LaLettera del Cifav-Onlus
Newsletter mensile,
Anno 1, n. 3
Dicembre 2010
Cifav - Centro di Informaz ione s ul
Farmaco Per l’Area Vasta Pordenonese
Volume 1, OK
Immunoterapia e vaccini contro il cancro:
a che punto è la ricerca clinica?
In questo numero proponiamo una sintesi dell’articolo pubblicato dal team
del CIFAV e da alcuni ricercatori del CRO-Aviano:
“Cancer Vaccines in Phase II/III Clinical Trials: State of the Art and
Future Perspectives”
Cecco S, Muraro E, Giacomin E, Martorelli D, Lazzarini R, Baldo P,
Dolcetti R., Curr. Cancer Drug Targets, 2010.
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Attualmente la ricerca sui vaccini contro il cancro è rivolta alla
maggior comprensione della complessa interazione fra il sistema
immunitario e cellule tumorali.
Di grande importanza sono il legame fra risposta immunitaria innata
e adattiva e le crescenti evidenze sull’ azione sinergica di linfociti T
citotossici, helper e B nella reazione immunitaria alle cellule tumorali.
I vaccini disponibili nell’ambito della ricerca clinica sono impiegati
come terapia adiuvante a chemioterapia e radioterapia o come
trattamento della malattia residua dopo resezione chirurgica del
tumore primario, soprattutto in pazienti con malattia avanzata e ad
alto rischio di recidiva. In prospettiva, è auspicabile che i nuovi studi
clinici indaghino l’efficacia della terapia immunologica anche in
pazienti con malattia non avanzata.
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Accanto alle terapie tradizionali contro il cancro, negli ultimi decenni è emersa
l’immunoterapia quale approccio innovativo e alternativo.
Le strategie includono due diverse metodiche: l’immunoterapia “passiva”,
che si avvale di strumenti che mediano l’uccisione della cellula tumorale, e
l’immunoterapia “attiva”, che suscita nell’individuo una risposta contro il
tumore.
L’immunoterapia passiva si basa sull’utilizzo di “anticorpi monoclonali”, ed è
definita anche “target therapy”, in quanto diretta contro bersagli cellulari
(targets), espressi prevalentemente dalle cellule tumorali e non dalle cellule
“sane”.
L’immunoterapia attiva si basa, invece, sui vaccini progettati contro specifiche
forme di cancro. (segue alla pag. successiva....)
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Dicembre 2010
Alla base dell’immunoterapia passiva c’è l’osservazione che nell’uomo, così come nei modelli animali, il cancro
esprime bersagli cellulari che possono essere riconosciuti dal sistema immunitario dell’ospite. I vaccini per
questo tipo di terapia esplicano la loro azione coinvolgendo la risposta immunitaria dell’ospite, che contrasta il
tumore in atto, eludendo l’eventuale sua resistenza ai farmaci tradizionali.
Alla base dell’immunoterapia attiva c’è l’impiego di specifici vaccini, ad azione preventiva, contro l’azione degli
agenti infettivi (virus oncogenici), che favoriscono lo sviluppo della neoplasia. Due classici esempi sono dati dal
vaccino contro l’infezione causata da virus dell’epatite B e da papilloma virus oncogenici, che rispettivamente
prevengono l’insorgenza dell’epatocarcinoma e il cancro della cervice uterina.
Esistono diverse tipologie vaccinali:
 gli approcci molecolari sono basati sull’uso di proteine ricombinanti o peptidi ottenuti dall’antigene
tumorale stesso, xenoantigeni, plasmidi a DNA geneticamente ingegnerizzati, vettori, virus o batteri
modificati geneticamente per esprimere i target antigenici d’interesse.
 le metodiche cellulari utilizzano cellule dendritiche attivate “in vitro” o “in vivo” a presentare il target
tumorale, cellule tumorali autologhe o allogeniche o lisati derivati dalle stesse.
Al fine di incrementare il potenziale immunogenico di questi vaccini, spesso le formulazioni vaccinali
comprendono anche agenti adiuvanti come liposomi, polimeri, componenti batteriche o citochine ricombinanti.
Se confrontati con gli standard terapeutici tradizionali, i vaccini anti-tumorali presentano diversi vantaggi,
soprattutto considerata la scarsa (se non nulla) tossicità; inoltre diverse formulazioni sono relativamente
semplici da ottenere. Tuttavia il loro attuale utilizzo nella pratica clinica rimane decisamente scarso, a causa di
una serie di svantaggi legati:
 alla tipologia dei pazienti arruolati (caratterizzati da una situazione immunologica compromessa da
precedenti regimi multipli di chemioterapia),
 all’approccio utilizzato ancora troppo laborioso e dispendioso,
 allo sviluppo di una tolleranza immunologica nel paziente stesso,
 alla mancanza di fattori predittivi e marcatori della risposta clinica
Per questo la ricerca è impegnata anche nell’identificazione di nuovi bersagli vaccinali, caratterizzati da
un’elevata immunogenicità, da un’espressione diffusa in diversi tipi di tumore e da un’alta specificità per le
cellule tumorali (antigeni tumorali universali/unici).
