Problema iracheno e rallentamento dell’economia: tra teoria e realtà Carlo Salvatori Presidente di UniCredito Italiano Sora, 27 giugno 2003 Premessa • Qualsiasi conflitto è, prima di tutto, un evento drammatico che non sempre trova spiegazioni razionali e che spesso porta con se il segno dell’insufficienza e della sconfitta di tutti quegli strumenti di dialogo e confronto che dovrebbero permettere una pacifica convivenza di tutti i Popoli e di tutte le Nazioni. • Per questo motivo, la guerra è un evento che presenta sempre gravi conseguenze umane e sociali e non può che essere percepita, prima di tutto, come causa di morte e sofferenza per le popolazioni civili che la devono subire. • Ogni conflitto porta conseguenze di straordinaria ampiezza per tutti i campi dell’agire umano e le ripercussioni economiche, che come vedremo possono anch’esse assumere una grande rilevanza, rappresentano una parte dell’intera dimensione dell’evento. 2 Agenda Guerre ed economia: aspetti teorici Il conflitto iracheno Considerazioni conclusive 3 Non vi sono dubbi sul fatto che la previsione economica abbia assunto, nell’attuale contesto, una importanza estremamente rilevante e sia divenuta strumento indispensabile per tutti, dai politici agli economisti, dai finanzieri agli industriali. Se è vero comunque che la previsione economica può oramai vantare elevati livelli di precisione, grazie soprattutto alla sofisticatezza delle tecniche utilizzate, è altrettanto vero che, in concomitanza di un evento bellico, tale attività mostra ancora una certa fragilità e insufficienza. Una testimonianza di questo fatto è data dalla estrema variabilità delle previsioni che vengono elaborate in concomitanza di una guerra e della elevata dimensione del gap che separa queste previsioni dai risultati reali verificati ex post. Anche nel caso del recente conflitto iracheno, numerosi centri di ricerca, think tank internazionali e banche d’affari hanno elaborato interessanti ricerche e previsioni che, nella maggior parte dei casi, non hanno però presentato un minimo di concordanza di output ed una metodologia di approccio ed una sistematicità metodologica adeguata. 4 Le previsioni economiche sono oggi più che mai uno strumento molto importante in tutti i tipi di attività “It is better to be vaguely right than precisely wrong”. John Maynard Keynes 5 Il grande economista Keynes, che ben conosceva i limiti della ricerca e della previsione economica, soprattutto in concomitanza di eventi di carattere straordinario, quali appunto una guerra, usava dire che era sicuramente meglio essere vagamente corretti piuttosto che sbagliare con grande precisione. Anche noi pertanto proveremo ad addentrarci in quest’area che presenta ancora zone grigie con lo scopo non di realizzare un’analisi alternativa a quelle già presentate ma, semplicemente, di focalizzare i fattori che maggiormente incidono in un momento economico così delicato, come un evento bellico, e valutarne il peso e l’importanza. Mentre gli storici hanno documentato gli errori commessi nella valutazione dei costi dei conflitti, poco è stato scritto sugli errori delle previsioni economiche, ma un paio di esempi saranno sufficienti per chiarire questi aspetti. 6 La storia ha insegnato che la stima dei costi di un conflitto è una della previsioni economiche più difficili da realizzare Guerra civile americana 1861 – 65 Scostamento tra costi previsti e costi sostenuti In valore assoluto (mil USD) 3.200 In % del GDP 84% 240 Costi previsti L’errore di valutazione dipende dalla: Errore 1.200% Errore 1.300% • Complessità delle previsioni 7% Costi a consuntivo Costi previsti Costi a consuntivo • Lunghezza del conflitto • Rottura di numerosi “meccanismi” economici che in tempo di pace consentono di effettuare previsioni a fronte di rischi di valutazione piuttosto modesti Guerra nel Vietnam 1964 - 72 Scostamento tra costi previsti e costi sostenuti In valore assoluto (mld USD) 111 In % del GDP Errore 800% Errore 1.100% 10 Costi previsti 12 1,5 Costi a consuntivo Costi previsti Costi a consuntivo 7 In occasione della guerra civile del 1861, la segreteria del tesoro di Lincoln aveva stimato i costi diretti del conflitto per il Nord in 240 milioni di dollari, pari a circa il 7% del PIL del tempo. Il costo a consuntivo è, invece, risultato essere pari a 3200 miliardi di dollari, ossia 13 volte la stima originariamente calcolata. Avvicinandoci nel tempo, anche i costi legati alla guerra nel Vietnam furono enormemente sottostimati. La previsione originale sottostimò i costi contendendoli in 10 mld di dollari, apri all’1.5% del PIL statunitense. L’errore, dettato da una previsione di guerra breve, fu del 1.100%. La guerra, protrattasi fino al 1973, ha determinato un ammontare di costi diretti compreso tra i 110 ed i 150 mld di dollari. A queste cifre dovrebbero essere aggiunti, peraltro, anche i costi indiretti più difficili da stimare e che comprendono inflazione, instabilità economica e tensione nel clima di fiducia tra la popolazione. Gli esempi esposti, che potrebbero però essere arricchiti di numerosi altri casi, indicano l’enorme errore di valutazione che, ex post, può essere ricondotto a numerosi fattori tra i quali meritano di essere menzionati soprattutto: 1. La complessità delle previsioni, che in tempo di guerra devono considerare un numero di fattori sensibilmente superiore a quello normalmente esaminato 2. La lunghezza del conflitto, che di per sé uno degli elementi più incerti da stimare 3. E infine la rottura di numerosi “meccanismi” economici che in tempo di pace consentono di effettuare previsioni piuttosto precise e che in tempo di guerra non sono più utilizzabili in quanto si modificano alcuni parametri di riferimento Proviamo adesso ad esaminare una delle variabili economiche fondamentali in tempo di guerra: i costi diretti del conflitto. 