EFFETTO SERRA: E’ TUTTA UNA BUFALA?
Come tutti sapranno, nel 1997 è stato firmato a
Kyoto un trattato che si poneva l’obiettivo di
razionare la produzione mondiale di energia,
poiché
ritenuta
la
principale
causa
del
riscaldamento globale del pianeta. L’ipotesi della
responsabilità umana nel verificarsi di questo
fenomeno era già stata avanzata dal VicePresidente degli Stati Uniti Al Gore, il quale, affermando che la grande maggioranza degli
scienziati, fatta eccezione per pochi scettici, concordava con l’attribuire all’uomo la responsabilità
del riscaldamento globale, portò avanti la sua campagna che metteva in luce i disastrosi
cambiamenti che avrebbe subito l’ambiente e raccolse un crescente numero di consensi grazie
anche alla realizzazione del film “Una scomoda verità”, proiettato in tutto il mondo e in numerose
scuole pubbliche americane. Durante questa campagna, per più di 10 anni, è stato più volte
affermato che, dato lo schiacciante consenso del mondo scientifico, sarebbe stato inutile portare
avanti ulteriori ricerche ed ulteriori dibattiti sull’argomento.
Quello che non tutti forse sanno è che, dal momento che queste motivazioni non hanno
convinto il governo degli Stati Uniti ad iniziare il razionamento dell’energia, l’ONU ha
portato avanti la campagna contro l’uso degli idrocarburi, tenendo una serie di meeting
internazionali a cui hanno partecipato circa 2000 persone, delle quali 600 rappresentavano il
gruppo centrale degli scienziati, pochi altri erano scienziati esterni al gruppo e la restante
parte era costituita
da rappresentanti politici, burocratici e membri “non-scientifici” di
organizzazioni ambientali, economiche e politiche. Anche in questi incontri la parola d’ordine è
stata “la scienza è unanimamente d’accordo”.
Quello che i media non hanno trasmesso è che intanto nel mondo scientifico ricercatori e
docenti universitari, confrontandosi tra loro, si sono accorti che questo largo consenso in
realtà non esisteva e nel 1998 hanno fatto partire il “Petition Project”, una lista di firme di
autorevoli esponenti (tra i quali anche premi Nobel) nel campo delle scienze atmosferiche,
ambientali e della Terra (3.697), delle scienze matematiche e informatiche (903), della fisica e
delle scienze aerospaziali (5.691), della chimica (4.796), della biologia e dell’agricoltura
(2.924), della Medicina (3.069), dell’ingegneria e delle scienze generali (9.929) per dire NO ad
una campagna piena di affermazioni false e di inesattezze scientifiche, fondata su dati non
provati sperimentalmente e su un modello matematico previsionale creato da un computer
sulla cui validità si nutrono ancora molti dubbi.
“Gli stati Uniti sono molto vicini all’adottare l’accordo internazionale che vorrebbe razionare
l’uso di energia e di tecnologie che dipendono dal carbone, dal petrolio, dal metano e da altri
composti organici. Questo trattato è basato, a nostro avviso, su idee deboli. I dati delle ricerche sul
cambiamento del clima non mostrano che l’uso dell’uomo degli idrocarburi è dannoso. Al
contrario ci sono delle buone prove che l’aumento di diossido di carbonio nell’atmosfera sia
ambientalmente utile. L’accordo proposto avrebbe molti effetti negativi sulla tecnologia dei paesi
di tutto il mondo, specialmente su quelli che stanno attualmente cercando di uscire dalla povertà e
che forniscono opportunità a più di 4 miliardi di persone in paesi tecnologicamente sottosviluppati.
è molto importante per l’America dare ascolto ai suoi cittadini che hanno la preparazione
necessaria per valutare la pertinenza dei dati e per offrire saggi consigli”
Questo è il contenuto della lettera che ha scritto Frederick Seitz, uno dei maggiori promotori del
progetto, Presidente dell’US National Accademy of Sciences e della Rockfeller University,
vincitore della National Medal of Science, del Compton
Award, della Franklin Medal e di
numerosi altri premi, inclusi dottorati onorari di 32 università in tutto il mondo.
Questi “pochi scettici” sono in realtà oggi 31.072 scienziati Americani ( la petizione è circolata
per ora solamente negli USA), 9.021 dei quali hanno conseguito il dottorato di ricerca, un
gruppo molto numeroso quindi rispetto ai 2500 scienziati dell’IPCC (Intergovernental Panel
on Climate Change) che hanno fornito la versione ormai più nota e diffusa dai media.
Ma vediamo quali sono le tesi alternative sostenute da questo numeroso gruppo controcorrente:
il primo presupposto è che la temperatura media della Terra, a causa dei fenomeni naturali, è variata
di 3° C durante gli ultimi 3000 anni. Il picco di temperatura più alta registrato in questo periodo
risale a 1000 anni fa, quando nell’era dell’ “Ottimo climatico Medievale” faceva così caldo che la
Groenlandia era colonizzata e ricoperta di vegetazione, mentre il picco più basso, verificatosi nel
1860, ha dato avvio alla “Piccola era Glaciale”, dopo il quale la temperatura è iniziata ad aumentare
fino ai giorni nostri dando luogo a conseguenze ambientali che tutti conosciamo, come il ritiro dei
ghiacci, l’aumento del livello del mare ecc.