Attualmente la combinazione dei vaccini tumorali con le terapie tradizionali (anticorpi monoclonali e
chemioterapia) pare essere una via di successo razionale e promettente, dal momento che alcuni agenti
chemioterapici sarebbero in grado di modulare la risposta immune e la vaccinazione anti-tumorale può
sensibilizzare il tumore al trattamento chemioterapico. Gli studi clinici che valutano l’efficacia dei vaccini antitumorali in questo contesto “adiuvante” permetteranno di validare il loro reale potenziale.
Recenti studi di fase II e di fase III hanno dimostrato il potenziale beneficio clinico di alcuni di questi in pazienti
oncologici. Hanno raggiunto con successo la fase III di sviluppo alcuni vaccini per il trattamento del tumore del
polmone non a piccole cellule (NSCLC) e nel tumore prostatico.
Belagenpumatucel-L (Lucanix) è un vaccino sviluppato da NovaRx e costituito da 4 differenti linee cellulari di
cancro polmonare geneticamente modificate, in grado di interagire e prevenire l’espressione del gene TGF-beta.
Dopo i buoni risultati ottenuti in uno studio di fase II, l’ FDA ha concesso un fast-track status (ovvero un processo
facilitato e accelerato per lo studio di nuovi farmaci per il trattamento di malattie gravi o prive di alternative
terapeutiche). E’ attualmente in corso uno studio multicentrico internazionale con Lucanix come terapia di
mantenimento in pazienti con NSCLC dopo chemioterapia di prima linea, con lo scopo di valutare l’ OS (overall
survival).
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LaLettera del Cifav
Novembre 2010
Dicembre 2010
BLP25 e GSK1572932A sono due vaccini di natura proteica di cui sono in corso studi
di fase III in pazienti con NSCLC.
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Il target di BLP25 è l’antigene MUC-1 iperespresso nella maggior parte dei
tumori epiteliali e in alcuni tumori ematologici. Lo studio START ha l’obiettivo
di valutare la sopravvivenza globale in pazienti che ricevono il vaccino come
terapia di mantenimento, dopo la chemioterapia, o il placebo in associazione
alla terapia di supporto.
Il GSK1572932A deriva dall’antigene tumorale MAGE-A3 combinato con un
Antigen-Specific Cancer Immunotherapeutic (ASCI), una nuova classe di
composti capaci di rafforzare la risposta antitumorale delle cellule T. Lo
studio MAGRIT sta valutando i benefici in termini di sopravvivenza libera da
progressione in pazienti vaccinati dopo intervento chirurgico in associazione
o meno alla chemioterapia.
Il vaccino Tg4010 è ottenuto per modificazione di un virus vaccino che esprime
interleuchina-2 e l’antigene tumorale MUC1, iperespresso sulla superficie delle
cellule tumorali del polmone. Come vettore, il vaccino utilizza un poxvirus attenuato
(Modified Vaccinia Ankara virus).
Il farmaco ha dimostrato di attivare le cellule natural killer e di aumentare la PFS
(Progression Free Survival) in pazienti con NSCLC con malattia avanzata (stadio
IIIb/IV), in associazione con chemioterapia di prima linea. Tali risultati, insieme agli
effetti collaterali che sembrano piuttosto limitati, hanno portato l’FDA a conferire un
fast track status alla ditta produttrice.
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Lo Sipuleucel-T è un vaccino sviluppato da Dendron Corporation per il trattamento
del carcinoma prostatico ormone dipendente e indipendente. Il vaccino è prodotto
da APCs (Antigen Presenting Cells) autologhe, prelevate dal paziente per aferesi, e
poste in coltura cellulare con una proteina ricombinante contenente PAP (prostatic
acid phospte). Il PAP è espresso nella maggior parte dei tumori prostatici ed è
assente nei tessuti sani. Queste caratteristiche permettono al vaccino di stimolare
una risposta immunitaria specifica contro le cellule tumorali.
Gli studi clinici che hanno dato i migliori risultati per il carcinoma prostatico ormono
indipendente sono stati IMPACT e Pro-ACT. In IMPACT l’efficacia clinica del vaccino è
stata comparata vs placebo ottenendo un aumento di sopravvivenza di 3 anni, nel
38% dei pazienti rispetto al braccio di controllo. Grazie a questo risultato nell’ aprile
del 2010 l’ FDA ha approvato Sipuleucel-T per il trattamento del carcinoma
prostatico metastatico ormone refrattario.
Nel carcinoma prostatico ormone dipendente, l’ associazione fra Sipuleucel-T e
Bevacizumab, nonostante incoraggianti risultati in termini di attivazione
immunologica contro il tumore e riduzione dei valori di PSA, richiede studi
randomizzati con disegno diverso rispetto a quelli condotti finora. La tossicità
associata al vaccino si manifesta con febbre, tremori, astenia, dispnea generalmente
di grado lieve o moderato.
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Dicembre 2010
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