i trattati (seconda parte prof . giuseppe cataldi

“I TRATTATI”
(SECONDA PARTE)
PROF. GIUSEPPE CATALDI
Università Telematica Pegaso
I trattati (seconda parte)
Indice
1 INEFFICACIA DEI TRATTATI NEI CONFRONTI DEGLI STATI TERZI ------------------------------------ 3 2 INCOMPATIBILITÀ TRA NORME CONVENZIONALI ------------------------------------------------------------ 4 3 IL REGIME DELLE RISERVE -------------------------------------------------------------------------------------------- 5 4 INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI ---------------------------------------------------------------------------------- 9 5 CAUSE DI INVALIDITÀ E DI ESTINZIONE DEI TRATTATI --------------------------------------------------- 16 BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO: ------------------------------------------------------------------------------------------ 20 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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I trattati (seconda parte)
1 Inefficacia dei trattati nei confronti degli Stati
terzi
I trattati vincolano solo gli Stati contraenti. Diritti ed obblighi per terzi Stati non possono
derivare da un trattato se non attraverso la partecipazione dei terzi Stati al trattato medesimo.
Se il trattato è aperto, ossia contiene la c.d. clausola di adesione o accessione, la posizione
degli Stati terzi in nulla differisce da quella dei contraenti originari. L’unica differenza risiede nella
circostanza che i primi hanno partecipato all’elaborazione dell’accordo.
E’ possibile che non sia prevista tale clausola, quindi non è possibile la piena e formale
partecipazione di uno Stato terzo all’accordo, ma solo la possibilità che singoli diritti a suo favore o
singoli obblighi a suo carico derivino da tale convenzione. In tale caso è necessario dimostrare che
tali diritti ed obblighi siano accettati dallo Stato terzo e che tale accettazione sia prevista dal trattato.
Occorre, in altre parole, che il trattato contenga un’offerta alla quale corrisponda
un’accettazione da parte dello Stato terzo. Al di fuori di tali ipotesi vale il principio dell’inefficacia
dei trattati nei confronti degli Stati non contraenti.
Quando gli Stati Parti di un trattato si impegnano a tenere comportamenti vantaggiosi per
il terzo, tali vantaggi, finché non si trasformino in diritti attraverso la partecipazione del terzo,
possono sempre essere revocati (natura riflessa di tali diritti e obblighi).
Carattere riflesso dei diritti e degli obblighi derivanti da un trattato per uno Stato terzo.
Tali regole trovano riscontro nella Convenzione di Vienna del 1969.
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2 Incompatibilità tra norme convenzionali
E’ possibile che uno Stato si impegni mediante accordo a tenere un certo comportamento e
poi , con accordi con Stati diversi, si obbliga a tenere il comportamento contrario; oppure che alcuni
tra gli Stati vincolati da un trattato ne modifichino, con un successivo trattato, tutte o determinate
disposizioni.
In questi casi si può andare incontro al problema dell’incompatibilità fra norme
convenzionali.
La soluzione si ottiene combinando i principi della successione dei trattati e dell’inefficacia
dei trattati nei confronti dei terzi. Tra gli Stati contraenti di entrambi i trattati, l’accordo successivo
prevale.
Restano invece integri tutti gli obblighi nei confronti degli Stati parti di uno solo dei trattati.
In tal caso lo Stato che ha ratificato entrambi i trattati dovrà scegliere quale rispettare e andrà
incontro ad un illecito, sarà quindi internazionalmente responsabile.
Clausole di compatibilità o di subordinazione.
Analoga soluzione si rinviene nella Conv. Di Vienna.
Un discorso a parte va fatto per l’art. 103 della Carta dell’Onu che considera prevalenti gli
obblighi derivanti dalla Carta su quelli di qualsiasi altro accordo internazionale.
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3 Il regime delle riserve
Attraverso l’istituto della riserva lo Stato esprime la volontà di:
-
non accettare alcune clausole di un trattato;
-
accettare alcune clausole con talune modifiche;
-
accettare alcune clausole secondo una certa interpretazione attraverso la
dichiarazione interpretativa
Lo scopo dell’ istituto delle riserve è quello di consentire la più larga partecipazione
possibile nei trattati multilaterali.
A quali Trattati si applicano?
