Diapositiva 1 - Azione Parkinson Ciociaria

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Website: www.azioneparkinsonciociaria.com
Blog: http://parkinsonciociaria.altervista.org
Una nuova realtà associativa è nata sul nostro territorio. Si tratta di Azione Parkinson
Ciociaria, che nella sede Legale di via Latina II, a Castrocielo (Fr) e nelle sedi
operative di : Cassino (Fr) presso la casa della Cultura in via Giuseppe Verdi (ex
campo Boario di fronte parcheggio Nicholas Green), Sora (Fr) in via Agnone Maggiore
(dietro la Chiesa San Luigi Gonzaga) e Pontecorvo (Fr) in via Leuciana Km 10.400
(strada che collega Pico a Pontecorvo), fornisce aiuto, consulenza, supporto psicologico,
logopedico e fisioterapico con ginnastica dolce ,Tai chi, Shiatsu, Riflessologia plantare ,
Reiki, e karaoke terapy, ai malati di Parkinson e alle loro famiglie .Inoltre, l’Associazione
A.P.C. è presente presso l’Ospedale di Cassino (Santa Scolastica),
presso la Casa della Salute di Pontecorvo e presso la Casa di Cura San Raffaele Cassino.
Vogliamo essere un punto di riferimento valido e concreto
Parkinson: nansconderlo non serve ... parlarne sì
Stefano Bussolon
La diagnosi di PD si basa sulla presenza combinata di sintomi quali
la rigidità, tremore, lentezza di movimenti e perdita di equilibrio. Il
paziente può non essere completamente consapevole dei sintomi,
che vengono invece notati dai familiari.
Il ricorso a TAC o Risonanza Magnetica risulta utile nella diagnosi
differenziale, per escludere altre patologie quali tumori o demenza
multiinfartuale. La risonanza magnetica può essere utile per
escludere forme di atrofizzazione del tronco encefalico o del
cervelletto.
Strategie terapeutiche
La terapia della malattia di Parkinson è principalmente di
tipo medico. La terapia tradizionale mira a risolvere la
sintomatologia di tipo motorio (tremori, rigidità, acinesia), e
permette una remissione dei sintomi specialmente a breve
termine, laddove nel tempo essa non permette un controllo
soddisfacente a causa di effetti collaterali importanti e di
“wearing off” come nel caso della L-DOPA. Alla luce delle
ultime ricerche, però, i ricercatori e i clinici si sono accorti
che questa malattia può essere corretta tanto meglio quanto
più precocemente si riesce a ottenere prima la diagnosi, ma
soprattutto a iniziare la terapia; partendo dal presupposto
che la IPD è una malattia neurodegenerativa progressiva il
cui esordio clinico avviene in una fase
neuropatologicamente avanzata di malattia, e per questo
quasi irreversibile, le nuove tendenze della diagnosi e della
terapia si sono rivolte alla ricerca di farmaci neuroprotettori
che preservino le cellule della SN dagli insulti principalmente
ossidativi a cui sono sottoposte (1).
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Terapia sintomatologica
Nonostante tutte le critiche e tutti i farmaci sperimentati per questa malattia, la levodopa resta il farmaco principale
e più utilizzato. Essa va somministrata in associazione con un farmaco inibitore della decarbossilasi in modo da
evitare gli effetti collaterali a livello sistemico. Si associa la levodopa/carbidopa (Sinemet), e la
levodopa/benserazide (Madopar). Non vi è alcun elemento che possa impedire l’utilizzo della levodopa nella
terapia della IPD, e anzi, la levodopa è il farmaco più efficace e quello che permette la maggiore riduzione dei
mortalità legata alla malattia. La levodopa deve essere presa indefinitamente. Dopo un certo numero di anni, però
(in media 5), compaiono una serie di copmplicazioni e di effetti collaterali denominati con il termine di “long term
levodopa syndrome”. Questa sindrome è caratterizzata da: “wearing off”, ossia la riduzione del tempo di efficacia
del farmaco, che in certi casi deve essere assunto ogni ora, con notevole peggioramento dei sintomi prima della
dose successiva; “fasi on-off”, caratterizzati da alternanza anche molto ampia di risposta alla terapia, con periodi
di remissione (fasi on) associati a periodi di refrattarietà alla terapia (fasi off); turbe neuropsichiatriche,
caratterizzate da disturbi del sonno e allucinazioni. Per questo motivo si è cercato di trovare dei farmaci che
possano sostituire o essere associati a questo farmaco, in modo da ritardare l’insorgenza di queste manifestazioni