8 I costi complessivi di un conflitto sono ovviamente legati alla sua durata ma, in una guerra moderna, tendono ad essere molto più elevati di un tempo • Guardando unicamente ai conflitti di teatro esterni al territorio americano, è interessante notare come la guerra di Corea e quella del Vietnam, pur presentando un costo complessivo assai più elevato di quello della prima guerra del golfo, esprimono dei costi “annuali” sensibilmente inferiori. Costi di alcuni tra i maggiori conflitti Durata del conflitto (mesi) Costi Diretti Totali (miliardi $ 2002) Guerra civile 48 62,00 1.686 104 26 Prima guerra mondiale 19 190,60 2.489 24 15 Seconda guerra mondiale 44 2896,30 20.388 130 35 Guerra di Korea 37 335,90 2.266 15 5 Guerra del Vietnam 90 494,30 2.204 12 2 Prima guerra del Golfo 1 76,10 306 1 12 Costi pro capite ($ 2002) Costo (% del GDP annuo) Costo medio annuo GDP Source: U.S. Commerce Department, Historical Statistics of the United States, Government Printing Office, 1975, vol. 2, series Y and Al Nofi, Statistical Summary: America’s Major Wars at http://www.cwc.lsu.edu/cwc/other/stats/warcost.htm. Estimate in 2002 dollars are reflated using the GDP deflator. The costs include only costs to the U.S. federal budget and generally exclude postwar costs of veterans’ pensions and health benefits • Per valutare il dato è necessario considerare che una quota rilevante di questi costi riguarda la fase del pre-conflitto e che, pertanto, una guerra breve viene proporzionalmente appesantita più di un conflitto di lungo periodo. • E’ però altrettanto evidente che il protrarsi di una guerra moderna oltre il breve periodo (1 – 3 mesi) rischia di presentare un costo complessivo particolarmente rilevante 9 Fonte: The Cowles Foundation for Research in Economics at Yale University – William D. Nordhaus – The Economic Consequences of a war with iraq – December 2002 I costi complessivi di un conflitto sono ovviamente legati alla sua durata ma, in una guerra moderna, i costi annuali tendono ad essere molto più elevati di un tempo Cerchiamo di comprendere meglio questo aspetto. La prima guerra del Golfo, quella per intenderci scoppiata nel 1991 per liberare il Kawait, è costata poco più di 76 miliardi di dollari al valore del 2002 pari all’1% del PIL Usa. Se tale conflitto fosse durato un anno, la stima del suo impatto sul PIL sarebbe stata circa del 12%. Pe confronto, un anno della Guerra del Vietnam è costata “solo” il 2% del PIL. Per valutare l’onere economico di una guerra moderna è necessario considerare che una quota rilevante di questi costi riguarda la fase del pre-conflitto e che, pertanto, una guerra breve viene proporzionalmente appesantita più di un conflitto di lungo periodo. E’ altrettanto evidente che il protrarsi di una guerra moderna oltre il breve periodo (1 – 3 mesi) rischia di presentare un costo complessivo particolarmente rilevante. La valutazione dei costi di un conflitto non è fine a se stessa in quanto diviene un elemento fondamentale per comprendere il possibile ruolo di stimolo alla crescita economica che ha permesso l’individuazione della cosiddetta “iron law of wartime booms” che potremmo tradurre come “la regola economica di ferro della guerra” 10 L’incremento delle spese militari associate ad un conflitto ha svolto nel passato una funzione di stimolo alla crescita economica ed ha permesso la definizione della “Iron Law” Stimolo alla crescita economica dalle spese per la difesa 69,1 Incremento delle spese militari (in % del GDP) Crescita nel periodo del GDP (%) 41,4 26,7 9,7 8,0 10,5 9,7 1,9 0,3 -1,3 Seconda Guerra Mondiale Ante Pearl Harbor Seconda Guerra Mondiale Guerra di Corea Guerra del Vietnam Guerra del Golfo 1939-41 1939-45 Dal 3/1950 al 3/1951 Dal 3/1965 al 1/1967 Dal 3/1990 al 1/1991 The “iron law” of wartime booms Storicamente, tutti i principali conflitti sono stati seguiti da fasi di espansione economica. Il grafico mostra come tutte le maggiori guerre del passato, che hanno comportato un sensibile incremento delle spese militari in rapporto al GDP, abbiano sostenuto la ripresa dell’economia La regola di ferro è però venuta meno in occasione della Guerra del Golfo dove la spesa aggiuntiva per la difesa, peraltro assai esigua, nulla ha potuto nel risollevare le sorti dell’economia. 11 Fonte: The Cowles Foundation for Research in Economics at Yale University – William D. Nordhaus – The Economic Consequences of a war with iraq – December 2002 Attraverso la “iron law of wartime booms” gli economisti sono riusciti a spiegare il nesso che ha legato per decenni i costi della guerra con la successiva ripresa economica. Il grafico esposto ci fa vedere, in modo estremamente immediato, questa relazione. A fronte, ad esempio, dell’incremento delle spese militari della seconda guerra mondiale e della guerra di Corea rispettivamente di 41,4% e 8%, la crescita del GDP americano è stata del 69,1% e del 10,5%. La prima guerra del Golfo ha segnato però un’inversione di tendenza spiegabile con la progressiva riduzione del peso del settore pubblico rispetto a quello privato nel ruolo di “motore dell’economia”. Questo ha fatto sì che l’incremento delle spese militari non sia stato in grado di generare quell’effetto propulsivo sul PIL che si era verificato in occasione dei precedenti eventi bellici. In questo caso inoltre i fattori psicologici che influenzano l’economia nel breve termine e che influenzano pesantemente i mercati azionari, i tassi di cambio e gli indici di fiducia hanno spinto ad una riduzione degli investimenti e delle decisioni di consumo, in particolare di quelle relative ai beni durevoli. Proviamo quindi ad esaminare più in profondità il peso delle aspettative in caso di conflitto armato. 12 La prima guerra del Golfo ha dimostrato come le differenti componenti dell’economia reagiscano in misura diversa alle incertezze legate al conflitto A Rilevazioni satellitari e informazioni dei servizi portano a ritenere completo lo schieramento iracheno sui confini con il Kuwait e inevitabile l'invasione B 2 agosto: Truppe irachene entrano nel Kuwait ed occupano Kuwait City; l'Emiro si rifugia in Arabia Saudita. C 28 settembre: Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sconfessa il già poco credibile tentativo iracheno di collegare la crisi del Golfo al problema palestinese 30 settembre: i francesi, con l'invio di nuove truppe della Legione Straniera, rafforzano il loro dispositivo militare. 2 ottobre: la portaerei Indipendence entra nel Golfo Persico e completa il dispositivo militare statunitense. D 16 gennaqio: Inizia l'offensiva alleata E 27 febbraio: Kuwait City è conquistata dalle truppe alleate. A sud di Bassora uno scontro tra mezzi corazzati americani e carri iracheni vede ancora una volta questi ultimi soccombere. L'ambasciatore iracheno all'ONU annuncia l'accettazione di tutte le risoluzioni riguardanti l'Iraq. Il presidente George Bush comunica la cessazione delle ostilità a partire dalle ore 6.00 del 28 febbraio. 