RADICALI LIBERI 1.1 Le specie reattive dell`ossigeno

RADICALI LIBERI
1.1 Le specie reattive dell’ossigeno
Con la comparsa dell’ossigeno atmosferico sulla terra, diversi
organismi hanno sviluppato meccanismi in grado di utilizzare
questo gas per i processi metabolici [1]. I radicali liberi
dell’ossigeno, definiti ROS (specie reattive dell’ossigeno) sono
molecole che presentano un elettrone spaiato nell’orbitale più
esterno,
che
conferisce
loro
una
marcata
instabilità
e,
conseguentemente, un’elevata reattività con le altre molecole
finalizzata al raggiungimento di un livello maggiore di stabilità
mediante l’acquisizione di un elettrone; a loro volta, le molecole
che reagiscono con i radicali liberi diventano instabili e ricercano
un elettrone, innescando un meccanismo a “catena” [2]. Tale serie
di reazioni può durare da frazioni di secondo ad alcune ore e può
essere ridimensionata o arrestata solo dalla presenza degli
antiossidanti. La formazione di radicali liberi è da considerarsi un
processo fisiologico e un organismo sano è adeguatamente
attrezzato per contrastarli mediante un sistema anti-radicali
endogeno. Le specie reattive dell’ossigeno sono suddivisibili in due
-
categorie principali: i radicali liberi, come il superossido (O 2• ) e il
radicale ossidrilico (OH.·), e molecole non radicali, come il
perossido d’idrogeno (H2O2) [3].
Anione superossido O2-•
Pur essendo un radicale libero, caratterizzato quindi dalla presenza
di un elettrone spaiato sull’orbitale elettronico esterno, la molecola
non possiede un’elevata reattività in quanto non è in grado di
attraversare la membrana mitocondriale, perché bloccato dalla
carica negativa. La sua formazione avviene spontaneamente
soprattutto nell’ambiente ricco di ossigeno in prossimità della
membrana interna del mitocondrio [4]. Due molecole di anione
superossido reagiscono rapidamente a dare perossido di idrogeno e
1
ossigeno molecolare in una reazione anche catalizzata dalla
superossido dismutasi.
2 O2-•+ 2 H+ →H2O2+O2
Perossido di idrogeno H2O2
Tipico esempio di specie reattiva dell’ossigeno non presente in
forma radicalica, pur non essendo particolarmente reattiva, riveste
un ruolo importante per la sua capacità di penetrare velocemente
attraverso le membrane biologiche e critico come intermedio di
reazione nella sintesi di ROS altamente reattivi, soprattutto il
radicale idrossilico. La sua rimozione è a carico di almeno tre
sistemi enzimatici: la catalasi, le glutatione perossidasi e le
perossiredossine.
Radicale ossidrile OH -•
La sua estrema reattività verso le biomolecole e la mancanza di
meccanismi di inattivazione endogena lo rendono la specie reattiva
dell’ossigeno in grado di generare i maggiori danni nelle
macromolecole
cellulari:
proteine,
acidi
nucleici,
glicosaminoglicani e soprattutto gli acidi grassi poliinsaturi dei
fosfolipidi di membrana. Viene prodotto a partire dal perossido di
idrogeno nella reazione di Fenton catalizzata da ioni metallici (Fe 2+
o Cu+), anche presenti in complessi con proteine ed altre molecole
[5]:
Meox + O2• - → Merid + O2
Merid + H2O2 → Meox + OH• + OHIl risultato netto di questa sequenza di reazioni è noto come
reazione di Haber-Weiss:
O2•- + H2O2 → OH• + OH- + O2
La prima tappa di riduzione dell’ossigeno comporta la formazione
dell’anione superossido O2-., a cui segue quella del perossido di
idrogeno H2O2, del radicale ossidrilico ed infine di acqua. L’O2-. è
quindi un radicale tossico che può a sua volta dare origine a
composti ancora più instabili, quali il radicale ossidrilico e il
radicale idroperossido. La principale fonte di O2-• è la catena di
