L’ORIENTAMENTO NELLA SCUOLA
SUPERIORE
CORSO FORMAZIONE DOCENTI
PROGETTO “ALTER SCUOLA”
DOTT.SSA MARIA SOLE RICCI
CONTENUTI:
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Concetto di orientamento
Orientamento empowering
Concetto di intelligenza emotiva
Educazione socioaffettiva
Origini dell’educazione socioaffettiva
Le metodologie
Alcune altre tecniche
Concetto di orientamento:

Con il termine di orientamento si intende sia il
PROCESSO che la persona mette in atto
spontaneamente per gestire il proprio rapporto
con l’esperienza formativa e lavorativa, sia
l’AZIONE PROFESSIONALE che viene erogata da
esperti per supportare in modo positivo la
capacità di far fronte a questo processo da parte
del soggetto.
Orientamento.

Per supportare in modo positivo il processo di
orientamento oggi si utilizzano metodi e
strumenti più razionali e raffinati in grado di
indirizzare i giovani alla scelta di un lavoro o di
un percorso di studi (che poi sfocerà in un
lavoro), rispondente alle proprie attitudini e
competenze.
L’identità sociale.

Rispondere alle esigenze dell’individuo significa anche porre
attenzione alla globalità della persona, considerandone non solo
gli interessi e le attitudini (per cui esistono strumenti appositi),
ma focalizzandosi anche sui fattori sociali che influenzano la
sua vita, e sui processi di costruzione della sua identità sociale
oltre che professionale.

Con il termine di identità sociale si intende “quella parte della
concezione di sé di un individuo che gli deriva dalla
consapevolezza di essere membro di un gruppo (o più gruppi)”.
(Tajfel)
L’orientamento empowering:

L’orientamento empowering va esattamente in
questa direzione, focalizzando il lavoro
orientativo non solo sulla valutazione delle
competenze, delle attitudini e degli interessi
della persona ma anche e soprattutto sui
significati e i valori che il soggetto attribuisce al
lavoro e allo studio.
Empowerment.

Il termine “empowerment” viene dall’inglese “to empower”
e significa “rendere in grado di”.

L’empowerment di una persona può essere, dunque,
definito come una forma di potere interno, inteso come
forza, motivazione e canalizzazione di energia, ma anche
come competenze e strumenti, che facilitano il “governo
attivo” di una situazione o di un’area di esperienza di vita.

In questo senso l’orientamento può essere anche un
facilitatore o un attivatore del processo di empowerment
che avviene prima di tutto dentro la persona, come potere
interno legato alla possibilità di essere e di fare, di usare
al meglio le proprie risorse, di interagire positivamente
con l’ambiente circostante.
Intelligenza emotiva:
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1.
2.
3.
4.
Un secondo concetto importante è quello di “intelligenza
emotiva”, che ben si collega al processo di orientamento
e che Daniel Goleman qualifica come “un modo
particolarmente efficace di trattare se stessi e gli altri”.
In questo modo particolarmente efficace rientrano, ad
esempio:
La capacità di motivare se stessi e di continuare a
proseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni
La capacità di controllare gli impulsi e rimandare la
gratificazione
La capacità di modulare i propri stati d’animo evitando
che la sofferenza ci impedisca di pensare
La capacità di essere empatici e di sperare.
Le competenze.

Più in generale, alla base dell’intelligenza emotiva ci
sono due grosse competenze:
1.
Una competenza personale, legata al modo in cui
controlliamo noi stessi
2.
Una competenza sociale, legata al modo in cui gestiamo
la relazione con gli altri.
L’educazione socioaffettiva.

Il senso di identità sociale, il livello di
empowerment e il grado di intelligenza emotiva
di una persona, possono essere potenziati
attraverso il processo educativo, soprattutto
realizzando ciò che T. Gordon ha chiamato
“educazione socioaffettiva”.
L’educazione socioaffettiva:
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

Per educazione socioaffettiva si intende quella parte del
processo educativo che si occupa degli atteggiamenti,
sentimenti, credenze ed emozioni degli studenti.
Implica un’attenzione per lo sviluppo personale e sociale
degli allievi e per la promozione della loro autostima.
Inoltre privilegia la dimensione interpersonale
riconoscendo la centralità dello sviluppo di capacità
sociali e interpersonali.
Sottolinea l’importanza di dare sostegno e guida agli
studenti e del fatto che le componenti cognitive e affettive
dell’educazione sono collegate tra di loro.
I sentimenti che gli studenti provano verso se stessi, verso
le materie scolastiche, i loro compagni e i professori
possono influenzare il loro rendimento quanto le loro
abilità.
La motivazione.

