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Johann Gottlieb Fichte
Vita
Johann Gottlieb Fichte nacque nel 1762
a Rammenau in Sassonia da genitori
molto poveri.
Fu grazie al sostegno del barone von
Miltitz che Fichte poté incominciare gli
studi.
Dopo aver frequentato il ginnasio, nel
1780 si iscrisse alla facoltà di teologia di
Jena, proseguendo in seguito gli studi a
Lipsia.
Si trasferì poi a Zurigo dove conobbe
Johanna Rahn, che divenne in seguito
sua moglie.
Nel 1790 il suo incontro con la filosofia di Kant: una
vera rivelazione
Fichte, dopo aver scritto un'opera intitolata Saggio di
una critica di ogni rivelazione, in cui esponeva
abilmente i principi della dottrina kantiana, si recò a
Königsberg per farla leggere a Kant stesso.
Un editore pubblicò (anonimo) il lavoro nel 1792, per
intercessione di Kant: questo fece sì che lo scritto
fosse scambiato per un lavoro di Kant stesso.
Quando Kant rivelò l'identità dell'autore, Fichte
divenne immediatamente celebre e fu chiamato
all'Università di Jena.
Fichte fu nominato professore nel 1794 e terrà la
cattedra fino al 1798, quando, diede le sue dimissioni
(accuse di ateismo).
Durante il soggiorno a Jena Fichte scrisse la maggior
parte delle opere più importanti di esposizione del suo
pensiero, cioè:
Fondamenti della intera dottrina della scienza
(1794)
Discorsi sulla missione del dotto (1794)
Fondamenti del diritto naturale (1796)
Sistema della dottrina morale (1798)
Le critiche a Kant
Pur avendo fatto proprio il pensiero del filosofo di Königsberg, Fichte vi
mosse alcune critiche.
La prima riguarda l'esistenza di un essere posto fuori dal soggetto.
Tale esistenza sarebbe un limite non superabile per l'attività dello
spirito e dunque per la sua libertà.
Fichte considera la posizione kantiana dogmatica e pertanto
materialista e fatalista: il soggetto è passivo e assiste da spettatore
agli eventi che lo determinano.
Il suo idealismo celebra invece la libertà e l'indipendenza del soggetto
rispetto a ciò che si trova al di fuori di lui perché l'io "si fa da se stesso".
Con questo Fichte vuole affermare ancora una volta come lo spirito non è
prodotto né condizionato dall'essere.
La seconda critica riguarda la tesi
kantiana secondo cui la cosa in sé
(noumeno) sia qualcosa che esiste,
ma non può essere conosciuta.
Come si può dire che esiste qualcosa
se non la si può conoscere?
1799 - La polemica
sull’ateismo
Nel 1798 Fichte aveva pubblicato sul Giornale filosofico
un articolo intitolato Sul fondamento della nostra
credenza nel governo divino del mondo: in esso veniva
sostenuta la tesi per la quale Dio coincideva con l'ordine
morale del mondo, apparendo soltanto come un "dover
essere".
Inoltre nello stesso articolo il direttore del giornale,
Forberg (suo discepolo), aggiungeva che era possibile
non credere in Dio, pur essendo religiosi, purché si
credesse nel suddetto ordine morale.
Accusato di ateismo, su pressione del
governo prussiano, Fichte fu costretto a dare
le dimissioni dall’Università di Jena.
Si trasferì allora a Berlino dove visse dando
lezioni private
frequentò diversi intellettuali romantici, tra i
quali Schlegel, Schleiermacher e Tieck.
Nel 1805 tornò all'insegnamento universitario
quando gli fu offerta una cattedra
all'università di Erlangen.
Nel 1806 Fichte era a Königsberg quando Napoleone
invase la città: tornato a Berlino scrisse i Discorsi alla
nazione tedesca (1807-1808), in cui cercava di risvegliare
l'anima del popolo tedesco contro la dominazione
napoleonica, affermando il primato del popolo tedesco.