collaterali. Gli agonisti dopaminergici stimolano, con diversa specificità rispetto ai diversi tipi, i recettori per la
dopamina. Si dividono in ergolinici (bromocriptina, pergolide, lisuride, cabergolina), e non ergolinici (pramipexolo,
apomorfina). Il vantaggio rispetto alla levodopa consiste nella minor frequenza di effetti collaterali e di oscillazione
nella risposta. Il razionale nel loro utilizzo in pazienti giovani, o che presentano sintomi poco pronunciati consiste
nel posticipare in questi soggetti quanto più possibile il ricorso alla levodopa. I dopaminoagonisti possono
presentare effetti collaterali importanti come ipotensione ortostatica e nausea. Il razionale dell’utilizzo dei farmaci
anticolinergici risiede nella riduzione dell’attività colinergica che di riflesso è aumentata in questi pazienti,
causando tremore e rigidità; i farmacipiù utilizzati sono triesfenidile, biperidene, orfenadrina. Il loro utilizzo è al
momento molto diminuito rispetto al passato, per due motivi principali: la frequenza di effetti collaterali di tipo
neurovegetativo, e la possibile interferenza farmacologica con la levodopa. L’amantadina (Mantadan) ha una
leggera azione sia anticolinergica che dopaminergica, e viene utilizzata specialmente in politerapia per ridurre il
tremore e la bradicinesia
Terapia neuroprotettiva
•
La neuroprotezione è un tipo di trattamento che sempre di più sta prendendo piede
nella concezione delle patologie del SNC e il suo razionale nella IPD risiede nella
evidenza che questa malattia è successiva alla perdita di almeno il 70% dei neuroni
della SN, e che le ultime scoperte a livello molecolare stanno aiutando nella
comprensione dei meccanismi patogenetici, e nell’elaborazione di presidi
terapeutici capaci di agire alla base del problema. Il farmaco neuroprotettivo più
conosciuto e utilizzato è la selegilina (Deprenyl). La selegilina è un inibitore
irreversibile della MAO-B che ha un effetto antiossidante, neurotrofico e
antiapoptotico (2). Essa nella pratica clinica permette di posticipare il ricorso alla
leovdopa con un buon controllo della sintomatologia. Quello sulla neuroprotezione
nella IPD è un capitolo ancora tutto da scrivere: diversi farmaci sono in fase di
sperimentazione, e stanno ottenendo buoni risultati: tra questi un altro inibitore
della MAO-B, la rasagilina, è un farmaco che ha ottenuto risultati sorprendenti in
fase II di sperimentazione. Altre categorie di farmaci sulle quali la ricerca sta
andando avanti sono: farmaci favorenti la funzione mitocondriale, antagonisti
degli aminoacidi eccitatori, antibiotici, antinfiammatori, fattori neurotrofici.
Terapia Chirurgica
• Anche in campo neurochirurgico la terapia si sta evolvendo verso forme
sempre più efficaci: attualmente la tecnica più utilizzata è la chirurgia
stereotassica: la chirurgia stereotassica permette di trattare punti in
profondità nel parenchima cerebrale con precisione millimetrica, con
l’aiuto di dispositivi radiologici. La scoperta che alcuni nuclei responsabili
come il globo pallido e il nucleo subtalamico potevano essere un bersaglio
aggredibile nella IPD, ha permesso di elaborare una tecnica, detta Deep
Brain Stimulation (DBS), che permette una buona remissione clinica e una
significativa riduzione della dipendenza da levodopa (3). Attenzione: nel
testo in inglese di Wikipedia, sotto Parkinson Disease si specifica che l'uso
combinato della levodopa con la selegilina ha aumentato il tasso di
mortalità senza che sia emersa una concreta spiegazione. Le persone
candidate a questo tipo di intervento sono persone anziane in stadio già
avanzato di malattia, che presentano effetti collaterali da uso di levodopa
già abbastanza importanti.
Informazioni
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In numerosi trial clinici è stata sperimentata la dieta chetogena, un tipo di dieta basata
sull'uso di grassi/carboidrati:proteine in rapporto di 2:1 o 5:1. Questa terapia deve essere
attentamente monitorata nel tempo dal personale medico. A lungo termine, questa terapia
dimezzerebbe la frequenza di episodi ictali nel 40-50% dei casi. Altri mezzi per rallentare la
progressione della malattia consistono nella terapia dietetica (utilizzo di alimenti ricchi in
antiossidanti – Vitamina C,E), esercizio fisico, psicoterapia.
