ECONOMIA: Le grandi aree Lezione : Giappone - Russia Sergio Zangirolami Montebelluna marzo-aprile 2010 % sul totale mondiale Pil USA Un. Eur. (27) Esp popol. 9,6 21,3 2007 2008 Pil Esp popol. 4.7 7.6 20,6 9,3 4,6 4.9 15,7 28,6 4,9 Area euro - Germania 16.1 29.4 4.3 9.2 1.3 - Francia 3.2 4.0 - Italia Giappone 2.8 3.6 6.6 4.7 2.0 6,3 4,5 1,9 3.2 2.3 2.2 3,3 2,7 2,1 10.8 4.6 7.8 1.4 20.4 18.0 11,4 4,8 8,0 1,4 19,9 17,8 Russia Cina India 4,2 8,7 1,2 1.0 3,1 3,9 0,9 0.9 2.6 3,4 0,9 Fonte: IMF ott 2008 pag.253 // IMF ott 2009 pag.162 Popolazione: abitanti 2008 e tassi di aumento annuali % Milioni^ Tasso 2000/05 Tasso 2007 USA 302 1.0 0.7 Giappone 128* 0.2 0.0 U. Europea (2006) 493 Germania 82 0.1 -0.1 Francia 62 0.4 0.6 Italia 59 0.1 0.7 142 -0.5 -0.4 Cina 1.328 0.7 0.6 India 1.186 1.6 1.2 Russia ^ fonte: FMI, *Stima del FMI Nostra elaborazione su dati ONU http://esa.un.org/unpp/index.asp?panel=1 Andamento del PIL reale (var. % annuali) Paesi USA media 1989-98 media 1999-08 3.0 2.6 2009 -2.7 Giappone 2.0 1.5 -5.4 Un. Eur. (25)* 2.0 2.5 -4.2 Area Euro .. 2.1 Russia 6.7 -4.2 -7.5 Cina 9.6 9.6 8.5 India 5.7 7.1 5.4 * media 1988-97 e media 1998-2007 fonte: http://www.imf.org Composizione % del PIL e dell’occupazione 2008 Giappone (2009 stime) PIL Occupazione Agricoltura Industria Manifatturiera Servizi * Worldbamk-org Fonte Cia 1.6 23.1 4 28 75.4 68 Russia 2008 PIL * Occupazione 5.0 37.2 18.0 57.8 10 31.9 58.1 Italia (2008) PIL Occupazione Agricoltura Industria Servizi 2.1 25.0 72.9 3.9 28.0 66.9 GIAPPONE Settore Primario Da un punto di vista agricolo la superficie coltivabile è molto limitata. Nonostante l’uso di tecniche agronomiche molto avanzate, il paese non è autosufficiente. La cultura principale è il riso, che occupa la metà del suolo coltivato. A seguire, frumento, soia, patata e patata dolce. Importante la cultura del tè. Bovini e suini sono gli animali più allevati. il Giappone è specializzato nell’allevamento del baco da seta. Il paese è ai primi posti per quantità di pesce sbarcato, in particolare sardine, sgombri e salmoni. Settore Secondario Povero di risorse minerarie, ha giacimenti di carbone e una limitata produzione di idrocarburi. E’ il terzo paese al mondo per importazione di gas e petrolio dopo Cina e USA. Per ridurre la sua dipendenza energetica dall’estero ha potenziato il proprio apparato elettro-nucleare. A livello industriale: grandi impianti siderurgici metallurgia dell’alluminio, del nichel, del rame, dello zinco, dello stagno e del piombo raffinerie industria chimica industria automobilistica meccanica di precisione, elettronica, microelettronica e informatica tessile (cotone e seta) industria del vetro e della carta Settore Terziario La Banca del Giappone, Nippon Ginko, svolge le funzioni di Banca Centrale. Nonostante il ridimensionamento degli ultimi anni, la borsa di Tokyo, resta una delle principali piazze affari mondiali. La bilancia commerciale è sempre caratterizzata da un largo attivo. Tra le importazioni prevalgono le derrate agricole e le materie prime. Il paese è il terzo esportatore di merci al mondo e il quinto esportatore di servizi. Saldo degli scambi di beni e servizi (in mdi di $) Paesi 1999 2005 2008 2010 USA -300 -729 -706 -325 Giappone 114 166 157 105,6 Unione Europea -15.8 -11 -196,7 -87 Area Euro 28 47 -93 -36 Russia 25 84 102 62 Cina 16 161 426 451 India -3 -10 -27 -34 Fonte: database del FMI previsioni del FMI Giappone 2008 (Billion dollars valore and percentage) quota tassi valore quota tassi Esportazioni 2008 2007 2008 07 08 Importazioni 2008 2007 2008 07 08 Cina 146.2 8.9 18.7 16 13 Cina 143.3 14.5 18.8 8 12 USA 137.4 30.0 17.6 -1 USA 77.7 19.1 10.2 4 9 Un EU (27) 110.2 16.8 14.1 12 5 Un Eu (27) 70.3 12.6 9.2 9 8 Rep Corea 59.5 6.4 7.6 8 9 SaudiArabia 51.1 3.7 6.7 -5 45 Taipei,Chinese 46.1 7.5 5.9 2 3 Australia 47.5 3.9 6.2 12 52 -4 Fonte WTO 2009 pag 19 Esp: mezzi di