Molte ricerche rilevano quanto la relazione con
insegnanti e compagni influenzi la motivazione
ad apprendere: la serenità di stare in un gruppo
che soddisfa i nostri bisogni di accettazione e di
affiliazione permette di affrontare lo sforzo
cognitivo dell’apprendimento in modo proficuo.
Le origini:
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1.
2.
3.
L’educazione socioaffettiva trae i presupposti teorici
dalla psicologia di comunità e dalla psicologia
umanistico-esistenziale.
La prima vede nella qualità del “rapporto fra individui e
ambiente l’elemento determinante per il benessere o il
malessere di una persona”. (D. Francescato).
La seconda, in particolar modo il pensiero di Maslow e
Rogers, si è interessata alla promozione della salute
psicofisica dell’individuo e ha evidenziato il valore di:
Un rapporto interpersonale accettante
Una comunicazione efficace
Una risoluzione negoziata dei conflitti
L’autorealizzazione.

Quando una persona è soddisfatta fisicamente,
sicura, stimata e bene inserita nel suo
ambiente, può tranquillamente dedicarsi alla
propria autorealizzazione, cioè a perseguire i
propri obiettivi e approfondire le proprie
conoscenze.
Gli obiettivi dell’educazione
socioaffettiva.

L’educazione socioaffettiva ha, dunque, l’obiettivo di
migliorare nell’individuo la conoscenza di sé e di facilitare
nel gruppo classe la comunicazione tra i membri.

A livello individuale si propone di sviluppare sentimenti di
accettazione, di sicurezza e fiducia in sé e negli altri, oltre
alla capacità di risolvere problemi interpersonali e di
affrontare le situazioni di stress emotivo.

A livello di gruppo mira invece a promuovere
comportamenti e atteggiamenti di collaborazione,
solidarietà, mutuo rispetto, tolleranza per la diversità,
riconoscimento delle differenti modalità d’interazione.
Le metodologie:
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Il messaggio-io
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L’ascolto attivo

Il problem-solving

Il circle time
Il messaggio-io:


Il messaggio-io è un messaggio efficace poiché
applicandolo, l’insegnante mette a “confronto” i propri
sentimenti e bisogni con il comportamento inaccettato del
ragazzo.
I messaggi-io, a differenza dei messaggi-tu (“perché
continui a disturbare”, “sei sempre disordinato”,….)
esprimono un sentimento di chi parla senza esprimere
valutazione sull’alunno che compie l’azione, ponendolo di
fronte agli effetti dei suoi atti e ai sentimenti che provoca
negli altri.
Secondo molti insegnanti il messaggio-io è molto difficile da
formulare, oltre ad essere inefficace.

Esso, per avere un qualche effetto, deve contenere tre
elementi fondamentali:
1.
Una descrizione del comportamento dello studente ritenuto
inaccettabile (es.: quando allunghi i piedi fuori dal banco, in
mezzo al passaggio…..)
2.
L’effetto tangibile e concreto sull’insegnante, causato dallo
specifico comportamento (es.: …io potrei inciampare….)
3.
I sentimenti provati dall’insegnante (es.: …ho paura di cadere
e di farmi male…)
Attraverso il messaggio-Io vengono raggiunti tre
obiettivi fondamentali per un incontro positivo:
1.
2.
3.
Si riduce al minimo la valutazione negativa dello
studente;
Non si pregiudica il rapporto con lo studente;
È più probabile che si solleciti una volontà di
cambiamento
L’ascolto attivo:

1.
2.
3.
4.
L’ascolto attivo prevede il presupposto dell’accettazione
dell’altro, la quale non è una condizione passiva ma è
una forza interna che va comunicata all’altro, questo
può essere fatto attraverso quattro momenti
fondamentali:
L’ascolto passivo
Cenni di attenzione
Espressioni facilitanti
Ascolto attivo
L’ascolto passivo.
Permette all’alunno di esporre, senza essere interrotto, i propri
problemi e implica un’attenzione concreta e totale al ragazzo. Il
silenzio, infatti, è un efficace messaggio non verbale che può portare il
ragazzo a sentirsi realmente accettato, incoraggiandolo ad aprirsi di
più.
Cenni di attenzione.
 Informano il ragazzo che l’insegnante lo segue e lo ascolta. Essi
possono essere non verbali (costante contatto con gli occhi, annuire o
chinarsi in avanti verso l’altro, aggrottare le sopracciglia, fare un
sorriso…), o verbali (“ti ascolto”, “sto cercando di capire”..).
Espressioni facilitanti.
 Incoraggiano il ragazzo a continuare il discorso, recependo solamente
e senza emettere messaggi personali o giudizi. Alcuni esempi sono:
“Vorresti dirmi qualcosa di più su questo problema?”, “che ne dici di
parlarmene?”.
L’ascolto attivo.
 Comporta l’interazione con lo studente e fa in modo che lui abbia delle
prove (feedback) che l’insegnante lo sta capendo, attraverso un
processo di rispecchiamento.

Gli insegnanti che mettono in pratica l’ascolto attivo
scoprono che, piuttosto che una perdita di tempo, è invece
un acquisto di tempo da dedicare all’insegnamento e
all’apprendimento. Infatti:




Aiuta gli studenti a liberarsi di sentimenti problematici
così che possono applicarsi di nuovo alle attività
dell’apprendimento.
Aiuta gli studenti a capire che non devono temere le
proprie emozioni e che i sentimenti non sono nocivi,
possono familiarizzare con le emozioni.
Fa assumere allo studente la responsabilità di analizzare
e risolvere i propri problemi. Gli insegnanti che lo
applicano sono spesso stupiti della creatività e
dell’energia che gli studenti dimostrano nell’affrontare i
problemi e nel trovare da sé le soluzioni.
Rende gli studenti disponibili ad ascoltare l’insegnante.
Il Problem Solving:

Quando si presentano situazioni che richiedono soluzioni
complesse, Gordon propone di usare la tecnica del
problem solving per facilitare le persone ad esprimere i
propri bisogni e a individuare strategie che permettano di
rispondere a quelli di tutti.

Il problem solving è una tecnica di creatività efficace per
dirimere le controversie tra due persone o due gruppi di
persone.
Prevede sei fasi successive che possono essere svolte in una
o più riunioni di gruppo:
1.
Esposizione del problema;
2.
Formulazione di possibili soluzioni;
3.
Valutazione degli aspetti positivi e negativi di ogni
proposta;
4.
Scelta della soluzione più idonea;
5.
Attuazione della soluzione;
6.
Verifica dei risultati ottenuti.
Problem Solving.



La riuscita di percorsi simili implica la presenza di un
rapporto improntato all’accettazione e alla stima tra le
persone e la consuetudine ad impostare la “vita comune”
al rispetto delle reciproche esigenze e caratteristiche.
Ovviamente, un clima del genere, difficilmente si ottiene
in modo spontaneo, ma è necessario costruirlo.
Quanto più si abituano i ragazzi a regole di convivenza
improntate a questi valori, tanto più sarà facile sviluppare
contesti di vita educanti dove le persone crescono
riuscendo a stare bene con se stesse e con gli altri.
Il circle time:




Uno dei limiti maggiori dei modelli formativi utilizzati nelle
scuole italiane è quello di non valorizzare il gruppo come
strumento formativo e di crescita, contrariamente a
quanto sostenuto dalla moderna pedagogia.
Il gruppo rimane spesso un potenziale non utilizzato.
Introdurre un’attività come il circle time nella
programmazione didattica restituisce valore alle variabili
relazionali e importanza allo sviluppo di tutte quelle
competenze prosociali definite come “intelligenza emotiva”
(che abbiamo visto prima).
Il rapporto e la conoscenza degli studenti tra di loro
diventano un obiettivo formalmente riconosciuto, da
perseguire all’interno di uno spazio fisico e temporale.
“Tempo del cerchio” o “Cerchio magico”.