1.10 1.05 Industrial production 1.00 0.95 Exchange rate on dollar 0.90 S&P stock price index 0.85 0.80 Consumer sentiment 0.75 0.70 A B C D E 13 Fonte: The Cowles Foundation for Research in Economics at Yale University – William D. Nordhaus – The Economic Consequences of a war with iraq – December 2002 Se è vero infatti che la prima guerra del Golfo ha dimostrato come le differenti componenti dell’economia reagiscano in misura diversa alle incertezze legate al conflitto, è altrettanto vero che la variabile delle aspettative dei mercati sia quella che presenta la maggiore sensibilità all’evento. Vediamo in dettaglio il grafico esposto. Le reazioni del mondo economico, qui sintetizzate dal sentiment dei consumatori, dal mercato azionario, dal tasso di cambio del dollaro e dalla produzione industriale, furono tanto immediate quanto diversificate. Questo ben si vede nell’intervallo che va dal momento A al momento C e, cioè, da quando dalle rilevazioni satellitari e informazioni dei servizi il mondo comprende che vi sarà l’invasione del Kawait da parte delle trutte irachene a quando il completamento del dispositivo militare alleato lascia intendere l’immediato scoppio della guerra e gli osservatori sono concordi nel ritenere che il conflitto dovrebbe essere di breve durata. La reazione “emotiva” all’invasione del Kuwait si è concretizzata in un immediato crollo della fiducia dei consumatori e, in misura minore, dei mercati azionari, che ripresero a crescere solo quando si delineò un quadro più preciso che avrebbe portato ad una rapida vittoria degli alleati. Il tasso di cambio del dollaro e la produzione industriale, invece, hanno reagito in modo molto più graduale ed in misura inferiore. In particolare la produzione industriale, si è lentamente adattata alla riduzione della domanda che è stata la conseguenza del repentino calo della fiducia dei consumatori. E’ ancora interessante rilevare che nel momento in cui inizia l’offensiva, indicata al momento D del grafico, la reazione dei mercati è rapida e positiva. Dalla tavola possiamo giungere ad una prima interessante conclusione: ciò che penalizza maggiormente l’economia è l’incertezza relativa ai tempi ed ai modi dell’eventuale conflitto. Il danno all’economia pertanto è più legato alla fase pre-bellica e non tanto alla sua durata. Nel momento in cui i mercati ricevono maggiori certezze quali, ad esempio, la definizione dell’inizio del conflitto e concrete prospettive di rapida conclusione, la loro reazione è sempre positiva. 14 Agenda Guerre ed economia: aspetti teorici Il conflitto iracheno Considerazioni conclusive 15 Il contesto macroeconomico in cui si è collocata la guerra in Iraq non presenta molte analogie con quello di dodici anni fa… • Da un punto di vista prospettico, può essere utile un breve confronto tra il contesto macro economico e finanziario che ha preceduto la prima Guerra del Golfo e quello attuale. • La situazione attuale è, in primo luogo, caratterizzata da una volatilità di fondo superiore rispetto a dodici anni fa, a causa del persistere del terrorismo su base mondiale, delle tensioni provocate dal comportamento della Corea del Nord, della pressione sui prezzi del petrolio causate dalla crisi politica in Venezuela, fenomeni non presenti in passato. • Spostando l’attenzione sull’economia statunitense, è possibile individuare alcune similitudini con il 1990: il deficit del bilancio governativo, inflazione contenuta e tassi di interesse su un sentiero di riduzione. Maggiormente difficile appare la formulazione di un giudizio sull’economia nel suo complesso: se, alla vigilia della prima Guerra del Golfo, la congiuntura mostrava chiari segni di recessione, oggi c’è maggiore incertezza tra coloro che sostengono l’inizio della ripresa e coloro che vedono un rischio di deflazione. 16 … e anche sul piano finanziario la situazione è molto diversa • Sul piano strettamente finanziario, invece, non è possibile individuare stringenti analogie. Nel 1990 Wall Street si trovava nella fase iniziale di un percorso di crescita consistente mentre oggi si sta affrontando il terzo anno di bear market. Nel periodo di guerra tra agosto 1990 e fine febbraio 1991, la borsa statunitense ha registrato una flessione dell’8% per poi risalire(1). L’impatto riconducibile al conflitto può quindi essere considerato marginale. L’attuale conflitto, d’altro canto, sembra aver avuto un impatto positivo(2). • E’ chiaro come lo scoppio di una guerra abbia come effetto immediato quello di ritardare le decisioni di spesa e di investimento. A tale tendenza, che appare già radicata nei comportamenti dei soggetti economici, si aggiunge oggi anche la pressione esercitata sul sistema dalla diminuzione del flusso di investimenti verso gli Stati Uniti, testimoniata dalla debolezza mostrata dal dollaro. Anche nel periodo che ha preceduto il primo attacco all’Iraq si era assistito ad una contrazione nella spesa, ma il flusso di investimenti esteri non aveva mostrato alcuna considerevole flessione. (1) La flessione dell’8% fu rispetto al valore mediano dei 12 mesi precedenti, mentre la risalita fu del 25% nell’anno successivo al minimo segnato nel novembre del 1990. (2) Limitando l’osservazione al solo periodo di guerra, l’impatto è stato particolarmente positivo soprattutto per le borse europee: Francoforte ha recuperato quasi il 10%, Milano oltre il 4%, Londra il 3%. Parigi, in linea con gli indici statunitensi ha registrato recuperi frazionali. La fase di recupero si è poi consolidata nelle settimane seguenti. 17 Indubbiamente, sotto un profilo economico, il conflitto iracheno ha presentato delle particolarità che lo hanno reso del tutto differente da altre guerre di teatro che sono state combattute nell’ultimo decennio (ad esempio, guerra in Afganistan e Kossovo). Questa particolarità sono da ricondurre, in buona misura, al fatto che l’Iraq si trova su uno dei più grandi giacimenti mondiali di petrolio. 