trasporto, autoveicoli, semiconduttori, macchinari elettrici, prodotti chimici Imp: macchine e attrezzature, carburanti, prodotti alimentari, prodotti chimici, tessili, materie prime Russia 2008 Quota % Esportazioni Importazioni Netherlands 12.2 Cina 12.9 Italy 9 Germania 12.6 Germany 6.9 Giappone 6.9 Turkey 5.9 Ucraina 6 Ukraine 5 US 5.1 China 4.5 Italia 4.1 Poland 4.3 Esportazioni: petrolio e prodotti petroliferi, gas naturale, legno e prodotti in legno, metalli, prodotti chimici, e una grande varietà di manufatti civili e militari Importazioni: veicoli, macchinari e attrezzature, materie plastiche, farmaci, ferro e acciaio, beni di consumo, carne, frutta e noci, semilavorati di metallo Principali voci dell’Interscambio commerciale in valore Italia-Giappone Importazioni italiane 2008 Macchinari e apparecchiature (Valori in mni di Euro) 1.259 % Esportazioni italiane 2008 25,1 Articoli di abbigliamento (anche in pelle e in pelliccia) 22,1 Prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici 10,1 Articoli in pelle (escluso abbigliamento) e simili (Valori in mni di Euro) 696 % 16,4 486 11,4 460 10,8 9,6 Macchinari e apparecchiature 9,5 Prodotti alimentari 384 9,0 379 8,9 CL29-Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi 1.110 Computer e prodotti di elettronica e ottica; apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi 508 -Altri mezzi di trasporto 480 Prodotti chimici 475 Prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici 340 6,8 Autoveicoli, rimorchi e semirimorchi 354 8,3 Articoli in gomma e materie plastiche Totale (5.018) 151 3,0 CE20-Prodotti chimici 261 6,1 3.020 100 4.323 http://www.coeweb.istat.it/default.htm 100 Totale (4.250) Principali voci dell’Interscambio commerciale in valore Italia-Russia (in mni di Euro) Importazioni italiane 2008 Prodotti dell'estrazione di minerali da cave e miniere Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti Coke e prodotti petroliferi raffinati Sostanze e prodotti chimici Legno e prodotti in legno; carta e stampa Totale (16.089) Valori % *Esportazioni italiane 2008 11.521 71,6 Macchinari ed apparecchi Valori % 2.887 27,6 2.098 13,0 Prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori 2.406 23,0 1.611 10,0 Prodotti delle altre attività manifatturiere 240 1,5 Metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti 141 0,9 Apparecchi elettrici 1.107 10,6 Mezzi di trasporto Articoli in gomma e materie plastiche, altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi 15.611 100,0 Totale (10.468) Fonte: http://www.coeweb.istat.it/default.htm 792 7,6 703 6,7 581 494 5,6 4,7 8.970 100, 0 per raggiungere con straordinaria rapidità il secondo posto nel mondo, dopo gli USA, come economia tecnologica e il terzo per PIL(sistema PPP), il Giappone ha utilizzato, fra l’altro: una cooperazione tra industria e governo, una forte etica del lavoro, una pianificazione della alta tecnologia e per contro una piccola spesa per la difesa: Giappone 0.8% del Pil (2006), Russia 3.9 (2005), Italia 1.8 (2005 stima), USA 4.06 (stima 2005) Un altro aspetto basilare è stato la garanzia del lavoro per tutta la vita di una notevole parte della forza di lavoro urbana. Tra il 1950 e il 1973 l'economia è cresciuta al tasso medio del 10% annuo, raddoppiando la propria dimensione ogni sette anni (crescita elevata, tanto che da molti economisti era stato indicato, sul finire degli anni ’80 come successore degli Stati Uniti nel ruolo di locomotiva mondiale. Intorno al 1974-1975 vi fu un drastico rallentamento provocato dalla grave crisi petrolifera internazionale. Superato questo breve periodo, la crescita riprese a buoni ritmi. Nel 1986 vi fu il fenomeno della bubble economy, una speculazione sulle aree immobiliari e il mercato azionario che arricchì tantissimi ma creò diverse anomalie. Infatti nel 1991 si manifestò la crisi che portò a un tasso di crescita di appena lo 0,1% nel 1993. Dal 1990 al 2001, il