Le riserve sono un istituto applicabile ai Trattati multilaterali, non sono ammissibili in un
Bilaterale dal momento che una riserva apposta da uno dei due Stati non può che equivalere ad una
proposta di modifica del testo del Trattato, nel senso che la parte che non vuole assumere certi
impegni può proporre direttamente la cancellazione dal testo della clausola su cui c’è diversità
d’opinione.
La disciplina delle riserve è contenuta principalmente nella Convenzione di Vienna sul
diritto dei Trattati del 1969, agli articoli 19-23.
L’ art. 2 lett d) stabilisce che “il termine riserva indica una dichiarazione unilaterale fatta da
uno Stato quando sottoscrive, ratifica, accetta o approva un trattato o vi aderisce, mediante la quale
esso mira ad escludere o modificare l’effetto giuridico di alcune disposizioni del trattato nella loro
applicazione a tale Stato”.
È possibile distinguere tra:
a) Riserva eccettuativa: è una dichiarazione unilaterale mediante la quale lo Stato si
obbliga al rispetto di un trattato, escludendo però l’applicazione di una o più disposizioni.
b) Riserva modificativa: è una dichiarazione unilaterale con la quale lo Stato si vincola ad
un trattato con la modifica di una o più clausole.
c) Riserva interpretativa (detta anche dichiarazione interpretativa): è una dichiarazione
unilaterale mediante la quale lo Stato si vincola ad un trattato specificando che una o più
disposizioni saranno accettate come vincolanti soltanto se intese secondo un determinato significato
ed escludendone ogni altro astrattamente possibile.
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Evoluzione della disciplina delle riserve:
Secondo il diritto internazionale classico la possibilità di apporre riserve doveva essere
tassattivamente concordata nella fase della negoziazione; in mancanza, si riteneva che uno Stato
non avesse altra alternativa che quella di ratificare o meno il trattato.
In definitiva, la ratifica di un Trattato Multilaterale accompagnata da riserve non previste dal
testo del Trattato stesso era inammissibile.
Modalità per apporre riserve
Due erano i modi attraverso i quali apporre riserve:
1. I singoli Stati dichiaravano al momento della negoziazione di non voler accettare
alcune clausole e quindi nel testo del trattato si faceva menzione di tale riserva;
2. oppure il testo prevedeva genericamente la facoltà di apporre riserve al momento della ratifica o
dell’adesione;
L’attuale disciplina delle riserve si è affermata in seguito al parere della Corte
Internazionale di Giustizia (28.05.1951), in risposta ad una richiesta dell’Assemblea Generale
dell’Onu circa la possibilità di apporre riserve alla Convenzione sul genocidio, che non prevedeva
tale clausola.
La Corte affermò che una riserva poteva essere formulata all’atto della ratifica, anche se la
facoltà non era prevista dalla Convenzione, purché essa fosse compatibile con l’oggetto e con lo
scopo del trattato.
Ammetteva però la possibilità che un altro Stato contestasse la riserva e la sua compatibilità
con lo spirito del trattato. In tal caso, se non si raggiunge un accordo, il trattato non sussiste tra
Stato contestante e Stato autore della riserva, facendo così salvo il diritto di “contestazione”
della riserva. Un altro Stato contraente può contestare la riserva, sostenendone appunto
l’incompatibilità con l’oggetto e lo scopo del trattato.
Nel qual caso, se non si raggiunge un accordo sul punto, il trattato non può ritenersi
esistente nei rapporti tra lo Stato “contestante” e lo Stato autore della riserva.
La Convenzione codifica il principio che una riserva può essere sempre formulata purchè
non sia espressamente esclusa dal testo del trattato e purchè non sia incompatibile con l’oggetto e lo
scopo del trattato medesimo (art. 19);
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Stabilisce inoltre che la riserva, quando non è prevista nel testo del trattato, può essere
contestata da un’altra parte contraente;
ed aggiunge che, se tale contestazione o obiezione non è manifestata entro 12 mesi dalla
notifica della riserva alle altre parti contraenti, la riserva si intende accettata (art. 20, par. 5).