18 Il primo canale attraverso cui il conflitto iracheno ha ripercussioni sull’economia è quello del prezzo del petrolio L’Iraq è il secondo Paese al mondo in termini di riserve petrolifere ma per estrazione è solo il dodicesimo, con 2,4 milioni di barili al giorno in quanto la sua produzione è contingentata dall’embargo. Riserve di Petrolio Produzione di Petrolio Dettaglio Primi dieci Paesi Dettaglio Primi dieci Paesi (miliardi di barili al 1° gennaio 2002) (milioni di barili al giorno - anno 2002) Arabia Saudita Iraq EmiratiArabi Kuwait Iran Venezuela Russia Libia Messico Nigeria Secondi 10 Altri 261,8 112,5 97,8 96,5 89,7 77,7 48,6 29,5 26,9 24 110,2 57 Fonte: World oil and gas review 2002 Arabia Saudita Stati Uniti Russia Iran Messico Norvegia Cina Venezuela Canada Emirati Arabi Uniti Secondi 10 Altri 8,5 8,1 7,0 3,8 3,6 3,4 3,3 3,1 2,7 2,6 Fonte: World oil and gas review 2002 19 Fonte: Elaborazioni interne su dati del World Oil and gas review - 2002 16,7 12,5 Nel grafico di sinistra della slide sono elencati i primi Paesi al mondo in termini di riserve di petrolio e l’Iraq figura al secondo posto dopo l’Arabia Saudita. Si tratta di una quantità assolutamente enorme che finora ha pesato ben poco sui mercati mondiali delle estrazioni in quanto i rigidi vincoli imposti dall’embargo dell’ONU all’estrazione del greggio in Iraq hanno fatto sì che questo Paese, come si vede dal grafico di destra, non compaia tra i primi produttori. Abbiamo detto che il petrolio è l’elemento distintivo di questo conflitto in termini economici. Sarebbe forse più giusto parlare di prezzo del petrolio. Permettetemi quindi due parole su questo fattore. Numerose sono le variabili che influiscono sulla definizione del prezzo del greggio nel caso del conflitto iracheno. Tra tutte meritano una esplicita menzione: 1. Il comportamento del cartello dell’Opec 2. La possibile distruzione dei pozzi petroliferi a seguito di azioni militari 3. Il possibile allargamento degli eventi bellici ad un’area più vasta di quella costituita dal solo territorio iracheno quali, ad esempio, il bombardamento dei pozzi sauditi o kuwaitiani più vicini al confine iracheno 4. Le possibili azioni di disturbo e sabotaggio operate ad terroristi ed aventi ad obiettivo la distribuzione del greggio Dopo aver individuato il petrolio quale elemento distintivo del recente conflitto iracheno rispetto ad altre guerre recenti, vediamo quali conflitti presentano caratteristiche analoghe e quali ripercussioni abbiano avuto sul mercato del greggio. 20 Ogni conflitto che ha interessato aree dotate di ingenti riserve petrolifere ha determinato considerevoli oscillazioni nelle quotazioni … Evoluzione del prezzo del petrolio: 1970 - 2002 45 1991: GUERRA DEL GOLFO E FIAMMATA DEL PREZZO DEL PETROLIO 40 Dollari nominali al barile 35 30 25 20 1979 - 80: 1979: SECONDA CRISI PETROLIFERA GUERRA IRAN - IRAQ 15 10 1973: PRIMA CRISI PETROLIFERA 5 0 1970 1975 1980 1985 21 Fonte: Elaborazioni interne su dati vari 1990 1995 2000 Dal grafico esposto in questa slide emerge con una certa immediatezza come ogni conflitto che ha interessato aree dotate di ingenti riserve petrolifere abbia determinato considerevoli oscillazioni nelle quotazioni del prezzo del greggio. Così accadde nel 1979 – 1980 in occasione del conflitto Iran – Iraq che, ricordiamo, coinvolgeva due primari produttori mondiali e così accadde anche nel 1991 in occasione della prima guerra del Golfo. Per gli analisti sembra però difficile che si possa riproporre uno scenario simile a quello che seguì quest’ultima guerra, quando ad una fiammata dei prezzi, che spinse il greggio dai 15 dollari al barile del periodo pre conflitto a circa 32 dollari al barile, seguì un repentino abbassamento che favorì il rilancio dell’economia. A questo punto è giusto chiederci in quale misura la variazione del prezzo del petrolio può influire sull’andamento dell’economia mondiale? Secondo Goldman Sachs un rialzo prolungato dei prezzi petroliferi del 50% rispetto ad una valore base, individuato in 25 dollari, potrebbe impattare in termini di riduzione sul Pil dei paesi industrializzati per circa un punto percentuale. Le oscillazioni del prezzo del petrolio influenzano l’attività economica globale, innanzitutto, attraverso cambiamenti in termini di attività commerciale: coloro che beneficiano di prezzi del petrolio più elevati hanno, infatti, una propensione al consumo più bassa rispetto a coloro che subiscono tale aumento. Essendo il petrolio uno dei più importanti fattori della produzione, uno shock del suo prezzo determina anche spostamenti dell’offerta aggregata e, naturalmente, pressioni inflazionistiche. Ovviamente le economie maggiormente penalizzate sarebbero quelle europee e quella statunitense in quanto principali importatori della materia prima. Tra i motivi di preoccupazione che hanno preceduto il conflitto iracheno vi è l’attuale debolezza congiunturale, che rende l’economia mondiale più vulnerabile ad eventuali shock nella produzione di petrolio. Una corretta previsione del prezzo del petrolio diviene fondamentale per valutare qualsiasi impatto del 22 conflitto sull’andamento dell’economia. … cosicché tutte le principali ipotesi di valutazione dell’impatto della guerra irachena sull’economia hanno guardato, in primo luogo, all’evoluzione del prezzo del petrolio Prezzo del petrolio (Dollari al barile / 2002$) Prezzi del petrolio nelle differenti ipotesi di scenario 80 70 Trend ante conflitto Esito favorevole Esito sfavorevole 60 50 40 Condizione di base: 25 dollari per barile alla fine del 2002 30 20 10 1990 1995 2000 2005 2010 23 Fonte: elaborazioni del Nucleo Studi e Ricerche di UniCredito Italiano su dati di Energy Information Administration – Annual Energy Revue 2001 – Washington DC – November 2002 2015 In questa slide ho cercato di sintetizzare e di rendere visivamente comprensibile il ventaglio di ipotesi considerate dagli analisti prima dello scoppio del conflitto. Il grafico infatti riporta una delle previsioni dell’andamento del prezzo del petrolio più autorevoli. Essa si basa sull’ipotesi che il prezzo del petrolio, al momento dell’ inizio del conflitto, si collochi intorno ai 25 dollari al barile. Il momento di inizio del conflitto è cerchiato in giallo. Le previsioni sull’evoluzione del prezzo del greggio elaborate prima dell’11 settembre portavano a prevedere una evoluzione lineare del prezzo del petrolio nel tempo fino ad un livello di circa 32 – 33 dollari al barile per il 2015 (linea azzurra sul grafico). L’avvento della guerra in Iraq però ha costretto gli analisti a considerare le diverse ipotesi di svolgimento del conflitto ed a valutarne gli impatti sul prezzo del petrolio. La linea rossa traccia l’evoluzione del prezzo del petrolio nell’ipotesi che il conflitto presenti l’esito più favorevole: conflitto armato di brevissima durata, perdite contenute, nessun danno agli impianti di estrazione, nessuna tensione terroristica internazionale, partecipazione della popolazione alla cacciata di Saddam Hussein. Questo quadro potrebbe portare ad una riduzione del prezzo del petrolio già nel breve termine e al mantenimento di un costo inferiore a quello “normale” anche nel medio lungo termine (circa 31 dollari al barile nel 2015). All’opposto, la linea nera traccia l’evoluzione del prezzo del petrolio nel caso di esito meno favorevole del conflitto. Si tratta di una ipotesi che prevede un conflitto di non breve periodo, caratterizzato da perdite piuttosto ingenti, l’incendio di un certo numero di pozzi estrattivi e rigurgiti terroristici. La curva del prezzo che viene così disegnata presenta un picco immediato ed una quasi altrettanto rapida discesa che porta, nel lungo termine, il prezzo, del petrolio ad un livello di poco superiore a quello “normale” sui 36 – 37 dollari al barile. Questo particolare andamento a picco trova la sua spiegazione nella tavola della pagina seguente. 