Giappone ha vissuto nel marasma. Gli esperti ne attribuivano la causa alla sua particolare forma di capitalismo, rimproverando: ai mercati di essere troppo irregimentati e protetti dal governo, agli operatori economici di mancare di spirito d'impresa, alle aziende di essere poco propense a licenziare e di non preoccuparsi a sufficienza degli azionisti. Fra le cause della crisi: un eccesso di investimenti (finanziati dalle banche) delle istituzioni e dei giganteschi conglomerati di partecipazioni incrociate, chiamate Keiretzu (nel periodo 1984-1991 gli investimenti sono stati pari al 30.5% del Pil, l’Italia ca. il 22%), i globali problemi di invecchiamento della popolazione (pensioni, assistenza agli anziani) Problema ben più grande sembra invece essere quello dello squilibrio tra domanda e offerta aggregate. Le innovazioni tecnologiche e la capacità produttiva crescente accrescono costantemente l’offerta aggregata. La domanda risulta invece tendente a una minor crescita, se non alla stagnazione, per la particolare bassa propensione al consumo giapponese. Da cui l’inefficacia delle politiche economiche: attraverso l’abbassamento del tasso di interesse, politiche fiscali espansive, l’aumento della spesa pubblica. Crisi deflazionistica, documentata anche dalla diminuzione dei prezzi. variazioni % annuali dei prezzi al consumo Paesi media 1990-99 USA Giappone Unione Europea Area Euro .. Russia Cina India fonte: http://www.imf.org previsioni 2005 2008 2009 2010 3.4 3.8 –0.4 1.7 -0.3 1.4 –1.1 –0.8 3.7 2.3 0,6 1.1 2.2 3.3 0.3 0.8 … 12.7 14.1 12.3 9.9 9.4 1.8 5.9 –0.1 0.6 9.7 4.2 8.3 8.7 8.4 3.0 1.2 10.0 In un sistema economico integrato come quello giapponese, finanza e apparato statale lavoravano insieme su programmi di lungo termine. I finanziamenti alle imprese erano operati su criteri di fiducia, in base a credenziali molto difficili da definire in termini tecnici e legate maggiormente a vincoli relazionali (spesso determinati in modo personale e umano); Negli anni '90 le banche giapponesi, come era prassi consolidata, avevano finanziato le imprese anche quando le condizioni non erano favorevoli. L'industria nipponica era sana, produttiva, altamente competitiva, ma la mancanza di vendite provocate dalla crisi ebbe un effetto superiore alle aspettative. Le imprese fallivano e i debiti non venivano riscossi. Le banche che avevano sostenuto e coperto i passivi delle imprese furono trascinate in una spirale perversa. In breve tempo il settore bancario giapponese entrò in crisi. Gli istituti bancari chiudevano uno dopo l'altro. Una particolarità dell'economia giapponese era costituita dagli straordinari attivi dovuti all'esportazione. Questo significa, però, che il mercato interno del Giappone è insufficiente. Quindi, la crisi mondiale all'inizio degli anni '90, che colpì gravemente gli Stati Uniti e in seguito le "tigri asiatiche" (Corea del Sud, Singapore, Taiwan, Hong Kong, etc.), ebbe gravi ripercussioni. La mancanza di risorse naturali ha costretto all'esportazione di prodotti tecnologici, sviluppati dal Giappone non come semplice applicazione delle tecniche occidentali. La tecnologia, però, non può svilupparsi senza risorse energetiche e il Giappone partiva con questo handicap gravoso. L'unica risorsa che il Giappone possedeva in abbondanza, accumulata in secoli di storia, era una volontà ferrea, il seishin (spirito di volontà). tra il 2002 e il 2004 l’economia giapponese è stata sostenuta dall’aumento della domanda estera, particolarmente forte anche grazie all’emergere della Cina, nel 2004-2005 a trainare la crescita economica è intervenuta la ripresa della domanda interna, i consumatori hanno ricominciato a spendere, fra l’altro per la spinta dei molti cittadini più anziani che impiegano i propri risparmi in nuovi modelli di consumo quali turismo estero, musei, ristoranti. Le imprese, per risanare i propri bilanci e diminuire un