La stimolazione del nervo vago (VNS - Vagus Nerve Stimulation), rappresenta un'ultima
alternativa per quei pazienti farmacoresistenti, che non abbiano tratto giovamento da altri
presidi terapeutici o su cui è controindicato l'intervento chirurgico. Esso consiste nell'impianto
di una protesi elettronica toracica sottocutanea dotata di batteria a lunga durata e di speciali
elettrodi attaccati al nervo vago di sinistra. Attraverso un'adeguata stimolazione, questa
stimola le afferenze al nucleo motore dorsale del vago il quale presenta dei fasci di fibre che
vanno fino all'amigdala e alle regioni ipotalamiche. il risultato diretto consisterebbe in un
innalzamento della soglia epilettogena. I risultati sono incoraggianti: un terzo dei pazienti
resistenti alle altre terapie riferiscono una riduzione delle crisi del 50%, un altro terzo tra il 30
e il 50% mentre un ultimo gruppo di pazienti non riferisce miglioramenti.
La ricerca delle cause del Parkinson si concentra sui motivi della perdita
selettiva di cellule nella substantia nigra e nel locus ceruleus. La
presenza di pigmento (neuromelanina) in tali nervi costituisce un indizio
importante, in quanto il pigmento è dovuto alla dopamina. La perdita del
pigmento può essere attribuita alla presenza di una tossina tuttora non
riconosciuta, o a un deficit di carattere genetico.
Il fatto che il morbo di Parkinson, pur presentando sintomi piuttosto specifici, sia stato descritto per
la prima volta solo nel 1800 (1817) costituisce un indizio a favore dell'ipotesi tossica che fa risalire
la causa ad una sostanza chimica prodotta dall'inquinamento ambientale. Pur non esistendo prove
dirette a supporto, tale ipotesi è tuttora presa in condiderazione dalla ricerca.
Sotto il profilo epidemiologico sono stati riscontrate delle circostanze interessanti; in primo luogo il
Parkinson affligge soprattutto i non fumatori. Questo lascia supporre che la nicotina possa
assolvere ad una funzione di protezione delle cellule dei gangli della base. In secondo luogo pare
che l'incidenza sia maggiore nelle aree rurali che in quelle urbane.
L'ipotesi ereditaria non pare confermata da studi su gemelli identici: la diagnosi di parkinson in uno
dei due gemelli non aumenta la probabilità che l'altro fratello possa contrarre la malattia,
quantomeno in forma conclamata. Studi più recenti, che fanno uso della tomografia per emissione
di positroni (PET), sembrano però attribuire all'ipotesi genetica un'importanza maggiore.
La scoperta che più ha contribuito all'ipotesi tossica è l'identificazione del farmaco MPTP quale
causa di una patologia irreversibile simile al Parkinson. Il ruolo del MPTP venne alla luce alla fine
degli anni 70, quando fu riscontrato che numerosi pazienti che contrassero il Parkinson in giovane
età avevano fatto uso di sostanze stupefacenti contenenti MPTP; studi sui primati confermarono
l'insorgere di Parkinson in seguito alla somministrazione di tale principio.
Una sintomatologia simile a quella del Parkinson è riscontrata nei pazienti affetti da encefalite virale
(sleeping sickness). Il decorso dell'encefalite virale è più lento che nel Parkinson; nella substantia
nigra si riscontra una perdita neurale maggiore che nel Parkinson, ma senza corpi di Lewy.
I pugili professionisti, a seguito dei violenti colpi al capo cui sono soggetti, possono sviluppare una
sindrome di Parkinson di carattere progrssivo.
L'età media di insorgenza del Parkinson era di 60 anni. L'età costituisce
dunque un fattore eziologico importante. Nell'adulto sano la perdita di cellule e
pigmento nella substantia nigra è maggiore proprio intorno al sessantesimo
anno di età. Poiché il pigmento protegge le cellule contenenti dopamina dagli
effetti del MPTP, delle tossine e dei radicali liberi, la perdita di pigmenti può
predisporre il cervello delle persone anziane al Parkinson.
Sebbene il calo del livello di dopamina nello striato abbia una distribuzione
legata all'età differente da quella della pigmentazione della substantia nigra,
può anch'esso contribuire alla predisposizione all'insorgenza del Parkinson.
Un'altro fattore degno di interesse è la crescita della concentrazione di ferro
nel cervello. La concentrazione di ferro è praticamente nulla alla nascita, e
cresce gradualmente fino ai 30 anni, per rimanere poi stabile fino ai 60. La
presenza di ferro è concentrata nella substantia nigra e nel globus pallidus.
Dopo i 60 anni la concentrazione di ferro tende nuovamente a crescere,
soprattutto nello striatum. Il ferro viene assorbito a livello intestinale e
trasportata al cervello da una proteina denominata transferrina. Il ferro viene
immagazzinato nella glia, legato ad una proteina denominata ferritina. Finché il
ferro è legato risulta innoquo, ma se viene liberato porta alla formazione di
radicali liberi. Alcuni studi osservano che il livello di ferro libero è maggiore
nelle persone affette da Parkinson, sebbene non sia stato possibile capire se il
ferro costituisca una causa o un effetto del Parkinson.
