Lezione 13 • Equazione di Klein-Gordon • Equazione di Dirac (prima parte) equazione di continuità hamiltoniana di Dirac matrici alpha, beta 1 Equazioni d’onda relativistiche L’equazione di Schrödinger, come abbiamo già visto, descrive il comportamento di una particella non dotata di spin e non relativistica, descritta in termini di una funzione d’onda, dipendente dalle coordinate spazio-temporali, e il cui modulo a quadrato ci fornisce la densità di probabilità di posizione della particella. Tale densità integrata su tutto lo spazio deve essere normalizzata a 1. La particella può essere libera o soggetta a un potenziale. L’equazione di Schrödinger però non parte da relazioni relativistiche, bensi da relazioni classiche ed è ottenuta, come abbiamo visto, sostituendo nell’equazione classica per una particella libera: E = p2 / (2m) nella quale abbiamo fatto corrispondere a E e a p i seguenti operatori: Ei t p i Con un procedimento analogo dovrebbe essere possibile costruire un’equazione relativistica per una particella libera di spin zero. 2 Equazione di Klein-Gordon Klein e Gordon nel 1926 costruirono un’equazione a partire dalla relazione relativistica tra energia e impulso: E2 = p2 + m2 nella quale, come nel caso dell’equazione di Schrödinger, si sostituiscono a E e p gli operatori corrispondenti: p i ħ=c=1 Ei t 2 2 2 2 m Φ 0 t ( μ m )Φ 0 μ 2 ( m2 )Φ 0 (1) EQUAZIONE DI KLEIN GORDON PARTICELLA RELATIVISTICA LIBERA D’ALAMBERTIANO L’equazione di Klein-Gordon si applica a particelle relativistiche a spin=0 (bosoni) 3 Osservazioni sull' equazione di Klein-Gordon 1) La relazione relativistica tra energia e impulso: E2 p2 m2 prevede la possibilità di due soluzioni per l'energia in corrispondenza di un certo valore dell'impulso: E p2 m2 E p2 m2 Ci troviamo dunque a dover trattare soluzioni a energia negativa che sembrano non avere significato fisico. 2) Se tentiamo di derivare dall’equazione di K.-G. una equazione di continuità, come abbiamo fatto per l’equazione di Schrödinger che dava luogo all’equazione: ρ j 0 t ci troviamo di fronte al problema di non poter interpretare come una densità di probabilità. Vediamo perchè... 4 Equazione di continuità dall’eq. di K.-G. Prendiamo l’equazione di Klein-Gordon e la sua complessa coniugata: 2 2 2 m 2 Φ 0 t 2 2 2 m2 Φ* 0 t Moltiplichiamo la prima per F* e la seconda per F: 2Φ 2 2 2 Φ Φ Φ m | Φ | 0 2 t 2Φ 2 2 2 Φ Φ Φ m | Φ | 0 2 t Quindi sottraiamole membro a membro: 2Φ 2Φ 2 2 Φ Φ Φ Φ Φ Φ 0 2 2 t t (2) 5 Definiamo le seguenti grandezze: Φ Φ ρ i Φ Φ t t j i Φ Φ ΦΦ DENSITA’ DI PROBABILITÀ ?? DENSITA’ DI CORRENTE DI PROBABILITÀ ?? 2Φ ρ 2 Φ i Φ Φ 2 2 t t t j i Φ Φ ΦΦ i Φ 2 Φ Φ 2 Φ Con queste definizioni l'equazione (2) diventa: ρ j 0 t cioè assume la tipica forma di un’equazione di continuità, tuttavia la quantità non è definita positiva, come invece dovrebbe essere una densità di probabilità. Pertanto NON possiamo interpretare come una densità di probabilità. 6 Osservazioni sull’ eq. K.-G. 1) Gli autovalori dell’energia possono anche essere negativi: questa è una conseguenza naturale della relazione relativistica energia-impulso. Gli stati a energia negativa non sembrano interpretabili come stati fisici. 