24 Nel lungo termine l’evoluzione del prezzo è determinata prevalentemente da fattori legati alle quantità di greggio estratte Effetto sul prezzo del petrolio ($ al barile) Effetto dell’aumento della probabilità di guerra del 10% sul prezzo future del petrolio (ipotesi a inizio 2003) 15 + $11 sul prezzo Spot 10 + $9,5 sul prezzo a marzo + $5 sul prezzo a giugno 5 + $2 sul prezzo a dicembre 0 Dal 2004 – 2005 il prezzo non appare più modificato dal rischio guerra -5 Spot Giu ‘03 Dic ‘03 Dic ‘04 Dic ‘05 Dic ‘06 Dic ‘07 Dic ‘08 25 Fonte: Stanford Graduate School of Business - Andrew Leigh, Justin Wolfers e Eric Zitzewitz - What do Financial Markets Think of War in Iraq? March 2003 Dic ‘09 L’aumento del prezzo del petrolio a seguito del conflitto presenta una curva di rapido calo in considerazione della previsione di assenza di conseguenze negative stabili di medio e lungo periodo Da questa tavola si vede come nel lungo termine l’evoluzione del prezzo del petrolio sia determinata prevalentemente da fattori legati alle quantità di greggio estratte ed immesse sul mercato mondiale. Il grafico mostra l’evoluzione del prezzo del petrolio su tutti i contratti di vendita, dal contratto spot (prezzo immediato) fino ai contratti a termine di lungo periodo, nel caso in cui la probabilità di guerra aumenti di 10 punti percentuali. Ben si vede quindi come un forte aumento di probabilità del conflitto spinga ad un aumento del prezzo spot di circa 11 dollari al barile e come già a tre mesi l’aumento del prezzo si riduca a 9,5 dollari al barile, a sei mesi a 5 dollari al barile e ad un anno a due dollari al barile. Questa curva si spiega con il fatto che il conflitto non porta a modifiche stabili nel tempo né della capacità estrattiva né delle condizioni di mercato. Durante la prima guerra del Golfo la curva presentava un andamento meno inclinato e tale da mantenere maggiormente nel tempo gli aumenti del prezzo del petrolio. Questo era dovuto al fatto che l’area del conflitto interessava un numero maggiore di centri estrattivi, sia in Iraq che in Kuwait, e le truppe irachene erano in grado di mettere fuori uso, attraverso un’attività di sabotaggio, un numero considerevole di pozzi. Data questa curva, permettetemi di esaminare anche in quale misura il prezzo del petrolio dipenda dalla probabilità di conflitto e, quindi, se vi è una relazione stretta tra andamento del prezzo del greggio e probabilità di guerra in area di estrazione 26 Il prezzo del petrolio ha presentato una stretta relazione diretta con la probabilità del conflitto Prezzo del petrolio e probabilità della guerra $36 100% $31 75% Prezzo del petrolio 50% $26 Probabilità di un conflitto armato in Irak $21 25% $16 0% 20 sett. 2002 18 ott. 2002 15 nov. 2002 13 dic. 2002 10 gen. 2003 27 Fonte: Stanford Graduate School of Business - Andrew Leigh, Justin Wolfers e Eric Zitzewitz - What do Financial Markets Think of War in Iraq? March 2003 7 feb. 2003 Il grafico esposto in questa slide esprime in modo apprezzabile la stretta relazione che ha legato l’andamento del prezzo del petrolio e la probabilità del conflitto armato. Alla riduzione della probabilità di guerra si accompagna una proporzionale diminuzione del prezzo del greggio che riprende però a salire nel momento in cui la probabilità di conflitto aumenta. Ritengo che per comprendere appieno questa relazione sia necessario ricordare che il prezzo del petrolio in caso di conflitto risente molto dei rischi direttamente connessi alle vicende belliche quali l’incendio dei pozzi, il sabotaggio delle pipeline e i possibili rallentamenti nella distribuzione del greggio via mare per la precedenza data alle esigenze militari. Il petrolio tuttavia non è l’unico canale di trasmissione degli effetti della guerra sull’economia. Un altro canale di grande importanza è individuabile nel deterioramento del clima di fiducia 28 Un ulteriore canale di trasmissione degli effetti della guerra sull’economia è individuabile nel deterioramento del clima di fiducia Andamento principali variabili economiche durante il conflitto Numeri indice Prezzo petrolio 1,2 Prezzo dell’oro Indice S&P 500 1,1 Cambio Euro/Dollaro 1 Produzione industriale 0,9 0,8 Fiducia consumatori 0,7 20 marzo 03 Inizio conflitto set-02 29 apr-03 Il grafico esposto in questa slide è simile a quello esaminato prima e relativo al primo conflitto del Golfo. Il grafico ci mostra il crollo del clima di fiducia dei consumatori che ha preceduto lo scoppio del conflitto in Iraq e come questo sia stato rapidamente assorbito in seguito alla positiva evoluzione dello stesso. Il prezzo dell’oro, tipico bene rifugio oggetto di massicci investimenti in periodi caratterizzati da forte incertezza, ha subito un aumento in prossimità dell’inizio del conflitto salvo poi tornare sui livelli dello scorso ottobre. A differenza della prima guerra del Golfo, il calo della fiducia non è stato accompagnato da un’analoga discesa dei corsi azionari i quali erano già stati pesantemente influenzati da altri fattori quali i grandi crack societari quali Enron e Woorldcom che hanno interessato diverse aziende americane nel corso del 2002. La produzione industriale non ha registrato variazioni di rilievo mentre il dollaro ha registrato una progressiva svalutazione nei confronti dell’Euro. Il fattore che maggiormente preoccupava i mercati alla vigilia del conflitto era, senza dubbio, il prezzo del petrolio. Questo dopo essersi impennato in occasione delle settimane che hanno preceduto l’inizio dell’intervento anglo-americano, è rapidamente ritornato sui livelli del 2002. E’ comunque del tutto evidente la stretta relazione che intercorre tra l’andamento della fiducia dei consumatori e il prezzo del petrolio, legati tra loro da una funzione inversa. Permettetemi però di tornare sul comportamento del mercato azionario, qui sintetizzato con l’indice Standard and Poor dei primi 500 titoli azionari del marcato americano. 