La Destra Storica ei problemi postunitari

annuncio pubblicitario
La Destra Storica
e i problemi postunitari
(1861-1876)
L’Italia, paese povero e fragile
Qual è la situazione italiana all’inizio del periodo
unitario?
- arretratezza generale (economica e culturale);
- divario strutturale Nord-Sud;
- ostilità della Chiesa cattolica contro lo Stato
liberale e laico;
- incapacità della borghesia di governo a porsi
come classe dirigente nazionale;
- emigrazione;
- autoritarismo e corruzione nella prassi politica
e parlamentare (es., Crispi e Giolitti).
Confronto tra l’Italia preunitaria
e l’Italia unita (1861)
La Destra Storica
• Dal 1861 al 1876 l’Italia fu governata dai
liberal-moderati di ispirazione
cavouriana che
 rappresentavano gli interessi aristocratici
e altoborghesi;
 erano, in economia, di tendenze liberiste;
 manifestavano un forte senso dello stato
 e una notevole prudenza nell’attuare
riforme, soprattutto sul piano sociale;
 non disdegnavano i metodi autoritari né la
corruzione.
I problemi postunitari
• La Destra Storica si trovò ad affrontare i
principali problemi successivi all’unità:
 la questione istituzionale: accentramento e
decentramento amministrativo?
 il brigantaggio: la questione meridionale;
 il completamento dell’unità: Venezia e Roma;
 la questione romana: il rapporto con la Chiesa;
 la questione economico-finanziaria.
necessità di riforme
Per essere elettori:
 maschio adulto (25 anni);
 alfabetizzazione;
 min. 40 lire di imposte dirette.
vota solo 1,9% della popolazione
(professionisti, commercianti,
industriali, proprietari terrieri:
500.000 persone in tutto)
Su 10 Italiani:
- 7 sono contadini poveri, analfabeti, denutriti;
- 2 sono operai/lavoratori urbani;
- 1 appartiene a ceti benestanti.
La politica economica
 Il nuovo stato si trovò a fronteggiare un
notevole indebitamento nato dall’unificazione
dei debiti pubblici degli stati preunitari e dalle
spese militari.
 I governi Ricasoli, Minghetti, Rattazzi
unificarono il mercato interno e mantennero
deboli tariffe doganali per consentire
l’esportazione dei prodotti agricoli: due
politiche economiche tipiche del liberismo che
impone di non intervenire in nessun modo nelle
dinamiche spontanee del mercato se si vuole
sostenere la concorrenza con gli altri stati:
rispetto all’economia del nord, quella centromeridionale era abituata alle tariffe protezioniste
borboniche e fu gravemente danneggiata.
Inoltre:
 quasi tutta la popolazione vive in regime di
sussistenza e autoconsumo;
 non consuma;
 non esprime domanda e non genera offerta;
 impedisce la formazione di un mercato interno.
necessità di politiche economiche liberiste
per esportare almeno i prodotti agricoli
Le iniziative di legge della Destra:
 creazione di una rete ferroviaria nazionale (dai
1700 km del 1861 ai 16.000 del 1895);
 riorganizzazione del sistema amministrativoburocratico;
 coscrizione obbligatoria nell’esercito;
 creazione della scuola pubblica nazionale.
Febbraio 1861: Vittorio Emanuele II
inaugura il primo Parlamento italiano
L’ingente debito pubblico creò un ceto
nazionale «creditore dello Stato» interessato al
successo del processo unitario; ma il debito
aggravò il prelievo fiscale: si ricorse alle
imposte indirette (cioè sul consumo) e alla
- tassa sul macinato: un’imposta sui mulini e
sulla quantità di grano macinato, che alzò il
prezzo del pane e causò rivolte violentissime
in tutto il paese.
Con questo inasprimento fiscale fu raggiunto
il pareggio di bilancio ma si consumò una
frattura profonda tra governo e masse
popolari.
La «piemontesizzazione»
• La struttura amministrativa del nuovo stato è
un semplice allargamento di quella del
Piemonte:
 lo Statuto Albertino e le leggi del Regno di
Sardegna vengono estese a tutto il territorio
nazionale;
 il nome del sovrano rimane Vittorio
Emanuele II, mantenendo il numero dinastico
anche come Re d’Italia;
 ogni progetto di decentramento
amministrativo viene presto abbandonato.
il Regno d’Italia è un’estensione di quello
piemontese:
 Gruppo dirigente: piemontese;
 Stato maggiore dell’esercito: piemontese;
 Alta burocrazia: piemontese;
 Alta magistratura: piemontese.
 NON ci sono autonomie locali (paura di moti
centrifughi);
 I sindaci sono nominati dal governo
L’unità d’Italia come «conquista» piemontese
La questione meridionale
• L’unificazione comportò un nuovo peso per il
Meridione:
 le speranze di trasformazione sociale furono
deluse sin dalla conquista garibaldina;
 l’unificazione dei mercati danneggiò
gravemente l’economia del Sud;
 fu imposto il pesante sistema fiscale e il
servizio militare a regioni che non avevano
mai conosciuto la leva obbligatoria;
 furono aboliti gli «usi civici» della terra
(proprietà comune di legna e pascoli).