indebitamento eccessivo, hanno effettuato consistenti tagli al personale a tempo pieno e agli investimenti. Le banche, spinte da motivazioni analoghe, hanno ridotto i nuovi impieghi e ammortizzato crediti inesigibili. dopo anni di calo – sono tornati a crescere, dopo l’opera di ripulitura delle aziende: l’occupazione a tempo pieno, quella dei laureati, il reddito familiare, le retribuzioni, gli impieghi bancari, gli investimenti in edilizia residenziale, i prezzi dei terreni urbani e l’inflazione dei prezzi al consumo (fattore particolarmente importante). Il Giappone di oggi è diverso da quello del 1990. La sua economia è meno regolamentata e più aperta di prima. Tuttavia, le sue principali istituzioni economiche, sia nel mondo degli affari che a livello statale, non sono molto cambiate. La resistenza al cambiamento non è limitata ai centri di potere, come i consigli d'amministrazione delle imprese o gli uffici ministeriali. Il giapponese medio è stanco di riforme che provocano livelli di rischio e disuguaglianze sempre più elevati. Nello stesso periodo, l'economia americana veleggiava sulla cresta dell'onda. Di conseguenza, secondo gli esperti, i giapponesi non avevano che una via da percorrere: quella degli Stati Uniti. Se, in passato, era socialmente sconveniente per un'impresa giapponese lanciarsi in acquisti ostili, alla fine degli anni '90 sono comparsi dei predatori, come Yoshiaki Murakami, il cui fondo d'investimento, specializzato nell'acquisto di titoli societari, ha come unico scopo quello di accrescere gli utili degli azionisti. Al contrario, Canon e Toyota hanno continuato a riservare i consigli di amministrazione a professionisti, a pagare misuratamente i dirigenti e a limitare per quanto possibile i licenziamenti del personale. Secondo Fujio Mitarai (ex pres. Canon), “il vantaggio dell'impiego a vita nasce dal fatto che i dipendenti assorbono la cultura dell'impresa nel corso della loro carriera”. Le grandi aziende giapponesi si considerano una comunità, più che proprietà degli azionisti. La comunità comprende, certo, gli azionisti, ma anche i dipendenti, i clienti, i fornitori e i creditori. Più che massimizzare il valore delle azioni - il credo degli americani - i dirigenti ricercano l'equilibrio tra gli interessi dell'insieme della comunità, per garantire il successo dell'impresa a lungo termine. Lo stato continua ad intervenire per stabilizzare le nuove configurazioni del mercato. Il debito pubblico (176% del PIL) e l’età della popolazione sono i due principali problemi di lungo periodo. Nel secondo trimestre del 2009 il prodotto in Giappone è aumentato del 2,3 per cento in ragione d’anno (dal -12,4 per cento del primo trimestre). Vi hanno concorso la ripresa delle esportazioni nette (il cui contributo alla crescita del PIL è stato pari a 6,5 punti percentuali), i consumi privati (1,8 punti) e la spesa pubblica (1,0 punti); la domanda interna è tuttavia calata, a causa della forte contrazione degli investimenti privati (-4,0 punti) e del decumulo di scorte. Le analogie fra la crisi del Giappone negli anni ’90 e quella degli Stati Uniti nel 2008 sono sempre più vicine: in entrambi i casi la causa centrale è stata la crisi finanziaria seguita allo scoppio della bolla immobiliare a cui ha fatto seguito un’improvvisa crisi di fiducia, così come in entrambi i casi la politica monetaria, di salvataggio e ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie è stata finora simile. RUSSIA Alla fine degli anni '80, il leader sovietico Mikhail Gorbačëv i n t r o d u s s e d e l l e r i f o r m e c o m e l a glasnost (trasparenza) e la perestroika (ricostruzione), ma queste misure non furono in grado di prevenire il collasso dell'Unione Sovietica, dopo un fallito colpo di stato militare, nel 1991. La Russia dichiarò la sua indipendenza il 24 agosto dello stesso anno, come Federazione Russa. La Federazione Russa (in russo Российская