L’articolo 19 Convenzione di Vienna dispone che:
Uno Stato, nel momento di sottoscrivere, ratificare, accettare, approvare un trattato o di
aderirvi, può formulare una riserva, a meno che:
a) la riserva non sia proibita dal trattato;
b) il trattato non disponga che possono essere fatte solo determinate riserve, fra le quali non
figura quella in questione; oppure
c) nei casi diversi da quelli contemplati sub a) e b), la riserva non sia incompatibile con
l’oggetto e lo scopo del trattato.
La prassi successiva ha portato ad ulteriori sviluppi:
È possibile per uno Stato formulare riserve anche in periodo successivo alla ratifica, purché
non vi siano obiezioni al riguardo.
Problema molto discusso è quello relativo all’inammissibilità delle riserve.
Ci si chiede cosa succede se la riserva è stata accettata, ma risulta contraria all’oggetto e allo
scopo del trattato; o se, viceversa, la riserva ha incontrato obiezioni, ma dal punto di vista oggettivo
non è contraria all’oggetto e allo scopo del trattato.
In questi casi la riserva è da considerarsi ammissibile o inammissibile?
Secondo il Conforti, se sulla questione dell’ammissibilità è chiamato a pronunciarsi un
giudice, internazionale o interno, esso potrà decidere autonomamente, ovviamente con effetti
limitati al caso di specie. Ciò con l’unica eccezione, per quanto riguarda il giudice interno, che
esso dovrà tener conto delle riserve e delle obiezioni formulate dagli organi costituzionalmente
competenti del proprio Stato.
Se invece un giudice non è chiamato a pronunciarsi, è opinione comune che gli Stati
contraenti debbano comunque tenere conto delle obiezioni, o della mancanza di obiezioni, alla
riserva.
Anche dopo la Convenzione di Vienna continua l’evoluzione della disciplina delle riserve.
Tra le innovazioni: il riconoscimento della possibilità che uno Stato formuli riserve in un
momento successivo rispetto a quello in cui aveva ratificato il trattato purchè nessuna delle altre
parti contraenti sollevi obiezioni contro il ritardo.
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Ma l’innovazione più importante rispetto al diritto internazionale classico si ricava dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani: si tratta della tendenza a ritenere che, se lo
Stato formula una riserva inammissibile, tale inammissibilità non comporta l’estraneità dello Stato
stesso rispetto al trattato ma l’invalidità della sola riserva; quest’ultima dovrà pertanto ritenersi
come non apposta.
Per il Conforti, l’apposizione di una riserva da parte del Governo all’atto della ratifica è
valida per il diritto costituzionale e anche per il diritto internazionale.
In caso, invece, di non dichiarazione del Governo di una riserva voluta dal Parlamento e
contenuta nella legge di autorizzazione, per la parte coperta dalla riserva lo Stato non sarà vincolato,
a meno che il Parlamento non revochi la riserva.
Competenza a formulare le riserve:
La delimitazione dei poteri di Esecutivo e Legislativo a formulare le riserve si rinviene nelle
carte costituzionali di ciascuno Stato.
Quando alla formazione della volontà dello Stato diretta a partecipare al trattato concorrono
più organi, può darsi che l’apposizione di una riserva sia decisa da uno di essi (es. Governo o
Parlamento) ma non dagli altri.
Per il Conforti, l’apposizione di una riserva da parte del Governo all’atto della ratifica è
valida per il diritto costituzionale e anche per il diritto internazionale.
In caso, invece, di non dichiarazione del Governo di una riserva voluta dal Parlamento e
contenuta nella legge di autorizzazione, per la parte coperta dalla riserva lo Stato non sarà vincolato,
a meno che il Parlamento non revochi la riserva.
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4 Interpretazione dei trattati
L’interpretazione nella teoria generale del diritto può essere definita come l’attività volta a
chiarire il senso e la portata di una norma giuridica. (A.Cassese)
Per quanto riguarda i trattati viene definita come:
“…la determinazione del significato da attribuire alle espressioni utilizzate dalle
parti nel testo di un trattato…”. (Treves)
Ai fini didattici distingueremo tra
-
metodi,
-
modi e
-
regole (principi e criteri)
Che cos’è l’oggetto dell’ interpretazione? E’ il TESTO di un accordo.