La disillusione per le promesse non mantenute
(autogoverno, redistribuzione delle terre,
liberazione dall’oppressione dei «baroni») generò
rifiuto politico e adesione ai tentativi borbonici di
riconquistare il Sud.
Da sempre era esistita nel meridione una tradizione
di violenza popolare a cavallo tra protesta sociale e
lotta politica: la presenza di «bande armate» che si
mettevano al servizio dei baroni era un fatto
endemico, soprattutto in Sicilia. In alcuni casi,
queste bande avevano combattuto a fianco di
Garibaldi (i «picciotti») contribuendo alla vittoria.
In Campania, Basilicata, Calabria, Molise e Puglia
queste bande insorsero contro la Stato e diedero
vita ad una vera e propria guerra civile:
Il brigantaggio
 La ribellione delle masse popolari del Sud si
espresse nella formazione di bande di briganti
che i Borbonici tentarono con scarso
successo di strumentalizzare.
 Il governo difese l’ordine mobilitando metà
dell’esercito e imponendo al Sud lo stato
d’assedio: la legge Pica del 1863 stabiliva
- giustizia militare sommaria (fucilazione) o
- lavori forzati a vita.
Fucilazione del brigante Vincenzo Petruzziello (1861)
Carmine Crocco
(1830-1905),
uno dei più famosi briganti
postunitari
La brigantessa Michelina De Cesare,
uccisa nel 1868
Il fenomeno fu duramente represso (1863-65) dai
generali La Marmora e Cialdini senza che si
intervenisse sulle cause strutturali che avevano
scatenato il fenomeno.
Nel complesso:
 il Sud è stato più conquistato che annesso;
 sospettato di essere filo-borbonico o
democratico/repubblicano: comunque, lontano dai
moderati cavouriani;
 l’esercito volontario che aveva scacciato i Borboni
era stato congedato e liquidato;
 i suoi ufficiali integrati nell’esercito italiano solo in
ruoli subalterni.
Una stampa satirica dell’epoca: un cardinale
benedice l’alleanza tra i briganti e le forze
antiunitarie sotto l’auspicio dell’aquila asburgica
Un bando con i nomi dei briganti ricercati e
l’ammontare della ricompensa per la cattura
L’annessione del Veneto
 La cosiddetta terza guerra di
indipendenza (1866) fu in realtà un
capitolo del conflitto con il quale la
Prussia sconfisse l’Austria, avviando
così il processo di unificazione della
Germania.
 La Prussia chiese l’aiuto dell’Italia che
però ottenne solo sconfitte (Custoza e
Lissa) e l’umiliazione di ricevere il
Veneto attraverso la Francia.
La presa di Roma
 Seguendo Cavour, i governi della
Destra cercarono senza successo di
ottenere Roma per via diplomatica.
Roma e il Papa Pio IX erano difesi dai
Francesi di Napoleone III fin dal 1848,
quando il Papa chiese aiuto contro la
Repubblica: attaccare militarmente
Roma significava creare un incidente
diplomatico con la Francia.
 Garibaldi tentò più volte, appoggiato
ufficiosamente dal governo italiano, il
colpo di mano militare: fu sconfitto dai
Francesi (Aspromonte 1862, Mentana
1867) costringendo in entrambe le
occasioni il Presidente del Consiglio
alle dimissioni.
 Solo dopo la caduta del II Impero a
seguito della sconfitta di Sedan
(settembre 1870), venuta meno la difesa
francese, i bersaglieri conquistarono
Roma il 20 settembre 1870.
La “breccia”
di Porta Pia
La questione romana
• L’unificazione aveva già comportato una rottura
tra la Chiesa cattolica e il nuovo stato italiano:
 Pio IX (1846-1878) non accettò la perdita del
potere temporale che considerava garanzia
dell’autonomia del Papa;
 Sillabo (1864): una raccolta di proposizioni
che condanna gli errori della modernità e del
liberalismo, incompatibili con la dottrina
cattolica (socialismo, liberalismo, libertà di
coscienza, razionalismo, libertà di stampa)
Pio IX e la Chiesa rompevano
- con tutte le conquiste della Rivoluzione
francese;
- con tutte le forme di modernità politicoculturale;
- con i rivoluzionari;
- con i cavouriani e i liberali:
in generale,
con la politica intesa
come forma di governo terreno autonoma
rispetto al dominio della Chiesa.
L’unità d’Italia viene portata a termine, anche
simbolicamente, nel 1870:
 «contro e senza» i contadini meridionali;
 «contro e senza» i cattolici. Infatti:
nel 1871 la Legge delle Guarentigie garantiva la
libertà religiosa e al Papa la sovranità sui palazzi
vaticani e Castelgandolfo. Ma:
per tutta risposta, il Papa si dichiarò
«prigioniero» dello stato italiano ed emanò il
Non expedit (1874): invito ai cattolici italiani
all’astensione nelle elezioni politiche (i cattolici
torneranno a votare solo all’inizio del XX secolo).
Per diversi decenni, l’oligarchia al potere rappresentò solo
il pensiero laico e liberale del Risorgimento, mentre i
cattolici furono una maggioranza spesso ostile e
silenziosa all’opposizione. Si dovrà attendere il 1929 con i
Patti Lateranensi perché la frattura si ricomponga.
Un’immagine di Pio IX,
proclamato beato nel 2000
Scarica