ECONOMIA: Le grandi aree
Lezione : Giappone - Russia
Sergio Zangirolami
Montebelluna marzo-aprile 2010
% sul totale mondiale
Pil
USA
Un. Eur. (27)
Esp
popol.
9,6
21,3
2007
2008
Pil
Esp
popol.
4.7
7.6
20,6
9,3
4,6
4.9
15,7
28,6
4,9
Area euro
- Germania
16.1
29.4
4.3 9.2
1.3
- Francia
3.2
4.0
- Italia
Giappone
2.8 3.6
6.6
4.7
2.0
6,3
4,5
1,9
3.2
2.3
2.2
3,3
2,7
2,1
10.8
4.6
7.8
1.4
20.4
18.0
11,4
4,8
8,0
1,4
19,9
17,8
Russia
Cina
India
4,2
8,7
1,2
1.0
3,1
3,9
0,9
0.9
2.6
3,4
0,9
Fonte: IMF ott 2008 pag.253 // IMF ott 2009 pag.162
Popolazione: abitanti 2008 e tassi di aumento annuali %
Milioni^
Tasso 2000/05
Tasso 2007
USA
302
1.0
0.7
Giappone
128*
0.2
0.0
U. Europea (2006)
493
Germania
82
0.1
-0.1
Francia
62
0.4
0.6
Italia
59
0.1
0.7
142
-0.5
-0.4
Cina
1.328
0.7
0.6
India
1.186
1.6
1.2
Russia
^ fonte: FMI, *Stima del FMI
Nostra elaborazione su dati ONU
http://esa.un.org/unpp/index.asp?panel=1
Andamento del PIL reale (var. % annuali)
Paesi
USA
media 1989-98 media 1999-08
3.0
2.6
2009
-2.7
Giappone
2.0
1.5
-5.4
Un. Eur. (25)* 2.0
2.5
-4.2
Area Euro
..
2.1
Russia
6.7
-4.2
-7.5
Cina
9.6
9.6
8.5
India
5.7
7.1
5.4
* media 1988-97 e media 1998-2007
fonte: http://www.imf.org
Composizione % del PIL e dell’occupazione 2008
Giappone
(2009 stime)
PIL
Occupazione
Agricoltura
Industria
Manifatturiera
Servizi
* Worldbamk-org
Fonte Cia
1.6
23.1
4
28
75.4
68
Russia
2008
PIL *
Occupazione
5.0
37.2
18.0
57.8
10
31.9
58.1
Italia
(2008)
PIL
Occupazione
Agricoltura
Industria
Servizi
2.1
25.0
72.9
3.9
28.0
66.9
GIAPPONE
Settore Primario
 Da un punto di vista agricolo la superficie coltivabile è molto
limitata. Nonostante l’uso di tecniche agronomiche molto
avanzate, il paese non è autosufficiente.
 La cultura principale è il riso, che occupa la metà del suolo
coltivato.
 A seguire, frumento, soia, patata e patata dolce.
 Importante la cultura del tè.
 Bovini e suini sono gli animali più allevati.
 il Giappone è specializzato nell’allevamento del baco da seta.
 Il paese è ai primi posti per quantità di pesce sbarcato, in
particolare sardine, sgombri e salmoni.
Settore Secondario
 Povero di risorse minerarie, ha giacimenti di carbone e una
limitata produzione di idrocarburi.
 E’ il terzo paese al mondo per importazione di gas e petrolio
dopo Cina e USA.
 Per ridurre la sua dipendenza energetica dall’estero ha potenziato
il proprio apparato elettro-nucleare.
A livello industriale:
 grandi impianti siderurgici
 metallurgia dell’alluminio, del nichel, del rame, dello zinco, dello
stagno e del piombo
 raffinerie
 industria chimica
 industria automobilistica
 meccanica di precisione, elettronica, microelettronica e
informatica
 tessile (cotone e seta)
 industria del vetro e della carta
Settore Terziario
 La Banca del Giappone, Nippon Ginko, svolge le funzioni di
Banca Centrale.