Durante il circle time i membri della classe si riuniscono per discutere
un argomento o un problema proposto da uno o più alunni e
l’insegnante si presta a fare da conduttore del gruppo (compito che,
dopo un po’ di esperienza, può essere espletato anche da un alunno).
 La classe riunita può essere definita come un piccolo gruppo di
discussione con una struttura a bassa gerarchia (l’insegnante ha infatti
il compito di facilitare la discussione, ma nessuna funzione autoritaria),
di tipo formale (in quanto luogo, tempo e norme che regolano la
discussione restano costanti), con l’obiettivo primario di creare un clima
collaborativo e amichevole fra i membri.
 L’uso di questa metodologia, facilitando lo scambio di opinioni,
permette una conoscenza reciproca più approfondita e rapporti
interpersonali più gratificanti tra i membri del gruppo, presupposti di
base per lo sviluppo di un senso di appartenenza e coesione di gruppo.
L’esecuzione del circle time richiede il rispetto delle
seguenti regole:
1.
La disposizione delle sedie in circolo.
2.
La frequenza delle discussioni.
3.
La durata.
4.
I criteri di scelta degli argomenti.
ALTRE REGOLE
(non interrompere chi parla, accettare il punto di vista dell’altro, non
deridere ecc…)
1.
Scaturiranno dalle discussioni e sarebbe bene
che l’insegnante riuscisse a sollecitarle negli
alunni, anziché proporle egli stesso.
2.
Tali regole, una volta accettate, andranno
scritte su un apposito cartellone in modo da
renderle visibili al gruppo classe.
2 ULTERIORI OBIETTIVI DEL CIRCLE TIME
Primo obiettivo.
1.
Trasmettere ai partecipanti conoscenze sui fenomeni di gruppo,
nonché competenze nella conduzione e nell’osservazione di
gruppi di discussione.
A tal fine si prevede che, fin dai primi incontri, alcuni ragazzi escano
a turno dal cerchio e si abituino ad osservare cosa accade durante la
discussione all’interno del cerchio.
Gli insegnanti possono fornire delle griglie di osservazione con le
quali rilevare i comportamenti più funzionali e quelli che, invece,
disturbano il lavoro del gruppo.
Gli studenti delle scuole superiori sono già in grado di rilevare
fenomeni complessi, come la relazione tra la produttività e clima
collaborativo di un gruppo.
Al termine della discussione si dedicano dieci minuti alla restituzione
al gruppo delle osservazioni fatte dai compagni, momento in cui gli
osservatori leggono le loro considerazioni e i partecipanti possono
commentarli.
L’osservazione.
L’osservazione è un apprendimento molto importante
che avviene grazie alla minore implicazione nella
discussione.
Risulta essere molto educativo per i ragazzi
impegnarsi a restituire le proprie osservazioni ai
compagni in modo costruttivo, evitando che il compito
di osservare venga assimilato a quello del valutare.
Le funzioni da osservare.

Gli osservatori del gruppo si dispongono all’esterno del cerchio
e si assumono il compito di tenere d’occhio tre funzioni
fondamentali:
1.
Le funzioni centrate sul compito
2.
Le funzioni centrate sul mantenimento del gruppo
3.
Le funzioni devianti (del ragazzo e dell’insegnante)
LE FUNZIONI CENTRATE SUL COMPITO
1.
Enunciare o chiarire il compito
2.
Stabilire le procedure e il rispetto delle regole
3.
Chiedere e fornire informazioni
4.
Riassumere (ricondurre i membri all’argomento)
5.
Mantenere il gruppo in argomento
6.
Integrare (anche i vari problemi)
7.
Valutare la congruenza tra ciò che si dice e l’obiettivo
LE FUNZIONI CENTRATE SUL MANTENIMENTO DEL
GRUPPO
1.
2.
3.
4.
5.
6.
Fare “portierato” (accogliendo i membri più isolati)
Controllare la comprensione del compito
Offrire sostegno e incoraggiamento
Aiutare gli altri a verificare le supposizioni
Verificare i sentimenti (es. se qualcuno si arrabbia darvi
spazio ma senza entrare nel profondo)
Mediare
LE FUNZIONI DEVIANTI
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Criticare
Utilizzare l’ostruzionismo
Dominare
Ricercare l’attenzione
Fare la vittima
Fare il playboy/playgirl (atteggiamento seduttivo)
Assumere un atteggiamento da crociato (es. “la mia idea è la
più giusta”)
Secondo obiettivo.
1.
Trasformare il gruppo da insieme di individui a gruppo primario
di auto-aiuto. (Questo obiettivo è perseguibile solo quando
sono previsti tempi prolungati di uso del circle time (per più di
un anno scolastico)).

