26 Biochimica Iacono

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6 febbraio 2013
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Biochimica
Delicati equilibri
Rosario Iacono
I radicali liberi all’origine del rapporto
tra stress ossidativo e protezione
dai microrganismi patogeni.
Sempre più spesso si parla di radicali liberi e di antiossidanti. La biologia delle ossido riduzioni non studia solo l’uso di antiossidanti al fine di prevenire le malattie,
bensì si occupa dello studio dei radicali liberi, degli antiossidanti a essi contrapposti e del loro equilibrio dinamico che ha importanti connessioni con i sistemi di
percezione degli stress e di segnalazione.
Quando in un organismo la quantità di specie reattive
ossidanti supera la quantità degli antiossidanti disponibili si osserva il fenomeno dello stress ossidativo definito come un’alterazione del bilancio tra pro-ossidanti e
anti-ossidanti a favore dei primi, con danno potenziale
per le cellule [1].
Questo danno ossidativo è il
danno biomolecolare causato
dall’attacco delle specie reattive generate per ossidazione a carico dei costituenti degli organismi viventi. Lo
squilibrio
ossidanti/antiossidanti
può
derivare
dall’incapacità degli organismi di rimpiazzare le biomolecole danneggiate, da un decremento delle difese antiossidanti, da una maggiore produzione di specie reattive (per esempio in seguito a malattie o esposizione a
sostanze tossiche), ma essenzialmente si tratta di un fenomeno che avviene anche in organismi sani e non esposti a sostanze tossiche o a concentrazioni anomale di
ossigeno.
nell’atmosfera, furono riversate tonnellate di un gas fino ad allora quasi assente sul pianeta, nonché tossico e
mutageno: l’ossigeno [2]. L’aumento della concentrazione di ossigeno molecolare (O2) nell’atmosfera portò
alla formazione dello strato di ozono nella stratosfera,
premessa necessaria alla vita per colonizzare la terra.
Inoltre, favorì la rimozione per ossidazione dello ione
ferroso (Fe2+) dalle acque con la formazione di complessi ferrici (Fe3+) insolubili e diminuzione dell’entità della
reazione di Fenton che produce radicale idrossile tossico. D’altro canto, con la comparsa dell’ossigeno ebbero
inizio anche gli stress ossidativi.
La maggior parte degli organismi che erano apparsi sul
pianeta (compresi i cianobatteri fotosintetici) fino a
quel momento erano tutti organismi anaerobi, adattati
a vivere in un’atmosfera priva di O2 e, quindi, non dotati
di sistemi antiossidanti in grado di proteggerli dallo
stress ossidativo. Coloro che non si seppero adattare, si
estinsero. Tra quelli che si adattarono, alcuni conservarono il loro metabolismo anaerobio, relegando la loro
esistenza agli ambienti anaerobi dove ancora oggi sopravvivono, altri “scesero a patti” con il nuovo ambiente
evolvendo difese antiossidanti. Con il procedere
dell’evoluzione, comparvero organismi in grado di utilizzare a proprio vantaggio l’O2, per esempio per sintetizzare il collagene che sta alla base della comparsa della
struttura di sostegno degli animali o per aumentare la
produzione di energia di 15 volte grazie alla respirazione
aerobica.
La sopravvivenza iniziale degli organismi anaerobi in
un ambiente improvvisamente ricco di ossigeno sembrerebbe un paradosso, ma può essere giustificata dal
fatto che alcune molecole con funzioni antiossidanti esistevano già negli organismi prima dell’aumento della
Nascita del problema
Per capire come nasce il problema dello stress ossidativo e del danno che l’ossigeno (O) provoca agli organismi
bisogna risalire a uno dei primi casi noti di inquinamento atmosferico della storia del nostro pianeta. Circa
2,2 miliardi di anni fa, alcuni cianobatteri svilupparono
la capacità di utilizzare l’energia solare per scindere le
molecole d’acqua e ottenere energia per sostenere il loro
metabolismo: nacque la fotosintesi. Da quel momento,
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concentrazione di O2: si tratta delle catalasi che servivano a degradare il perossido di idrogeno (H2O2) in acqua
(H2O) e O2. Nell’atmosfera di 3,5 miliardi di anni fa,
nonostante la bassa concentrazione di O2 (0,1%), la
formazione di H2O2 nell’acqua piovana doveva essere
comune dal momento che non esisteva lo schermo di
ozono a proteggere la superficie terrestre dalla radiazione ultravioletta. Il perossido di idrogeno, se non
prontamente degradato, era sufficiente a innescare la
reazione di Fenton con le quantità di ferro ferroso disponibile in soluzione nelle acque e, quindi, a creare
sufficiente stress ossidativo agli organismi. Solo successivamente si svilupparono sistemi specifici per contrastare il danno causato dalle elevate concentrazioni di O2
nell’atmosfera.