2
trasporto degli elettroni durante la respirazione cellulare; la
citocromo ossidasi infatti, pur essendo dotata di alta efficienza
catalitica, rilascia intermedi parzialmente ridotti, tra i quali O2-• e
H2O2. I mitocondri, sono considerati la maggiore fonte di
produzione cellulare di ROS: si stima che il 2% di ossigeno
consumato reagisce con elettroni che sfuggono dalla catena
respiratoria
producendo
ione
superossido,
successivamente
convertito in perossido d’idrogeno [6]. Un eccesso di ROS causa
uno stress ossidativo che porta all’attivazione dei molti sistemi
antiossidanti cellulari (es. superossido dismutasi, catalasi, il sistema
del glutatione, tioredossina) al fine di evitare il danneggiamento del
DNA, delle proteine e dei lipidi [7]. Elevati livelli di ROS sono
potenzialmente tossici per la cellula, poiché possono provocare
danni molecolari irreversibili, quali l’ossidazione di polifenoli,
catecolammine e tioli, l’inattivazione di enzimi, l’ossidazione di
proteine, DNA e lipidi di membrana. Tali alterazioni sono spesso
alla base di stati patologici come la senescenza, l’aterosclerosi, la
neurodegenerazione, il diabete, l’ischemia ed il cancro [8]. Negli
ultimi anni si è scoperto che le ROS hanno anche un ruolo
fisiologico all’interno della cellula attivando proteine come i
recettori tirosin-chinasici, le MAP chinasi, fattori di trascrizione.
Inoltre, è stato dimostrato che bassi livelli di ROS causano un
aumento della progressione del ciclo cellulare, mentre livelli più
elevati determinano arresto del ciclo cellulare e successivamente
apoptosi o necrosi [9]. Studi ancora più recenti hanno mostrato che
le cellule tumorali hanno un livello di ROS più elevato rispetto alle
cellule normali, associato alla stimolazione oncogenica, ad
alterazioni dell’attività metabolica e a malfunzionamento del
mitocondrio. Le conseguenze dell’aumentato stress ossidativo
tumorale sono la stimolazione della proliferazione cellulare,
l’incremento
delle
mutazioni
e
dell’instabilità
genetica
e
l’alterazione della sensibilità cellulare ad agenti anti-tumorali [10].
I mitocondri sono da una parte i maggiori produttori di radicali
liberi e dall’altra sono il principale bersaglio dei loro effetti
3
dannosi. I radicali liberi si formano nelle cellule sia in seguito alle
loro reazioni metaboliche sia in seguito a stimoli esterni (radiazioni
ionizzanti, elevata tensione di ossigeno, sostanze chimiche,
farmaci, fumo, stress di vario genere). Le osservazioni che, nei
mitocondri isolati, gli elettroni possano fuoriuscire dalla catena
respiratoria sotto forma di radicali superossido (O2•-) ha portato
all’assunzione che la formazione di O2•- è obbligatorio come
sottoprodotto della respirazione. [11] I mitocondri sono organelli
citoplasmatici il cui compito è quello di produrre energia attraverso
il processo di fosforilazione ossidativa. In tale processo si ha la
formazione di ATP in seguito al trasferimento di elettroni dal
nicotinammide adenin dinucleotide (NADH) o flavina adenina
dinucleotide (FADH2) all’ossigeno molecolare attraverso una
catena di trasporto localizzata nella membrana mitocondriale
interna. La catena di trasporto degli elettroni è costituita dal
complesso Ӏ (NADH-ubichinone ossido reduttasi), complesso Ӏ Ӏ
(succinato-ubichinone
ossido
reduttasi),
complesso
ӀӀӀ
(ubichinolo-citocromo c reduttasi) e dal complesso Ӏ V (citocromo
c ossidasi). Durante la normale respirazione cellulare, la riduzione
parziale dell’ossigeno da parte del complesso Ӏ o Ӏ Ӏ Ӏ , determina
la produzione di O2•- [12] (Fig.1).