30 Infine, un altro importante canale di trasmissione è rappresentato dalla reazione dei mercati finanziari Probabilità di guerra e mercato azionario 1000 100 950 80 900 60 850 40 800 20 0 750 Set-02 Ott-02 Nov-02 Dic-02 Gen-03 Probabilità di guerra (sx) S&P future (dx) 31 Feb-03 700 Le variazioni della probabilità di una guerra hanno influenzato l’andamento del mercato borsistico: l’indice S&P è cresciuto in novembre in seguito ad una riduzione del rischio guerra mentre è diminuito in dicembre a causa di un nuovo aumento della probabilità di un conflitto Anche in questo caso, il grafico esprime in modo apprezzabile la relazione inversa piuttosto stretta che ha legato l’andamento del mercato borsistico alla probabilità del conflitto armato. Ben si vede infatti come alla riduzione della probabilità di guerra si accompagnava un proporzionale aumento dell’indice di borsa che riprendeva però a scendere nel momento in cui la probabilità di conflitto aumentava. A questo punto, esaminati i principali canali di trasmissione degli effetti della guerra sull’economia, verifichiamo in quale misura il conflitto ha impattato sull’evoluzione dell’economia e attraverso quali meccanismi ha agito. 32 L’IMF ha stimato il possibile impatto del conflitto iracheno attraverso questi tre canali: iniziando dal prezzo del petrolio… Impatto della crescita di 5$ al barile del prezzo del petrolio dopo un anno sulla Bilancia Commerciale (in % del Pil) Impatto della crescita di 5$ al barile del prezzo del petrolio dopo un anno (in % del Pil) PIL mondiale PIL mondiale -0,3 Paesi industrializzati 0 Paesi industrializzati -0,3 -0,2 Usa -0,4 Usa -0,1 Area Euro -0,4 Area Euro -0,1 Giappone -0,2 Giappone Altri -0,2 Altri Paesi in via di sviluppo America Latina Asia Est Europa e Africa -0,2 0,2 Paesi in via di sviluppo -0,2 America Latina Asia Est Europa e Africa -0,1 -0,4 0,1 Fonte: stime International Monetary Fund Fonte: stime International Monetary Fund 33 0,2 0 -0,5 0,2 Uno dei più autorevoli centri di ricerca economica, l’International Monetary Fund, ha elaborato delle previsioni per valutare in quale misura un prolungato aumento del prezzo del petrolio potesse impattare sull’andamento del Prodotto Interno Lordo e sulla Bilancia Commerciale dei principali Paesi e aree economiche. Il risultato è quello esposto nei due grafici di questa slide. In particolare, è stato previsto che un prolungato aumento di 5 dollari del prezzo del petrolio al barile: • avrebbe impattato negativamente per uno 0,3% sul Pil mondiale, con influenze più pesanti sulle economie USA, europee e asiatiche; • Avrebbe avuto un effetto tendenzialmente neutro sulla bilancia commerciale mondiale, che avrebbe così mantenuto un equilibrio tra le limitate riduzioni dei Paesi occidentali e i modesti incrementi dei Paesi in via di sviluppo Soffermiamoci un attimo sul grafico di sinistra. Essendo il petrolio uno dei più importanti fattori della produzione, una variazione nella sua quotazione determina uno spostamento dell’offerta aggregata e genera pressioni inflazionistiche. Per comprendere l’ampiezza del rallentamento economico è indispensabile considerare che l’attuale debolezza congiunturale rende l’economia mondiale più vulnerabile ad eventuali shock nella produzione di petrolio e ai conseguenti incrementi di prezzo. Ovviamente le economie maggiormente penalizzate, in ipotesi di incremento del prezzo del greggio, sarebbero quelle europee e quella statunitense in quanto principali importatrici della materia prima. All’opposto, le economie più avvantaggiate dall’aumento del prezzo, quelle dei Paesi produttori, non sono in grado di trasmettere alcun beneficio all’economia in quanto questi Paesi sono caratterizzati da una propensione al consumo più bassa rispetto a coloro che subiscono tale aumento. Come abbiamo già avuto modo di vedere, la guerra genera soprattutto un’ attesa che viene misurato in 34 termini di clima di fiducia dei consumatori. … verificando poi l’impatto sulla crescita economica del calo del clima di fiducia … Impatto cumulativo di una prolungata riduzione della fiducia sulla crescita Usa Germania Francia Italia Uk -1,0 -0,7 -0,3 -0,3 -0,1 Fonte: Tavola 1.13 del World Economic Outlook, aprile 2003 Economic Outlook, aprile 2003 35 La tavola esposta esprime una sintesi delle previsioni dell’impatto sulla crescita economica di una prolungata riduzione della fiducia. Alla base di queste previsioni vi è la considerazione che la mancanza di fiducia da parte dei consumatori e delle imprese presenta implicazioni negative sulle decisioni di consumi ed investimenti. Venendo ad un maggior dettaglio, questa tavola ci mostra quanto un prolungato shock sul clima di fiducia, del tutto simile, in termini di entità, a quello che ha seguito l’attacco terroristico dell’11 settembre, avrebbe potuto ridurre la crescita negli Stati Uniti di circa un punto percentuale e quella degli altri paesi di una misura di poco inferiore. Si tratta di effetti obiettivamente “pesanti” che devono essere letti in stretta relazione con l’ampiezza del calo del clima di fiducia. A tale riguardo è opportuno ricordare che la riduzione registrata nell’ottobre 2001 fu obiettivamente rilevante tanto che l’indice di fiducia elaborato dal Conference Board scese a 85.3 da 97 di settembre per poi ulteriormente deprimersi a novembre (84.9). Va ancora aggiunto che questa previsione di riduzione del clima di fiducia, considerata nei termini ora descritti, potrebbe rivelarsi ancora sottostimata nel caso in cui l’azione militare dovesse essere seguita da nuovi attacchi terroristici. In questo caso l’impatto sulla crescita economica sarebbe ancora più pesante. Anche i mercati finanziari risultano penalizzati dall’accresciuta incertezza geopolitica che si traduce in più elevati premi per il rischio ed in una riduzione delle valutazioni azionarie. Nei paesi finanziariamente più evoluti e caratterizzati da un diffuso possesso di azioni, in particolare, una caduta dei corsi azionari è destinata a ripercuotersi negativamente sull’economia attraverso una contrazione dei consumi e degli investimenti. 