Applicazioni cliniche dell’Adult Attachment Interview Anna Maria Speranza Sapienza, Università di Roma • Modelli di attaccamento nell’Adult Attachment Interview • Attaccamento e psicopatologia – Disorganizzazione e disturbi dissociativi e borderline • Adult Attachment Interview e lavoro clinico – Valutazione diagnostica – Approccio clinico al paziente – Valutazione del processo e degli esiti in psicoterapia Studio dell’assetto rappresentazionale • “Valutazione della sicurezza nella prima infanzia, nella seconda infanzia e nell’età adulta: il passaggio al livello rappresentazionale” (Main, Kaplan e Cassidy, 1985) • Adult Attachment Interview: valutazione dello stato mentale dell’adulto nei confronti dell’attaccamento – Diverse organizzazioni linguistiche che si esprimono in strutture discorsive differenziate in relazione ai diversi pattern di attaccamento – Non in relazione alla competenza linguistica – Non in relazione semplice con la storia raccontata – Spostamento dal contenuto alla coerenza narrativa Adult Attachment Interview • Valutazione dei Modelli Operativi Interni (stato della mente attuale nei confronti dell’attaccamento) • Obiettivo è “sorprendere l’inconscio” – Agli intervistati vengono chiesti 5 aggettivi per descrivere la relazione precoce con entrambi i genitori – E in seguito viene chiesto di descrivere gli eventi che hanno portato alla scelta degli aggettivi • Ampie opportunità di esprimere contraddizioni durante l’intervista • Agli intervistati viene chiesto sia di descrivere che di valutare gli effetti della propria storia di vita Esempi di domande dell’AAI • Puoi descrivermi con 5 aggettivi la relazione con tua madre durante l’infanzia? • Ti vengono in mente degli episodi o dei ricordi che mi facciano capire in che modo la relazione era… ? • Quando eri turbato da bambino, cosa facevi? • Quando ti facevi male? Quando stavi male? • Qual è stata la prima volta che ti sei separato dai tuoi genitori? Come ti sei sentito? E loro come hanno reagito? Esempi di domande dell’AAI • Ti sei mai sentito rifiutato? • I tuoi genitori ti minacciavano, anche solo per disciplina? • Pensi che le esperienze con i tuoi genitori abbiano influenzato il tuo modo di essere? • Perché pensi che i tuoi genitori si siano comportati così durante la tua infanzia? • Ci sono stati lutti nella tua famiglia quando eri piccolo? • Ci sono stati cambiamenti nel rapporto con i tuoi genitori dall’infanzia ad ora? Scale dell’AAI (a 9 punti) • Scale della probabile esperienza (per madre e padre) – – – – – Affetto Rifiuto Trascuratezza Pressione a riuscire Coinvolgimento/inversione di ruolo Scale dell’AAI (a 9 punti) • Scale dello stato della mente – – – – – – – – – – Idealizzazione Rabbia Svalutazione Insistenza sulla mancanza di ricordi Passività dei processi di pensiero Paura della perdita Processi metacognitivi Mancata risoluzione del lutto o del trauma Coerenza del trascritto Coerenza della mente Stato della mente Sicuro/Autonomo (F) • Discorso coerente e collaborativo • Valutazione positiva dell’attaccamento, pur mantenendo obiettività rispetto a qualsiasi evento/relazione • La descrizione delle esperienze di attaccamento è coerente sia che esse siano state positive sia che abbiano incluso forme di rifiuto, inversione di ruolo, ecc. (“earned secure”) Scale rilevanti: – Coerenza del trascritto (alta) – Monitoraggio metacognitivo – [Funzione riflessiva] • Il discorso non viola in maniera grave nessuna delle massime di Grice • Diversi sottotipi [F1, F2, F3, F4, F5] Coerenza del trascritto • Specifica caratteristica e capacità del soggetto di presentare e valutare le esperienze passate e la loro influenza sul presente in modo chiaro, conciso ed esauriente e in modo comprensibile per il lettore • La coerenza del trascritto fa trasparire una sensazione di sincerità, una elaborazione personale della propria storia, indipendentemente dalla sua drammaticità, un congruo esame di realtà senza atteggiamenti difensivi • Per la definizione della