 Nonostante il ridimensionamento degli ultimi anni, la borsa di
Tokyo, resta una delle principali piazze affari mondiali.
 La bilancia commerciale è sempre caratterizzata da un largo
attivo.
 Tra le importazioni prevalgono le derrate agricole e le materie
prime.
 Il paese è il terzo esportatore di merci al mondo e il quinto
esportatore di servizi.
Saldo degli scambi di beni e servizi (in mdi di $)
Paesi
1999 2005 2008 2010
USA
-300 -729 -706 -325
Giappone
114 166 157 105,6
Unione Europea -15.8 -11 -196,7 -87
Area Euro
28
47 -93 -36
Russia
25
84 102 62
Cina
16 161 426 451
India
-3 -10 -27 -34
Fonte: database del FMI
previsioni del FMI
Giappone 2008
(Billion dollars valore
and percentage)
quota
tassi
valore
quota
tassi
Esportazioni
2008
2007 2008 07 08
Importazioni 2008 2007
2008
07
08
Cina
146.2
8.9
18.7 16 13
Cina
143.3 14.5
18.8
8
12
USA
137.4
30.0
17.6 -1
USA
77.7
19.1
10.2
4
9
Un EU (27)
110.2
16.8
14.1 12 5
Un Eu (27)
70.3
12.6
9.2
9
8
Rep Corea
59.5
6.4
7.6
8
9
SaudiArabia
51.1
3.7
6.7
-5
45
Taipei,Chinese 46.1
7.5
5.9
2
3
Australia
47.5
3.9
6.2
12
52
-4
Fonte WTO 2009 pag 19
Esp: mezzi di trasporto, autoveicoli, semiconduttori, macchinari
elettrici, prodotti chimici
Imp: macchine e attrezzature, carburanti, prodotti alimentari, prodotti
chimici, tessili, materie prime
Russia 2008
Quota %
Esportazioni
Importazioni
Netherlands
12.2
Cina
12.9
Italy
9
Germania
12.6
Germany
6.9
Giappone
6.9
Turkey
5.9
Ucraina
6
Ukraine
5
US
5.1
China
4.5
Italia
4.1
Poland
4.3
Esportazioni: petrolio e prodotti petroliferi, gas naturale, legno e prodotti
in legno, metalli, prodotti chimici, e una grande varietà di manufatti civili
e militari
Importazioni: veicoli, macchinari e attrezzature, materie plastiche,
farmaci, ferro e acciaio, beni di consumo, carne, frutta e noci, semilavorati
di metallo
Principali voci dell’Interscambio commerciale in valore Italia-Giappone
Importazioni italiane 2008
Macchinari e apparecchiature
(Valori in mni
di Euro)
1.259
% Esportazioni italiane
2008
25,1 Articoli di
abbigliamento (anche
in pelle e in pelliccia)
22,1 Prodotti farmaceutici
di base e preparati
farmaceutici
10,1 Articoli in pelle
(escluso
abbigliamento) e
simili
(Valori in mni di
Euro)
696
%
16,4
486
11,4
460
10,8
9,6 Macchinari e
apparecchiature
9,5 Prodotti alimentari
384
9,0
379
8,9
CL29-Autoveicoli, rimorchi e
semirimorchi
1.110
Computer e prodotti di
elettronica e ottica; apparecchi
elettromedicali, apparecchi di
misurazione e orologi
508
-Altri mezzi di trasporto
480
Prodotti chimici
475
Prodotti farmaceutici di base e
preparati farmaceutici
340
6,8 Autoveicoli, rimorchi
e semirimorchi
354
8,3
Articoli in gomma e materie
plastiche
Totale (5.018)
151
3,0 CE20-Prodotti chimici
261
6,1
3.020
100
4.323
http://www.coeweb.istat.it/default.htm
100 Totale (4.250)
Principali voci dell’Interscambio commerciale in valore Italia-Russia
(in mni di Euro)
Importazioni italiane 2008
Prodotti dell'estrazione di
minerali da cave e miniere
Metalli di base e prodotti in
metallo, esclusi macchine e
impianti
Coke e prodotti petroliferi
raffinati
Sostanze e prodotti chimici
Legno e prodotti in legno;
carta e stampa
Totale (16.089)
Valori
% *Esportazioni italiane 2008
11.521 71,6 Macchinari ed apparecchi
Valori