Ci troviamo quindi oggi in un naturale
processo di ripresa della temperatura, un
trend iniziato dopo la Piccola era glaciale
nel 1860 e non a metà del ‘900, quando la
corsa all’industrializzazione ha provocato
l’aumento dell’uso degli idrocarburi da
parte dell’uomo. È curioso come i media e i principali sostenitori dell’ipotesi “Human-caused
global warming” abbiano sempre scelto arbitrariamente di mostrare nei grafici l’andamento della
temperatura a partire dal 1860, l’era più fredda degli ultimi 10.000 anni, sottolineando con quei dati
l’allarmante e rapido aumento della temperatura di 0.5° C. Questo ritmo di crescita si rivela in realtà
in media con altri valori storici verificatisi nell’ultimo secolo, durante la ripresa della piccola era
glaciale che hanno visto un aumento di temperatura da 0,4° C a 0,5° C. La temperatura atmosferica
attuale rientra inoltre nelle medie degli ultimi 3000 anni.
Se l’ipotesi della causalità umana nel riscaldamento del clima fosse vera, la temperatura avrebbe
dovuto subire un’accelerazione nel suo ritmo di crescita dal 1940, da quando cioè i livelli di CO2
sono costantemente aumentati, invece non solo questo non si è verificato, ma proprio in quegli anni
la temperatura è diminuita, tanto che nel 1970 si parlava del rischio di una nuova glaciazione!
Se il riscaldamento fosse dovuto all’aumento degli idrocarburi, aggiunge il Professor Lindzen, nella
troposfera dovrebbe fare ancora più caldo, invece i dati mostrano come la sua temperatura non sia
affatto aumentata.
L’ipotesi avanzata da questi scienziati è
che la temperatura del pianeta, che negli
ultimi 127 anni ha subito periodi di
crescita e di decrescita, sia influenzata
dall’attività solare. Come si può vedere dal
grafico, infatti, questi due fattori sono
strettamente
presente
correlati,
invece
tra
correlazione
la
non
temperatura
atmosferica e l’uso degli idrocarburi. Queste
fluttuazioni, tipiche delle stelle di grandezza e di età simile a quella del sole, sta provocando non
solo il riscaldamento della Terra, ma anche quello di Marte, Giove, Nettuno, del suo satellite
Tritone e di Plutone, le temperature dei quali stanno subendo un aumento simile a quello della
tempertura terrestre. I dati sperimentali non provano che l’attività solare sia l’unico fenomeno
responsabile delle fluttuazioni della temperatura, ma provano che l’uso umano degli idrocarburi non
è tra questi fenomeni.
Da varie registrazioni emerge che non solo la temperatura atmosferica ma anche il livello del mare e
la lunghezza dei ghiacci sono in linea con le attività solari. In particolare vengono evidenziate la
presenza dal 1800 di tre periodi intermedi in cui il livello del mare e la lunghezza dei ghiacci è
cresciuta e di due periodi in cui invece sono diminuite, come è accaduto per l’attività solare e non
invece per l’uso degli idrocarburi. Il processo di ritiro della banchisa artica è iniziato un secolo
prima del 1940 e non ha subito accelerazioni tra il 1940 e il 2007, mentre l’uso degli idrocarburi in
questo periodo è diventato di sei volte maggiore, allo stesso modo il livello del mare ha iniziato ad
innalzarsi un secolo prima del largo uso degli idrocarburi e non ha subito accelerazioni durante e
dopo quel periodo.
Con il naturale aumento della temperatura si stanno verificando anche altri cambiamenti
climatici: la Groenlandia sta iniziando a tornare verde come lo era mille anni fa, il ghiaccio
del Mare Artico si sta ritirando ma quello dell’Antartico sta aumentando, riequilibrando così
la superficie ghiacciata del pianeta (il 1° ottobre 2007 ha battuto il record di estensione dei
ghiacci). Negli Stati Uniti le precipitazioni aumentano di 1,8 pollici al secolo, mentre diminuisce il
numero dei tornado violenti rispetto a 50 anni fa.
Questi cambiamenti stanno avvenendo in modo graduale e nei normali margini dei cambiamenti
climatici intercorsi nei passati 2000 anni, non c’è nessuna prova, infatti, che tali fenomeni si siano
verificati all’improvviso e inaspettatamente.