coerenza Main e Goldwyn (1989) hanno fatto riferimento alle massime di Grice che consentono il ricorso al “principio di cooperazione” negli scambi conversazionali Funzione riflessiva • Funzione riflessiva o mentalizzazione: processi psicologici che riguardano la capacità di compiere riflessioni sul proprio e altrui comportamento, tali da vedere e capire se stessi e gli altri in termini di stati mentali, cioè in termini di sentimenti, convinzioni, intenzioni e desideri • Questa capacità, che è connessa alla capacità di dare significato alla propria esperienza, può dare un contributo decisivo alla regolazione affettiva, al controllo degli impulsi, all’automonitoraggio e all’esperienza di sé come oggetto agente (Fonagy e Target, 1997) Valutazione della funzione riflessiva • Capacità di andare oltre una spiegazione puramente fenomenologica e descrittiva degli accadimenti relazionali per arrivare al tentativo di interpretarli in termini di intenzioni, convinzioni, desideri, ecc. Attenzione a non confondere la funzione riflessiva con l’uso del gergo psicologico che, invece di fornire “comprensioni probabili”, fornisce delle “certezze di comprensione” Valutazione della funzione riflessiva 1. Riferimenti alla consapevolezza della natura degli stati mentali (es. opacità degli stati mentali, limiti delle proprie capacità di capire, capacità di mascherare gli stati mentali, l’eventuale natura difensiva degli stati mentali) 2. Comprensione di un comportamento, proprio o altrui, alla luce di un possibile stato mentale sotteso (es. prospettive diverse su uno stesso evento, comportamento non sempre espressione di uno stesso stato mentale) 3. Riconoscimento della natura evolutiva degli stati mentali (prospettiva intergenerazionale, evoluzione, ecc.) 4. Riferimenti all’impatto che i propri stati mentali possono avere sull’altro Stato della mente Distanziante (Ds) • Normalizzazione, con rappresentazioni generalizzate della storia non sostenute o attivamente contraddette dagli episodi ricordati • Distanziamento o svalutazione delle esperienze e delle relazioni di attaccamento, inibizione degli stati affettivi negativi, pseudoindipendenza Scale rilevanti: • Idealizzazione o limitata influenza dell’attaccamento [Ds1 o Ds3] • Insistenza sulla mancanza di ricordi • Svalutazione delle figure di attaccamento o delle esperienze relative all’attaccamento [Ds2] • Paura della perdita [Ds4] Stato della mente Preoccupato (E) • Preoccupato dalle relazioni/esperienze di attaccamento del passato • Forte dipendenza dalla propria famiglia di origine e scarso senso di identità personale (assenza di confini psicologici) • Le frasi sono spesso lunghe, senza citazioni dirette, grammaticalmente confuse oppure piene di parole dall’uso vago (“dadadada”, “questo e quello”) o pseudo-psicologico, che violano le massime di modo e di relazione. • L’intervistato può apparire arrabbiato [E2], passivo [E1] o ancora spaventato da eventi traumatici [E3] • Scale rilevanti: – Rabbia coinvolgente – Passività dei processi di pensiero Stato della mente Irrisolto/disorganizzato (U) • Significativi lapsus nel monitoraggio del ragionamento o del discorso durante la discussione di esperienze di perdita o di abuso • Questi lapsus possono essere molto brevi e l’intervistato può per il resto sembrare Sicuro, Distanziante o Preoccupato Lapsus nel monitoraggio del ragionamento o del discorso Del ragionamento: • “E’ morta perché non ho pensato a lei” • “Dovrebbe continuare ad essere morto così io potrei continuare a fare la mia vita” • Affermazioni contraddittorie sulla persona morta (es. parlarne al presente) Del discorso: • Rimanere in silenzio per 90 secondi discutendo la morte di una persona o l’abuso • Improvviso e prolungato uso di un linguaggio eulogistico • Estrema attenzione ai dettagli e alle circostanze della perdita o intense immagini visivo-sensoriali dell’esperienza di abuso Cannot Classify (CC) • Modelli mentali contraddittori Non si tratta di un crollo della