite (neutroni) nelle interazione radiazione neutra-paraffina e radiazione neutra-azoto e applicando la conservazione dell’energia cinetica e della quantità di moto, ottenne i seguenti due sistemi: (a) m x v x m x v x mP v P 1 1 1 2 2 m v m v mP v P2 x x x x 2 2 2 dove m P e v P rappresentano rispettivamente la massa e la velocità del protone espulso dalla paraffina; (b) m x v x m x v x mN v N 1 1 1 m x v x2 m x v x2 mN v N2 2 2 2 dove mN e v N rappresentano rispettivamente la massa e la velocità del nucleo di azoto. 29 Risolvendo i due sistemi in funzione di v x ricavò: 2m x v P m m v x x P (a) v m x mP v x m x mP x 2m x v N m m v x x N (b) v m x mN v x m x mN x Facendo il rapporto membro a membro tra la prima relazione del sistema (a) e la prima del (b) ottenne: v P mx mN . v N mx mP Inoltre, dalle misure sperimentali risultava vP 7,5 e vN mN 14mP , essendo 14 la massa atomica dell’azoto e 1 quella dell’idrogeno. 30 Sostituendo questi valori nell’ultima relazione trovata poté scrivere: mx 14mP 7.5 mx mP e quindi: mx 14mP 7,5mx 7,5mP , da cui m x mP . Chadwick dimostrò che esiste una particella neutra con massa uguale a quella del protone: il neutrone. L’applicazione dei principi di conservazione permise di approfondire la conoscenza della natura. 31