Anemie da carenza enzimatica Anemie da carenza enzimatica Le anomalie ereditarie degli enzimi eritrocitari costituiscono un gruppo distinto di disordini genetici, tutti, tranne uno, rari o rarissimi. La maggior parte degli enzimi coinvolti sono “house keeping”, cioè presenti in tutte le cellule: gli effetti però della loro carenza finiscono per evidenziarsi soprattutto nei globuli rossi. Questi, infatti, avendo perduto il nucleo e i ribosomi, non hanno capacità protidosintetica e quindi mancano della possibilità di compensare gli effetti della carenza enzimatica. Glicolisi anaerobica In condizioni normali, per le proprie necessità energetiche, il globulo rosso dipende pressoché esclusivamente dall’utilizzazione del glucosio attraverso la via metabolica della glicolisi anaerobica. Ne consegue che: carenza enzimatica Deplezione ATP Riduzione della sopravvivenza eritrocitaria, cioè emolisi Sono descritte carenze a carico di ognuno degli enzimi della glicolisi anaerobica. Il 95% dei casi è rappresentato comunque dalla carenza di piruvato-chinasi. Quadro clinico • Anemia emolitica splenomegalia cronica, con ittero, Complicanze: • colelitiasi • ulcere croniche • crisi emolitiche e aplastiche anemia e L’osservazione dello striscio periferico mostra in genere soltanto i segni di un’aumentata distruzione dei globuli rossi: • Policromatofilia • anisocitosi • macrocitosi con due eccezioni: 1. presenza di “echinociti”, nella carenza di piruvatochinasi, soprattutto dopo splenectomia 2. la marcata punteggiatura basofila dei globuli rossi nella carenza di pirimidina 5’-nucleotidasi La trasmissione ereditaria di queste anomalie genetiche avviene in genere con modalità automica recessiva: i genitori dei soggetti affetti risulteranno semplici portatori, in genere asintomatici, della carenza enzimatica e possono essere individuati perché presentano una riduzione approssimativa del 50% dell’attività specifica. Fanno eccezione: 1. la carenza di fosfoglicerato-chinasi, trasmessa con modalità recessiva legata al sesso 2. l’eccesso di adenosin-deaminasi, trasmesso come disordine autosomico dominante Queste condizioni morbose vengono etichettate come “anemie emolitche congenite non sferocitiche”. Si distinguono infatti dalla sferocitosi ereditaria perché: 1. vi è assenza di sferociti all’osservazione dello striscio periferico 2. la fragilità osmotica dei globuli rossi è normale 3. la risposta terapeutica alla splenectomia è variabile 4. la trasmissione ereditaria avviene in genere con modalità autosomica recessiva Piruvato-chinasi (PK) È l’enzima che, nella glicolisi anaerobica, catalizza la conversione del fosfoenolpiruvato a piruvato con la formazione di una molecola di ATP. La sua carenza costituisce il difetto più comune della glicolisi anaerobica associato ad anemia. Il gene codificante è stato clonato e sono stati identificate numerose mutazioni responsabili del deficit enzimatico. Il quadro clinico dei pazienti con carenza di PK è quello di un’anemia emolitica cronica, come precedentemente descritto; caratteristica è la sua estrema variabilità. Frequente in epoca neonatale un’iperbilirubinemia marcata, con possibile sviluppo di ittero nucleare. Nelle forme cliniche severe la splenectomia migliora il quadro clinico. Esochinasi È l’enzima, che catalizza la conversione del glucosio in glucosio-6-fosfato. L’attività di questo enzima chiave della glicolisi anaerobica, si riduce rapidamente, come quello di PK, durante il processo di senescenza dei globuli rossi. Circa 20 sono i casi descritti in letteratura di anemia emolitica da deficit di questo enzima. Fosfoglicerato-chinasi Questo enzima catalizza la conversione dell’1,3difosfoglicerato in 3-fosfoglicerato, con produzione di una molecola di ATP. Il gene codificante è localizzato sul cromosoma X. I soggetti affetti presentano in alcuni casi, oltre all’anemia emolitica cronica, ritardo mentale, convulsioni e tetraplegia spastica. Glucosio-fosfato-isomerasi L’enzima catalizza la conversione del glucosio-6fosfato in fruttosio-6-fosfato. I soggetti affetti presentano solo i segni e i sintomi di un’anemia emolitica cronica; il numero dei casi descritto è ampio, secondo solo al deficit di PK. Trioso-fosfato-isomerasi L’enzima catalizza la conversione del diidrossiacetonefosfato a gliceraldeide-3-fosfato. I soggetti affetti presentano, oltre all’anemia emolitica cronica, un grave disordine neurologico e muoiono in genere entro la prima decade di vita. Via dei pentoso-fosfati Glucosio-6-fosfato-deidrogenasi (G-6-PD) È l’enzima, che catalizza la conversione del glucosio-6-fosfato a 6-fosfogluconato e allo stesso tempo riduce una molecola di NADP a NADPH. Quest’ultimo svolge un ruolo fondamentale nel mantenere allo stato ridotto numerosi enzimi cellulari. Nei soggetti carenti di G-6-PD Non si ha produzione di NADPH Conseguente mancato funzionamento della glutatione-reduttasi Mancata protezione dai processi di ossidazione Denaturazione del’emoglobina, che precipita Formazione dei corpi di Heinz Rimozione a livello splenico Frammentazione dei globuli rossi Emolisi