Федерация), chiamata a n c h e Р о с с и я , è uno Stato che si estende tra l'Europa e l'Asia. Con una superficie di 17.075.200 km2 (Italia poco più di 300.000 km2), è l'entità statale più grande del mondo. Come principale successore dell'Unione Sovietica, la Russia è ancora uno stato con una forte influenza politica, specialmente all'interno della CSI (Comunità degli Stati Indipendenti), che comprende tutti gli stati dell'ex Unione Sovietica tranne la Lettonia, l'Estonia e la Lituania (totale 12 Stati). La fine dell’URSS ha aperto una grandissima crisi economica che ha coinvolto tutte le repubbliche dell’ex Unione Sovietica. Il passaggio da un’economia statale fortemente centralizzata ed integrata tra le varie repubbliche ad un’economia privata, collegata ai nuovi caratteri dell’autonomia, ha causato una grave crisi economica che è ricaduta principalmente sulle classi sociali meno favorite della società. La forte inflazione determinatasi nel passaggio ad una così detta economia di mercato, la politica di favorire i grossi gruppi di potere grazie all’esportazione incontrollata delle materie prime, il mancato processo di sviluppo degli investimenti interni, sono alcune delle cause che hanno prodotto delle forti disfunzioni nel processo di trasformazione dell’economia russa. L’aspetto sociale più appariscente di questo tipo di crescita confusa e contraddittoria è quello del controllo dei processi economici da parte di gruppi che agiscono adottando procedure di tipo mafioso, favorite dagli altissimi livelli di corruzione dell’apparato pubblico. Dopo il 1991, l'economia russa, in precedenza pianificata e controllata dalle autorità centrali, subì una severa contrazione per cinque anni, mentre governo e parlamento non riuscivano a porre in essere le necessarie riforme e l'antiquata struttura industriale del paese affrontava un serio declino. Nel 1997 si ha una limitata ripresa, in cui si mostrarono i segni di un'influenza del libero mercato. In quell'anno, però, si verifica la crisi finanziaria asiatica che portò in agosto al deprezzamento del rublo e, nel 1998 al default del debito pubblico (incapacità dello Stato di rispettare le clausole contrattuali). A ciò seguì la recessione, un forte deterioramento dei livelli di vita e un'intensa fuga di capitali all'estero. L'economia iniziò a riprendersi nel 1999, grazie alla debolezza del Rublo, che rese più cari i prodotti importati e incoraggiò la produzione locale. In seguito, si entrò in una fase di rapida crescita, in cui il PIL è cresciuto del 6.5% in media annua dal 2000 al 2007, grazie al rublo debole, ai più alti prezzi del petrolio, alla maggiore produzione industriale e a una maggiore vivacità dei servizi. Il paese ha un forte attivo nella bilancia commerciale, grazie anche alle barriere protezioniste che, assieme alla diffusa corruzione, ostacolano le piccole imprese straniere ad esportare in Russia, senza consistenti appoggi in loco. Nel 2001 la crescita del PIL è stata del 5.8 %, nel 2005 del 6.4 % e nel 2007 dell’8.2%, raggiungendo i 1290 miliardi di dollari. Attualmente quella russa è la nona economia del mondo e la quinta in Europa. Se venisse mantenuto questo livello di sviluppo, in pochi anni la Russia diventerà la seconda economia europea, dopo la Germania. Il settore delle materie prime, come petrolio, gas naturale, metalli e legname, costituisce l' 80% delle esportazioni, con la conseguenza che il paese è fortemente vulnerabile alle variazioni dei mercati internazionali. (WTO, 2007) Le esportazioni dell'industria militare, dopo un periodo di crisi, costituiscono ora la seconda voce attiva, dopo le materie prime. Negli ultimi anni, peraltro, un altro fattore positivo per l'economia è stata la crescita della domanda interna. "La Russia ha tutte le carte in regola per diventare il leader assoluto sul mercato mondiale degli armamenti", ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin, sottolineando