Tuttavia l’interprete si troverà spesso di fronte alla necessità, preliminare, di dover
individuare materialmente la disposizione o l’accordo applicabili in un caso concreto, scegliendo tra
più norme, accordi, disposizioni.
La tendenza ai fini dell’interpretazione dei trattati è nel senso dell’abbandono del metodo
subbiettivistico per il quale, sulla scorta della disciplina dei contratti nel diritto interno, ha rilievo la
volontà effettiva delle parti come contrapposta a quella dichiarata, a favore del
metodo
obbiettivistico, per il quale si deve attribuire al trattato il senso che appare palese nel testo, dalla
sua costruzione logica, in armonia con l’oggetto e con la funzione dell’atto.
Confermano tale approccio agli artt. 31-33 della Convenzione di Vienna del 1969
Ai fini dell’interpretazione dei trattati si applicano inoltre quelle regole di teoria generale
dell’interpretazione vigenti in quasi tutti gli ordinamenti e considerate, nell’ordinamento
internazionale, principi generali del diritto, con lo scopo di favorire, più che impedire, l’incontro tra
le volontà degli Stati.
Sono ammesse l’interpretazione estensiva e il ricorso all’analogia.
Non è invece ammessa l’interpretazione unilateralistica dei trattati, in base alla quale una
norma di diritto internazionale può assumere significati diversi a seconda dello Stato contraente.
I lavori preparatori nell’interpretazione di un trattato hanno un’importanza sussidiaria.
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Ad essi si ricorre solo per comprendere un testo ambiguo e lacunoso e per rafforzare
interpretazioni già desumibili dal testo del trattato.
Impostazione dell’attività di interpretazione:
Una volta individuato l’accordo occorre individuare secondo quale metodo s’intende
impostare l’attività interpretativa, se si vuole attribuire cioè priorità all’intenzione dei contraenti,
alla volontà espressa dal testo dell’accordo, se si vuole tenere conto dell’ oggetto e dello scopo di
quest’ultimo e se si intende prendere in considerazione la o le disposizione/i da interpretare
tenendo conto del contesto in cui esse sono inserite nell’ambito delle singole sezioni e parti che
costituiscono il trattato e dei documenti giuridici connessi con quest’ultimo, (riserve, dichiarazioni,
protocolli,annessi, allegati tecnici etc.)
La Convenzione di Vienna, al suo articolo 31, prende in considerazione più metodi
d’interpretazione:
y
soggettivo,
y
oggettivo,
y
sistematico,
y
teleologico o finalistico.
Metodo Soggettivo:
In base a questo metodo la volontà effettiva, ovvero l’intenzione delle parti contraenti,
dev’essere cercata allo scopo di chiarire il senso e la portata di una disposizione del trattato
oggetto d’interpretazione.
Metodo Oggettivo:
Al contrario, il metodo oggettivo fa riferimento alla volontà dichiarata dalle parti nel
testo, e quindi attribuisce rilievo soprattutto al fatto che “…debba attribuirsi al trattato il senso che
è fatto palese dal suo testo, che risulta dai rapporti di connessione logica intercorrenti tra le varie
parti del testo, che si armonizza con l’oggetto e la funzione dell’atto quali dal testo sono
desumibili…” (Conforti)
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Metodo Sistematico:
In base al metodo sistematico ogni disposizione di un trattato va interpretata tenendo conto
del contesto delle norme in cui è inserita e della connessione logica tra le varie parti del
trattato.
L’interpretazione sistematica delle disposizioni di un trattato consiste nell’interpretare
ognuna di esse nel contesto in cui sono inserite, tenendo conto del posto che ognuna di esse occupa
nell’economia dell’accordo ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo, ed in considerazione anche
del preambolo, che in genere spiega le finalità dell’accordo, e di ogni strumento in connessione con
il testo ed utile al fine di agevolare l’interpretazione delle sue disposizioni, come un protocollo
interpretativo o le dichiarazioni unilaterali di alcuni contraenti.
Metodo Filologico o Finalistico:
Predilige, ai fini dell’interpretazione delle disposizioni di un accordo, quella che meglio
risponde all’oggetto ed allo scopo dell’accordo.
Questo metodo può perciò consentire che, all’interno di uno stesso trattato, si utilizzino
differenti modalità d’interpretazione, cioè che alcune disposizioni siano interpretate estensivamente
ed altre in modo restrittivo.