Fig.1 Produzione mitocondriale di ROS
4
1.2 I ROS e lo stress ossidativo
La maggior parte delle patologie e l'invecchiamento degli esseri
viventi sono causati da processi chimici ossidativi, dovuti ad una
eccessiva produzione di radicali liberi. La presenza dei radicali
liberi in organismi viventi ha normalmente conseguenze negative,
come il danneggiamento diretto o indiretto del DNA cellulare e la
modificazione strutturale delle proteine [13]. (Fig.2)
Fig.2 Danni da radicali liberi
In condizioni normali il potenziale tossico dei radicali liberi è
neutralizzato da un complesso sistema di fattori antiossidanti che
rappresenta il meccanismo fisiologico di difesa: il rapporto tra
fattori ossidanti e difese antiossidanti rappresenta il cosiddetto
"bilancio ossidativo". Lo stress ossidativo è, pertanto, l'espressione
biologica di un danno che si verifica quando i fattori pro-ossidanti
(farmaci, sostanze tossiche, radiazioni, stati infiammatori, attività
fisica esacerbata, etc.) superano le difese antiossidanti endogene
(enzimi come la SOD, il coenzima Q10, la catalasi, la perossidasi,
etc.) ed esogene (antiossidanti presenti negli alimenti). Si può
incorrere in stress ossidativo sia in condizioni normali di salute sia
5
negli stati patologici. Nell’ambito dei danni cellulari causati dalle
specie reattive dell’ossigeno, quello al DNA è potenzialmente il più
pericoloso poiché tali alterazioni sono spesso associate a mutazioni
genetiche ed allo sviluppo di cancro. E’ emerso inoltre un legame
sempre più evidente tra alterazioni al DNA ROS-mediate ed il
processo di invecchiamento, la patogenesi del diabete mellito e di
alcune malattie a carico del fegato e ad eziologia infiammatoria.
Esempi di danni agli acidi nucleici sono, tra gli altri, la formazione
di
legami
intermolecolari
DNA-DNA
o
DNA-proteine
e
modificazioni ossidative a carico delle basi azotate. Le più sensibili
sono le basi pirimidiniche citosina e timina le quali possono andare
incontro a saturazione o apertura dell’anello con idrossilazione di
quest’ultimo. Ciò implica la perdita dell’aromaticità e della
planarità, determinando distorsioni nella geometria del DNA.
Inoltre l’ossidazione della timina può portare alla formazione dei
cosiddetti “dimeri di timina”. Una delle più frequenti alterazioni
ossidative delle basi puriniche riguarda invece l’ossidrilazione in
posizione 8 della guanosina e il distacco delle basi azotate dagli
zuccheri [14]. Se le basi danneggiate vengono rimosse e riparate
prima della divisione cellulare, non ci sarà alcun danno
permanente. Se invece il sistema di riparazione è soggetto ad errori,
la generazione successiva riceverà una molecola di DNA difettosa
in cui una base azotata è eliminata o sostituita da una base
impropria. Anche le proteine sono un bersaglio per i radicali liberi,
i cui danni possono essere distinti in reversibili ed irreversibili; tra i
primi vi è l’ossidazione dei gruppi tiolici della metionina a
solfossido [15] mentre tra gli irreversibili, la rottura dell’anello
dell’istidina e del triptofano e l’idrolisi del legame peptidico in
presenza
di
prolina.
Quest’ultimo
evento
danneggia
particolarmente il collagene, ricco di prolina ed idrossiprolina. I
gruppi SH- dei residui di cisteina delle proteine sono fra i più
esposti alle collisioni radicaliche: i radicali tiile (RS•) che si
formano possono dimerizzare o ossidarsi a RSO2, provocando
danni alla struttura e alla funzionalità delle proteine stesse. In
6
particolare possono venire attaccate proteine con funzione
enzimatica, come la fosfofruttochinasi ed appartenenti alla catena
respiratoria mitocondriale, di importanza fondamentale per la
produzione di energia per la cellula. L’ossidazione delle proteine
sembra essere inoltre responsabile, almeno in parte, di patologie
quali
l’aterosclerosi,
il
danno
da
ischemia-riperfusione
e
l’invecchiamento. I lipidi sono importanti per la loro presenza nelle
membrane che circondano ogni cellula. L’azione ossidativa a
carico dei lipidi procede con un meccanismo radicalico a catena
definito lipoperossidazione. I principali bersagli di questo
fenomeno sono gli acidi grassi poliinsaturi, che sono presenti in
elevate concentrazioni nei fosfolipidi delle membrane cellulari. La
perossidazione
lipidica
si
sviluppa
attraverso
tre
fasi
consequenziali: iniziazione, propagazione e terminazione [16]
(Fig.3).
