FOGLIO DI INFORMAZIONE PROFESSIONALE PER LA FARMACIA
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Nr. 258
gennaio 2015
Ebola: una tragedia lontana
L’8 agosto 2014, il direttore generale dell’OMS ha dichiarato che l’epidemia di Ebola in corso in Africa
occidentale costituisce una emergenza di sanità pubblica di rilevanza mondiale. Si tratta della più estesa
epidemia di Ebola mai registrata, per numero di casi e diffusione geografica, la più difficile in termini di
gestione e di controllo. Per la prima volta, inoltre, l'epidemia ha coinvolto le grandi città e ha richiesto uno
sforzo importante di cooperazione internazionale. La situazione è grave: i dati aggiornati al 9 gennaio 2015
parlano di 8.289 vittime, ma il numero aumenta in modo drammatico. I Paesi dove la trasmissione
dell’infezione è più diffusa e intensa sono Guinea, Liberia e Sierra Leone. Nei Paesi colpiti, il focolaio
continua ad espandersi, mentre nel resto del mondo la situazione è sotto controllo: ci sono stati casi sporadici
negli Stati Uniti e in Mali, mentre Nigeria, Senegal e Spagna sono “liberi” da Ebola. Oltre alla strage di vite
umane, Ebola ha prodotto un cambiamento di portata imprevedibile nei metodi di valutazione della sicurezza
dei farmaci, con la sospensione delle regole canoniche sin qui seguite. A ferragosto, infatti, dodici esperti
dell’OMS hanno concluso in modo unanime che “in circostanze eccezionali è accettabile sul piano etico e
scientifico usare farmaci non registrati che hanno mostrato risultati promettenti in laboratorio o in modelli
animali, ma che non sono ancora stati testati nell’uomo”.
Il virus e la malattia
Il nome “Ebola” deriva da un fiume dello Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo), presso il quale nel
1976 si è verificato uno dei primi due focolai epidemici. L’altro si è sviluppato poco dopo in Sudan. Da allora
ci sono stati altri focolai in alcune aree circoscritte dell’Africa orientale e centrale, durante i quali il virus ha
contagiato e spesso ucciso la maggior parte della popolazione dei villaggi remoti in cui era scoppiata
l’epidemia, ma la mancanza di strade e l’isolamento gli hanno impedito di trovare altri ospiti potenziali e di
diffondersi altrove.
Ebola è un virus appartenente alla famiglia dei Filoviridae; sono stati sinora identificati cinque diversi
sottotipi, di cui quattro (Zaire, Sudan, Ivory Coast, Bundibugyo) patogeni per l’uomo.
La malattia da virus Ebola è caratterizzata dalla comparsa improvvisa di febbre elevata, debolezza estrema,
dolori articolari e muscolari, inappetenza, mal di stomaco, cefalea, seguiti da vomito, diarrea, esantema
cutaneo diffuso, tosse, difficoltà di respirazione o di deglutizione. Le emorragie, sia cutanee che viscerali,
compaiono in genere al 6°-7° giorno, soprattutto a carico del tratto gastrointestinale (ematemesi e melena)
e dei polmoni. L'infezione può essere confermata solo attraverso test di laboratorio (identificazione del
genoma virale, di antigeni virali o di anticorpi diretti contro il virus). Nell'epidemia in corso, la mortalità è di
poco superiore al 50%. Il periodo intercorrente tra il contagio e la comparsa dei sintomi è mediamente di
8-10 giorni, con un range di 2-21 giorni. Durante il periodo di incubazione le persone non sono a rischio di
trasmettere l'infezione. L’ammalato diventa contagioso quando comincia a manifestare i sintomi e si
mantiene contagioso fino a quando il virus è presente nel sangue. Per questo, i pazienti tenuti in quarantena
vengono dimessi solo quando i test virologici non rilevano più il virus in circolo.
Da dove proviene?
L’origine del virus non è nota, ma sulla base delle evidenze disponibili, i pipistrelli della frutta che abitano le
foreste tropicali sono considerati i probabili serbatoi naturali di Ebola. Il virus, che vive all’interno di questi
animali da molto tempo senza provocare sintomi, ha prima contagiato le scimmie e altri animali selvatici per
poi passare all’uomo.
Come si trasmette?
In Africa, il salto inter-specie dall’animale portatore del virus all’uomo (“spillover”) si è realizzato attraverso
la manipolazione e il contatto con sangue, secrezioni o altri fluidi corporei di animali infetti (scimpanzé,
pipistrelli della frutta, scimmie, antilopi) trovati malati o morti o catturati nella foresta pluviale. All’interno di
una comunità, l’infezione può diffondersi da persona a persona per contatto diretto attraverso ferite,
microabrasioni della pelle o mucose (es. occhi, naso, bocca) con il sangue o altri fluidi biologici (es. saliva,
sudore, urina, feci) di persone infette (vive o morte) e indiretto con oggetti contaminati da fluidi infetti
(es. vestiti, biancheria del letto, utensili). Al di fuori dell’organismo, Ebola viene facilmente ucciso da sapone
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e candeggina, ma in assenza di pulizia/disinfezione sopravvive alcune ore, perciò se si tocca una superficie
infetta e poco dopo si toccano gli occhi o si mettono le dita in bocca, ci si può contagiare.