strategia in un’area isolata del discorso ma di una rottura più generalizzata che rivela estrema contraddizione o incapacità di mantenere una posizione organizzata • Cambiamento dello stato mentale a metà dell’intervista • Stati mentali completamente differenti nel descrivere diverse persone (E2 per il padre, Ds1 per la madre) Attaccamento e psicopatologia in età adulta L’attaccamento insicuro è un fattore importante ma aspecifico per l’aumento del rischio di numerose forme di psicopatologia nei campioni ad alto rischio psicosociale Pochi studi longitudinali dall’infanzia all’età adulta (Carlson, 1998; Warren et al., 1997). Diversi studi che hanno valutato lo stato mentale relativo all’attaccamento in popolazioni cliniche • L’attaccamento Distanziante predisporrebbe a: – – – – Disturbi della condotta Disturbi di personalità antisociale Disturbo da abuso di sostanze Disturbi alimentari (sottotipo restrittivo) • L’attaccamento Preoccupato predisporrebbe a: – Disturbi d’ansia – Forme internalizzanti di depressione – Disturbi di personalità borderline Disorganizzazione in età adulta Comportamento disorganizzato/controllante Rappresentazioni disorganizzate Modelli: Spaventato da passati eventi traumatici (E3), Irrisolto nei confronti di lutti o traumi (U), alle prese con Modelli mentali contraddittori (CC), identificato con un caregiver Helpless/Hostile (HH) Modelli multipli, conflittuali, non integrati Vulnerabilità ad alterazioni della coscienza Inibizione della capacità di mentalizzare Disorganizzazione e psicopatologia • Predisposizione allo sviluppo di disturbi dissociativi Processi dissociativi: segno di una rottura primaria nei processi intersoggettivi che normalmente generano un senso di sé coerente e integrato => costruzione del sé patologico Studio di Ogawa et al. (1997): D => più punteggi di dissociazione Studio longitudinale di Carlson (1998): Attaccamento disorganizzato nella prima infanzia Sintomi dissociativi in età scolare e nell’adolescenza Traumi successivi Disturbi dissociativi Difficoltà di mentalizzazione • I bambini disorganizzati possono essere ipervigili nei confronti del comportamento del caregiver e acutamente sensibili al suo stato mentale ma non riescono a generalizzarlo in un proprio stato mentale (organizzazione del sé) che rimane privo di regolazione e incoerente. • Rappresentazione degli stati mentali dell’altro che minaccia il sé. • Poco capaci di esplorare i propri stati mentali. • Stati intensi di paura e disorganizzazione che non sono monitorati Disorganizzazione e psicopatologia Predisposizione allo sviluppo del disturbo borderline Esperienze di attaccamento caratterizzate da abusi (fisici e sessuali), maltrattamento e abbandoni => attaccamento disorganizzato Caratteristiche del disturbo borderline alla luce della disorganizzazione dell’attaccamento – Molteplice e contraddittoria rappresentazione del sé e dell’altro (modelli operativi multipli) – Carente funzione di modulazione delle emozioni dolorose (rabbia e disforia) e deficit nel monitoraggio metacognitivo e nella funzione riflessiva – Abnorme risposta affettiva agli eventi separativi e traumatici (la minaccia di abbandono è potenzialmente devastante) – Rapide e imprevedibili oscillazioni tra invischiamento e rifiuto, intensa idealizzazione e caustica svalutazione Disorganizzazione e psicopatologia Predisposizione allo sviluppo del disturbo borderline Ricerche di Fonagy et al. (1996), di Patrick et al. (1994), di Barone (2003) • 75-100% classificati come Preoccupati (E3) [3 categorie] • 75-89% classificati come Irrisolti rispetto al trauma (U) [4 categ] • Deficit nei processi di mentalizzazione e assenza e/o distorsione della funzione riflessiva => strategia difensiva rispetto al dolore psichico: rifiuto di concepire il contenuto della mente del genitore abusante e la sua intenzione malevola Disturbo borderline e mentalizzazione • Il bambino perde l’opportunità di interiorizzare una rappresentazione del suo stato mentale. La