Ad esempio: Il metodo finalistico è utilizzato da organi giurisdizionali internazionali ai fini
dell’interpretazione dei trattati istitutivi di OI, soprattutto per ricavare la possibilità di attribuire
poteri agli organi delle OI non espressamente previsti dal Trattato istitutivo, mediante l’utilizzo di
una particolare forma di interpretazione estensiva che è data dalla teoria dei poteri impliciti.
Ad esempio: Il metodo finalistico viene infine utilizzato dagli organi di controllo di alcuni
importanti accordi in materia di tutela dei diritti umani per l’interpretazione di disposizioni che
faccia prevalere l’interesse dei beneficiari di tali diritti, ossia i singoli individui, piuttosto che quello
degli Stati contraenti.
Modi di interpretazione:
A fini didattici possiamo distinguere vari modi d’ interpretazione:
a)
restrittiva
b)
estensiva
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c)
autentica
d)
giudiziale
e)
unilateralistica
f)
uniforme
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Interpretazione Restrittiva
L’interpretazione restrittiva è quel particolare modo di intendere una disposizione di un
trattato che si basa sulla lettera del testo e tende ad escludere possibilità di estendere il significato di
certi termini, ad esempio un permesso di circolazione di cittadini stranieri contenuto in un accordo
di amicizia viene interpretato escludendo dal termine cittadini, gli apolidi.
Ad esempio: L’interpretazione dei trattati di pace, in quanto trattati ineguali (che cioè sono
stipulati tra vincitori e vinti), viene nella prassi effettuata in modo restrittivo delle clausole
favorevoli ai vincitori. Trattato di pace del 1947 (Giurisprudenza Italiana) , Trattato di pace di
Versailles (Giurisprudenza tedesca)
Interpretazione estensiva
Il modo d’interpretazione estensiva consente di attribuire a termini o espressioni contenuti
nelle disposizioni di un accordo significati che vanno al di là del dato testuale ma che possano
implicitamente
o
espressamente
ricavarsi
dall’analisi
sistematica
del
testo,
dalla
considerazione per l’oggetto e lo scopo dell’accordo, dal contesto in cui esso fu concluso.
Analogia
“…una forma di interpretazione estensiva, (che) consiste nell’applicare una norma ad un
caso che essa non prevede ma i cui caratteri essenziali sono analoghi a quelli del caso previsto…”
(Conforti).
All’analogia nel diritto internazionale si ricorre per disciplinare fattispecie nuove, cioè
rapporti che non esistevano all’epoca di formazione della norma, e si porta come esempio
l’estensione per analogia delle norme consuetudinarie in materia di navigazione marittima a quella
aerea o di quest’ultima a quella cosmica.
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Interpretazione dei trattati istitutivi delle Organizzazioni Internazionali (OI):
L’interpretazione estensiva ha assunto particolare importanza in relazione ai trattati
istitutivi di OI dove, secondo alcuni, si sarebbero sviluppate regole particolari d’interpretazione,
valide cioè solo per questo tipo di accordo.
La forma che ha preso l’interpretazione estensiva in casi del genere è quella della teoria dei
“poteri impliciti”, teoria elaborata in origine dalla dottrina di Stati federali per estendere le
competenze del governo federale a scapito di quelle degli Stati federati.
Principio delle competenze di attribuzione
Nell’ordinamento internazionale, in considerazione del fatto che un trattato istitutivo di una
OI dotata di propri organi decisionali costituisce una limitazione di sovranità per gli Stati che
l’hanno concluso, vige il principio delle competenze di attribuzione.
In base al quale gli organi di una OI non possono esercitare poteri che non siano
espressamente previsti dal Trattato istitutivo.
Teoria dei poteri impliciti
Il
principio
delle
competenze
di
attribuzione
incontra
un’eccezione
proprio
nell’interpretazione estensiva del trattato istitutivo di una OI, ed in particolare nella teoria dei
poteri impliciti.
In base alla quale gli organi di una OI non solo possono esercitare i poteri
espressamente attribuiti loro ma anche quelli necessari all’esercizio del poteri espressi, anche
se non previsti dal trattato.