Fig.3 Vie di perossidazione lipidica
Il primo evento nell’inizio della perossidazione lipidica è
l’estrazione di un idrogeno da un gruppo metilenico bis-allilico di
un acido grasso polinsaturo da parte di un radicale ossidrile. Il
radicale lipidico (L•) si riarrangia immediatamente a diene
coniugato che reagisce con l’ossigeno molecolare formando
perossilradicali in posizione +2 e -2 rispetto al carbonio da cui è
7
stato estratto inizialmente l’idrogeno. Questo prodotto (LOO•) è
altamente reattivo e può ciclizzare e formare un lipoperossido
ciclico,
da
substrati
eicosapentaenoico.
Il
quali
prodotto
l’acido
ciclico
arachidonico
così
ottenuto
ed
può
successivamente frammentarsi e dar luogo a catene alifatiche,
contenenti due gruppi carbonilici, formando composti come la
malondialdeide (MDA), una dialdeide altamente reattiva, e il 4idrossinonenale (HNE). Queste possono reagire con gruppi
amminici liberi di proteine, fosfolipidi o acidi nucleici formando
legami covalenti stabili, tipo basi di Schiff, che inducono
alterazioni strutturali di tali molecole biologiche. I legami crociati
proteina–MDA–fosfolipide, proteina–MDA–proteina o fosfolipide–
MDA–fosfolipide causano infatti diminuzione del grado di libertà e
della possibilità di movimento delle molecole stesse, con perdita di
fluidità della membrana come effetto ultimo. Una volta terminato
tutto l’ossigeno a disposizione o quando intervengono sostanze
antiossidanti che possono donare un atomo di idrogeno o un
elettrone, ha luogo la fase di terminazione, dove i radicali formatisi
reagiscono per dare prodotti finali non radicalici inattivi.
1.3 Le difese antiossidanti: sistemi di difesa enzimatici
e non enzimatici
Gli organismi hanno evoluto un sistema di difesa antiossidante
costituito sia da componenti enzimatiche sia da molecole non
enzimatiche. Gli antiossidanti sono elementi indispensabili per la
protezione delle molecole e dei sistemi biologici dall’insulto
derivante dalle specie reattive dell’ossigeno (ROS). Sono infatti in
grado di inibire o ritardare l’ossidazione del substrato, fornendo ai
radicali gli elettroni di cui sono privi. (Fig.4)
8
Fig.4 Meccanismo antiossidante
La difesa antiossidante enzimatica è composta da proteine in grado
di rimuovere con un’elevata efficienza catalitica i ROS: la
superossido dismutasi (SOD), la catalasi (CAT) e la glutatione
perossidasi (GPx) [17].
comprendono
varie
Gli antiossidanti “non enzimatici”
molecole
a
basso
peso
molecolare
("scavenger") come ascorbato, vitamina E, carotenoidi, glutatione
ridotto (GSH) e metallotioneina (MT). La superossido dismutasi è
l’enzima che catalizza la reazione di dismutazione del radicale
superossido, molto tossico, ad ossigeno molecolare e perossido di
idrogeno. Come tale costituisce un fondamentale meccanismo di
difesa contro lo stress ossidativo per le cellule. Le superossido
dismutasi sono una famiglia di matalloproteine classificate in base
al cofattore metallico in Cu/Zn-SOD (isoforma citosolica), MnSOD (isoforma mitocondriale) e Fe-SOD (isoforma extracellulare)
[18]. Le SOD sono enzimi dimerici o tetramerici costituiti da
subunità
identiche,
presenti
nel
citoplasma
delle
cellule
eucariotiche e nel periplasma di quelle batteriche. Nella reazione
catalizzata con estrema efficienza da questa famiglia di enzimi due
molecole di anione superossido producono una molecola di
perossido di idrogeno e ossigeno molecolare:
2O2• - + 2H+ → H2O2 + O2
Il prodotto finale della dismutazione dell’anione superossido è,
pertanto, a sua volta una specie reattiva dell’ossigeno, il perossido
9
di idrogeno, non radicalica ma comunque con attività ossidante,
che è substrato degli altri due sistemi enzimatici presi in esame: la
catalasi e la glutatione perossidasi. La catalasi (ossidoreduttasi del
perossido d’idrogeno) è un enzima costituito da quattro subunità
proteiche, ognuna contenente ferro eme e una molecola di NADPH
[19]. È preferenzialmente localizzata nei perossisomi, organuli che
contengono anche molti enzimi che generano con la loro attività
H2O2, dove provvede alla dismutazione dello stesso in una
molecola d’acqua e ossigeno molecolare:
Catalasi-Fe(III) + 2H2O2→ Catalasi-Fe(II) + 2H2O + O2
L’enzima presiede anche alla detossificazione di altri substrati tra
cui fenoli ed alcoli attraverso una riduzione accoppiata del
perossido di idrogeno:
H2O2 +R’H2 → R’ + 2H2O
La glutatione perossidasi è un enzima presente in due forme, una
selenio indipendente (glutatione –S- transferasi, GST) e una selenio
dipendente (GPX) [rip17]. Questi due enzimi differiscono per il
numero di subunità, per la natura del selenio nel sito attivo e per il
meccanismo catalitico. La glutatione perossidasi selenio dipendente
è implicata nella riduzione del perossido di idrogeno e degli
idroperossidi
organici.