Sappiamo che alcuni termini utilizzati in medicina non sono poi molto semplici da
capire e così predisponiamo per voi un piccolo glossario!
Rigidità
• Pur non essendo, generalmente, il sintomo
principale, la rigidità degli arti o del tronco
costituisce uno dei 4 sintomi più importanti
del Parkinson; nel Parkinson ideopatico è più
frequente la rigidità degli arti, nel PD+ del
collo e del tronco.
Tremore
• Il tremore è, generalmente, il più precoce e prominente sintomo del
Parkinson, ed è riscontrato in circa il 70% dei pazienti. Pazienti con
tremore hanno, generalmente, una prognosi migliore; inizialmente il
tremore può coinvolgere un solo lato del corpo e le mani più delle gambe.
Il tremore è generalmente presente quando gli arti sono fermi, quando il
paziente è seduto, o quando cammina con le mani a penzoloni. Il tremore
tende a diminuire o scomparire quando viene effettuato un movimento. In
alcuni pazienti il tremore aumenta quando è sollecitato a mantenere una
postura (tremore da postura). Occasionalmente il tremore può aumentare
durante il movimento (tremore cinetico), o nella scrittura (tremore da
scrittura).
Bradicinesia
• La bradicinesia è il sintomo che maggiormente
interferisce con l'autonomia del paziente. La
bradicinesia include lentezza e perdita di
movimenti, ritardo nell'inizio del movimento,
frequenti arresti, fatica, incapacità di compiere
due movimenti contemporaneamente.
Instabilità posturale
• L'instabilità posturale deriva da un danno al
riflesso di equilibrio. Nei pazienti
parkinsoniani questo porta ad un aumento del
rischio di cadute.
• Le difficoltà di deambulazione si esprimono
nella combinazione di rigidità delle gambe,
bradicinesia e instabilità posturale.
Sintomi demenziali
• Sintomi demenziali, caratterizzati da disorientamento,
confusione e perdita di memoria, affliggono il 30% dei
pazienti affetti da PD. Tende ad aumentare con l'età e può
essere dovuta alla concomitante insorgenza di sindrome di
Alzheimer. I sintomi demenziali possono essere aggravati da
effetti collaterali del trattamento con farmaci antiparkinson,
quali la levodopa, farmaci anticolinergici e amantadine. Fra gli
effetti collaterali dei farmaci antiparkinson si annoverano
anche stati confusionali caratterizzati da eccitazione e
allucinazioni.
Depressione
• La depressione è frequente nei parkinsoniani, ed ha luogo in
più della metà dei pazienti (50,75% di incidenza). La gravità
dello stato depressivo può essere tale da richiedere
intervento psicoterapeutico o somministrazione di
antidepressivi. Le cause della depressione possono essere di
tipo reattivo (ovvero dovute allo sconforto per l'insorgere
della malattia) o biochimico. Può essere attribuita allo
squilibrio biochimico relato al Parkinson soprattutto quando
insorge prima dell'apparire dei sintomi, o risulta eccessiva in
relazione alla gravità degli stessi.
Disfasia, disartria,
• Perdita dell'espressività del viso
• È talora riscontrata una perdita dell'espressività del viso, dovuta a
bradicinesia e rigidità dei muscoli buccofacciali.
• Sintomi disfasici correlati con Parkinson includono sia una diminuzione
della produzione verbale che nella capacità di produrre correttamente le
parole, che vengono pronunciate in maniera biascicata. La difficoltà
verbale può essere più o meno marcata: la maggior parte dei pazienti
soffre di una forma leggera di disfasia, mentre difficoltà gravi si riscontrano
solo raramente e piuttosto tardi nel decorso della malattia. La causa del
disturbo è data da una combinazione di rigidità e bradicinesia dei muscoli
della bocca e della gola.
• Altri sintomi comuni sono una tendenza a sbavare, vertigine, fiato corto,
problemi urologici, soprattutto in tarda età, costipazione, impotenza,
sensazione di caldo o di freddo, crampi, dolori.
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HAI IL PARKINSON?
ANCHE NOI!
Noi proviamo a combattere la malattia con:
- Attività motoria adattata
- Tecniche di equilibrio e rilassamento psico-fisico
- Psicologia di supporto per malati e per familiari
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SE CREDI CHE POSSANO ESSERE UTILI ANCHE PER TE, OPPURE
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DOBBIAMO PERCORRERE LA STESSA STRADA!
Siamo a Cassino, Pontecorvo e Sora.
NOI PENSIAMO/CREDIAMO CHE:
STARE INSIEME FA STARE MEGLIO
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• STARE BENE ALLUNGA LA VITA
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