2) La densità di probabilità non è definita positiva, come lo era invece nell'equazione di Schrödinger, perchè, mentre l'eq. di S. conteneva una derivata prima rispetto al tempo, quella di K.-G. contiene una derivata seconda rispetto al tempo. Ciò deriva dal fatto che l'eq. di S. scaturisce dalla relazione classica energia-impulso nella quale l'energia è elevata al primo grado (E i /t) e l'impulso al secondo (p2 - 2/2m), mentre l'equazione di K.-G. deriva dalla relazione relativistica, nella quale entrambe sono elevate al quadrato (E - 2/t2 e p2 - 2/2m) . Questo impedisce di usare l’equazione di K.-G. come equazione della meccanica quantistica ordinaria. Tuttavia essa è stata nuovamente riutilizzata con la nascita della teoria dei campi quantizzati (seconda quantizzazione), nella quale l’equazione di K.-G. è l’equazione che descrive non la funzione d’onda di una particella, ma un operatore associato a un campo bosonico F che può creare o distruggere particelle a spin zero, che sono i quanti del campo stesso. 7 Equazione di Dirac Allo scopo di descrivere particelle relativistiche di spin ½ e senza struttura, Dirac propose nel 1927 un altro tipo di equazione, tentando di risolvere i problemi posti dall’ eq. di K.-G.. L’equazione deve avere le seguenti caratteristiche: • Da essa deve conseguire un’equazione di continuità ∂m jm =0 • La densità di probabilità deve essere definita positiva, in modo che sia interpretabile come una densità di probabilità: l’equazione deve pertanto contenere solo derivate prime rispetto al tempo • L’equazione deve essere lineare e omogenea (principio di sovrapposizione) • L’equazione di Schrödinger considera solo particelle a spin zero. Per poter descrivere particelle a s=1/2, la funzione d’onda deve essere a N componenti, cioè deve essere uno spinore (due particelle con la stessa massa, una a spin up e una a spin down devono essere due stati della stessa particella e quindi soddisfare alla stessa equazione di Dirac) • Deve valere la relazione relativistica energia-impulso: E2 = p2 + m2. Pertanto le singole componenti dello spinore devono soddisfare a un’equazione di K.-G. 8 L’ EQUAZIONE DI DIRAC (per fermioni relativistici) deve contenere: • Uno spinore y a N componenti • Derivata prima rispetto al tempo con un coefficiente matriciale • Derivate prime rispetto alle coordinate con tre coefficienti matriciali (uno per ogni derivata) • Termine senza derivata i ψ ψ ψ ψ i α1 i α2 i α3 mβ ψ 0 N1 t x y z (1) dove le a1, a2, a3 e la b sono delle matrici di dimensione NN. Indicando con a un "vettore" di tre componenti che ha come componenti le tre matrici ai: α α 1 , α 2 , α 3 possiamo riscrivere la (1) in forma più compatta: ψ i i α ψ mβ ψ 0 t (2) EQUAZIONE DI DIRAC 9 In forma matriciale: ψ1 ψ ψ N α 111 α 11N 1 α α1 α1 NN N1 2 2 α 11 α 1N 2 α α2 α2 NN N1 3 3 α 11 α 1N 3 α α3 α3 NN N1 β11 β1N β β N1 β NN In componenti, ciò significa che l' equazione di Dirac equivale in realtà a N equazioni, una per ogni componente dello spinore y: 3 ψi t j1 N α n1 N j in j ψn i m β in ψn 0 i 1,..., N n1 10 Vediamo che cosa significa l’equazione di Dirac in componenti. Poichè tra poco vedremo tra poco che la dimensione di y è 4, in componenti scriveremo: 1 2 3 ψ1 ψ α ψ α ψ α ψ i m β ψ 0 41 t x y z ψ2 ψ ψ 3 ψ 4 ψ1 t α 111 ψ 2 1 t α 21 ψ 3 α 1 t 131 ψ α 41 4 t 3 α 11 3 α 21 α 331 α3 41 α 112 α 122 α 132 α 