Le neutropenie para-infettive Marco Zecca Oncoematologia

Le neutropenie para-infettive
Marco Zecca
Oncoematologia Pediatrica, Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia
L’impiego routinario di test biochimici ha portato ad un aumento della diagnosi di
neutropenia in pediatria. Si definisce neutropenia una riduzione del numero assoluto dei
polimorfonucleati neutrofili circolanti nel sangue periferico nei neonati e lattanti di età
compresa fra 2 settimane e 1 anni di vita al di sotto di 1.000/mm3 ed al di sotto di
1.500/mm3 dopo l’anno di vita.1 La neutropenia può essere un fattore predisponente ad
infezioni severe, come nel caso di pazienti con malattia neoplastica, ma può essere
diagnosticata incidentalmente in bambini asintomatici. L’inquadramento diagnostico di
questi pazienti può essere difficile e la diagnosi differenziale spazia da patologie gravi a
condizioni benigne, autolimitantisi e di scarsa rilevanza clinica. Ulteriori controlli a distanza
della condizione riscontrata, e la raccolta di informazioni anamnestiche unitamente
all’esecuzione di un esame clinico approfondito e di ulteriori esami di primo e, ove
necessario, di secondo livello, potranno essere d’aiuto nella diagnosi.
Il riscontro di una condizione di neutropenia in corso di infezione e sintomatologia febbrile
è un evento frequente nella pratica clinica. Spesso, la neutropenia in corso di febbre è
secondaria all’infezione stessa (virale, batterica o parassitaria), piuttosto che esserne la
causa. Infatti, le neutropenie secondarie a processi infettivi rappresentano la più comune
causa di neutropenia transitoria dell’infanzia dovuta a fattori estrinseci.
Un recente studio pubblicato da Angelino et al. ha mostrato come il 68% delle neutropenie
acute (durata < 6 mesi) ed il 3% di quelle croniche (durata > 6 mesi) siano secondarie a
causa infettiva.2 In questo studio l’agente causale infettivo isolato più frequentemente è
risultato essere l’HHV-6. Analogamente, anche Husain et al. hanno dimostrato un agente
causale infettivo nel 55% dei bambini studiati nella loro analisi.3 La neutropenia è risultata
essere grave (< 500/mm3) nel 50% dei soggetti osservati.
Tra i vari agenti infettivi, i virus costituiscono la causa più frequente di neutropenia. In
particolare, vanno menzionati gli herpervirus (HHV-6, CMV, EBV, VZV), i virus epatitici A e
B, l’HIV, il virus dell’influenza A e B, il virus del morbillo, quello della varicella, il virus
respiratorio sinciziale ed il parvovirus B19.
Per quanto riguarda i meccanismi patogenetici, le neutropenie associate ad infezioni virali
possono essere secondarie ad una ridotta produzione midollare, a ridistribuzione dei
polimorfonucleati neutrofili nei tessuti o a loro distruzione periferica con meccanismo
immunomediato.4 La mielosoppressione, oltre ad essere legata ad un effetto diretto del
patogeno virale, può anche essere indotta dai farmaci utilizzati per il trattamento
dell’infezione, come nel caso di neonati trattati con ganciclovir per infezione congenita da
CMV.
Dal punto di vista clinico, la neutropenia para-infettiva compare usualmente a 24-48 ore
dall’esordio dell’infezione e solitamente la normalizzazione della conta granulocitaria
avviene spontaneamente in concomitanza con o pochi giorni - settimane dopo la
risoluzione dell’infezione.4 In un numero limitato di casi, principalmente indotti da
parvovirus B19, si è osservata una neutropenia di durata maggiore, anche superiore ai 6
mesi, che ha richiesto un trattamento con immunoglobuline endovena.
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Anche le infezioni batteriche possono determinare una neutropenia, che si può osservare
più frequentemente in corso di tubercolosi, brucellosi, tularemia, tifo, ma anche in caso di
infezione da Escherichia coli, Neisseria meningitidis, Salmonella spp. Tra i parassiti vanno
menzionati il Toxoplasma gondii e la Leishmania spp. Il meccanismo responsabile della
neutropenia in queste condizioni non è ancora completamente chiarito. Neutropenia si può
osservare anche nella malaria dovuta a Plasmodium vivax.5
Al contrario delle infezioni virali, le sepsi batteriche rappresentano una delle cause più
gravi e, potenzialmente fatali, di neutropenia. In questo caso, la neutropenia è dovuta sia
ad un’aumentata distruzione periferica, sia alla deplezione del pool di riserva midollare.
L’aumentata distruzione può verificarsi dopo la fagocitosi dei microorganismi responsabili
della sepsi e può essere dovuta al rilascio di metaboliti dell’acido arachidonico, oppure può
essere il risultato dell’attivazione del sistema del complemento, sia attraverso la via
classica sia quella alternativa. La risultante incrementata produzione del fattore C5a
induce l’aggregazione dei neutrofili con formazione di “leucoemboli” che aderiscono e
danneggiano la superficie endoteliale nel letto capillare polmonare. Una neutropenia
complemento-mediata si può osservare anche durante l’esecuzione di procedure di
emodialisi, di leucaferesi ed in caso di gravi ustioni.
Infine, va ricordato come il neonato rappresenti un soggetto particolarmente a rischio di
neutropenia grave in corso di sepsi.1 in questo caso, una grave infezione batterica può
determinare profonda neutropenia per depauperamento delle riserve midollari ed
esaurimento della capacità produttiva. Infatti, pur essedo nel neonato la conta dei neutrofili
nel sangue periferico simile a quella del bambino e dell’adulto, la massa totale dei
neutrofili per grammo di peso corporeo è nettamente inferiore per riduzione del pool di
riserva midollare. Inoltre, le capacità produttive midollari non sono ulteriormente
incrementabili in condizioni di aumentata richiesta in seguito a processo infettivo.6–8
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