7.4.2. Amplificatore di transresistenza L’amplificatore di transresistenza è caratterizzato dalla relazione Vu = Rm Ie e viene realizzato con amplificatore operazionale mediante lo schema di fig.7.29. + ri Ad Vi ro Vi - Vu Ie Z Fig.7.29: Amplificatore di transresistenza Applicando il concetto di corto circuito virtuale l’equilibrio delle correnti all’ingresso “-“ porta infatti alla relazione: V I e u , da cui Z VU ZI e Rm I e Per il calcolo dell’impedenza di ingresso (naturalmente non si può ricorrere al concetto di corto circuito virtuale), si ha: Vu Vi ZI e Z A Zing d Ie Ie Ad I e Ad L’impedenza di ingresso è quindi molto piccola, come deve essere in un amplificatore di transresistenza. Ancora una volta constatiamo come la reazione negativa tenda a rendere gli amplificatori ideali. Per quanto riguarda lo schema del circuito si osservi che l’ingresso dell’amplificatore è una corrente, quindi si deve riportare in ingresso una corrente, proporzionale alla tensione, che costituisce la grandezza di uscita. In ingresso deve essere presente un sommatore di correnti, cioè un nodo. Per il calcolo dell’impedenza di uscita applichiamo all’uscita un generatore di tensione V. Apriamo il generatore di corrente in ingresso e calcoliamo la corrente I che entra dal morsetto di uscita. Si avrà, trascurando la corrente che passa in Z: V AdVi I ro D’altra parte, essendo aperto il generatore di corrente Ie, Vi V 0 ri Z quindi r r Vi V i , dove i ha il significato di trasferenza in tensione della catena di ritorno. Z Z da cui Ar V d iV V AdVi Z I ro ro e Z usc V I ro ri Z Si osservi che considerare anche la corrente che passa in Z porterebbe a un’ulteriore diminuzione della resistenza di uscita calcolata. 1 Ad 7.4.3.Applicazioni dell’amplificatore di transresistenza. Amplificatore di tensione invertente. + T - Z1 Z2 Vu Ve Fig.7.30: Amplificatore di tensione invertente. Consideriamo lo schema di fig.7.30, derivato dalla 7.29, realizzando il generatore di corrente Ie con un generatore di tensione Ve e un’impedenza Z1: V Ie e Z1 e quindi Z Vu Z 2 I e 2 Ve Z1 Si è realizzato un amplificatore di tensione invertente. E’ un cattivo amplificatore, perché ha una bassa impedenza di ingresso (Z1). Ha tuttavia importanti applicazioni, il cui principio di funzionamento si basa sul fatto che il punto T (fig.7.30) è a potenziale 0 e qualunque corrente che entri nel nodo T provenendo da un circuito esterno deve percorrere anche Z2. Si può dire che il nodo T disaccoppia tra loro i rami che vi confluiscono. Z1 Z V1 Z2 V2 Z3 V3 + Vu Fig.7.31:Circuito sommatore.. Consideriamo ad esempio il seguente circuito sommatore o combinatore lineare (fig.7.31) ottenuto ridisegnando l’amplificatore di tensione invertente con l’ingresso invertente dell’AO in alto e aggiungendo un opportuno numero di rami di ingresso. Si ha: Vu ZI con I V1 V2 V3 Z1 Z 2 Z3 e dunque V1 V2 V3 ) Z1 Z 2 Z3 La tensione di uscita è una combinazione lineare delle tensioni di ingresso. Vu Z ( Dallo schema dell’amplificatore di tensione invertente di fig. 7.30, scegliendo opportunamente le impedenze Z1 e Z2, si possono ottenere circuiti integratori, derivatori, amplificatori logaritmici e antilogaritmici (da cui il nome di “operazionale” dato all’AO). Integratore Z2 = 1/sC Z1= R Ve + Vu Fig.7.32:Integratore. Consideriamo il circuito di fig.7.32. Z1 è una resistenza per cui la tensione Ve viene trasformata in una corrente ad essa proporzionale. Z2 è un condensatore, che produce una tensione, funzione del tempo, proporzionale all’integrale della corrente che lo attraversa, corrente che è la stessa che attraversa Z1. In conclusione la tensione vu(t) è proporzionale all’integrale di ve(t). In altri termini: Z 1 Vu 2 Ve Ve Z1 sRC che in termini di grandezze funzioni del tempo dà: 1 vu ( t ) ve ( t )dt RC Z2 = R Z1= sL Ve + Vu Fig.7.33:Integratore. In linea di principio si potrebbe impiegare anche il circuito di fig. 7.33, che tuttavia non è usato in pratica per gli inconvenienti legati alla presenza di induttanze. La corrente nell’induttanza è proporzionale all’integrale della tensione di ingresso e quindi anche la tensione di uscita è proporzionale all’integrale dell’ingresso. Derivatore Z2= R Z1= 1/sC -Ve + Vu Fig.7.34: Derivatore Il derivatore si ottiene, rispetto all’integratore, scambiando le posizioni di condensatore e resistenza. Con riferimento al circuito di fig.7.34 si ha: Z Vu 2 sRCV e Z1 Nel dominio del tempo dv ( t ) vu ( t ) RC e dt Finora abbiamo illustrato applicazioni di tipo lineare. Ma si possono ottenere anche funzioni di trasferimento non lineari. Amplificatore logaritmico VD ID Ve\R R - Ve ++ Vu Fig.7.35. Amplificatore logaritmico. Un esempio è l’amplificatore logaritmico (fig.7.35), che fornisce una tensione Vu: Vu K1 log k 2Ve dove la costante K1 è dimensionalmente una tensione e K2 è una tensione alla –1. Tra tensione e corrente del diodo vale la relazione I VD VT ln D , Is V ma I D I e e R Dall’esame del circuito si ha poi: V ID ) VT ln( e ) K 1 ln( K 2Ve ) Is RI s 1 e K2 RI s Vu VD VT ln( con K1 VT Le costanti K1 e K2 dipendono fortemente dalla temperatura e per ottenere un valido amplificatore logaritmico è necessario ricorrere a circuiti di compensazione. L’amplificatore logaritmico funziona solo per tensioni positive; d’altra parte il logaritmo è definito solo per grandezze positive. Eventualmente si può rovesciare il diodo. Lo scopo dell’amplificatore logaritmico è quello di comprimere la dinamica dei segnali; viene usato anche per strumenti che presentino la misura in dB: Scambiando resistenza e diodo si costruisce un amplificatore antilogaritmico.