%
2.887 27,6
2.098 13,0 Prodotti tessili, abbigliamento,
pelli e accessori
2.406 23,0
1.611 10,0 Prodotti delle altre attività
manifatturiere
240 1,5 Metalli di base e prodotti in
metallo, esclusi macchine e
impianti
141 0,9 Apparecchi elettrici
1.107 10,6
Mezzi di trasporto
Articoli in gomma e materie
plastiche, altri prodotti della
lavorazione di minerali non
metalliferi
15.611 100,0 Totale (10.468)
Fonte: http://www.coeweb.istat.it/default.htm
792
7,6
703
6,7
581
494
5,6
4,7
8.970 100,
0
per raggiungere con straordinaria rapidità il secondo posto nel
mondo, dopo gli USA, come economia tecnologica e il terzo per
PIL(sistema PPP), il Giappone ha utilizzato, fra l’altro:
 una cooperazione tra industria e governo,
 una forte etica del lavoro,
 una pianificazione della alta tecnologia e per contro
 una piccola spesa per la difesa: Giappone 0.8% del Pil
(2006), Russia 3.9 (2005), Italia 1.8 (2005 stima), USA 4.06
(stima 2005)
Un altro aspetto basilare è stato la garanzia del lavoro per tutta la
vita di una notevole parte della forza di lavoro urbana.
Tra il 1950 e il 1973 l'economia è cresciuta al tasso medio del 10%
annuo, raddoppiando la propria dimensione ogni sette anni (crescita
elevata, tanto che da molti economisti era stato indicato, sul finire
degli anni ’80 come successore degli Stati Uniti nel ruolo di
locomotiva mondiale.
Intorno al 1974-1975 vi fu un drastico rallentamento provocato dalla
grave crisi petrolifera internazionale. Superato questo breve periodo,
la crescita riprese a buoni ritmi.
Nel 1986 vi fu il fenomeno della bubble economy, una speculazione
sulle aree immobiliari e il mercato azionario che arricchì tantissimi
ma creò diverse anomalie.
Infatti nel 1991 si manifestò la crisi che portò a un tasso di crescita
di appena lo 0,1% nel 1993.
Dal 1990 al 2001, il Giappone ha vissuto nel marasma.
Gli esperti ne attribuivano la causa alla sua particolare forma di
capitalismo, rimproverando:
 ai mercati di essere troppo irregimentati e protetti dal governo,
 agli operatori economici di mancare di spirito d'impresa,
 alle aziende di essere poco propense a licenziare e di non
preoccuparsi a sufficienza degli azionisti.
Fra le cause della crisi:
 un eccesso di investimenti (finanziati dalle banche) delle
istituzioni e dei giganteschi conglomerati di partecipazioni
incrociate, chiamate Keiretzu (nel periodo 1984-1991 gli
investimenti sono stati pari al 30.5% del Pil, l’Italia ca. il 22%),
 i globali problemi di invecchiamento della popolazione
(pensioni, assistenza agli anziani)
Problema ben più grande sembra invece essere quello dello
squilibrio tra domanda e offerta aggregate.
Le innovazioni tecnologiche e la capacità produttiva crescente
accrescono costantemente l’offerta aggregata.
La domanda risulta invece tendente a una minor crescita, se non
alla stagnazione, per la particolare bassa propensione al consumo
giapponese.
Da cui l’inefficacia delle politiche economiche:
 attraverso l’abbassamento del tasso di interesse,
 politiche fiscali espansive,
 l’aumento della spesa pubblica.
Crisi deflazionistica, documentata anche dalla diminuzione dei
prezzi.
variazioni % annuali dei prezzi al consumo
Paesi
media 1990-99
USA
Giappone
Unione Europea
Area Euro
..
