Individuo e società

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Individuo e società
Azione, struttura, identità
La socializzazione
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Gli individui nascono in società, sono sottoposti ad
un processo di socializzazione primaria nel corso
della quale divengono degli individui socializzati e
introdotti all’interno di un mondo di relazioni, di
ruoli, attraverso cui acquisiscono un linguaggio e
delle competenze comportamentali.
L’individuo non nasce socializzato ma viene
sottoposto ad un processo di socializzazione.
Questo processo è nello stesso tempo un
processo di individualizzazione.
L’individuo è dunque inserito in un mondo sociale
e nello stesso tempo resta un individuo.
Oggetto/soggetto
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Berger e Luckmnann descrivono la conoscenza del
mondo sociale come il risultato di un processo di
oggettivazione e di costruzione.
Questa realtà che noi facciamo esistere attraverso il
processo ininterrotto delle interazioni e con il fatto di
credere nella sua esistenza, si presenta come un limite
esterno che condiziona e definisce il quadro dei nostri
comportamenti possibili.
Secondo questi autori la realtà che è il prodotto di una
costruzione umana è a sua volta la matrice nella quale
hanno luogo i processi di costruzione dell’individuo
socializzato.
Due sguardi differenti sul mondo
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Il problema dunque è, da una parte, di natura
epistemologica (e ontologica) e riguarda sia
la natura dell’individuo che della realtà
sociale
dall’altra, è di natura metodologica: nel senso
che lo sguardo sociologico può essere
esercitato da punti opposti.
Mettiamo a confronto due approcci che
hanno sviluppato questo punti di vista
opposti: l’individualismo metodologico di
Raymond Boudon e la teoria relazionale dei
campi di Pierre Bourdieu.
L’individualismo metodologico
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L’individualismo metodologico postula
che la sociologia debba comprendere le
motivazioni dell’azione dal punto di vista
dell’individuo che agisce e ritiene che gli
effetti macro-sociologici (per esempio, la
nascita del capitalismo) siano il risultato
dell’aggregazione di azioni individuali.
la teoria relazionale dei campi
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D’altro lato, Bourdieu si propone di superare
quella che ritiene essere una falsa dicotomia
tra individuo e società
lo fa però prendendo come perno non
l’individuo e le sue motivazioni (Bourdieu si
oppone ad ogni riduzionismo psicologistico)
ma ricostruendo lo spazio delle relazioni
oggettive in cui l’agente è inserito attraverso
cui definisce la posizione dell’individuo nello
spazio sociale.
la teoria dell’azione
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Il principio fondamentale della sociologia dell’azione
consiste postulare che ogni fenomeno sociale sia sempre
il risultato d’azioni, atteggiamenti, di credenze e
generalmente di comportamenti individuali
Il secondo principio è che la spiegazione sociologica di
ogni fenomeno sociale si fonda sulla ricerca del senso
dei comportamenti individuali che ne siano la fonte.
Tipo di spiegazione ammesso: spiegare l’esistenza del
Tunnel del San Gottardo significa ricostruire la rete di
azioni che l’hanno reso possibile e rendere conto delle
ragioni di queste azioni.
Teoria dell’azione e tradizione
sociologica
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Boudon indica nei testi epistemologici di
Weber (Economia e Società, et i Saggi sulla
teoria della scianza) e di Simmel (problemi di
filosofia della storia) le fonti classiche della
teoria dell’azione.
Boudon contrappone la tradizione tedesca –
nella quale prende corpo una prospettiva
individualista sulle società (Marx, Weber,
Simmel) – Alla tradizione francese in cui invece
si afferma una prospettiva olista (Durkheim,
Mauss, Levy-Strauss).
I principi della sociologia dell’azione:
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Distinzione tra individualismo in senso morale e in senso
metodologico.
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Il primo caso non rientra nell’interesse della spiegazione
sociologica.
Nel secondo senso implica solamente che la spiegazione
di un fenomeno sociale richiede di ritrovare le sue cause
individuali: cioè capire quali sono le ragioni degli attori per
fare ciò che fanno e credere ciò che credono.
L’I.M. non implica un attore sociale sospeso in un vuoto
sociale. Suppone che l’attore sia stato socializzato, che è
in relazione con altri autori che come lui occupano dei
ruoli sociali e hanno delle credenze.
Una teoria interazionista
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L’attore si muove in un contesto che in larga misura
s’impone a lui.