Parere della CIG del 11 aprile 1949 nel caso sulla Riparazione dei danni subiti al servizio
delle Nazioni Unite
Questa teoria è stata applicata dalla Corte Internazionale di Giustizia in fase di
interpretazione della Carta dell’Onu.
Ad avviso della Corte, la Carta delle Nazioni Unite, più che come accordo, va visto come
costituzione, per cui ogni organo dell’organizzazione dispone non solo dei poteri espressamente
attribuitigli dalle norme costituzionali, ma anche di tutti i poteri necessari per l’esercizio di tali
poteri.
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Questa
teoria,
considerando
I trattati (seconda parte)
la
generalità
e
l’indeterminatezza
di
molti
fini
dell’organizzazione, ha spesso portato ad ampliare notevolmente i poteri degli organi delle Nazioni
Unite.
Es: Art. 352 TFUE: “Se un’azione della Comunità, non prevista dall’accordo, è necessaria
per raggiungere uno degli obiettivi prefissati dell’organizzazione, il Consiglio, su proposta della
Commissione e previo parere del Parlamento, adotta all’unanimità le disposizioni del caso,
ampliando i poteri degli organi interessati”.
Interpretazione evolutiva
L’interpretazione evolutiva di un trattato consiste nell’interpretare le sue disposizioni e
soprattutto i termini in esse contenuti alla luce degli sviluppi della normativa internazionale.
Così per esempio la Corte europea dei diritti umani ha interpretato la nozione di “vita
privata e familiare” oggetto di tutela da parte dell’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti
umani (CEDU), in senso evolutivo quando vi ha ricompreso l’obbligo positivo per gli Stati di
garantire un sistema efficace di repressione penale contro i reati di violenza sessuale;
Ad esempio:
- l’obbligo di non discriminare in base all’orientamento sessuale degli individui che godono
pertanto della libertà di scegliere se essere etero o omosessuali, senza che ciò produca effetti
negativi ad esempio sull’accesso al lavoro o sul suo mantenimento;
- il diritto di ogni individuo ad un ambiente sano che incide sul rispetto della vita privata
quando il suo esercizio incontra gravi difficoltà a causa di agenti esterni come un grave
inquinamento.
Interpretazione autentica secondo il brocardo latino “eius est interpretare cui est
condere”
Chi ha il potere di creare, modificare una norma o abrogarla ha anche il potere
d’interpretarla.
E’ autentica l’interpretazione frutto di un accordo delle parti contraenti (accordo
contemporaneo o successivo a quello principale).
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Interpretazione giudiziale
L’interpretazione di un accordo internazionale resa da un giudice o un arbitro internazionali
cui sia stato affidato tale compito viene definita dalla dottrina, ove vincoli le parti in causa, come
“giudiziale” (Cassese).
Trattasi secondo alcuni di interpretazione autentica se il giudice internazionale ha il compito
di controllare la corretta applicazione ed interpretazione dell’accordo.
Un esempio è costituito dalla Corte di giustizia dell’Ue al quale il TUE affida
appunto il compito di controllare la corretta applicazione del diritto dell’ Unione europea.
Interpretazione unilateralistica
E’ l’interpretazione resa dai singoli Stati contraenti al momento dei negoziati o della ratifica
del trattato, mediante il ricorso a dichiarazioni interpretative, e quella resa dai giudici nazionali
degli Stati contraenti chiamati ad applicare l’accordo all’interno dei rispettivi ordinamenti, consiste
nella tendenza dei giudici nazionali ad utilizzare, per l’interpretazione dei termini tecnico-giuridici
contenuti in un determinato accordo, le nozioni proprie dell’ordinamento interno, con l’effetto che
uno stesso termine (ad esempio proprietà) contenuto in un accordo potrà essere oggetto delle più
diverse interpretazioni da parte di più giudici nazionali, a seconda di cosa i singoli ordinamenti
interni intendono di volta in volta con tale termine. (ad esempio accordi che disciplinano il trasporto
aereo).
Interpretazione uniforme
Il modo migliore per evitare interpretazioni unilateralistiche è quello di affidare ad un
giudice unico il compito di interpretare le disposizioni di un trattato con effetti vincolanti all’interno
degli ordinamenti degli Stati contraenti.