Questa pubblicazione lo rese nuovamente celebre,
favorendo anche la sua nomina a professore ordinario
dell'Università di Berlino, di cui fu in seguito eletto rettore.
Morì nel 1814 di colera, contagiato dalla moglie, la quale
aveva contratto la malattia curando i soldati negli ospedali
militari.
I critici immediati di Kant
Reinhold (1758-1823), Schulze (1761-1833),
Maimon (1753-1800) e Beck (1761-1840)
criticano i dualismi (soggetto-oggetto;
fenomeno-noumeno ecc.) lasciati dal kantismo
e cercano un principio unico su cui fondare la
filosofia.
Critica della cosa in sè
Kant aveva dichiarato la cosa in sé esistente e inconoscibile
Critica 1:
Ogni realtà di cui siamo consapevoli esiste come
rappresentazione nella coscienza
il soggetto (coscienza) è condizione della conoscenza
dell’oggetto
l’oggetto risulta concepibile solo in relazione ad un
soggetto che lo rappresenta
Conclusione: come può venire ammessa l’esistenza di una
cosa in sè, non pensata e non pensabile, non
rappresentata e non rappresentabile?
Critica 2:
Kant si contraddice:
sostiene che la cosa in sè è causa delle
nostre sensazioni
le nozioni di causa-effetto si applicano
solo ai fenomeni
Ergo ....
Conclusione
Se in ogni Rappresentazione possiamo distinguere un
soggetto rappresentante e un oggetto rappresentato e
togliamo quest’ultimo, ritenendolo non esistente o
inammissibile, ciò che rimane è solo il Soggetto, l’Io.
E’ questo il passaggio che porta all’Idealismo
Non solo l’Io informa (con le forme a priori) il materiale
sensibile, ma crea anche il materiale sensibile
Idealismo
Con ciò si completa la rivoluzione copernicana
trasformando il criticismo in idealismo:
Non esiste oggetto al di là della conoscenza:
esso è totalmente posto dal soggetto.
La realtà è Soggetto, un Io assoluto che si dà
un oggetto (e non ne dipende).
Essere e pensiero coincidono.
L’Infinitizzazione dell’Io
Fichte è il primo a fare questo passo:
per Kant l’Io è attività limitata dal materiale
dato nell’intuizione sensibile
Ma se l’Io è l’unico principio (formale e
materiale) del conoscere, allora è evidente
che L’Io è infinito.
L’io è assoluta attività e spontaneità,
assoluta libertà.
La Dottrina della scienza
(1797)
Che cosa vuol dire “dottrina della
scienza”?
Fichte pensa che le varie scienze, al
contrario della filosofia, sono subordinate
a postulati, a princîpi, partono da
affermazioni non dimostrate e poi
procedono con catene deduttive.
Le scienze fanno ricorso inoltre a
concetti, a metodi, non discussi
nell’ambito del discorso scientifico
stesso.
Questo è vero anche per la
matematica: anch’essa, che è la
scienza esatta per eccellenza, parte da
postulati, cioè da affermazioni non
dimostrate
La Filosofia si autofonda
Fichte invece sostiene che la filosofia è l’unica
scienza che giustifica i fondamenti dei suoi stessi
princîpi, è capace di autofondarsi e quindi è
superiore alle altre scienze.
In questo senso la filosofia è “dottrina della
scienza”, cioè è la dottrina dei fondamenti ultimi,
che sono decisivi anche per tutte le scienze.
La Dottrina della scienza
(1797)
Fichte si propone di dedurre dall’Io l’intero mondo
del sapere (ma non l’Io stesso)
Obiettivo: costruire un sistema filosofico che
contenga le basi di ogni sapere, cioè della scienza.
Un tale sistema sarà appunto Dottrina della
scienza, ovvero un’indagine sul principio su cui si
fonda la validità di ogni scienza.