Russia
Cina
India
fonte: http://www.imf.org
previsioni
2005
2008
2009
2010
3.4
3.8
–0.4
1.7
-0.3
1.4
–1.1
–0.8
3.7
2.3
0,6
1.1
2.2
3.3
0.3
0.8
…
12.7
14.1
12.3
9.9
9.4
1.8
5.9
–0.1
0.6
9.7
4.2
8.3
8.7
8.4
3.0
1.2
10.0
In un sistema economico integrato come quello giapponese, finanza
e apparato statale lavoravano insieme su programmi di lungo
termine.
I finanziamenti alle imprese erano operati su criteri di fiducia, in
base a credenziali molto difficili da definire in termini tecnici e
legate maggiormente a vincoli relazionali (spesso determinati in
modo personale e umano);
Negli anni '90 le banche giapponesi, come era prassi consolidata,
avevano finanziato le imprese anche quando le condizioni non erano
favorevoli.
L'industria nipponica era sana, produttiva, altamente competitiva,
ma la mancanza di vendite provocate dalla crisi ebbe un effetto
superiore alle aspettative.
Le imprese fallivano e i debiti non venivano riscossi.
Le banche che avevano sostenuto e coperto i passivi delle imprese
furono trascinate in una spirale perversa.
In breve tempo il settore bancario giapponese entrò in crisi. Gli
istituti bancari chiudevano uno dopo l'altro.
Una particolarità dell'economia giapponese era costituita dagli
straordinari attivi dovuti all'esportazione.
Questo significa, però, che il mercato interno del Giappone è
insufficiente.
Quindi, la crisi mondiale all'inizio degli anni '90, che colpì
gravemente gli Stati Uniti e in seguito le "tigri asiatiche" (Corea
del Sud, Singapore, Taiwan, Hong Kong, etc.),
ebbe gravi ripercussioni.
La mancanza di risorse naturali ha costretto all'esportazione di
prodotti tecnologici, sviluppati dal Giappone non come semplice
applicazione delle tecniche occidentali.
La tecnologia, però, non può svilupparsi senza risorse energetiche
e il Giappone partiva con questo handicap gravoso.
L'unica risorsa che il Giappone possedeva in abbondanza,
accumulata in secoli di storia, era una volontà ferrea, il seishin
(spirito di volontà).
 tra il 2002 e il 2004 l’economia giapponese è stata sostenuta
dall’aumento della domanda estera, particolarmente forte anche
grazie all’emergere della Cina,
 nel 2004-2005 a trainare la crescita economica è intervenuta la
ripresa della domanda interna,
i consumatori hanno ricominciato a spendere, fra l’altro per la
spinta dei molti cittadini più anziani che impiegano i propri
risparmi in nuovi modelli di consumo quali turismo estero,
musei, ristoranti.
Le imprese, per risanare i propri bilanci e diminuire un
indebitamento eccessivo, hanno effettuato consistenti tagli al
personale a tempo pieno e agli investimenti.
Le banche, spinte da motivazioni analoghe, hanno ridotto i nuovi
impieghi e ammortizzato crediti inesigibili.
dopo anni di calo – sono tornati a crescere, dopo l’opera di
ripulitura delle aziende:
 l’occupazione a tempo pieno, quella dei laureati,
 il reddito familiare,
 le retribuzioni,
 gli impieghi bancari,
 gli investimenti in edilizia residenziale,
 i prezzi dei terreni urbani e
 l’inflazione dei prezzi al consumo (fattore particolarmente
importante).
Il Giappone di oggi è diverso da quello del 1990.
La sua economia è meno regolamentata e più aperta di prima.
Tuttavia, le sue principali istituzioni economiche, sia nel mondo
degli affari che a livello statale, non sono molto cambiate.
La resistenza al cambiamento non è limitata ai centri di potere,
come i consigli d'amministrazione delle imprese o gli uffici
ministeriali.
Il giapponese medio è stanco di riforme che provocano livelli di
rischio e disuguaglianze sempre più elevati.