L’idea di società non è quella di una “giustapposizione di
solitudini calcolatrici”, non è dunque atomista ma
interazionista
Non bisogna, secondo Boudon, confondere,
individualismo e atomismo:
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Nell’etica protestante di Weber per esempio, gli attori
sociali, condividono un aspetto comune, quello di essere
calvinisti. Non c’è contraddizione tra la metodologia
individualista, secondo Boudon e la vocazione della
sociologia a trattare fenomeni collettivi.
È possibile parlare di entità collettive
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Per analizzare fenomeni, che sono comunque il prodotto di
innumerevoli cause individuali, gli individui possono essere
raggruppati in gruppi astratti (entità collettive) che dobbiamo
considerare come dei tipi-ideali (Max Weber).
Si può anche trattare un’entità collettiva come se fosse un
individuo dicendo per esempio “Il governo francese ha
stabilito che…”. In questo senso si intende un sistema di
decisione collettiva: in questo caso la personificazione non
pone problema. Mentre non sono ammissibili proposizioni
come “la borghesia ritiene che il proprio interesse sia…”.
Boudon afferma (al contrario di Durkheim) che sono possibili
degli enunciati sugli stati soggettivi altrettanto certi ed
oggettivi degli enunciati delle scienze della natura: “la madre
dà uno schiaffo al figlio perché in collera” è una proposizione
certa.
I due principi
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Il primo principio dice: Ogni fenomeno sociale è sempre il risultato
d’azioni, atteggiamenti, di credenze e generalmente di comportamenti
individuali
Occorre anche chiedersi il perché – il senso – di queste azioni e
di queste credenze.
Con Weber utilizziamo il termine di comprensione per indicare questo
momento dell’analisi.
Occorre dunque determinare quali siano i comportamenti individuali e
che questi siano compresi.
Il secondo principio, il comportamento dell’attore è sempre in via
di principio comprensibile
Questa comprensione non è del tipo empatico “nei suoi panni io farei
lo stesso…” ma è un risultato cui si giunge come conclusione di
un’inchiesta di tipo poliziesco (quindi raccogliere le prove e le
informazioni anche sul contesto sociale dell’attore sociale)
La comprensione
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Tale comprensione si applica esclusivamente all’attore
individuale e costringendo a ritrovare il senso del suo
comportamento. La comprensione non è altro che un
momento della spiegazione
Cosa significa comprendere il comportamento, l’azione, le
credenze di un attore sociale?
La nozione di comprensione indica che si può ritrovare il
perché del comportamento dell’attore. Questo perché può
assumere delle forme molto differenti.
Per il sociologo comprendere il comportamento di un
attore significa dunque molto spesso comprenderne le
ragioni o le buone ragioni.
Un postulato metodologico: la
razionalità dell’attore
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In questo senso la sociologia dell’azione sottoscrive il
postulato della razionalità dell’attore sociale.
Questo non significa che essa consideri l’uomo come
razionale. Poiché essa non si occupa dell’uomo ma
dell’attore sociale.
Questo postulato è di natura metodologica e non
ontologica.
Un comportamento può essere considerato razionale
quando esso è comprensibile nel quadro delle condizioni
date, quindi se l’attore aveva buone ragioni di agire in un
dato modo.
“il fatto che l’attore X si sia comportato nel modo Y è
comprensibile: in effetti nella situazione in cui si trovava,
aveva delle buone ragioni di fare Y”.
definizioni della nozione di razionalità:
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Una definizione ristretta: un comportamento è
razionale se si fonda su delle ragioni
obiettivamente fondate.(prima di attraversare
guardo a destra e a sinistra perché rischio
effettivamente di farmi investire)
Una definizione larga (Popper): è razionale ogni
comportamento che si fonda su delle ragioni,
quale che sia la loro natura (quindi anche l’atto
terroristico)
Una definizione intermedia: è razionale ogni
comportamento di cui si può fornire una
spiegazione di forma “X aveva delle buone
ragioni di fare Y, perché…”
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Boudon critica la prima definizione perché
finisce con qualificare come irrazionali
comportamenti che la maggior parte delle
persone considerano ragionevoli.
Critica la seconda definizione perché si
considerano come razionali dei
comportamenti che hanno a che fare con il
fanatismo e con la follia (Boudon fa l’esempio
del terrorista)
La definizione intermedia
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Si tratta di una definizione di tipo semantico.