dicali liberi tramite il trasferimento di un singolo elettrone, tanto che se scaldiamo a sufficienza il corpo di un
animale o di una pianta da causare delle fissioni omolitiche con formazione di radicali liberi, l’O2 li aggredisce
velocemente dando inizio a una veloce reazione esotermica di ossidazione che si manifesta con la combustione. Oltre che come radicale libero, l’O2 è tossico anche
in diverse altre forme caratterizzate da elevata reattività. Queste forme reattive dell’O2 si formano in seguito a
un’aggiunta di energia che provoca un riarrangiamento
elettronico per cui la restrizione dovuta allo spin viene
rimossa e la capacità ossidante è notevolmente aumentata, rendendole capaci di ossidare direttamente proteine, dna e lipidi. Per indicare in generale i radicali liberi
dell’O2 e le altre specie reattive oggi si usa il termine
Ros (reactive oxygen species) che include non solo i radicali dell’O2 ma anche alcuni non-radicali derivati
dall’O2. Così mentre tutti i radicali dell’O2 sono Ros, non
tutti i Ros sono radicali dell’O2 e, oltre a comprendere le
forme di O non-radicali, includono anche le forme reattive dell’azoto, del bromo e del cloro [2].
I radicali liberi
Ciò che rende l’O2 così dannoso per gli organismi viventi è la formazione di radicali liberi che esso provoca. Un
radicale libero è qualsiasi specie chimica capace di vita
indipendente che contiene nel suo orbitale più esterno
uno o più elettroni spaiati. Un elettrone spaiato è un elettrone che occupa un orbitale atomico o molecolare da
solo. Un orbitale con un solo elettrone è molto reattivo
in quanto tende ad attrarre elettroni con numero di spin
opposto per completare il doppietto elettronico e raggiungere la configurazione più stabile.
L’O2 presente nell’aria che ci circonda, a causa dei due
Forme reattive dell’ossigeno
Le forme reattive di O2 sono le seguenti:
• Ossigeno singoletto. Ne esistono due forme indicate
come : 1Σg+ e 1∆g. Lo stato 1Σg+ decade velocemente
allo stato 1∆g per cui solo il secondo è presente nei sistemi viventi e a questo ci riferiremo parlando di O2
singoletto. L’O2 singoletto è la maledizione che incombe sul cloroplasto esposto alla luce e un’insufficiente dissipazione di energia durante la fotosintesi può portare alla formazione di 1∆g
O2. Questo poi è in grado di ossidare le molecole dei
cloroplasti e portare alla morte cellulare. La pianta
controlla il fenomeno regolando la distribuzione
dell’energia tra i sistemi in grado di catturare la luce e
tramite i carotenoidi;
• Ossigeno superossido. Si forma per aggiunta di un
elettrone in un orbitale π non di legame dell’O2. Con
un solo elettrone spaiato, a dispetto del nome, ha un
potere ossidante inferiore a quello dell’O2 singoletto;
• Ione ossigeno perossido. Si forma in seguito
all’addizione di un elettrone all’O2 superossido, non è
un radicale e ha un legame O-O molto debole;
elettroni spaiati nell’orbitale esterno con lo stesso numero di spin, è già di per sé un radicale libero. Nonostante sia termodinamicamente un potente agente ossidante, non è in grado di ossidare un non-radicale accettando da esso due elettroni contemporaneamente in
quanto questi dovrebbero avere lo stesso spin per poter
entrare negli orbitali π dell’O2. Due elettroni in un qualsiasi orbitale di un atomo o di una molecola non possono soddisfare tale criterio e in conseguenza di tale restrizione l’O2 reagisce blandamente con i non-radicali in
quanto da questi può accettare gli elettroni uno alla volta. Al contrario, l’O2 agisce molto velocemente con i ra-
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• Ione ossigeno ossido. Si forma in seguito all’aggiunta
un potente agente ossidante in grado di danneggiare
direttamente proteine, lipidi e dna. Il perossinitrito può
anche reagire con l’anidride carbonica formando lo ione
di altri due elettroni all’O2 perossido, per cui il legame O-O è completamente eliminato.