Nello stesso periodo, l'economia americana veleggiava sulla cresta
dell'onda.
Di conseguenza, secondo gli esperti, i giapponesi non avevano che
una via da percorrere: quella degli Stati Uniti.
Se, in passato, era socialmente sconveniente per un'impresa
giapponese lanciarsi in acquisti ostili, alla fine degli anni '90 sono
comparsi dei predatori, come Yoshiaki Murakami, il cui fondo
d'investimento, specializzato nell'acquisto di titoli societari, ha come
unico scopo quello di accrescere gli utili degli azionisti.
Al contrario, Canon e Toyota hanno continuato a riservare i
consigli di amministrazione a professionisti, a pagare
misuratamente i dirigenti e a limitare per quanto possibile i
licenziamenti del personale.
Secondo Fujio Mitarai (ex pres. Canon), “il vantaggio dell'impiego
a vita nasce dal fatto che i dipendenti assorbono la cultura
dell'impresa nel corso della loro carriera”.
Le grandi aziende giapponesi si considerano una comunità, più che
proprietà degli azionisti.
La comunità comprende, certo, gli azionisti, ma anche i dipendenti, i
clienti, i fornitori e i creditori.
Più che massimizzare il valore delle azioni - il credo degli americani
- i dirigenti ricercano l'equilibrio tra gli interessi dell'insieme della
comunità, per garantire il successo dell'impresa a lungo termine.
Lo stato continua ad intervenire per stabilizzare le nuove
configurazioni del mercato.
Il debito pubblico (176% del PIL) e l’età della popolazione sono i
due principali problemi di lungo periodo.
Nel secondo trimestre del 2009 il prodotto in Giappone è aumentato
del 2,3 per cento in ragione d’anno (dal -12,4 per cento del primo
trimestre).
Vi hanno concorso la ripresa delle esportazioni nette (il cui
contributo alla crescita del PIL è stato pari a 6,5 punti percentuali),
i consumi privati (1,8 punti) e
la spesa pubblica (1,0 punti);
la domanda interna è tuttavia calata, a causa della forte contrazione
degli investimenti privati (-4,0 punti) e del decumulo di scorte.
Le analogie fra la crisi del Giappone negli anni ’90 e quella degli
Stati Uniti nel 2008 sono sempre più vicine: in entrambi i casi la
causa centrale è stata la crisi finanziaria seguita allo scoppio della
bolla immobiliare a cui ha fatto seguito un’improvvisa crisi di fiducia,
così come in entrambi i casi la politica monetaria, di salvataggio e
ricapitalizzazione delle istituzioni finanziarie è stata finora simile.
RUSSIA
Alla fine degli anni '80, il leader sovietico Mikhail Gorbačëv
i
n
t
r
o
d
u
s
s
e
d
e
l
l
e
r
i
f
o
r
m
e
c
o
m
e
l
a
glasnost (trasparenza) e la
perestroika (ricostruzione), ma queste misure non furono in grado di
prevenire il collasso dell'Unione Sovietica, dopo un fallito colpo di
stato militare, nel 1991.
La Russia dichiarò la sua indipendenza il 24 agosto dello stesso
anno, come Federazione Russa.
La Federazione Russa (in russo Российская Федерация), chiamata
a
n
c
h
e
Р
о
с
с
и
я
,
è uno Stato che si estende tra l'Europa e l'Asia.
Con una superficie di 17.075.200 km2 (Italia poco più di 300.000
km2), è l'entità statale più grande del mondo.
Come principale successore dell'Unione Sovietica, la Russia è
ancora uno stato con una forte influenza politica, specialmente
all'interno della CSI (Comunità degli Stati Indipendenti), che
comprende tutti gli stati dell'ex Unione Sovietica tranne la Lettonia,
l'Estonia e la Lituania (totale 12 Stati).
La fine dell’URSS ha aperto una grandissima crisi economica che ha
coinvolto tutte le repubbliche dell’ex Unione Sovietica.
