L`attività fisica nell`anziano

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L'attività fisica nell'anziano
di
Alessandro Blè
Numerosi studi hanno dimostrato che il processo di invecchiamento è legato sia a fattori genetici che a
condizioni ambientali.
Prima di consigliare e prescrivere l'attività fisica come presidio per un buon invecchiamento è necessario
dimostrare il suo reale beneficio sull'organismo e sulla psiche dell'individuo senescente.
Il processo di invecchiamento comporta un decremento della capacità di "performance" fisica. Tale
fenomeno può essere ascritto a tre ordini di fattori: la fisiologica perdita di prestazione legata
esclusivamente al trascorrere del tempo, una perdita di funzione legata allo stile di vita sedentario e la
perdita di funzione legata al sovrapporsi di malattie età correlate.
La maggior parte dei dati riportati in questo contributo, che non ha la pretesa di essere un lavoro
originale, sono tratti da una mirabile trattazione compiuta alcuni anni fa da Leonardo Vecchiet (2).
Il fisiologico decremento della capacità fisica è in concordanza con la diminuzione della prestazione dei
singoli organi ed apparati che presiedono ad essa: l'apparato cardiovascolare, quello respiratorio e quello
locomotore. Dai 30 anni circa si verifica una riduzione progressiva della gittata sistolica di circa 1%
l'anno; la frequenza cardiaca a riposo e quella massima diminuiscono progressivamente e quindi si riduce
la portata cardiaca. Come conseguenza si ha una riduzione del consumo di ossigeno massimo che
costituisce un indice molto accurato della condizione fisica del soggetto (massima capacità aerobia). Il
consumo massimo di ossigeno diminuisce di circa il 60% dai 20 agli 80 anni. L'invecchiamento del
polmone comporta una riduzione del 50% della capacità vitale e di circa il 60% della VEMS, mentre
raddoppia il volume residuo. Anche l'apparato muscolo-scheletrico si modifica: la forza muscolare
diminuisce a 75 anni di circa il 30% agli arti superiori e di circa del 40% agli arti inferiori. La massima
potenza muscolare sviluppata (il "picco muscolare") si riduce a 70 anni del 40% rispetto a quella presente
a 30 anni.
Queste modificazioni sono dovute alla diminuzione del numero delle fibre muscolari e alla trasformazione
di fibre rapide in fibre lente. A seguito della modificazione "istologica" di parenchima si riduce
notevolmente anche la capacità di eseguire lavoro utilizzando energia derivante dalla glicolisi aerobica.
Con l'invecchiamento si hanno sostanziali modificazioni anche dell'osso. In conseguenza di perdite
minerali fisiologiche, che si aggirano annualmente sullo 0.3-0.4% nei maschi e fino allo 0.75-0.80% nelle
femmine in post-menopausa, è possibile dimostrare un'aumentata fragilità. Anche per quanto riguarda le
articolazioni è possibile, nelle età più avanzate, rilevare fenomeni degenerativi che determinano una
diminuzione della flessibilità; essa tra i 30 e i 70 anni si riduce di circa il 30%. Modificazioni a livello
neurologico comportano una netta diminuzione di prestazione globale dell'apparato locomotore dovuto ad
un allungamento dei tempi di reazione e di esecuzione del movimento.
Come è dimostrato il decadimento delle prestazioni fisiche del singolo con l'aumentare dell'età, è ormai
altrettanto chiaramente dimostrato che tale decadimento è decisamente inferiore in coloro che
continuano a praticare attività fisica. Studi effettuati su atleti anziani che ancora in attività fisica di tipo
continuativo, hanno dimostrato una condizione fisica di questi soggetti da 5 a 10 volte superiore rispetto
a soggetti sedentari di uguale età. In sintesi, un esercizio di tipo aerobico regolarmente svolto ritarda la
perdita di performance fisica di circa il 50%.
Come precedentemente anticipato, la prestazione dell'anziano, in normali condizioni cliniche, non dipende
esclusivamente dall'età, ma è anche fortemente influenzata dalla perdita della consuetudine all'attività
muscolare. In pratica già prima dei 30 anni, ma soprattutto nell'età più avanzata, per abitudini di vita,
culturali e di lavoro (il cosiddetto "sedentarismo meccanizzato" con la "pianificazione strumentalizzata" di
ogni lavoro muscolare"), l'attività fisica viene progressivamente ridotta, e tale fenomeno si accentua dopo
il pensionamento (1). Questo determina un effettivo "decondizionamento" biologico allo sforzo, che
determina una ulteriore riduzione delle riserve funzionali dell'organismo e che si aggiunge a quella
fisiologica del processo di invecchiamento, ma dalla quale deve essere distinta, in quanto in parte
reversibile.