Una tecnica per realizzare questo tipo d’interpretazione uniforme è quella del rinvio
pregiudiziale che ogni giudice di ogni Stato parte di un certo accordo può effettuare ad un
giudice determinato, di regola internazionale, il quale emetterà pronunce interpretative
vincolanti per tutti gli ordinamenti interni degli Stati parti.
Ad esempio: E’ questo il sistema utilizzato dal Trattato UE per garantire l’uniforme
interpretazione delle sue disposizioni e di tutti gli atti di diritto derivato (regolamenti, direttive e
decisioni) in tutti e 27 gli Stati membri dell’ Unione.
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5 Cause di invalidità e di estinzione dei trattati
La Convenzione di Vienna affronta il tema delle cause di invalidità, sospensione ed
estinzione dei trattati nella Parte V, che si suddivide in varie Sezioni.
La prima detta le Disposizioni generali, la Sezione 2 si occupa dell’invalidità dei trattati, la
Sezione 3 dell’estinzione dei trattati e sospensione della loro applicazione mentre la Sezione 4
disciplina la procedura per farle valere.
Costituiscono cause di invalidità dei trattati:
l’errore essenziale: errore circa un fatto o una situazione che lo Stato credeva esistente al
momento della conclusione del trattato e che era base essenziale del consenso dello Stato. Errore ex art. 48 della Convenzione di Vienna: “Uno Stato può invocare un errore in un trattato come vizio
del suo consenso a vincolarsi a quel trattato se l’errore riguarda un fatto o una situazione che quello
Stato supponeva esistente al momento in cui il trattato è stato concluso e che costituiva una base
essenziale del consenso di quello Stato a vincolarsi al trattato. Il paragrafo 1 non si applica quando
lo Stato in questione ha contribuito a quell’errore con il suo comportamento o quando le circostanze
erano tali che esso doveva rendersi conto della possibilità di un errore. Un errore che riguardi
soltanto la formulazione del testo di un trattato non incide sulla sua validità;
Perché si possa invocare l’errore come causa di invalidità esso dev’essere:
-
di fatto: si deve trattare di una falsa rappresentazione della realtà, di solito una
situazione geografica;
-
essenziale: deve riguardare un fatto o una situazione che lo Stato erroneamente
supponeva esistente al momento del consenso e che costituiva una base essenziale
del suo consenso ad obbligarsi;
-
scusabile: lo Stato che invoca l’errore non deve averlo provocato con la sua
condotta; deve dimostrare che non avrebbe potuto conoscerlo usando la normale
diligenza.
Errore redazionale
L’errore redazionale di cui al paragrfo 3 dell’articolo 48 non ha rilievo come causa
d’invalidità ma va risolto alla luce dell’articolo 79, che permette la correzione d’errori nei testi o
nelle copie certificate conformi al trattato.
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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I trattati (seconda parte)
Il paragrafo 4 della disposizione precisa che la correzione ha effetti retroattivi, rimpiazzando
la disposizione errata ab initio.
La frode (dolo): consiste nell’indurre un altro Stato a concludere un trattato attraverso una
condotta cosciente tesa ad occultare l’esistenza di un motivo di invalidità.
Artt. 49 e 50 della Convenzione di Vienna: “Se uno Stato è stato indotto a concludere un
trattato dal comportamento doloso di un altro Stato che ha partecipato alla negoziazione, esso può
invocare il dolo come vizio del suo consenso a vincolarsi al trattato.”
La corruzione: da parte dell’organo stipulante che convince l’organo omologo a concludere
un trattato attraverso la concessione di favori economici o materiali.
“Se l’espressione del consenso di uno Stato a vincolarsi a un trattato è stata ottenuta
ricorrendo alla corruzione del suo rappresentante attraverso l’azione diretta o indiretta di un altro
Stato che ha partecipato alla negoziazione, lo Stato può invocare tale corruzione come vizio del suo
consenso a vincolarsi al trattato.” L’articolo 50 si occupa della corruzione dell’organo stipulante,
che viene ritenuta una sottospecie del dolo.
La violenza fisica o morale esercitata nei confronti dell’organo stipulante: anche la violenza
esercitata sullo Stato, che si manifesta nella minaccia o nell’uso della forza, rappresenta una causa
di invalidità del trattato.