Nessuno di questi fenomeni è stato
influenzato
dall’aumento
dell’uso
degli Idrocarburi, in quanto anche in
questi casi i cambiamenti non hanno
subito alterazioni del loro ritmo. Se la
temperatura mondiale continuerà a
crescere con lo stesso ritmo, tra circa
due secoli raggiungeremo quella dell’ottimo clima medievale, con il risultato che aree ora
troppo fredde saranno coltivabili e, come si è già verificato ad altitudini più alte, la quantità di
specie animali e vegetali crescerà del 50%. Gli scienziati ricordano inoltre che nell’epoca più
calda degli ultimi 3000 anni, quando la temperatura era di 1° C superiore alla nostra attuale non si è
verificata alcuna catastrofe naturale e non c’è nessuna registrazione che faccia pensare che questa
debba verificarsi ora, anche se la temperatura continuasse a riscaldarsi: le malattie epidemiche
dovute agli insetti, l’estinzione di specie, l’aumento di alluvioni nell’Oceano pacifico, l’aumento del
numero e della violenza degli uragani e dei tornado, previsti tutti da un modello climatico
computerizzato inaffidabile, non hanno trovato supporto empirico e sono state smentite da diverse
osservazioni.
Quindi l’aumento di CO2 nell’atmosfera non ha portato nessun cambiamento? Non
esattamente, è aumentato, infatti, il tasso di crescita delle piante: le foglie traspirano meno e
perdono meno H2O, riuscendo in questo modo a crescere anche negli ambienti più asciutti.
Dal 1950 le foreste negli Stati Uniti sono aumentate del 40%, la vegetazione nella foresta
amazzonica aumenta di 2 tonnellate di biomassa per acri per anno. L’effetto di fertilizzazione
provocato dall’aumento di CO2 sta
portando benefici anche nel regno
animale, come ha mostrato lo studio di
51 ecosistemi terrestri e 22 ecosistemi
acquatici. Altri studi sugli ecosistemi di
tutto il pianeta hanno mostrato che
l’aumento della biodiversità tra gli
animali è correlato all’aumento della
vegetazione, gli animali, infatti, ottengono il carbonio dalle piante di cui si nutrono, che a loro volta
lo estraggono dalla CO2 nell’atmosfera.
Non solo gli idrocarburi portano benefici all’ambiente, ma sono un essenziale fonte di energia per il
sostentamento dei Paesi in via di sviluppo, dove i capitali e le tecnologie disponibili sono
insufficienti a soddisfare i crescenti bisogni energetici. Gli scienziati concludono affermando che,
se a causa di malintesi nel mondo scientifico e della paura pubblica ad essi seguente, venisse
ridotto l’uso degli idrocarburi, verrebbe fermata la crescita nella prosperità di molti paesi con
la perdita di centinaia di milioni di vite umane.
Secondo il Professor Essenhigh il contributo umano all’effetto serra sarebbe solo del 2 per mille:
infatti, oltre al vapore acqueo che costituisce il 95% dei gas in atmosfera e che è di origine naturale
per il 99,99%, contribuiscono all’effetto serra:
Prodotto dell’uomo
Naturale
CO2
3,225%
96,775%
Metano
18,338%
81,662%
(N2O)
4,933%
95,067%
CFC e altri gas
65,711%
34,289%
Dalla tabella risulta evidente che la responsabilità umana nell’effetto serra sia rilevante solo per
quanto riguarda l’utilizzo dei clorofluorocarburi, problema già affrontato e risolto, però con il
Protocollo di Montreal.
Non sono solo gli scienziati americani a mettere in dubbio la validità dell’ipotesi della
responsabilità umana nel riscaldamento del pianeta, ormai anche noti Professori di tutta Europa
come l’italiano Zichichi, Presidente della World Federation of Scientists o il tedesco Erns-Georg
Beck della Merian Schule di Friburgo sostengono che l’IPPC abbia scelto i dati di riferimento in
maniera selettiva, ignorando sistematicamente molte ricerche e abbiano “forzato i risultati” per
validare la loro tesi.
Non è finita: all’interno dello stesso IPCC chi ha provato ad avanzare dubbi o a protestare della
volontaria distorsione dei risultati che lui stesso aveva trovato è rimasto isolato o ha dato le
dimissioni, è il caso del Professor Landsea e del Professor Zillman, lo stesso ex Presidente della
Commissione ONU che ha denunciato l’inclinazione molto ideologica e poco scientifica dell’IPCC.
A che scopo scatenare un allarme generale su premesse non fondate scientificamente? A rispondere
è John Christy, scienziato insignito di medaglia al merito dalla NASA e membro dell’IPCC “Si
percepisce l’interesse personale a scatenare il panico perché in questo modo molti fondi
verranno destinati agli scienziati stessi dell’ONU”, stesse affermazioni fatte 20 anni fa dal dott.
Stephen Schneider del National Center for Atmospheric Research aBoulder (Colorado): “Abbiamo
bisogno, per ottenere un ampio sostegno, di catturare l’immaginazione del pubblico. Questo
richiede di ottenere una grande attenzione da parte dei media (…) dobbiamo offrire scenari
terrificanti (…) decidendo il giusto equilibrio tra l’essere efficaci e l’essere onesti”.
Non è difficile a questo punto comprendere l’indignazione dei 31.072 scienziati americani che
hanno firmato la petizione.
Per ulteriori approfondimenti:
http://www.petitionproject.org/
http://scienceandpublicpolicy.org/images/stories/papers/other/Robinson_Soon.pdf