Deduzione trascendentale vs
Deduzione assoluta o
metafisica
Deduzione trascendentale =
giustificare come le condizioni
soggettive della nostra conoscenza
abbiano validità oggettiva
Deduzione assoluta = fa derivare
dall’Io sia sia il soggetto che l’oggetto
del conoscere (fenomenici)
L’Autocoscienza
Il principio da cui dedurre tutto il resto è l’Io o
Autocoscienza
Possiamo affermare che qualcosa esiste solo
in quanto noi ne abbiamo coscienza
ma ogni coscienza di qualcosa è anche
cotmporaneamente coscienza di sè o
Autocoscienza:
La coscienza è il fondamento dell’essere
L’autocoscienza è il fondamento della
coscienza
L’Io pone se stesso
Il sapere per la filosofia moderna si fonda sul principio di
identità: A = A (A è uguale ad A).
Fichte afferma che quest'ultimo deriva a sua volta da un
principio più generale: l'Io.
Se non ci fosse l'Io non sarebbe possibile, infatti, affermare
il principio. È l'io che pone il legame logico A = A, e che
quindi pone lo stesso A, ma perchè possa farlo deve prima
avere posto sè stesso, come esistente
l'Io non è posto da nessun altro se non da se medesimo,
cioè si autopone: Io = Io.
Quindi, l'Io essendo condizione di se medesimo si autocrea in virtù di un’intuizione intellettuale.
L’Io pone il non-io
Siccome l'Io non basta a spiegare la
coscienza, che si costituisce come tale solo in
rapporto ad oggetti di cui è appunto coscienza,
Fichte giunge ad una seconda formulazione
(antitesi): "L'Io pone nell'Io il non-Io", secondo il
principio spinoziano omnis determinatio est
negatio.
Il non-Io rappresenta tutto ciò che è opposto
all'Io ed è diverso da questo. Poiché ogni
conoscenza deve essere conoscenza di
qualcosa di esterno deve esistere il non-io.
L'Io oppone, nell'Io, al non-io
divisibile un Io divisibile
Il terzo principio rappresenta così il momento della
sintesi.
L'Io assoluto è costretto a porre un Io empirico e
divisibile da contrapporre al non-Io anch'esso
divisibile. Si giunge pertanto alla formulazione: "L'Io
oppone, nell'Io, al non-io divisibile un Io divisibile".
L'opposizione del non-io all'Io avviene in quanto essi
si limitano a vicenda, cosicché si determinano.
È a questo punto che nascono le varie coscienze
empiriche e i loro contenuti
L’Io è attività
se l'Io è attività incondizionata, resta da capire
perché esso si limita e oppone a se stesso un
non-io?
l'Io non è una realtà statica, ma dinamica.
Esplicandosi in una tale attività, occorre che
gli sorga contro un'opposizione, un non-io,
perché un'attività è tale solo se consiste nello
sforzo di superamento di un limite.
La dottrina della
conoscenza
Fichte si proclama realista e idealista
realista: ammette un’azione del non-io
sull’Io a base della conoscenza
idealista: il non-io è prodotto dall’Io
Problemi
Perchè l’Io non ha consapevolezza del non-io
pur avendolo causato?
Il non-io è sogno, pura apparenza?
Attività conoscitiva
•
Non esiste realtà in sé, ciò che conosciamo non
esiste al di fuori dell’Io: il non-Io deriva dall’Io e
sussiste in esso.
Tuttavia gli oggetti ci appaiono come esterni a noi ed
agenti sul nostro io;
ciò accade perché sono il prodotto di un’attività
inconscia (la coscienza implica l’oggetto: l’attività che
produce l’oggetto non può essere consapevole).
Teoria dell’immaginazione
produttiva
L’immaginazione produttiva crea sia le
condizioni formali che materiali del
conoscenza
questa creazione è inconscia, in quanto si
ha coscienza solo in presenza di un oggetto
e prima della creazione dell’oggetto esso
non c’è ancora
I gradi della conoscenza
Il non-io per Fichte non è illusione ma una realtà
per ogni io empirico
La conoscenza dell’oggetto avviene per gradi
sensazione
intuizione
intelletto
ragione
Idealismo e dogmatismo
Prima introd. alla dottrina della scienza (1797)
Sono i due sistemi filosofici possibili
Idealismo: parte dal Soggetto per poi
spiegare l’oggett
Materialismo: parte dalla cosa in sè, dalla
materia, per poi spiegare il Soggetto, l’Io
Superiorità etica dell’Idealismo
Due sistemi inconfutabili sul piano teoretico
a scelta fra i due sistemi è di carattere etico
dipende dal tipo di uomo che noi siamo
il materialismo, fatalista e determinista è scelto
da uomini “passivi” dal “carattere fiacco di
natura o infiacchito”
l’idealismo, filosofia dellalibertà creatrice dell’Io
è scelto da uomini “attivi”, che ritengono che il
mondo non va contemplato ma forgiato.