E' stato dimostrato che esiste la possibilità di recuperare la perdita di prestazione fisica dovuta al
sedentarismo. Soggetti di età compresa tra i 50 e i 70 anni che effettuano regolarmente allenamenti con
esercizi di tipo aerobico, presentano miglioramenti della loro capacità fisica. E' stato evidenziato, per
quanto riguarda l'apparato cardiocircolatorio un incremento della frazione di eiezione del ventricolo
sinistro, una riduzione della pressione arteriosa, un miglioramento del rapporto capillari/fibre cardiache;
per quanto riguarda l'apparato respiratorio un aumento della capacità vitale e della VEMS di circa il 20%,
una riduzione del volume residuo ed un aumento del rapporto ventilazione/perfusione; per quanto attiene
all'apparato locomotore, è stato descritto un miglioramento del tono e del trofismo muscolare, un
aumento della massa parenchimale, una migliore capillarizzazione per allungamento dei capillari
preesistenti, un incremento della mioglobina, del numero e del volume dei mitocondri, degli enzimi della
glicolisi aerobia. Per quanto concerne l'osso è stato dimostrato che donne anziane con un allenamento
regolare presentano un incremento del contenuto minerale. Risulta inoltre migliorata, con l'esercizio,
anche la elasticità delle articolazioni. L'efficienza dell'apparato locomotore, viene complessivamente
aumentata dall'accorciamento dei tempi di reazione. Sono state inoltre segnalate numerose modificazioni
a livello ematico, e fra queste l'incremento della massa eritocitaria, del 2-3 DPG intraeritrocitario, del
colesterolo-HDL, dell'attività fibrinolitica e la comparsa di sostanze endogene ad attività eparino-simile.
L'attività fisica determina anche un netto miglioramento delle funzioni psichiche e affettive: esistono
effetti positivi a carico del sistema della memoria e delle capacità percettive, una riduzione della
sintomatologia ansiosa. L'effetto globale a livello centrale può essere un miglioramento nel soggetto
anziano anche per quanto concerne i rapporti sociali
Oltre alla riduzione fisiologica della performance fisica e quella legata al sedentarismo con l'avanzare
dell'età si aggiunge quella legata all'influenza delle patologie età-correlate che coinvolgono il soggetto.
Malattie estremamente frequenti quali cardiopatia ischemica, cardiopatia ipertensiva, vasculopatia
periferica, diabete, BPCO, artrosi, artrite reumatoide e osteoporosi possono in maniera sostanziale
limitare fortemente la performance fisica dell'anziano. L'attività fisica è in grado di ridurre l'influenza dei
principali fattori di rischio di cardiopatia: come già accennato, un programma di attività continuo è in
grado di ridurre la pressione arteriosa, sia diastolica che sistolica, di aumentare il colesterolo-HDL di
ridurre il colesterolo-LDL e i trigliceridi, di combattere l'insulino-resistenza, migliorando la risposta
tissutale all'insulina e di ridurre infine il peso corporeo. Nei pazienti già affetti da patologia osteoarticolare invalidante esercizi di stretching e di sviluppo muscolare sono in grado di ridurre il dolore e di
migliorare la performance motoria.
In ambito gerontologico vengono distinti tre tipi di invecchiamento (3). Il primo tipo (invecchiamento di
tipo 1 o patologico) è caratterizzato dall'associazione di una progressiva riduzione età-dipendente delle
capacità psico-fisiche con la presenza di malattie croniche; tale tipo di invecchiamento, detto
invecchiamento patologico, interessa la maggior parte delle persone in età avanzata; un secondo tipo,
associato ad una progressiva riduzione delle capacità psico-fisiche in assenza di malattie (detto "usual
aging" o invecchiamento di tipo 2), riguarda la maggior parte degli anziani sani; infine l'invecchiamento
caratterizzato da performance fisiche e mentali in assenza di malattie ("successful aging" o
invecchiamento di tipo 3), riguarda una ristretta minoranza di soggetti.
In tale ottica, per concludere, possiamo affermare che un'attività fisica continuativa è in grado di spostare
l'"usual aging" verso una condizione di "successful aging" e di prevenire in maniera significativa
l'invecchiamento patologico.
La pratica dell'esercizio fisico appare quindi da consigliare in quell'insieme di regole di vita che la
geragogia deve sostenere per un invecchiamento sano e vitale.
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