Il passaggio da un’economia statale fortemente centralizzata ed
integrata tra le varie repubbliche ad un’economia privata, collegata
ai nuovi caratteri dell’autonomia, ha causato una grave crisi
economica che è ricaduta principalmente sulle classi sociali meno
favorite della società.
 La forte inflazione determinatasi nel passaggio ad una così detta
economia di mercato,
 la politica di favorire i grossi gruppi di potere grazie
all’esportazione incontrollata delle materie prime,
 il mancato processo di sviluppo degli investimenti interni,
sono alcune delle cause che hanno prodotto delle forti disfunzioni nel
processo di trasformazione dell’economia russa.
L’aspetto sociale più appariscente di questo tipo di crescita confusa e
contraddittoria è quello del controllo dei processi economici da parte
di gruppi che agiscono adottando procedure di tipo mafioso, favorite
dagli altissimi livelli di corruzione dell’apparato pubblico.
Dopo il 1991, l'economia russa, in precedenza pianificata e
controllata dalle autorità centrali, subì una severa contrazione per
cinque anni, mentre governo e parlamento non riuscivano a porre in
essere le necessarie riforme e l'antiquata struttura industriale del
paese affrontava un serio declino.
Nel 1997 si ha una limitata ripresa, in cui si mostrarono i segni di
un'influenza del libero mercato.
In quell'anno, però, si verifica la crisi finanziaria asiatica che portò in
agosto al deprezzamento del rublo e, nel 1998 al default del debito
pubblico (incapacità dello Stato di rispettare le clausole contrattuali).
A ciò seguì la recessione, un forte deterioramento dei livelli di vita e
un'intensa fuga di capitali all'estero.
L'economia iniziò a riprendersi nel 1999, grazie alla debolezza del
Rublo, che rese più cari i prodotti importati e incoraggiò la
produzione locale.
In seguito, si entrò in una fase di rapida crescita, in cui il PIL è
cresciuto del 6.5% in media annua dal 2000 al 2007, grazie
 al rublo debole,
 ai più alti prezzi del petrolio,
 alla maggiore produzione industriale e
 a una maggiore vivacità dei servizi.
Il paese ha un forte attivo nella bilancia commerciale, grazie anche
alle barriere protezioniste che, assieme alla diffusa corruzione,
ostacolano le piccole imprese straniere ad esportare in Russia,
senza consistenti appoggi in loco.
Nel 2001 la crescita del PIL è stata del 5.8 %, nel 2005 del 6.4 % e
nel 2007 dell’8.2%, raggiungendo i 1290 miliardi di dollari.
Attualmente quella russa è la nona economia del mondo e la quinta in
Europa.
Se venisse mantenuto questo livello di sviluppo, in pochi anni la
Russia diventerà la seconda economia europea, dopo la Germania.
Il settore delle materie prime, come petrolio, gas naturale, metalli e
legname, costituisce l' 80% delle esportazioni, con la conseguenza
che il paese è fortemente vulnerabile alle variazioni dei mercati
internazionali. (WTO, 2007)
Le esportazioni dell'industria militare, dopo un periodo di crisi,
costituiscono ora la seconda voce attiva, dopo le materie prime.
Negli ultimi anni, peraltro, un altro fattore positivo per l'economia è
stata la crescita della domanda interna.
"La Russia ha tutte le carte in regola per diventare il leader assoluto
sul mercato mondiale degli armamenti", ha dichiarato il presidente
russo Vladimir Putin, sottolineando che nel corso del 2006 il volume
complessivo delle ordinazioni di armamenti di fabbricazione russa ha
toccato quota 30 miliardi, mentre il volume complessivo di
esportazioni ha fatto registrare la cifra record di 6,5 miliardi di dollari,
pari al 20% in piu' di quanto programmato.
Nel 2008 le esportazioni russe sono state pari a 476 miliardi di
dollari, mentre le importazioni hanno raggiunto i 302 miliardi di
dollari.