L’Etica
Primato della ragion pratica
“Noi agiamo perchè conosciamo, ma
conosciamo perchè siamo destinati ad
agire”
agire = imporre al non-io i progetti
razionali dell’Io
il non-io come condizione della moralità
Il non-io
Il non-io è tutto ciò che si oppone all’Io: è la
natura ostile, ma è anche tutto ciò che non è
ragione (le sue pulsioni, istinti, inclinazioni) e
che opera contro l’umanità dell’uomo (la sua
tendenza alla libertà)
tirannia, dispotismo schiavitù sono non-io
Contro il non-io l’Io deve lottare per affermare
se stesso contro ogni condizionamento
L'oggetto, cioè il non-io, si presenta così all'uomo,
nell'attività pratica, come l'ostacolo da superare.
Il non-io diventa il momento necessario per la
realizzazione della libertà dell'Io. In campo pratico l'io si
sforza di superare questo ostacolo spostando il limite
tra io e non io sempre più in là. Quindi in campo pratico
l'io è infinito per il suo sforzo di esserlo.
L'uomo deve porsi da solo dei limiti e tendere alla
perfezione, attraverso il superamento degli stessi per
affermarsi realmente come individuo libero.
La frase che raccoglie questo pensiero è: Essere liberi
è cosa da nulla: divenirlo è cosa celeste.
La libertà assoluta è irraggiungibile
Una volta che l’uomo, per Fichte, ha superato uno di
questi ostacoli, quindi ha ampliato la libertà, vede
riemergere, a un livello più complesso, un’altra forma di
ostacolo, cioè un altro aspetto del non-io, e deve
continuamente proiettarsi contro questi nuovi ostacoli e
superare le nuove manifestazioni del non-io per affermare
l’io, cioè l’indipendenza da ogni condizionamento, la
libertà.
È chiaro che questo compito è infinito, che le generazioni
non bastano per arrivare a esaurirlo: l’individuo, ma
anche intere nazioni, intere generazioni non bastano per
raggiungere la libertà, anzi la libertà è qualche cosa che
nella sua purezza è irraggiungibile.
La missione dell’ Uomo
L’uomo si realizza come essere morale solo in una società
la pressione ad agire secondo il “dover” viene dagli altri
io sento tale pressione, dunque gli altri esistono
Ne consegue
gli altri hanno uno scopo identico al mio: la libertà
la libertà altrui limita la mia
insieme si può essere sempre più liberi
La missione del Dotto
Gli intellettuali non devono rinchiudersi
nelle loro torri d’avorio ma devono
diventare “maestri” ed educatori del
genere umano
“...dev(ono) condurre gli uomini alla
coscienza deli loro veri bisogni e
istruirli sui mezzi per soddisfarli....”
La filosofia politica di Fichte
Lo Stato come semplice “mezzo” finalizzato al
“proprio annientamento, in quanto lo scopo di
ogni governo eè di renddre superfluo il
governo”.
Lo Stato come “garante del diritto”
diritto diverso dalla moralità
diritti naturali: libertà, proprietà e
conservazione
Lo Stato commerciale
chiuso (1800)
Statalismo di stampo socialista ed autarchico
lo Stato deve garantire lavoro e benessere
deve organizzarsi come un tutto chiuso
senza contatti con l’esterno (economia
pianificata e chiusura commerciale)
divieto per i cittadini (tranne gli intellettuali)
di muoversi al di fuori dei confini dello stato.
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