36 … e infine della flessione dei mercati azionari Effetto di una prolungata riduzione del 10% sulla capitalizzazione del mercato (%) Vendite dettaglio Investimenti Usa Giappone Germania Francia Uk Canada Olanda Nord America e Uk Europa Continentale -1,3 -2,4 … -0,5 -1,5 -1,5 -0,7 -1,4 -0,4 Fonte: Edison and Slok (2001, 2002) 37 -1,5 -2,4 … … -3,0 -2,9 -0,8 -2,5 … La tabella ci mostra in quale misura una prolungata riduzione del 10% dei corsi azionari potrebbe provocare significative riduzioni delle vendite al dettaglio e degli investimenti, misurabili nell’ordine dell’uno/due per cento, nelle principali economie occidentali. La riduzione delle vendite sarebbe una diretta conseguenza del ridimensionamento dell’effetto ricchezza che seguirebbe ad un calo prolungato dei corsi azionari. La contrazione degli investimenti sarebbe invece più direttamente connessa alla instabilità politica e alle relative conseguenze sulle aspettative che una guerra implica. La tabella esposta infine conferma un concetto che abbiamo già avuto modo di chiarire: il mercato azionario tende sempre a premiare la stabilità ed a soffrire per la situazione di incertezza che generalmente precede una guerra. A questo punto però vorrei entrare un po’ più nel dettaglio di questo aspetto ed esaminare in modo un po’ più approfondito come e quanto la borsa soffre le incertezze legate al conflitto. 38 Si è riscontrata una particolare sensibilità del mercato borsistico a tutti gli eventi connessi alla vicenda bellica … Sensibilità dell’indice borsistico S&P 500 agli annunci Data un variazione media degli indici di borsa in periodo di conflitto (pre e durante) dell’1,08% (per le variazioni negative) e dell’1,06% (per le variazioni positive), gli annunci più rilevanti portano a variazioni sensibilmente superiori alla media di periodo. Periodo esaminato 1° gennaio – 2 aprile (ingresso in Bagdad) -1,08% Fase Pre Conflitto Gli ispettori ONU annunciano di non 09/01/03 avere scoperto armi chimiche in Iraq 17/01/03 Saddam Hussein annuncia che l’Iraq è pronto per la guerra 30/01/03 Bush annuncia che l’Iraq continua a rifiutarsi di collaborare 1,94 -1,4 1,95 -2,58 Fase bellica La CNN annuncia la possibile resa 13/03/03 dell’Iraq prima dell’inizio del conflitto 3,45 21/03/03 Inizio soddisfacente del conflitto 28/03/03 Bush e Blair parlano di conflitto probabilmente lungo • La borsa tende a premiare la stabilità e la certezza del futuro. Tutte le notizie che forniscono chiarezza presentano pertanto una correlazione positiva con le variazioni e la borsa tende a amplificarne l’impatto -2,28 ispettori ONU lascia intravedere 14/02/03 Gli una riduzione del rischio di guerra La Turchia non consente l’utilizzo di 10/03/03 basi militari da parte degli USA 1,06% 2,3 -1,77 Ingresso delle truppe alleate a 02/04/03 Baghdad 2,61 39 • Tutte le notizie che contribuiscono a ridurre le certezze e ad aumentare la complessità del quadro di riferimento portano a oscillazioni negative. • La borsa non ama la guerra e soffre per le incertezze che la precedono. • La borsa premia tutte le notizie che lasciano sperare in una soluzione rapida del conflitto La tabella esposta è un po’ complessa ma è in grado di fornirci informazioni di grande interesse. Con riferimento alla recente guerra in Iraq, abbiamo esaminato il periodo pre bellico che, come dimostrato in precedenza, è quello che fa maggiormente soffrire i mercati finanziari. Per precisione, abbiamo preso il periodo che va dal 1° gennaio 2003 al 2 aprile 2003 che corrisponde all’ingresso delle truppe alleati in Bagdad e, in una certa approssimazione, al termine della fase più incerta del conflitto. In tale periodo, le variazioni medie dell’indice borsistico Standard and Poor registrano dei valori di 1,08% per le oscillazioni negative e 1,06% per quelle positive. Si tratta di valori superiori a quelli registrati in periodi non interessati da incertezze legate alla guerra, che presentano valori, sia positivi che negativi, di circa 0,8%. La cosa però più interessante è vedere come gli annunci di eventi o previsioni direttamente legati al conflitto e capaci di modificare il quadro generale di riferimento muovano la borsa ben oltre le normali oscillazioni di periodo. Si tratta di quello che generalmente viene definito “effetto annuncio” e che in questa tavola abbiamo quantificato con puntualità. Infine, una lettura d’insieme dei dati ci mostra che tutte le notizie che accrescono le incertezze ed aumentano la complessità del quadro di riferimento, quali il fatto che la Turchia non conceda l’utilizzo delle proprie basi militari alle truppe statunitensi o che le difficoltà militari spingano Bush e Blair a dichiarare la possibilità che il conflitto possa durare più dei tempi previsti, si traducono in variazioni negative dei corsi azionari. All’opposto, risultano premiate tutte le notizie che riducono il rischio di guerra o lasciano intravedere una sua rapida soluzione. Il rischio associato alla guerra in Iraq però ha inciso in misura significativa sulla variabilità di una serie di grandezze finanziarie che va ben oltre il solo mercato borsistico. 40 … anche se il rischio associato alla guerra in Iraq ha inciso in misura significativa sulla variabilità di tutta una serie di grandezze finanziarie • Una crescita del fattore rischio associato alla guerra ha determinato un ampliamento considerevole della volatilità di alcune variabili finanziarie. • L’impatto sulle oscillazioni è stato elevato sul rendimento dei TBond decennali e sullo spread tra rendimento dei titoli corporate e T-Bond (rispettivamente di 5 volte e di 1,3 volte nei giorni caratterizzati da importanti notizie legate all’andamento del conflitto) • Lo stesso si è presentato moderato sull’andamento dei corsi azionari, sul dollaro e sul prezzo future del petrolio • L’oro presenta una sostanziale impermeabilità al conflitto 41 Fonte: ns elaborazioni su dati in “The Effects of War Risk on U.S. Financial Markets”, Federal Reserve, April 23, 2003 Non posso ancora entrare nel dettagli anche perché rischierei forse di annoiarvi ma ritengo interessante notare, per sommi capi, i comportamenti di altre variabili finanziarie. Mi riferisco, in particolare, all’elevato impatto sulle oscillazioni nel rendimento dei titoli del tesoro statunitense ed allo spread tra rendimento degli stessi ed i titoli corporate che, nei giorni caratterizzati da importanti notizie legate all’andamento del conflitto, è risultato essere rispettivamente di 5 volte e 1.3 volte maggiore rispetto ad un periodo “normale”. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, le oscillazioni del prezzo del petrolio non sono tra quelle che maggiormente hanno risentito del conflitto, bensì sono le fluttuazioni dei mercati obbligazionari,azionari e valutari ad aver maggiormente risentito dei rischi connessi al conflitto. La crescita del rischio associato alla guerra non ha, un po’ sorprendentemente, prodotto effetti rilevanti sulla variabilità delle quotazioni dell’oro. Una possibile interpretazione indica che i rischi di guerra non hanno determinato un grande spostamento delle decisioni degli investitori verso i beni liquidi e sicuri. Questa interpretazione accresce la possibilità che i negativi effetti sui corsi azionari, titoli corporate, rendimenti dei titoli di stato e dollaro, riflettano, almeno parzialmente, la percezione che la guerra accresca i pericoli per l’economia americana piuttosto che un cambiamento nella propensione al rischio degli investitori. Per comprendere appieno l’impatto economico del conflitto è comunque opportuno contestualizzare correttamente la vicenda bellica ed è quello che cercherò di fare a chiusura della mia presentazione. 42 Agenda Guerre ed economia: aspetti teorici Il conflitto iracheno Considerazioni conclusive 43 La guerra irachena, infatti, non può spiegare da sola lo stato della congiuntura economica mondiale, piuttosto, il suo impatto deve essere considerato in un ambito più generale caratterizzato da una progressiva diminuzione del ritmo di crescita che ha tracciato un trend cedente che l’incertezza che ha preceduto il conflitto ha naturalmente contribuito ad acuire. 44 E’ opportuno contestualizzare correttamente la vicenda bellica irachena … Crescita % PIL reale (trimestre su trimestre) 2 1,5 1 0,5 0 1999 II III IV 2000 II III IV 2001 II III IV 2002 II III IV 2003 -0,5 Italia Unione Europea USA Scoppio della guerra in Iraq 45 Indipendentemente dallo scoppio della guerra in Iraq, la crescita delle principali economie occidentali è progressivamente diminuita tracciando un trend cedente acuito dall’incertezza che ha preceduto il conflitto L’evento bellico più recente, in particolare, ha concorso ad acuire i fattori di debolezza che già caratterizzavano la fase ciclica: l’economia americana era appena uscita da una nuova fase recessiva avviatasi con lo scoppio della bolla speculativa (che aveva portato il Nasdaq a perdere, in poco più di tre anni, il 70% della propria capitalizzazione); a questo fatto si è poi aggiunto il crollo del clima di fiducia, a seguito dell’attacco alle torri gemelle e dell’aumentato rischio di nuovi attacchi terroristici, e i numerosi scandali finanziari (primo fra tutti il caso Enron) La guerra irachena pertanto è stato l’ultimo degli eventi negativi di una catena piuttosto lunga che, come effetto, ha prodotto senz’altro un peggioramento del clima d’incertezza procrastinando ulteriormente l’avvio della ripresa economica. La soluzione del conflitto, nel complesso relativamente rapida, ha allo stesso modo impattato favorevolmente sulla fiducia dei mercati e dei consumatori ma di per sé non potrà essere in grado di far ripartire il ciclo, che dovrà essere sostenuto da politiche monetarie e fiscali appropriate. I costi economici del conflitto sono pertanto di difficile quantificazione considerati anche il breve periodo di tempo che è passato dalla fine della guerra ed il periodo di transizione che sta vivendo l’area irachena, non esente da difficoltà. 46 … i cui costi economici rimangono difficili da quantificare •Oggi è ancora troppo presto per quantificare con precisione il costo della guerra irachena •Tale stima appare poi particolarmente complessa in considerazione dell’elevato livello di integrazione delle principali economie mondiali Previsioni andamento del PIL anno 2003 ott-02 giu-03 Stati Uniti 3,0% 2,3% Eurozona 1,9% 0,7% Italia 1,8% 1,0% •La differenza tra le previsioni di crescita pre e post guerra non può rappresentare una stima del costo del conflitto ma è comunque in buona misura ricollegabile ad esso •L’impatto negativo appare molto più pronunciato per l’economia europea, anche perché caratterizzata da fondamentali economici più deboli •Le previsioni di crescita dell’economia statunitense beneficiano, in una prospettiva di medio termine, dello stimolo derivante dal processo di ricostruzione e dai vantaggi legati al raggiungimento di una maggior stabilità politica in un’area economicamente importante e storicamente instabile Fonte: Consensus Economics - media delle previsioni di tutti i principali istituti di ricerca dell'area di riferimento 47 L’elevato livello di integrazione delle principali economie mondiali rende questa stima ancora più complessa. Una buona approssimazione dell’impatto economico provocato dal conflitto è rappresentata dagli scostamenti tra le previsioni di crescita per il 2003 formulate prima e dopo la guerra dai principali istituti di ricerca, precisando che non si tratta di una misurazione esauriente ma comunque in buona misura riconducibile al conflitto. Osservando la tabella, vediamo come l’impatto negativo appare molto più pronunciato per l’economia europea, per la quale la previsione di una crescita dell’1.9% effettuata nell’ottobre 2002 è stata ridotta, dopo la fine della guerra, allo 0.7% a causa di fondamentali economici più deboli rispetto all’economia statunitense, per la quale la stima di crescita è stata portata al 2.3% da un precedente 3.0%. In questo caso, le previsioni di crescita beneficiano, nel medio periodo, dello stimolo derivante dal processo di ricostruzione e dai vantaggi legati alla stabilizzazione politica di un’area economicamente importante. L’economia italiana, infine, sulla scia di quella europea le previsioni di crescita per il 2003 sono state ridotte all’1% da un originario 1.8%. La guerra e l’incertezza che ne deriva, pertanto, hanno provocato un costo per l’economia italiana di circa 0.8 punti percentuali del PIL anche se da noi, forse più che altrove, tale scostamento è originato anche da fattori che con il conflitto non hanno molto a che fare 48 Problema iracheno e rallentamento dell’economia: tra teoria e realtà Carlo Salvatori Presidente di UniCredito Italiano Sora, 27 giugno 2003