che nel corso del 2006 il volume complessivo delle ordinazioni di armamenti di fabbricazione russa ha toccato quota 30 miliardi, mentre il volume complessivo di esportazioni ha fatto registrare la cifra record di 6,5 miliardi di dollari, pari al 20% in piu' di quanto programmato. Nel 2008 le esportazioni russe sono state pari a 476 miliardi di dollari, mentre le importazioni hanno raggiunto i 302 miliardi di dollari. Da cui il conseguente avanzo di 174 miliardi di dollari (contro i 106,1 miliardi di dollari nel 2004) Il 12 dic 2008, le riserve in valuta della Russia ammontavano a 435 miliardi di dollari. Grazie agli alti prezzi del greggio, nel 2005 le esportazioni di petrolio sono state pari a 117 miliardi di dollari e quelle di gas a 32 miliardi. Nel 2007 complessivamente 225 miliardi. Ciò significa che il petrolio e il gas hanno costituito da soli il 60% delle esportazioni russe nel 2005, raggiungendo con prodotti minerari il 72,5% nel 2007. Nel gennaio 2004 il governo ha formato un "Fondo di stabilizzazione", che raccoglie alcune entrate derivanti dall'esportazione di idrocarburi ed ha la funzione di bilanciare la volatilità del mercato petrolifero. Nel novembre 2006 il Fondo ha raggiunto il valore di 76,6 miliardi di dollari. Soprattutto attraverso questo fondo di stabilizzazione, il paese ha pagato gran parte del debito estero che aveva con il Club di Parigi delle nazioni creditrici nell'agosto 2006. Al 1 ottobre 2006, il debito con il Club di Parigi ammontava a 1,9 miliardi di dollari, confrontati ai 23,7 miliardi al 1 luglio. Per molti osservatori, il problema principale dell'economia russa è quello di incoraggiare lo sviluppo delle piccole e medie imprese in presenza di un sistema bancario ancora giovane e spesso inefficiente. Diverse banche sono proprietà degli "oligarchi", ossia ricchi uomini d'affari collegati al potere politico, che spesso utilizzano il denaro dei depositanti per sostenere le loro aziende. Altri problemi risiedono nella considerevole diversità di sviluppo tra le diverse regioni. Mentre nella regione di Mosca i livelli di reddito si stanno rapidamente avvicinando a quelli delle maggiori metropoli della zona Euro, gran parte del paese rimane indietro, soprattutto nelle aree rurali e in Asia. Con Putin la politica estera russa si è attestata su una linea di difesa risoluta degli interessi nazionali, che è spesso perseguita a scapito della cooperazione multilaterale. L’indirizzo tendenzialmente filo-atlantico di Eltsin, che aveva suscitato molte aspettative in Occidente, è stato rimpiazzato da uno sforzo costante per accrescere il peso e l’influenza della Russia sia nel contesto europeo che in quello mondiale. Le più importanti fonti di tensione ontsono: - l’espansione della Nato e dell’Ue all’Europa orientale, incluse le tre repubbliche baltiche una volta parte dell’Urss; - i nuovi accordi di sicurezza tra gli Usa ed alcuni paesi dell’Europa dell’est (sistema antimissile in Polonia e Repubblica ceca, basi militari in Bulgaria e Romania); - il sostegno euro-americano alle cosiddette ‘rivoluzioni colorate’, che hanno portato al potere in Georgia e Ucraina movimenti politici con tendenze anti-russe (anche se in Ucraina ha preso poi il sopravvento un partito filo-russo); - il ruolo dell’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa (Osce, di cui fa parte anche la Russia) nella gestione delle crisi nell’ex spazio sovietico, in particolare in Moldavia e Georgia; - l’installazione di basi militari americane in Asia centrale nel contesto dell’intervento militare in Afghanistan. La combinazione di due elementi – accentramento dei poteri e controllo statale delle risorse energetiche – è funzionale all’ambizione di Putin di rendere più incisiva la politica estera della Russia. Il ridimensionamento dell’assetto federale dello stato ha ridotto fortemente, fino quasi ad annullare, i