Da cui il conseguente avanzo di 174 miliardi di dollari (contro i
106,1 miliardi di dollari nel 2004)
Il 12 dic 2008, le riserve in valuta della Russia ammontavano a 435
miliardi di dollari.
Grazie agli alti prezzi del greggio, nel 2005 le esportazioni di
petrolio sono state pari a 117 miliardi di dollari e quelle di gas a 32
miliardi. Nel 2007 complessivamente 225 miliardi.
Ciò significa che il petrolio e il gas hanno costituito da soli il 60%
delle esportazioni russe nel 2005, raggiungendo con prodotti
minerari il 72,5% nel 2007.
Nel gennaio 2004 il governo ha formato un "Fondo di
stabilizzazione", che raccoglie alcune entrate derivanti
dall'esportazione di idrocarburi ed ha la funzione di bilanciare la
volatilità del mercato petrolifero.
Nel novembre 2006 il Fondo ha raggiunto il valore di 76,6 miliardi
di dollari.
Soprattutto attraverso questo fondo di stabilizzazione, il paese ha
pagato gran parte del debito estero che aveva con il Club di Parigi
delle nazioni creditrici nell'agosto 2006.
Al 1 ottobre 2006, il debito con il Club di Parigi ammontava a 1,9
miliardi di dollari, confrontati ai 23,7 miliardi al 1 luglio.
Per molti osservatori, il problema principale dell'economia russa è
quello di incoraggiare lo sviluppo delle piccole e medie imprese in
presenza di un sistema bancario ancora giovane e spesso inefficiente.
Diverse banche sono proprietà degli "oligarchi", ossia ricchi uomini
d'affari collegati al potere politico, che spesso utilizzano il denaro dei
depositanti per sostenere le loro aziende.
Altri problemi risiedono nella considerevole diversità di sviluppo tra
le diverse regioni.
Mentre nella regione di Mosca i livelli di reddito si stanno
rapidamente avvicinando a quelli delle maggiori metropoli della
zona Euro, gran parte del paese rimane indietro, soprattutto nelle
aree rurali e in Asia.
Con Putin la politica estera russa si è attestata su una linea di difesa
risoluta degli interessi nazionali, che è spesso perseguita a scapito
della cooperazione multilaterale.
L’indirizzo tendenzialmente filo-atlantico di Eltsin, che aveva
suscitato molte aspettative in Occidente, è stato rimpiazzato da uno
sforzo costante per accrescere il peso e l’influenza della Russia sia
nel contesto europeo che in quello mondiale.
Le più importanti fonti di tensione ontsono:
- l’espansione della Nato e dell’Ue all’Europa orientale, incluse le
tre repubbliche baltiche una volta parte dell’Urss;
- i nuovi accordi di sicurezza tra gli Usa ed alcuni paesi dell’Europa
dell’est (sistema antimissile in Polonia e Repubblica ceca, basi
militari in Bulgaria e Romania);
- il sostegno euro-americano alle cosiddette ‘rivoluzioni colorate’,
che hanno portato al potere in Georgia e Ucraina movimenti politici
con tendenze anti-russe (anche se in Ucraina ha preso poi il
sopravvento un partito filo-russo);
- il ruolo dell’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in
Europa (Osce, di cui fa parte anche la Russia) nella gestione delle
crisi nell’ex spazio sovietico, in particolare in Moldavia e Georgia;
- l’installazione di basi militari americane in Asia centrale nel
contesto dell’intervento militare in Afghanistan.
La combinazione di due elementi – accentramento dei poteri e
controllo statale delle risorse energetiche – è funzionale
all’ambizione di Putin di rendere più incisiva la politica estera della
Russia.
Il ridimensionamento dell’assetto federale dello stato ha ridotto
fortemente, fino quasi ad annullare, i contrappesi locali al potere del
governo centrale.
Inoltre, il controllo statale delle risorse e delle esportazioni
energetiche ha accresciuto la capacità di pressione nei
confronti dei paesi, in primo luogo quelli europei, che dipendono
dalle forniture russe.
Con Putin l’energia si è aggiunto alla potenza militare come fonte
principale dell’influenza esterna della Russia.