Ha il vantaggio di comprendere al suo
interno una gamma ampia di tipi di
razionalità a partire dalla natura delle
osservazioni introdotte dal “perché…”
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Ad esempio, la razionalità assiologica di Weber
sarebbe inaccettabile nel quadro della prima
definizione.
Vediamo quali significati dell’azione razionale
sono possibili nel quadro della definizione
“intermedia”.
«X aveva delle buone ragioni di fare Y, perché…
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Perché Y corrispondeva all’interesse o alle preferenze di
X; (razionalità utilitaria)
Perché Y era il migliore mezzo per X (razionalità teleologica
– Zweckrationalität di Weber)
Perché Y discendeva dal principio normativo Z; poiché X
credeva in Z, e che egli aveva buone ragioni per crederci;
Razionalità assiologica - Wertrationalität di Weber)
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Perché X aveva sempre fatto Y e che egli non aveva
alcuna ragione di rimettere questa pratica in questione.
Razionalità tradizionale
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Perché Y discendeva dalla teoria Z; poiché X credeva in
Z e egli aveva buone ragioni per crederci. Razionalità
cognitiva
Tipi di razionalità
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La razionalità oggettiva: è l’azione logica
(Pareto), la ricerca dell’optimum
La razionalità soggettiva
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razionalità cognitiva
razionalità assiologica
La razionalità psicologica
E l’irrazionalità (è la razionalità che non
capiamo)
Razionalità soggettiva
H. Simon (1982)
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Le definizioni della razionalità oggettiva – secondo
Boudon – sono insufficienti per comprendere l’azione
sociale:
l’azione sociale ha luogo all’interno di situazioni
complesse all’interno delle quali l’attore mobilizza
correntemente ogni sorta di a priori (di tipo dichiarativo,
normativo, ecc.) che gli permettono di dare senso alla
situazione in cui l’attore si trova.
Scrivere un libro può essere un mezzo per raggiungere la
notorietà ed il successo, ma si tratta anche di un’attività
che può offrire un piacere. Questi sono casi che sfuggono
alla razionalità oggettiva, rientrano in quella che come
razionalità soggettiva.
Razionalità cognitiva e
assiologica
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Nel quadro della razionalità soggettiva
l’attore sociale decide a partire da uno o
più principi che gli sembrano adatti al
problema posto (razionalità cognitiva)
La razionalità cognitiva completa la
tipologia di Weber e si aggiunge a quella
di razionalità assiologica.
La razionalità psicologica
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È un quarto tipo di razionalità che si
riferisce alle “ragioni del cuore”, ai
sentimenti di simpatia, di rispetto, di
ammirazione verso un altro attore (o
Dio). Questa rientra come figura
all’interno della categoria weberiana
delle azioni “affettive”.
irrazionalità
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Interpretare l’azione dell’altro in termini
di irrazionalità è spesso – secondo
Boudon –il risultato di un fenomeno di
proiezione personale di chi deve
interpretare (sociocentrismo).
Quando si tratta di altre culture siamo in
un caso di etnocentrismo.
L’effetto di composizione
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Abbiamo detto all’inizio che l’azione sociale è individuale ma
che gli effetti macrosociologici sono il risultato di un effetto di
composizione.
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L’effetto di composizione è un effetto di somma: tutti stanno
nella medesima situazione e poiché tendono a comportarsi in
modo simile ne risulta un effetto aggregato.
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Un esempio di questo effetto di composizione è rappresentato
dai calvinisti nell’etica protestante di Weber.
Ogni imprenditore calvinista è spinto ad reinvestire i suoi profitti,
provocando collettivamente un effetto di accumulazione.
Secondo Boudon, l’effetto di composizione è il meccanismo
sociologico fondamentale (alla base di molte ricerche
sociologiche classiche)
La critica di Pizzorno:
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Alessandro pizzorno ritiene che questo tipo di
impostazione contenga un forma di riduzionismo
psicologistico: infatti si afferma che le ragioni dell’azione
sono cercate nella motivazione e questa a sua volta ha
un fondamento pre-sociale (o almeno che precede
l’azione).
La difficoltà logica consiste nel fatto che per spiegare
l’azione occorre riferirsi a preferenze che possono essere
riconosciute solo a posteriori grazie all’azione stessa.
La teoria dell’azione inoltre non è in grado di spiegare
l’esperienza dell’azione collettiva o l’esperienza del
trasformarsi delle preferenze del soggetto agente nel
corso dell’agire stesso.