La
glutatione
perossidasi
selenio
indipendente è, invece, coinvolta nella riduzione di fosfolipidi
idroperossidi, oltre a quella dei composti precedentemente indicati
[20]. La reazione catalizzata presenta specificità solo per il
donatore di elettroni (il GSH) mentre l’idroperossido può essere
rappresentato sia dal perossido di idrogeno sia da idroperossidi
derivati dagli acidi grassi e dagli steroidi:
ROOH + 2GSH → ROH + GSSG + H2O
e fa delle glutatione perossidasi tra gli enzimi più versatili esistenti
nella cellula. L’attività della glutatione perossidasi dipende dalla
disponibilità intracellulare di glutatione ridotto, che è a sua volta il
prodotto dell’attività dell’enzima glutatione reduttasi, il quale
sfrutta il potere riducente associato allo NADPH prodotto nelle vie
metaboliche di degradazione degli zuccheri:
10
GSSG + NADPH + H+ → 2GSSG + NADP+
I principali sistemi antiossidanti non enzimatici sono costituiti dalla
vitamina C, dalla vitamina E e dal glutatione [21]. La vitamina C
(acido ascorbico) agisce da antiossidante, esercitando un’azione
protettiva nei confronti del radicale superossido, dell’idrossi
radicale, dell’ossigeno singoletto e del perossi radicale. La vitamina
E è costituita da un complesso di tocoferoli e tocotrienoli (α-, β-, γe δ-tocoferolo e α-, β-, γ- e δ-tocotrienolo). In natura la forma più
abbondante e di maggiore attività è chiamata α-tocoferolo. Si tratta
di un potente antiossidante biologico legato alla membrana
cellulare la cui principale funzione è quella di protezione nei
confronti del processo di perossidazione lipidica.
E’ stato
evidenziato che esiste un’attività sinergica tra la vitamina C e la
vitamina E che sembrano minimizzare le conseguenze della
perossidazione lipidica nelle lipoproteine delle membrane cellulari.
Il glutatione (GSH) risulta presente abbondantemente nel citosol,
nel nucleo e nei mitocondri. La forma ossidata è costituita dal
glutatione disolfuro (GSSG) [22]. (Fig.5)
Fig.5 Struttura della forma ridotta (GSH) e ossidata (GSSG) del
glutatione
11
L’effetto protettivo del glutatione nei confronti dello stress
ossidativo è dovuto al fatto che:
Rappresenta un cofattore di diversi enzimi antiossidanti quali la
glutatione perossidasi e la gluatatione transferasi;
Partecipa al trasporto di amminoacidi attraverso la membrana
plasmatica;
E’ in grado di eliminare direttamente il radicale idrossilico e
l’ossigeno singoletto;
Risulta capace di rigenerare importanti sistemi antiossidanti quali
vitamina C e vitamina E; può ridurre il radicale tocoferolo a
vitamina E direttamente o indirettamente attraverso la riduzione del
radicale semideidroascorbato ad ascorbato.