142 3 α 12 α 322 α 332 3 α 42 α 113 α 123 α 133 α 143 3 α 13 α 323 α 333 3 α 43 α 114 1 α 24 α 134 1 α 44 3 α 14 α 324 α 334 3 α 44 ψ1 x ψ 2 x ψ 3 x ψ 4 x 2 α 11 2 α 21 α2 31 α2 41 ψ1 z β11 ψ 2 z i m β 21 β ψ 3 31 z ψ β 41 4 z 2 α 12 α 222 α 232 2 α 42 β12 β 22 β 32 β 42 2 α 13 α 223 α 233 2 α 43 β13 β 23 β 33 β 43 2 α 14 2 α 24 α 234 2 α 44 ψ1 y ψ 2 y ψ 3 y ψ 4 y β14 ψ1 0 β 24 ψ 2 0 β 34 ψ 3 0 β 44 ψ 4 0 11 L'equazione di Dirac corrisponde quindi a quattro equazioni (perchè quattro è la dimensione dello spinore y): ψ 3 ψ1 1 ψ1 ψ 2 ψ 4 2 ψ1 2 ψ 2 2 ψ 3 2 ψ 4 α 11 α 112 α 113 α 114 α 12 α 13 α 14 α 11 t x x x x y y y y 3 ψ1 3 ψ 2 3 ψ 3 3 ψ 4 α 11 α 12 α 13 α 14 i mβ11ψ1 β12 ψ 2 β13 ψ 3 β14 ψ 4 0 z z z z ψ 3 ψ 3 ψ 2 1 ψ1 ψ 2 ψ 4 2 ψ1 ψ 2 ψ 4 α 21 α 122 α 123 α 124 α 222 α 223 α 224 α 21 t x x x x y y y y ψ 3 ψ1 ψ 2 ψ 4 α 321 α 322 α 323 α 324 i m β 21ψ1 β 22 ψ 2 β 23 ψ 3 β 24 ψ 4 0 z z z z ψ 3 ... 0 t ψ 4 ... 0 t 12 Equazione di continuità dall’eq. di Dirac Prendiamo l’equazione di Dirac e la sua hermitiana coniugata: i ∂0 y + i ak∂k y – mby = 0 – i∂0y† –i ∂ky† (ak)†–m y† b† = 0 Moltiplichiamo la prima a sinistra per y† e la seconda a destra per y i y†∂0 y + i y† ak∂ky –my†by = 0 –i(∂0 y†) y –i (∂k y †)(ak)† y –my†b† y = 0 Quindi sottraiamole membro a membro: i y†∂0 y + (∂0 y†) y + i ( y† ak ∂ky + (∂k y †)(ak)† y – m (y† by – y† b† y = 0 derivata del prodotto y† y potrebbe essere la derivata del prodotto y† ak y se fosse (ak)†=ak potrebbe annullarsi se fosse (b)†=b Per ottenere un'equazione di continuità dobbiamo quindi necessariamente imporre che le matrici a1, a2, a3 e b siano hermitiane: (ak)† = ak e b† = b 13 In tal modo infatti l' equazione diventa: i ∂0 (y† y + i (y† ak ∂ky + (∂k y †) ak y – (my† b y - my† b y = 0 (3) i ∂0 (y† y) + ∂k(y† aky) = 0 Dando le seguenti definizioni di densità di probabilità e di densità di corrente di probabilità, perveniamo a una equazione di continuità: ρ ψ† ψ N ψ *i ψ i DEFINITA POSITIVA i 1 j ψ α ψ k † k ρ j 0 t 14 Hamiltoniana di Dirac Per trovare l'hamiltoniana dell'equazione di Dirac, possiamo esprimere l'equazione nella forma seguente: ψ i i α ψ mβ ψ 0 t ψ i i α ψ m β ψ H ψ t Pertanto l'hamiltoniana per una particella libera fermionica che soddisfa l'equazione di Dirac è: H i α mβ N.B. La condizione che le matrici ai e b debbano essere hermitiane si poteva anche ottenere imponendo che l'hamiltoniana fosse hermitiana. 15 RELAZIONE RELATIVISTICA ENERGIA-IMPULSO Richiederemo ora che le singole componenti di y soddisfino all' equazione di Klein-Gordon, o, il che è equivalente, richiediamo che valga la relazione relativistica energia-impulso: i i α mβ ψ i 0 t 2ψi 2 2 ψ m ψi 0 i t 2 EQ. DI DIRAC EQ. DI KLEINGORDON Applichiamo all'equazione di Dirac un operatore appropriato, che permetta di ottenere l'equazione di K.