La trasmissione per via sessuale può verificarsi sino a 7 settimane dopo la guarigione per la prolungata
permanenza del virus nello sperma. Il contagio è più frequente tra familiari e conviventi, per l’elevata
frequenza di contatti. In Africa, i rituali funebri (pulizia del cadavere del defunto prima della sepoltura) hanno
avuto un ruolo non trascurabile nella diffusione della malattia. Gli operatori sanitari sono stati spesso i più
esposti al virus perché all’inizio dell’epidemia, nell’assistenza ai pazienti non hanno seguito le misure di
protezione individuale per prevenire l’infezione (es. uso di guanti, mascherine, occhiali). Ad oggi non è
possibile stabilire se particolari gruppi di popolazione come immunodepressi, malati cronici, bambini, donne
in gravidanza, siano più esposti al rischio di contrarre l’infezione.
Ebola non si trasmette attraverso l’acqua e gli alimenti, né con la puntura di zanzare. L’ipotesi che il virus
possa mutare e diffondersi per via aerea causando pandemie a livello mondiale rimane altamente
improbabile e non trova evidenze anche nella storia delle epidemie virali (es. HIV, epatite C). Ebola, come
tutti i virus, è soggetto a modificazioni genetiche, ma queste non sono mai tali da determinare un
cambiamento radicale delle caratteristiche di trasmissione.
Esistono cure o un vaccino?
Non esiste un trattamento specifico per la malattia. La terapia è unicamente di supporto e comprende la
reintegrazione idro-elettrolitica (i pazienti sono spesso disidratati), il mantenimento dei parametri ematici e
di ossigenazione, il ripristino dei fattori della coagulazione per arrestare il sanguinamento, il trattamento delle
eventuali complicanze infettive.
Il medico e la missionaria statunitensi infettati mentre prestavano servizio sanitario in Liberia, sono stati
trattati con un farmaco sperimentale, ZMapp, fatto arrivare in gran fretta dagli Stati Uniti e sino ad allora
testato solo sulle scimmie. Il farmaco, costituito da tre anticorpi monoclonali che impediscono al virus di
entrare nelle cellule (e perciò di moltiplicarsi), ha prodotto un miglioramento delle loro disperate condizioni
di salute consentendo il trasferimento presso l’ospedale di Atlanta, da dove sono stati dimessi in settembre.
ZMapp è stato utilizzato anche in un missionario spagnolo 75enne (senza successo) e recentemente nel
medico italiano di Emergency, che è guarito. Negli Stati Uniti, dove sono ancora ricoverate due infermiere
che hanno contratto il virus, l'amministrazione Obama ha nominato un supercommissario per l'emergenza,
intensificando la produzione di ZMapp, attualmente disponibile solo in poche dosi.
In termini di prevenzione, siamo ancora lontani dall’avere un’arma a disposizione. Si è appena conclusa la
sperimentazione di fase 1 del vaccino della GlaxoSmithKline (uno dei due in studio), che utilizza come
vettore un adenovirus delle scimmie in cui è stata inserita una frazione di materiale genetico del virus Ebola
(proteine di superficie dei ceppi Sudan e Zaire). Il vaccino è stato inoculato in 20 volontari sani in due diverse
dosi allo scopo di verificare l’assenza di effetti indesiderati preoccupanti; solo due dei partecipanti hanno
avuto un leggero rialzo termico. Per il resto, in tutti i vaccinati si sono sviluppati anticorpi contro le proteine
di Ebola, con una risposta anticorpale migliore col dosaggio più alto. Nel 2015 dovrebbe iniziare la
sperimentazione di fase 2 per verificarne l’efficacia, ma per elaborare i dati, capire qual è la dose efficace,
quanto dura l’effetto protettivo e produrre il vaccino su larga scala, i tempi saranno necessariamente lunghi.
Di fatto, il vaccino non sarà pronto in tempo per essere usato nell'epidemia in corso (servirà per le prossime).
La comunità internazionale ha perso così un’altra occasione per riscattarsi dall’aver colpevolmente
trascurato una minaccia per la salute di tutti, ritenendola molto lontana dal mondo occidentale e poco
interessante dal punto di vista commerciale.
A cura del dott. M. Miselli
Bibliografia
1. World Health Organization. Ethical considerations for use of unregistered interventions for Ebola viral disease. www.who.int.
2. Centers for Disease Control and Prevention. Ebola Virus Disease Information for Clinicians in U.S. Healthcare Settings. www.cdc.gov.
(consultato il 12/1/2015). 3. Qiu X et al. Reversion of advanced Ebola virus disease in nonhuman primates with ZMapp. Nature. 2014; 514:4753. 4. Ledgerwood JE et al. Chimpanzee adenovirus vector Ebola vaccine - Preliminary report. N Engl J Med 2014 Nov 26 [Epub ahead of
print].
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