1.4 Le specie reattive dell’ossido nitrico
In analogia allo stress ossidativo, lo stress nitrosativo indica
l’eccessiva o non regolata produzione della molecola radicalica
ossido nitrico (NO), e di specie reattive dell’azoto, indicate come
RNS (Reactive Nitrogen Species). La principale fonte di NO nelle
cellule di mammifero è l’ossidazione enzimatica dell’arginina da
parte della NO-sintasi [23] (Fig.6).
12
Fig.6 Biosintesi di NO
L’NO generato in modo controllato viene considerato una
molecola del segnale ubiquitaria coinvolta nella regolazione di
funzioni chiave in diversi sistemi cellulari [24]. Come altri ROS,
l’NO può limitare il danno ossidativo agendo come uno
“scavenger” di radicali o provocare la morte cellulare, riducendo la
produzione di enzimi antiossidanti, inducendo la deplezione del
GSH intracellulare e la degradazione delle proteine [25]. Nella
cellula infatti l’NO reagisce con l’ossigeno molecolare, i ROS, i
metalli di transizione, i tioli, generando diversi RNS come gli Snitrosotioli
ed
il
perossinitrito,
responsabili
di
processi
infiammatori, neurotossicità e ischemia [26]. La protezione delle
cellule dallo stress nitrosativo è affidata agli stessi sistemi
antiossidanti coinvolti nella difesa dallo stress ossidativo. Lo stress
ossidativo e/o nitrosativo può indurre modificazioni chimiche di
proteine bersaglio, con conseguente regolazione o perdita
irreversibile della loro funzione. L’accumulo di proteine ossidate è
un importante segnale di invecchiamento biologico e di stati
patologici associati allo stress. Il perossinitrito, formato dalla
reazione dell’O2-. con l’NO è responsabile di modifiche covalenti
13
su proteine bersaglio, come la formazione di di-tirosina e la
nitrazione di residui di tirosina o triptofano [27]. Tali modificazioni
sono spesso correlate a permanente perdita di funzione, a causa
dell’ossidazione o nitrazione di residui funzionalmente importanti,
della formazione di ponti covalenti tra proteine, nonché della
degradazione proteolitica delle proteine danneggiate. La nitrazione
consiste nel legame covalente di un gruppo –NO2 ? all’anello
aromatico di un residuo di tirosina o di triptofano. Anche i residui
di cisteina sono bersaglio di modificazioni covalenti durante lo
stress ossidativo e/o nitrosativo. In particolare il gruppo tiolico può
essere ossidato in sulfenico (-SOH), sulfinico (-SO2H) o sulfonico
(-SO3H) [rip25]. I residui sulfenati sono generalmente instabili e
facilmente ossidati a sulfinati e sulfonati, oppure eliminati dai tioli
cellulari e dal GSH per formare ponti disolfuro intramolecolari o
misti. La capacità delle cisteine di oscillare tra stato ossidato e
ridotto rende tali residui candidati alla regolazione funzionale delle
proteine. I ponti disolfuro intra- e inter-molecolari possono essere
prontamente
ridotti
da
cambiamenti del
potenziale
redox
intracellulare o attraverso l’azione enzimatica di specifiche riduttasi
come la tioredossina e la glutaredossina [28]. Pertanto la
formazione di ponti disolfuro rappresenta un meccanismo di
regolazione, che può causare sia la perdita che il guadagno di
funzione della proteina, mediando la risposta cellulare allo stress
ossidativo. La S-nitrosazione o S-nitrosilazione consiste nella
formazione di un legame tra il gruppo –NO ed il gruppo tiolico
della cisteina [29].
14
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Fig.1 Doina Racila and Jackie R. Bickenbach. Are epidermal stem cells unique with respect to aging?
Aging, august 2009, Vol. 1 No 8
Fig.2 http://pierre.senellart.com/travaux/divers/vieillissement.en
Fig.3 http://altair.chonnam.ac.kr/~swjuhng/pathology/cell-pathology/injury-death/injury-death.htm
Fig.4 http://www.healthfruit.com/m/science/antioxidants
(Fig.5) http://themedicalbiochemistrypage.org/pentose-phosphate-pathway.html
Fig.6 http://www.bioscience.org/2001/v6/d/torreill/fulltext.asp?bframe=figures.htm&doi=yes
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