azoto diossido e il radicale carbonato, dei potenti agenti
ossidanti. Per cui ogni sistema che produca NO e O2
singoletto può causare danno biologico come avviene
nel caso di molte malattie.
Quando un radicale libero reagisce con un non-radicale
si forma un nuovo radicale libero e inizia una reazione a
catena. Per esempio quando un radicale libero sottrae
un atomo di idrogeno da un legame C-H porta alla formazione di radicali perossili. Se ciò avviene a carico delle catene idrocarboniose degli acidi grassi polinsaturi
delle membrane cellulari si innesca una reazione che
porta alla degradazione delle membrane. Così, un singolo evento iniziale ha il potere di generare numerose
molecole di H2O2. L’effetto generale sulle membrane è
una perdita di fluidità, aumento della permeabilità a
sostanze che di solito non riescono ad attraversarla senza canali specifici, danni alle proteine, agli enzimi e ai
recettori.
Nei sistemi biologici il prodotto di riduzione dell’O2 perossido è il H2O2, mentre il prodotto di riduzione dello
ione ossido è l’acqua. I mitocondri prendono O2 e lo riducono per il 95% ad acqua, tramite un processo portato avanti dalla citocromo ossidasi che rimuove un elettrone da ognuna delle 4 molecole di citocromo c, ossidandole a molecole di citocromo c ferrico e li aggiunge
alla molecola di O2. La citocromo ossidasi è un complesso multiproteina che catalizza più reazioni riduttive
successive ed è in grado di gestire le specie tossiche
dell’O parzialmente ridotte che si formano come intermedi. Nonostante il radicale perossido sia in grado di
reagire con un limitato numero di molecole organiche,
queste sono tutte molecole che svolgono importanti
funzioni.
I danni da radicali liberi
Il danno da radicali liberi può essere arrecato in seguito
alla reazione di un radicale libero con un altro radicale
libero o con un non-radicale. In verità, dato che la maggior parte delle molecole non sono dei radicali, il secondo è il caso più comune.
Quando due radicali liberi si incontrano questi possono
mettere in comune i loro elettroni spaiati e creare un
legame covalente. Così, ad esempio, NO e O2 singoletto
reagiscono velocemente formando lo ione perossinitrile
che a pH fisiologico si protona ad acido perossinitroso,
Meccanismi biologici per contrastare
il danno ossidativo
Per fronteggiare il danno ossidativo le strategie messe
in atto dagli organismi sono di due tipi: evitare la formazione di radicali liberi e distruggere i radicali liberi
che comunque si formano.
Per evitare la formazione di radicali liberi gli organismi
anaerobi si muovono verso zone a minore concentra-
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cienza? Perchè non tutte le Ros vengono eliminate, consentendo una vita eterna? Oggi sappiamo che accanto
alle funzioni dannose, le Ros svolgono alcune funzioni
essenziali per gli organismi. Per esempio, basti pensare
che le Ros prodotte nel tratto gastrointestinale e respiratorio degli animali dai fagociti e da altre cellule servono da protezione contro i microrganismi patogeni; inoltre, si consideri che il sistema di ossidazione/riduzione
si affianca a quello di defosforilazione/fosforilazione e
di regolazione trascrizionale per creare un sistema di
fine modulazione della risposta degli organismi agli
stress [5]. Quindi, non tutti i radicali liberi sono dannosi, così come non tutti gli antiossidanti sono benefici e
la vita è un equilibrio tra i due. La morte per invecchiamento altro non è che il risultato di un’esposizione ai
Ros che si prolunga per tutto l’arco della vita. I Ros sono essenziali per la difesa contro le malattie e permettono agli organismi di rimanere in vita sino a dopo la
riproduzione.