intravascolare Genetica e trasmissione ereditaria Il gene che codifica per la G-6-PD è localizzato sul cromosoma X. Ne consegue che la trasmissione ereditaria è legata al sesso, ovverosia l’alterazione è trasmessa ai figli maschi attraverso le madri. Tra i maschi si hanno quindi solamente o soggetti normali o con carenza completa (“emizigoti”). Tra le femmine potranno esservi anche le cosiddette portatrici, con valori intermedi di attività enzimatica (fenomeno dell’”inattivazione della X”, ipotizzato dalla Lyon). L’enzima definito GdB è il tipo più comune e rappresenta lo standard dell’attività normale. Sono state descritte oltre 350 varianti di G-6-PD, che sono considerate mutanti alleliche dello stesso gene. Per molte di esse sono state anche definite le mutazioni genetiche responsabili. Tra le popolazioni africane sono state individuate due varianti principali: • GdA+, con attività pressoché normale • GdA-, con attività ridotta (5-15%) Nell’area del Mediterraneo la variante abnorme più frequente è quella definita GdMedit., con attività eritrocitaria pressoché assente nei globuli rossi (< 5%). La carenza di G-6-PD è diffusa soprattutto nelle aree tropicali e subtropicali (Mediterraneo, Medio-Oriente, Africa centrale ed occidentale, etc.) Tali distribuzione ricalca quella della malaria: come per altri disordini eritrocitari, si ritiene che la carenza di G-6PD si associ ad un vantaggio selettivo per questa malattia e che l’elevata frequenza dell’enzimopenia (oltre 100 milioni di portatori nel mondo) sia mantenuta pressoché esclusivamente dal vantaggio delle femmine portatrici nei riguardi dell’infezione malarica. Quadri clinici associati alla carenza di G-6-PD Emolisi acuta da farmaci o infezioni Numerosi farmaci (antimalarici, alcuni sulfamidici, acido nalidissico, etc.), o infezioni (tifo, polmonite lobare, epatite) e la chetoacidosi diabetica sono capaci, nei soggetti carenti di G-6-PD, di scatenare la crisi emolitica, la cui gravità è correlata direttamente all’entità del deficit enzimatico. Tipicamente, dopo 2-3 giorni responsabile, i pazienti presentano: dalla somministrazione dell’agente • pallore • ittero • emissione di urine scure • talvolta ipertermia e dolori addominali Si ha cioè il quadro di una emolisi intravascolare grave con emoglobinemia e emoglobinuria. All’esame dello striscio periferico si osserva: 1. intensa reticolocitosi 2. globuli rossi pinzettati 3. corpi di Heinz Può essere necessaria, nei casi gravi, una emotrasfusione. Al di fuori della crisi, questi soggetti sono clinicamente ed ematologicamente normali. Favismo È il quadro di emolisi acuta, scatenato dall’ingestione di fave. Appare limitato ai paesi del Mediterraneo e, in genere, ai soggetti carenti con la variante GdMedit.. Il quadro clinico è quello di una emolisi acuta gravissima, analogo a quello descritto precedentemente, che si verifica poche ore dopo l’ingestione di fave. Sono necessarie quasi sempre emotrasfusioni. Nonostante i moltissimi lavori, molti punti rimangono ancora da chiarire riguardo alla patogenesi del favismo. Ittero nucleare I neonati con le varianti di G-6-PD associate a carenza enzimatica marcata, come quella mediterranea e cinese, presentano frequentemente iperbilirubinemia, che può essere anche elevata, e determinare l’insorgenza di ittero nucleare. Ciò giustifica l’adozione di programmi di screening neonatale in regioni ad elevata incidenza di carenza di G6-PD, come Sardegna e Grecia, per la prevenzione di questa temibile complicanza. Anemia emolitica congenita non sferocitica Molto raramente i soggetti con carenza di G-6-PD, mostrano, analogamente a quelli con carenza enzimatica della glicolisi anaerobica, un quadro di anemia emolitica cronica a meccanismo extravascolare. Possono essere necessarie emotrasfusioni. Poco efficace la splenectomia, che va riservata ai casi più gravi. Le varianti di G-6-PD responsabili sono diverse da quelle descritte precedentemente. Anormalità del metabolismo purinico e pirimidinico In questo gruppo l’enzimopatia più frequente è quella secondaria a carenza di “pirimidina-5’-nucleotidasi” (P5N). Questo enzima catalizza l’idrolisi dei nucleotidi pirimidinici: la sua carenza comporta l’accumulo di questi nucleotidi all’interno del globulo rosso. Il quadro clinico è quello di un’anemia emolitca cronica di moderata intensità, associata spesso a ritardo mentale, con una caratteristica marcata punteggiatura basofila dei globuli rossi. Dosaggio delle attività enzimatiche Quando si valutano i risultati del dosaggio quantitativo delle attività enzimatiche eritrocitarie, vanno tenuti presenti alcuni punti: 1. Un’emotrasfusione, praticata fino a 2-3 mesi prima dell’esecuzione del dosaggio, può mascherare la presenza di una carenza enzimatica 2. Una reticolocitosi marcata si accompagna ad una aumentata attività enzimatica e può non rendere evidente l’entità reale di una carenza (es. PK) 3. I globuli bianchi e le piastrine, che presentano un’elevata attività specifica, come ad es. PK e G-6-PD, vanno rimossi completamente, prima dell’esecuzione del dosaggio