Introducendo una logica della conoscenza, della collaborazione e
della condivisione, non solo si può preparare il terreno
all’introduzione di argomenti di discussione delicati e intimi come la
sessualità, ma è possibile attivare un contesto di supporto nel quale i
ragazzi offrono un sostegno concreto ai compagni in difficoltà e
affrontano in maniera creativa gli inevitabili conflitti.
Questa potenzialità del gruppo classe di diventare fonte di supporto
per i compagni in difficoltà può essere utilizzata anche per affrontare
problematiche quali il drop-out scolastico (abbandono scolastico,
bocciatura).

IL CIRCLE TIME PER GENITORI, INSEGNANTI ED
EDUCATORI.

Il circle time può essere utilizzato con gruppi di soli
docenti e di soli genitori per aumentarne la coesione
e la produttività e con gruppi composti da genitori e
docenti per migliorare la cooperazione tra questi due
importanti attori della comunità scolastica.
Altre due tecniche utili:
1.
Il “brain-storming”
2.
Il “cooperative-learning”
Brain-storming:



Questa tecnica è anche detta “tempesta di idee” e consiste
nell’invitare gli alunni stessi a fornire all’insegnante le
proprie opinioni o semplicemente ciò che sanno su un
particolare tema che si vuole affrontare.
In questo modo la trattazione dell’argomento prenderà
avvio dagli interventi degli alunni e da ciò che loro già
conoscono, e non dal professore, come avviene
tradizionalmente.
Gli interventi dei ragazzi vengono di volta in volta
trascritti sulla lavagna, dal professore o da un alunno e
successivamente ripresi dall’insegnante per l’avvio di una
discussione.
Cooperative-learning:



Si tratta di gruppi strutturati ad apprendimento
cooperativo.
L’apprendimento si organizza in piccoli gruppi strutturati
di lavoro, sviluppando nei membri di ciascun gruppo la
solidarietà, la responsabilità, la capacità di cooperare per
raggiungere uno scopo comune, l’autostima, la
motivazione ad apprendere, il sentimento sociale.
Gli allievi ottengono migliori risultati d’apprendimento,
memorizzano meglio, sviluppano l’autonomia e livelli
superiori di ragionamento e di pensiero creativo.
Il modeling:



1.
2.
3.
E’ una procedura di apprendimento per imitazione, introdotta
da Bandura (1969), in cui c’è un soggetto osservatore ed uno
che funge da modello.
E’ particolarmente efficace con bambini e adolescenti poiché
molti dei comportamenti sociali vengono appresi dall’uomo
osservando ed imitando il comportamento di figure
significative (genitori, insegnanti ecc..).
Colui che deve apprendere un determinato comportamento e
si trova nel ruolo di osservatore, deve trovarsi nelle seguenti
condizioni:
Alto grado di affettività
Essere consapevole del fatto di dover imitare (livello attentivo)
Ottenere dei rinforzi dopo aver riprodotto i comportamenti
emessi dal modello.
Il role-playing:



Avviene per mezzo della simulazione, che si realizza
attraverso il come se, in cui il soggetto sperimenta
direttamente l’esecuzione di determinati comportamenti.
Al soggetto viene chiesto di simulare un ruolo mai
sostenuto in precedenza, che quindi non corrisponde al
proprio modo di essere e di comportarsi.
Ciò lo aiuta a sperimentare sul piano emozionale una
certa modalità comportamentale e a sviluppare la
reciprocità, cioè l’abilità di tener conto del punto di vista
dell’altro, soprattutto quando questo è diverso dal
proprio.
Conclusioni.



Quando, come spesso accade, si ereditano gruppi classe
dove vigono valori diversi e/o nei quali le persone sono
abituate a stili di leadership autoritari o permissivi
naturalmente sarà necessario prima andare con il sistema
per poter essere riconosciuti come figura di riferimento e
per poter poi aiutarlo lentamente a cambiare.
Bambini e ragazzi non abituati a pensare e a scegliere, ad
esempio, facilmente avranno aspettative di dipendenza
verso l’adulto e inizialmente potranno anche accogliere
con difficoltà la richiesta di essere più autonomi e
propositivi all’interno di un rapporto asimmetrico.
Dovranno scoprire con il tempo e la ridondanza dei
messaggi quanto possa essere più piacevole esprimere i
propri pensieri e assumersi le proprie responsabilità.