Paradigma del riconoscimento
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Pizzorno pone la relazione di riconoscimento reciproco
come unità che fonda la socialità. Il significato dell’agire
non è rinviato ad intenzioni soggettive non osservabili, ma
alla recezione interpersonale (quindi pubblica dell’azione)
dell’azione.
L’individuo non entra in relazione con gli altri per
soddisfare le proprie esigenze ma è naturalmente
inserito in queste relazioni
Sono le relazioni sociali in cui l’individuo è inserito
che danno senso all’agire individuale
La Teoria relazionale del campo
(Pierre Bourdieu)
Pierre Bourdieu ritiene che la dicotomia tra
individuo e società possa essere superata
attraverso l’utilizzo di un apparato
metodologico e concettuale che renda conto
dell’esistenza di strutture sociali oggettive
(che non significa reali) che fanno sentire la
propria forza sugli individui e renda anche
conto del fatto che queste strutture si fanno
corpo attraverso il processo di
socializzazione primaria.
Il sociale prende dunque due forme:
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Il sociale fatto cosa, è la forma oggettiva del
sociale, ed esprime la sua forza all’interno di
uno spazio sociale istituzionalizzato: il
campo.
Il sociale fatto corpo: è l’incorporazione
attraverso l’educazione di un habitus capace
di determinare le nostre disposizioni.
Le nostre stesse rappresentazioni sono il
prodotto dell’intimo legame tra queste due
dimensioni del sociale (il campo e l’habitus).
Il campo sociale
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Il campo è uno spazio sociale, che non ha un’esistenza reale,
ma è un costrutto teorico:
Esso prende forma come spazio di relazioni oggettive tra
individui che occupano posizioni differenti all’interno dello
spazio stesso.
Esso viene costruito attraverso delle misure particolari
(deviazione standard) che isolano e danno un valore relativo ad
alcune caratteristiche degli individui considerate pertinenti dal
ricercatore.
Quello che si disegna è uno spazio teorico di relazioni
caratterizzate dal maggiore o minore possesso di alcune
risorse di capitale economico, culturale, sociale che permettono
agli individui di trovarsi nelle posizioni dominanti o dominate
dello spazio sociale.
Il campo come spazio di gioco
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Ogni campo sociale è uno spazio di
gioco che si caratterizza per l’interesse
specifico che lo anima:
nel campo scientifico l’interesse
specifico è il conseguimento del
prestigio (e del potere) intellettuale che
in quanto tale ha una dimensione tanto
materiale quanto simbolica.
L’interesse
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L’habitus ci permette di essere accettati
all’interno di un determinato campo sociale e
di avere le giuste disposizioni per giocare il
gioco e per provarvi interesse (illusio).
Il sociologo costruisce questo spazio
selezionando alcune caratteristiche pertinenti
degli individui considerati, facendo una scelta
arbitraria, ma non casuale, quindi
teoricamente fondata.
L’individuo è condizionato in un
doppio senso: dal campo
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L’individuo è sempre necessariamente inserito in
uno spazio sociale istituzionalizzato dove vigono
delle regole del gioco e una distribuzione
diseguale delle risorse necessarie per
partecipare al gioco.
Questo fa si che si trovi sempre in posizione più
o meno dominante o dominata dello spazio
sociale e che il suo interesse sia di conservare o
migliorare la propria posizione (appropriandosi
delle risorse necessarie o cambiando le regole
del gioco e i principi specifici di legittimità).
… dall’habitus
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L’individuo poi è condizionato in quanto ha
incorporato delle norme e dei valori, delle
disposizioni che gli fanno piacere il mondo in
un modo specifico, che determina i suoi stili
di vita, le sue antipatie e simpatie, che gli
fanno provare interesse a giocare il gioco.
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I nostri sentimenti di simpatia e antipatia (anche di
natura intellettuale, politica, artistica) sono determinati
dall’habitus.
Secondo Bourdieu fondamentalmente il
simile va al simile. Ci piace ciò che ci deve
piacere.
Determinismo e svelamento
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Bourdieu mette l’accento su ciò che determina
l’uomo.
L’illusione della libertà nasce dall’ignoranza
sulle condizioni che determinano (spesso di
buon grado) le nostre scelte e prese di
posizione.
La libertà è possibile a partire da questa
conoscenza, quindi attraverso un processo di
oggettivazione e svelamento delle forze che ci
condizionano e degli interessi che ci
governano.
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