-G. a partire da quella di Dirac: i i α mβ t i i α mβ i i α mβ ψ i 0 t t 2 2 α i m β α α α i m α β i mβ i m β α m 2 β 2 ψ i 0 t t t t t 16 2 2 α i m β α α α i m α β i mβ i m β α m 2 β 2 ψ i 0 t t t t t Dato che le matrici ai e b sono i coefficienti dell' equazione di Dirac, essi devono essere parametri non dinamici, cioè non dipendono nè dal tempo nè dalle coordinate, pertanto esse filtrano attraverso le derivate temporali e spaziali: 2 2 α i m β α α i i α j j i mα i β i i mβ i m β α i i m 2 β 2 ψ i 0 t t t t t 3 3 N.B. α i i α j j α i i α j j α 1 1 α 2 2 α 3 3 α 1 1 α 2 2 α 3 3 i j 1 1 2 2 3 3 α α 1 1 α α 2 2 α α 3 3 α 1 α 2 1 2 α 1 α 3 1 3 α 2 α 1 2 1 α 2 α 3 2 3 α 3 α 1 3 1 α 3 α 2 3 2 Questo si può così riscrivere : 1 i j 1 3 i j j i α i α j 2 α α α α i j 2 α α α jα i i j i, j i j 1 3 1 j α α 1 j α 2 α j 2 j α 3 α j 3 j α jα 1 j 1 α jα 2 j 2 α jα 3 j 3 2 j 1 1 1 (α α 1 1 α 1α 2 1 2 α 1α 3 1 3 α 2 α 1 2 1 α 2 α 2 2 2 α 2 α 3 2 3 α 3 α 1 3 1 α 3 α 2 3 2 α 3 α 3 3 3 2 α 1α 1 1 1 α 2 α 1 2 1 α 3 α 1 3 1 α 1α 2 1 2 α 2 α 2 2 2 α 3 α 2 3 2 α 1α 3 1 3 α 2 α 3 2 3 α 3 α 3 3 3 ) 1 2 α 1α 1 1 1 2 α 2 α 2 2 2 2 α 3 α 3 3 3 2 α 1α 2 1 2 2 α 2 α 1 2 1 2 α 1α 3 1 3 2 α 3 α 1 3 1 2 α 2 α 3 2 3 2 α 3 α 2 3 2 2 17 α α 12 α α i j i i j j α jα i i j 2 1 i j 2 α α α j α i i j i m α i β β α i i m 2 β 2 ψ i 0 2 t (3) Ma l'equazione di K.-G. è: o anche: 2ψi 2 2 ψi m2 ψi 0 t (4) 2 2 i i m 2 ψ i 0 t Perchè la (3) e la (4) coincidano occorre che valgano per le matrici ai e b le seguenti regole: 1 i j α α α j α i δ ij 1NN 2 α i β β α i 0 NN α i α j α j α i 2 δ ij 1NN cioè α i β - β α i α i , α j 2 δ ij 1NN α , β 0 i N N β 2 1 NN cioè le matrici ai e b anticommutano e il loro quadrato è uguale all'identità. 18 ALTRE PROPRIETÀ DELLE MATRICI ai E b 1) Dal momento che le matrici ai e b anticommutano, non è possibile trovare una base nella quale esse siano tutte e quattro contemporaneamente diagonalizzabili. In ogni base solo una delle quattro sarà diagonalizzata. 2) Le matrici ai e b hanno traccia nulla. Infatti: Tr(α k ) Tr( β2 α k ) Tr( β α k β) (proprietà delle tracce) 144 Ma poichè le matrici a e le b anticommutano, si avrà: (α β β α ) 0 k k α β βα k k β α k β β 2 α k α k Tr(α k ) Tr( α k ) Tr(α k ) 0 3) La loro dimensione è necessariamente pari. Infatti: k k N k det( α β) det( β α k ) det( 1NN ) det( β ) det(α ) ( 1) det(α β) β αk ( 1) N 1 det(α k β) N pari 19 4) Qual è il valore minimo per N? Non è ammessa la dimensione N=2, in quanto in tal caso il numero massimo di matrici che anticommutano è 3 (vedi matrici di Pauli). La dimensione minima è N=4. Una possibile scelta è quella della rappresentazione detta di Dirac-Pauli, nella quale la matrice b è diagonale: u (1) (2) u ψ (1) v v (2) 0 22 α σk k σk 0 22 122 β 0 22 1 0 22 0 122 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 0 1 0 0 dove le sk sono le matrici di Pauli e pertanto: 0 α 1 22 σ1 0 σ1 0 0 22 0 1 0 0 1 0 0 1 0 0 1 0 0 0 0 α 2 22 σ2 0 0 0 i σ2 0 0 i 0 0 22 0 i 0 0 i 0 0 0 0 α 3 22 σ3 0 σ3 0 0 22 1 0 0 0 0 1 1 0 0 0 20 0 1 0 0 PARTICELLE A MASSA NULLA Notiamo che l'equazione di Dirac: ψ i i α ψ mβψ 0 t per particelle a massa nulla (m=0), come il neutrino, si riduce a: ψ i i α ψ 0 t Per descrivere il sistema, sono dunque sufficienti tre matrici linearmente indipendenti ai (i=1, 2, 3). Pertanto le dimensioni dello spinore diminuiscono a 2 in quanto la dimensionalità più bassa per tre matrici anticommutanti è N=2 e le matrici in questione sono le tre matrici di Pauli. Possiamo dunque assumere: α1 σ1 α2 σ2 α3 σ3 Indicando con s il vettore composto dalle tre matrici: s = (s1, s2, s3), l'equazione di Dirac si riduce a un'equazione a due componenti sole nello spinore yL (detta equazione di Weyl, vedremo meglio dopo il suo significato): ψ L i i σ ψL 0 t 21