contrappesi locali al potere del governo centrale. Inoltre, il controllo statale delle risorse e delle esportazioni energetiche ha accresciuto la capacità di pressione nei confronti dei paesi, in primo luogo quelli europei, che dipendono dalle forniture russe. Con Putin l’energia si è aggiunto alla potenza militare come fonte principale dell’influenza esterna della Russia. La relazione cordiale impostata da Washington negli anni Novanta era basata sull’ipotesi che aiuti e assistenza economica, nonché l’associazione della Russia al blocco atlantico, avrebbero non solo favorito la sua transizione verso l’economia di mercato e la democrazia, ma anche garantito la sua acquiescenza all’espansione della Nato ad est e all’erosione della sua influenza in tutto lo spazio ex sovietico. La Russia ha assunto su di sé gli impegni, i diritti e gli obblighi internazionali a cui era vincolata l’Unione sovietica, di cui è il principale stato successore. Ha pertanto ereditato il seggio permanente al Consiglio di sicurezza (Cds) dell’Onu. Il forum informale del Gruppo degli otto (G8) Dietro la decisione di allargare il G7 alla Russia c’era la speranza che, coinvolgendola nella definizione dell’agenda politica globale, si sarebbero rafforzate le condizioni per uno sviluppo cooperativo dei rapporti con Mosca. L’inclusione nel G8 non sembra però aver favorito le istanze riformatrici e democratiche in Russia. Non fa parte del WTO. Il Consiglio Nato-Russia è un organo di istituzione recente (è stato creato al vertice Nato di Pratica di Mare del 2002) dedicato alla consultazione su questioni di sicurezza che interessano tanto l’Alleanza atlantica quanto la Russia. I rapporti dell’Unione europea con la Russia sono particolarmente complessi. Oltre ad essere uno dei principali interlocutori sulle questioni di sicurezza europea e internazionale, la Russia è il maggiore fornitore di energia dell’Ue, un partner commerciale di rilievo e un attore decisivo nella gestione di questioni che vanno dal controllo dell’immigrazione alla lotta alla criminalità organizzata. Vediamo le conseguenze della crisi mondiale sull’economia russa in una breve sintesi che ne fa IntesaSanpaolo: “La situazione dell’economia russa nel 2009 dipenderà in primo luogo dalla congiuntura del mercato globale dell’energia e, in particolare, dal prezzo del petrolio. Se il greggio dovesse costare non più di 30 dollari al barile - uno scenario possibile nel caso di una forte recessione in Cina - la Russia rischierà di registrare nel 2009 una crescita economica “zero”, rischiando addirittura di passare nel quadrante negativo. Per coprire le pericolose falle nel bilancio pubblico il Governo non potrà fare a meno di ridurre la spesa sociale (si prospetta una dura lotta tra la Duma e l’esecutivo) e il Cremlino dovrà rivolgersi per i prestiti al mercato del debito internazionale, oppure togliere i sigilli dal Fondo di riserva. In questo caso, alla fine del 2009, rimarrà poco o niente delle riserve finanziarie accumulate dalla Russia negli anni del boom dei prezzi petroliferi. La crescita “zero” del Pil minaccia di raddoppiare come minimo il numero dei disoccupati che, per l’autunno del 2009, salirà dal 6% della popolazione economicamente attiva stimata a 75 milioni di persone, al 10-12 per cento” Biblio Akio Morita “Made in Japan” (1986), Ed. di Comunità 1987 Michio Morishima “Cultura e tecnologia nel <successo> giapponese” (1982), il Mulino 1984 Chie Nakane “La società giapponese” (1973), Raffaello Cortina ed. 1992 Bollettino banca italia nov 2009 fonti: Giuseppe Tannini (a cura di) “Cina e Russia. Due transizioni a confronto” FrancoAngeli 2005 http://it.wikipedia.org/wiki/Russia http://italia.pravda.ru/russia/22-03-2007/5139-0 http://it.wikipedia.org/wiki/Comunit%C3%A0_degli_Stati_Indipendenti http://www.senato.it http://www.intesasanpaolo24.com/Csi/Bollettini/Editoriale/88.htm http://xoomer.alice.it/setedaza