La relazione cordiale impostata da Washington negli anni Novanta
era basata sull’ipotesi che aiuti e assistenza economica, nonché
l’associazione della Russia al blocco atlantico, avrebbero non solo
favorito la sua transizione verso l’economia di mercato e la
democrazia, ma anche garantito la sua acquiescenza all’espansione
della Nato ad est e all’erosione della sua influenza in tutto lo spazio
ex sovietico.
La Russia ha assunto su di sé gli impegni, i diritti e gli obblighi
internazionali a cui era vincolata l’Unione sovietica, di cui è il
principale stato successore. Ha pertanto ereditato il seggio
permanente al Consiglio di sicurezza (Cds) dell’Onu.
Il forum informale del Gruppo degli otto (G8)
Dietro la decisione di allargare il G7 alla Russia c’era la speranza che,
coinvolgendola nella definizione dell’agenda politica globale, si
sarebbero rafforzate le condizioni per uno sviluppo cooperativo dei
rapporti con Mosca. L’inclusione nel G8 non sembra però aver
favorito le istanze riformatrici e democratiche in Russia.
Non fa parte del WTO.
Il Consiglio Nato-Russia è un organo di istituzione recente (è stato
creato al vertice Nato di Pratica di Mare del 2002) dedicato alla
consultazione su questioni di sicurezza che interessano tanto
l’Alleanza atlantica quanto la Russia.
I rapporti dell’Unione europea con la Russia sono particolarmente
complessi.
 Oltre ad essere uno dei principali interlocutori sulle questioni di
sicurezza europea e internazionale, la Russia è il
 maggiore fornitore di energia dell’Ue,
 un partner commerciale di rilievo e
 un attore decisivo nella gestione di questioni che vanno dal
controllo dell’immigrazione alla lotta alla criminalità organizzata.
Vediamo le conseguenze della crisi mondiale sull’economia russa in
una breve sintesi che ne fa IntesaSanpaolo:
“La situazione dell’economia russa nel 2009 dipenderà in primo
luogo dalla congiuntura del mercato globale dell’energia e, in
particolare, dal prezzo del petrolio.
Se il greggio dovesse costare non più di 30 dollari al barile - uno
scenario possibile nel caso di una forte recessione in Cina - la Russia
rischierà di registrare nel 2009 una crescita economica “zero”,
rischiando addirittura di passare nel quadrante negativo.
Per coprire le pericolose falle nel bilancio pubblico il Governo non
potrà fare a meno di ridurre la spesa sociale (si prospetta una dura
lotta tra la Duma e l’esecutivo) e il Cremlino dovrà rivolgersi per i
prestiti al mercato del debito internazionale, oppure togliere i sigilli
dal Fondo di riserva.
In questo caso, alla fine del 2009, rimarrà poco o niente delle
riserve finanziarie accumulate dalla Russia negli anni del boom dei
prezzi petroliferi.
La crescita “zero” del Pil minaccia di raddoppiare come minimo il
numero dei disoccupati che, per l’autunno del 2009, salirà dal 6%
della popolazione economicamente attiva stimata a 75 milioni di
persone, al 10-12 per cento”
Biblio
Akio Morita “Made in Japan” (1986), Ed. di Comunità
1987
Michio Morishima “Cultura e tecnologia nel
<successo> giapponese” (1982), il Mulino 1984
Chie Nakane “La società giapponese” (1973), Raffaello
Cortina ed. 1992
Bollettino banca italia nov 2009
fonti:
Giuseppe Tannini (a cura di) “Cina e Russia. Due transizioni a
confronto” FrancoAngeli 2005
http://it.wikipedia.org/wiki/Russia
http://italia.pravda.ru/russia/22-03-2007/5139-0
http://it.wikipedia.org/wiki/Comunit%C3%A0_degli_Stati_Indipendenti
http://www.senato.it
http://www.intesasanpaolo24.com/Csi/Bollettini/Editoriale/88.htm
http://xoomer.alice.it/setedaza