10 aprile 2013 29 Genetica Nome in codice Pstol1 Paolo Pesaresi Martin Kater Il gene che aumenta del 20% la produttività nel riso. risinnova.entecra.it/) e con la collaborazione del prestigioso International rice research institute di Los Banos, nelle Filippine (http://irri.org/), il gruppo di ricerca ha iniziato a studiare varietà di riso che rispondono diversamente a condizioni di stress termici o nutrizionali con l’obiettivo di identificare i geni che conferiscono tolleranza allo stress. Grazie a questi studi, di recente il Mads-group, in collaborazione con ricercatori nelle Filippine e in Giappone, ha individuato un gene che aumenta del 20% la produttività del riso. Il gene, a cui è stato dato il nome di Pstol1 (Phosphorous starvation tolerance 1), è stato isolato dalla varietà tradizionale di riso denominata Kasalath, di origine indiana, in grado di crescere bene in terreni con basso contenuto in fosforo, questo dimostra l’enorme importanza di preservare la variabilità genetica delle specie di interesse agronomico: un vero e proprio serbatoio da cui attingere “vecchi” geni per nuove varietà. Pstol1 è stato quindi trasferito in due moderne varietà di riso (IR64 e Nipponbare) oggi coltivate e prive di queste gene, che hanno mostrato un aumento di produttività del 60% in condizioni di crescita ottimali e del 20% in terreni carenti di fosforo. Questo importante risultato è dovuto alla capacità delle piante di riso che posseggono il gene Pstol1 di sviluppare un apparato radicale molto più esteso e quindi di assorbire con maggiore efficienza i nutrienti minerali, tra cui il fosforo, la cui carenza, in alcune delle principali aree dedite alla coltivazione del riso, ne limita notevolmente la produttività. Sebbene la carenza di fosforo possa essere risolta con l’utilizzo di fertilizzanti, spesso gli agricoltori non hanno sufficienti risorse economiche per acquistarli. Basta pensare che il prezzo dei fertilizzanti, a cui è legato indissolubilmente il costo del cibo, è triplicato a partire dal 2006. Oggi si aggira intorno a 600 dollari alla ton- Il riso rappresenta il principale nutrimento per quasi metà della popolazione mondiale e, in alcuni Paesi asiatici, costituisce l’unica fonte di calorie. Oggi, la produzione mondiale di riso si aggira attorno ai 600 milioni di tonnellate; ma si stima che sarà necessario produrne 850 milioni entro il 2025 quando la terra sarà popolata da 8 miliardi di persone. L’aumento dovrà necessariamente avvenire attraverso lo sviluppo di nuove varietà di riso più produttive, con una migliorata efficienza d’uso dei nutrienti e dell’acqua e una più marcata tolleranza alle condizioni climatiche avverse e agli agenti patogeni. Basta pensare che circa il 60% del terreno utilizzato per coltivare riso è carente di nutrienti e soggetto, per periodi più o meno lunghi, a condizioni ambientali non favorevoli alla coltivazione. Anche per queste ragioni, il riso, oltre a essere uno dei più importanti cereali, è considerato una specie modello da studiare nei laboratori di ricerca di tutto il mondo. Il suo genoma è stato sequenziato nel 2004 e numerosi geni coinvolti nello sviluppo e nella crescita sono stati identificati e impiegati in programmi di miglioramento genetico per lo sviluppo di nuove varietà. In questo contesto nel 1998, presso l’Università degli Studi di Milano, nasce Mads-group (http://users.unimi.it/madsgroup/): il gruppo ha studiato i geni che riguardano la fioritura e lo sviluppo del seme, evidenziando l’esistenza di una complessa rete di interazioni geniche responsabile di integrare i segnali interni ed esterni che la pianta riceve e quindi di scegliere il momento migliore per lo sviluppo dei fiori e dei semi. Si tratta di un aspetto che in ambito agronomico ha un’importanza fondamentale in quanto determina la produttività delle coltivazioni. Più di recente, grazie a importanti finanziamenti ottenuti da Regione Lombardia, quali i progetti Biogesteca (http://www. biogesteca.unimi.it/), Ager, Risinnova (http:// 1 10 aprile 2013 29 nellata e, nei Paesi asiatici, per ottenere buoni risultati produttivi, se ne usano più di 170 kg/ettaro. A questo si deve aggiungere il fatto che le riserve di fosforo, necessarie per la produzione dei fertilizzanti, non sono rinnovabili e iniziano a scarseggiare. È evidente, quindi, che la scoperta di questo gene apre importanti prospettive per il miglioramento genetico del riso. Questo gene potrà contribuire alla creazione di nuove varietà di riso altamente produttive, in tempi molto rapidi e con la certezza che le nuove varietà saranno in grado di assorbire fosforo in modo più efficace. Queste varietà consentiranno di limitare l’uso di fertilizzanti e potranno crescere anche in terreni carenti di fosforo con ridotti o nulli apporti di fertilizzanti. Oggi alcune varietà di riso contenenti il gene Pstol1 sono studiate nelle Filippine e in Indonesia, dove i terreni sono particolarmente poveri in fosforo. Queste varietà, più produttive e caratterizzate da costi colturali contenuti, saranno offerte gratuitamente, entro pochi anni, agli agricoltori dei Paesi in via di sviluppo, per i quali il riso rappresenta la prima fonte di nutrimento. È opportuno sottolineare che il gene Pstol1 sarà trasferito alle nuove varietà di riso attraverso il metodo classico dell’incrocio e non attraverso pratiche di ingegneria genetica sebbene queste ultime avrebbero consentito di ottenere lo stesso risultato in tempi decisamente ridotti. La scelta di escludere l’ingegneria genetica dallo sviluppo delle nuove varietà si spiega con il fatto che la campagna anti-ogm ha già fatto una vittima illustre in campo risicolo: il Golden-rice, varietà arricchita con betacarotene per curare l’avitaminosi delle popolazioni povere, è nato 12 anni ma nessuno accetta ancora di coltivarlo, nonostante in questi anni il suo impiego avrebbe potuto salvare dalla morte per denutrizione migliaia di persone. Paolo Pesaresi è ricercatore presso il Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano. Martin Kater è professore associato di genetica e genomica funzionale presso il Dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano. www.intersezioni.eu Riferimenti bibliografici Rico Gamuyao, Joong Hyoun Chin, Juan PariascaTanaka, Paolo Pesaresi, Sheryl Catausan, Cheryl Dalid, Inez Slamet-Loedin, Evelyn Mae Tecson-Mendoza, Matthias Wissuwa, Sigrid Heuer, 2012. The protein kinase Pstol1 from traditional rice confers tolerance of phosphorus deficiency. Nature, 448, 535-539. Ingo Potrykus, 2010. Regulation must be revolutionized. Nature, 466, 561. 2