L’art. 52 della Convenzione di Vienna afferma che è nullo il trattato concluso attraverso
l’uso o la minaccia della forza in violazione dei principi della Carta dell’Onu.
Tale norma rispecchia il diritto consuetudinario affermatosi dopo il secondo conflitto
mondiale, che si ispira alla volontà della comunità internazionale di mettere al bando la guerra come
modo di risoluzione delle questioni internazionali.
Cause di estinzione dei trattati:
Il diritto dei trattati conosce cause che possono funzionare sia come cause semplicemente
sospensive che come cause anche estintive, mentre altre sono esclusivamente cause di estinzione.
Tra queste ultime si possono annoverare:
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I trattati (seconda parte)
- la Condizione risolutiva: il trattato può contenere disposizioni che condizionino la sua
estinzione al verificarsi di una certa condizione.
- il Termine finale: Il trattato può contenere disposizioni circa la sua durata. Vale in tal caso
l’articolo 54 della Convenzione di Vienna. Un esempio è l’estinzione, avvenuta nel 2002, del
Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA), estinzione basata su
di una norma del trattato che ne prevedeva la durata cinquantennale.
- la Denuncia o recesso: l’atto formale con cui lo Stato dichiara agli altri contraenti la
volontà di sciogliersi dal trattato, sempre che ciò sia espressamente o implicitamente previsto dal
trattato stesso;
- l’inadempimento della controparte;
- La sopravvenuta impossibilità dell’esecuzione: “1. Una parte può invocare l’impossibilità
di esecuzione di un trattato come motivo di estinzione o di recesso se questa impossibilità risulta
dalla scomparsa o dalla distruzione definitiva di un oggetto indispensabile alla esecuzione del
trattato. Se l’impossibilità è temporanea, può essere invocata soltanto come motivo per sospendere
l’applicazione del trattato”.
L’impossibilità sopravvenuta di eseguire un accordo si può invocare sia come causa di
estinzione o recesso, sia come causa di sospensione, a seconda che tale impossibilità abbia
carattere definitivo o temporaneo.
Il carattere definitivo ricorre quando viene meno per scomparsa o distruzione definitiva
l’oggetto indispensabile all’esecuzione del trattato: in tal caso si ha l’estinzione dell’accordo.
Il carattere temporaneo dell’impossibilità di esecuzione dà luogo invece ad una causa di
sospensione.
Il paragrafo 2 dell’articolo 61 esclude che si possa invocare l’impossibilità sopravvenuta
della prestazione da parte del contraente che abbia contribuito con la sua condotta alla
violazione dell’accordo o di qualsiasi altro obbligo internazionale a danno di qualsiasi altra parte
contraente e che invochi a giustificazione tale causa.
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I trattati (seconda parte)
L’abrogazione parziale o totale;
La clausola rebus sic stantibus: il trattato si estingue se mutano le circostanze di fatto
esistenti al momento della stipulazione del trattato stesso.
In dottrina si discute se la guerra possa essere considerata causa di estinzione o di
sospensione dei trattati tra le Nazioni belligeranti per quegli accordi conclusi prima del conflitto. La
regola classica dell’estinzione si è affievolita negli ultimi tempi, lasciando il posto, soprattutto nei
trattati multilaterali, alla tendenza di considerare estinte solo quelle convenzioni incompatibili con
lo stato di guerra.
Tuttavia, per il Conforti l’intera materia ricade nell’ambito di applicazione della clausola
rebus sic stantibus.
Automatica operatività delle cause di invalidità e di estinzione
In dottrina non c’è unanimità circa l’esistenza di una norma consuetudinaria in tema di
automaticità delle cause di invalidità e di estinzione.
Secondo il Conforti, in linea di massima, va riconosciuta l’automaticità.
Spetta soprattutto agli operatori giuridici interni, in particolare i giudici, verificare se un
determinato trattato è ancora in vigore.
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I trattati (seconda parte)
Bibliografia di riferimento:
•
B. CONFORTI, Diritto internazionale, ES, Napoli, 2010.
•
T. TREVES, Diritto internazionale - Problemi fondamentali, Milano, ult. edizione
•
N. RONZITTI, Introduzione al diritto internazionale, II ed., Torino, 2007.
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