Erika Repetto 4062060
Agnese Vellar
"Le industrie culturali e i pubblici partecipativi: dalle comunità dei fan ai social media"
Aracne editrice, 2015
Il libro di Agnese Vellar, professoressa di "Comunicazione e Social Media" presso l'Università degli studi di Torino,
ha come filo conduttore una parola: partecipazione. E nell'era dell'abbondanza nella quale ci troviamo questa parola
vuol dire tutto per i giovani always-on.
L'autrice nella prima parte del libro analizza i cambiamenti delle industrie culturali. Negli anni settanta del '900
pochi detentori del sapere controllavano l'informazione e i contenuti, distribuiti in maniera verticale al pubblico;
oggi si è passati alla già citata era dell'abbondanza in cui lo sviluppo di internet, i social media e il nuovo modello
"aperto" di conoscenza, hanno favorito lo sviluppo del movimento del free software, che ha alimentato la cultura
della comunicazione, della condivisione e della produzione di contenuti in maniera libera. Questa rivoluzione di
internet, che da ambiente di calcolo è passato ad essere un ambiente sociale, ha contribuito allo sviluppo di
comunità online. in un primo momento questi "mondi digitali" erano considerati distanti e diversi dall'ambiente
offline, oggi invece la rete è riconosciuta come un ambiente sociale vero e proprio con le proprie regole, usi e
costumi consolidati e rispettati.
Il titolo del saggio ci offre subito una riflessione: esiste una relazione tra le industrie culturali e i pubblici
partecipativi delle comunità online? Vellar analizza la realtà online in cui questa interdipendenza appare più
evidente: il mondo fandom, ossia fan con una passione particolarmente intensa per forme di intrattenimento
massmediale, come gruppi musicali, serie tv o particolari sport. Non si tratta di comuni spettatori, perchè
stabiliscono una particolare relazione emotiva con il prodotto mediale. Le industrie culturali hanno capito che se
vogliono sopravviere in un'era in cui non sono più gli unici creatori e dispensatori di contenuti devono giocare con
questo legame emotivo grazie alla nuova "cultura convergente", convergenza non solo di teconologie ma anche di
new media, sistemi produttivi sempre più globalizzati, culture e nuove forme di storytelling transmediale.
Questa nuova cultura ha portato a strategie di "co-creazione", ossia l'utente non si acconteta più di essere solo uno
spettatore e di subire passivamente contenuti dalle corportation ma vuole lui stesso partecipare producendo
contenuti e promuovendo il brand, starà alle aziende creare il giusto engagement per fidelizzare il cliente e creare un
rapporto emotivo di lungo periodo.
Il bello di internet però risiede nella libertà che ci concede e, di conseguenza, non tutti i fan scelgono di sottostare
alle aziende nella creazione di contenuti. Ci sono molte comunità alternative indipendenti e autogestite in cui i fan
sono liberi di creare prodotti multimediali o testi ispirati ad esempio al loro libro, film o serie tv preferita con finali
alternativi o storie parallele e poi diffonderli in intenert. Questo fenomeno molte volte ha portato problemi sopratutto
per violazioni di copyright o contrasti con il pensiero dell'autore originale, ma è stato altre volte incoraggiato dalle
case produttrici per alimentare la libertà di espressione e creazione.
Ed è proprio questa libertà che spinge l'utente a partecipare, dando il proprio apporto sia per il "bene comune" della
società, sia per acquistare prestigio ed essere riconosciuti come esperti in materia, sia per convalidare la propria
appartentenza come membri di quella cultura di riferimento.
La partecipazione e la cultura dell'always-on hanno cambiato profondamenti i nostri modelli sociali, culturali e
persino economici. Questo saggio ci porta faccia a faccia con un mondo in continua evoluzione, che in soli 30 anni
ha cambiato più e più volte modelli e paradigmi a cui le industrie culturali devono costantemente adeguarsi per
ottenere profitti e visibilità, mentre gli utenti continuano a evolversi, specializzarsi e professionalizzarsi molte volte
incuranti del contributo indiretto che, attraverso la produzione di contenuti gratis, stanno dando a questi colossi
dell'industria mediale.