vicinanza è mantenuta a prezzo di una compromissione della funzione riflessiva • Nella patologia borderline le difese primitive e il pensiero concreto sono correlati all’incapacità di comprendere la mente dell’altro e di attribuire all’altro uno stato mentale (assenza di funzione riflessiva) Attaccamento e lavoro clinico • Teoria dell’attaccamento: teoria della regolazione affettiva • Strategie di attaccamento e meccanismi difensivi contro l’angoscia e il dolore definiscono le modalità attraverso le quali gli individui regolano il loro senso di sicurezza • Le modalità attraverso cui un paziente intraprende e porta avanti una terapia (modalità relazionali che si manifestano nel transfert) possono essere segnate dalla sua specifica strategia di attaccamento (al di là delle associazioni tra modelli di attaccamento e particolari sindromi psicopatologiche) Attaccamento e lavoro clinico • Le rappresentazioni mentali dell’attaccamento (MOI) che si attivano nell’ambito di una relazione terapeutica sono costituite da un insieme di aspettative, pattern di regolazione emozionale e processi mnestici che guidano il soggetto nella gestione dei legami significativi Applicazioni cliniche dell’AAI • Necessaria una familiarità con le domande dell’AAI e con il sistema di codifica • Uso dell’AAI all’inizio del lavoro terapeutico non solo per “valutare” lo stato mentale dell’attaccamento ma anche per segnalare al paziente alcune cose importanti • Diverso uso dell’AAI se a somministrarla è lo stesso clinico o un’altra persona (ricerca test-retest; necessità che alcune informazioni cliniche vengano fuori con i tempi del paziente) • Facilita l’alleanza terapeutica e la risposta alla terapia Possibili usi clinici dell’AAI 1. Può aiutare a definire alcuni obiettivi terapeutici Le domande dell’AAI possono segnalare al paziente che i problemi attuali di cui soffre possono essere legati alle esperienze infantili. Le domande dell’AAI segnalano al paziente che per il terapeuta è significativo cosa è accaduto nell’infanzia quando si era turbati, malati, ci si era fatti male fisicamente o si sperimentavano separazioni, eventi che tutti hanno vissuto nell’infanzia Le domande dell’AAI segnalano al paziente che le relazioni sono importanti – quelle all’interno della propria famiglia di origine come quelle attuali Una AAI somministrata all’inizio della relazione terapeutica può aiutare a definire gli obiettivi per un lavoro clinico significativo (Steele & Steele, 2008) Possibili usi clinici dell’AAI 2. Identificare le modalità che dai pattern di relazione precoce portano ad un comportamento e ad uno stato mentale adulto MOI: includono aspetti della percezione, della memoria e degli affetti che aiutano ad interpretare i comportamenti degli altri, a definire il proprio senso del sé e contribuiscono a determinare le modalità difensive con cui escludere informazioni dolorose dalla coscienza L’AAI fornisce una finestra sul mondo interno del paziente che può essere significativa per il terapeuta e per il paziente per conoscere come alcuni comportamenti estremamente negativi e distruttivi nel presente possono essere compresi come una ripetizione dei precoci pattern di attaccamento Riattivazione dei MOI nell’ambito di una relazione terapeutica [Caso madre] Possibili usi clinici dell’AAI 3. Identifica le modalità e la misura in cui il paziente si affida ai processi difensivi Idealizzazione => Stato mentale distanziante rispetto all’attaccamento [maggiore facilità di individuare stati mentali ansiosipreoccupati => es. ricerca sulle adozioni] Distanziamento/svalutazione => rabbia esplosiva, attribuzioni negative e ostili [indicazioni per gli effetti sulla relazione terapeutica] Rabbia/passività => difese come spostamento, proiezione, identificazione proiettiva – inversione di ruolo e richieste al terapeuta Preoccupati timorosi (E3): fallimento dell’esclusione difensiva rispetto ai ricordi del trauma Attaccamento e transfert Pazienti con attaccamento distanziante: • Minimizzano l’importanza delle esperienze affettive • Hanno un’espressione estremamente ridotta di affetti e una struttura altamente rigida e organizzata per regolarli • Possono saltare le sedute senza dare a questo alcun significato o mettere in atto un atteggiamento iperrazionale ed emotivamente distaccato • Non danno importanza ai commenti del terapeuta e negano qualsiasi sentimento negativo rispetto alle separazioni (come protezione dalla possibilità che il terapeuta sia indisponibile) • Tendono a riferire meno sintomi Controtransfert: sentimenti di inutilità e sconforto, sfiducia nel cambiamento => interruzione precoce della terapia o interpretazione troppo precoce delle resistenze Attaccamento e transfert Pazienti con attaccamento preoccupato: • Iperattivazione e scarsa regolazione degli affetti • Sembrano sviluppare un forte attaccamento nei confronti della terapia e del terapeuta, ma sono costantemente preoccupati da questo legame e alternano una forte rabbia ad una implorazione altrettanto intensa di aiuto (il terapeuta viene comunque percepito come poco disponibile) • Possono manifestare le loro richieste in maniera incessante, anche fuori dal setting terapeutico • Tendono a presentare più sintomi • Riconoscono le difficoltà delle precedenti relazioni, ma ne sono completamente catturati. La rabbia ha spesso un carattere ruminativo e ripetitivo Controtransfert: sentimenti di frustrazione ma al contempo di preoccupazione; sentimenti di sopraffazione, ma anche sensazioni di noia e confusione Possibili usi clinici dell’AAI 4. Può aiutare a scoprire esperienze traumatiche e lutti importanti Il modo in cui le esperienze traumatiche, inclusi i lutti, vengono discussi nell’AAI o nel contesto terapeutico può essere altamente significativo dello stato della mente del paziente e dei progressi che possono essere raggiunti con un lavoro terapeutico adeguato Classificazioni U/d spesso associate in maniera significativa ad un’ampia gamma di espressioni psicopatologiche Le risposte all’AAI forniscono al terapeuta delle informazioni importanti sulla presenza nella vita del paziente di esperienze di lutto e separazione che possono aver inciso sul funzionamento psichico del paziente e possono aver costituito una disposizione verso un disturbo mentale. La situazione terapeutica può essere significativamente considerata un’opportunità per promuovere la riorganizzazione e la risoluzione di questi eventi. Attaccamento e transfert Pazienti con attaccamento disorganizzato: • Manifestazioni transferali complesse: stili relazionali apparentemente incompatibili possono presentarsi in rapida successione • Oscillazioni tra stati di coscienza molto diversi tra loro (“triangolo drammatico” di Liotti) • Spesso presentano numerosi sintomi, hanno ricevuto varie diagnosi, a volte anche ricoveri • Distinzione tra traumi non elaborati con processi dissociativi settoriali, dove è possibile rintracciare una strategia regolativa di base (E3, U) e stati mentali non integrati (CC o HH) Necessità di trattare l’area traumatica Controtransfert: Intensa preoccupazione e confusione, frequenti interventi “sulla crisi” Possibili usi clinici dell’AAI 5. L’AAI permette un’osservazione attendibile della funzione riflessiva Funzione riflessiva (FR): definita come (1) consapevolezza della natura degli stati mentali in se stessi e negli altri, (2) reciproca influenza tra stati mentali e comportamento, (3) necessità di assumere una prospettiva evolutiva. => attenzione al contesto conversazionale attuale (Fonagy et al., 1998; Steele & Steele, 2008) La validità della FR è basata sulla sua codifica all’AAI Il trattamento basato sulla mentalizzazione considera questo aspetto come centrale per il lavoro clinico (Steele & Steele, 2008) Possibili usi clinici dell’AAI 6. Consente una valutazione dell’esito terapeutico (e del processo) Modificazione dello stato della mente Aumento della coerenza narrativa Aumento della funzione riflessiva (Steele & Steele, 2008)