A chi importa morire dopo la riproduzione? Non certo
all’evoluzione [2].
zione di O2, mentre gli aerobi hanno confinato all’interno dei mitocondri tutti i costituenti redox della
catena respiratoria in modo tale che durante le reazioni
respiratorie sia meno probabile la fuga di elettroni verso
l’O2. La distruzione dei radicali liberi dell’ossigeno avviene tramite l’azione delle superossido dismutasi (Sod)
che catalizzano la dismutazione di due molecole di O2
singoletto per formare una molecola di H2O2 e una molecola di O2, mentre alcuni anaerobi usano una superossido riduttasi (Sor) che non produce O2 (un indubbio
vantaggio per gli anaerobi). Sia le Sod sia le Sor, producendo H2O2, devono lavorare in combinazione con enzimi che rimuovono questo agente ossidante. Nelle
piante, questi sono rappresentati soprattutto dalle perossidasi, che rimuovono H2O2 usandolo per ossidare
un co-substrato: tra queste, le glutatione perossidasi
sottraggono H2O2 accoppiando la sua riduzione ad acqua attraverso l’ossidazione del glutatione ridotto (Gsh)
a glutatione ossidato (Gssg) consistente di due molecole
di glutatione legate da un ponte disolfuro che viene poi
riconvertito in glutatione tramite l’enzima glutatione
reduttasi. Un altro gruppo di composti usati
nell’eliminazione del H2O2 sono le perossiredossine [3],
omodimeri che non contengono gruppi prostetici. Le
loro reazioni redox dipendono dal residuo di cisteina
del loro sito attivo. L’H2O2 ossida un gruppo -SH sulle
perossiredossine ad acido solfonico, cys-SOH. Si pensa
che siano le perossiredossine a svolgere il ruolo principale di degradazione dell’H2O2.
Oltre alle Sod, esistono antiossidanti sacrificali, molecole che vengono ossidate in maniera preferenziale dai radicali liberi e che preservano quindi specie chimiche più
importanti.
Riferimenti bibliografici
[1] Sies H., 1997. Oxidative stress: oxidants and antioxidants. Experimental phisiology, 82, 291-295.
[2] Halliwell B., 2006. Reactive species and antioxidants. Redox biology is a fundamental theme of aerobic
life. Plant phisiology, 141, 312-322.
[3] Wood Z.A., Schroder E., Harris J.R., Poole L.B.
2003. Structure, mechanism and regulation
of peroxiredoxins. Trends in biochemical sciences, 28,
32-40.
Danni ossidativi. Esempi e conclusioni
Il danno che l’O2 può causare agli organismi privi di difese antiossidanti è notevole. Topi da laboratorio a cui
sono state disattivate le funzioni antiossidanti hanno
manifestato mortalità nei primi 10 giorni dopo la nascita, per anomalie cardiache, accumulo di grasso nel fegato e nei muscoli scheletrici, acidosi metabolica e danno
mitocondriale nel cuore e, in minor misura, negli altri
tessuti [4].
Il danno ossidativo al dna, alle proteine e ai lipidi si verifica ugualmente in tutti gli organismi alle concentrazioni ambientali di O2 poiché le difese antiossidanti non
sono efficaci al 100%: ecco spiegati i casi di cancro in
età avanzata e l’invecchiamento in sé. Perché tale ineffi-
[4]Lebovitz R.M., Zhang H., Vogel H., Cartwright J.JR.;
Dionne L., Lu N., Huang S., Matzuk M.M., 1996. Neurodegeneration, myocardial injury, and perinatal death
in mitochondrial superoxide dismutase-deficient mice.
Proceedings of the national academy of sciences, 93,
9782-9787.
[5] D’Autréaux B., Toledano M.B., 2007. ROS as signalling molecules: mechanisms that generate specificity in
ROS homeostasis. Nature reviews molecular cell biology, 8, 813-824.
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Rosario Iacono è dottorando di ricerca in Biologia vegetale e
produttività della pianta coltivata presso il dipartimento di
Produzione vegetale dell’Università degli Studi di Milano.
www.intersezioni.eu
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