Della Visione e dell`Enigma

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Un [possibile] modello interpretativo del brano
“Della Visione e dell’Enigma”
La Salita di Zarathustra esprime lo sforzo della Volontà che cerca di affrancarsi da ogni
condizionamento1. Tale sforzo risulta tuttavia inutile – e addirittura controproducente – nel
tempo rettilineo, che continuamente lo trasforma in un irraggiungibile passato.
Il Nano rappresenta (com’è detto esplicitamente) lo Spirito di Gravità, cioè la dipendenza
della Volontà dal passato, e l’impotenza nei suoi confronti. Questa è la situazione in cui
l’esistenza appare irrimediabilmente deforme2, in quanto incompiuta e caotica.
Il Paesaggio desertico (che appare nella prima e nella seconda scena) raffigura la
desolazione del mondo – cfr. il brano “Delle tre Metamorfosi”. Si tratta, che Nietzsche ne
sia consapevole o meno, di una grande citazione del pensiero leopardiano.
La Porta carraia – esplicitamente denominata “Attimo” – rappresenta il punto luminoso in
cui il cerchio del tempo si chiude: la rivelazione / istituzione dell’Eterno Ritorno. S’instaura
qui una prospettiva inaudita, che riconfigura d’un tratto il senso delle cose3.
Le Parole del Nano sulla curvatura del Tempo indicano la dottrina del tempo circolare
assunta nella sua valenza metafisica (vedi i cicli cosmici degli stoici): così intesa, tale
dottrina non mostra la sua estrema profondità e potenza, e si traduce anzi in una nuova ed
ancor più pesante catena per la Volontà. Lo Spirito di Gravità non può comprendere le
parole che annunciano l’Eterno Ritorno, neanche se le pronuncia nel modo più esplicito:
appunto perché ne travisa radicalmente il significato, esso “prende le cose alla leggera”.
Si noti che, quando Zarathustra attinge il suo “pensiero abissale”, il Nano sparisce.
1
L’immagine della montagna ricorre spesso nell’opera di Nietzsche (Zarathustra stesso, prima di
iniziare la sua missione tra gli uomini, dimora su di una montagna): tale immagine suggerisce una
situazione di elevazione spirituale, ma anche di estremo rischio e solitudine.
2
Vedi, nel capitolo “Della Redenzione”, la folla d’infermi e di storpi che circonda Zarathustra. Egli
stesso si autodefinisce: “in qualche modo, uno storpio sul ponte”. Nella mitologia induista troviamo
il demone-nano Apasmāra, che Śiva sconfigge danzando quindi sul suo corpo. “Apasmāra” è
anche un nome dell’epilessia: “ballo dell’epilettico” è definito, nel capitolo “Sulle Isole Beate”, il
pensiero che nega lo scorrere del tempo e postula gli Immutabili. Successivamente, sempre nel
capitolo “Della Redenzione”, il passato, assunto nel tempo rettilineo, è esplicitamente visto come
l’estrema e più terribile forma di immutabilità, che rende prigioniera la Volontà di Potenza. Quanto
al dio Śiva (figura decisamente dionisiaca, in cui s’incarnano la sensualità e l’ebbrezza), è chiara la
sua affinità con Zarathustra – che viene pure rappresentato ripetutamente nell’atto di danzare.
3
Nella Gaia Scienza (cfr.: “Il Peso più grande”) si parlava già di un “attimo immenso” in cui veniva
accolta la dottrina dell’Eterno Ritorno. Si noti che nel brano in questione apparivano elementi molto
simili a quelli riproposti in “Della Visione e dell’Enigma” (v. il ragno, il lume della luna…). Anche in
Kierkegaard troviamo l’attimo, inteso come l’aprirsi di un’opzione che trasfigura la realtà.
Il Cane che guaisce esprime la compassione per l’uomo (l’essere che s’inoltra più a fondo
nel dolore), di cui quest’animale è infatti comunemente ritenuto “il migliore amico”.
Il Pastore che si rotola per terra è l’uomo di fronte al dolore estremo: la compiutezza del
nichilismo (= il tramonto degli Eterni) in quanto quest’ultima resti assunta nell’ottica dello
Spirito di Gravità, cioè nella prospettiva dell’impotenza di fronte al Fatto, al passato.
Il Nero Serpente rappresenta il tempo rettilineo, come pure la dipendenza dal Fatto: il
“così è” o il “così fu” che la volontà non riesce a dominare (compresa la versione metafisica
del tempo circolare – vedi il discorso che il Nano ha pronunciato prima in proposito).
Il Morso del Pastore è la de-cisione, l’istituzione / rivelazione dell’Anello del Ritorno:
qualcosa che (cfr.: “Della Redenzione”) “sta al di sopra di ogni conciliazione”, giacché
unifica eternamente volontà e realtà (cioè il flusso incessante del divenire, il panta rhei).
Il morso esprime l’istantaneità della scelta (nell’Attimo): un gesto di rifiuto (nei confronti
della prospettiva tradizionale) e insieme di appropriazione (del nuovo senso della realtà).
Decidendo, tagliando via la catena del passato, l’Oltre-Uomo si fa signore del tempo4.
Il Trasfigurato è l’immagine dell’Oltre-Uomo, che si è liberato anche dall’ultima catena.
Ma chi è l’Oltre-Uomo? Nel successivo capitolo “Il Convalescente”, è Zarathustra stesso a
liberarsi, mordendo, dal nero serpente; e Zarathustra è certo un alter-ego di Nietzsche. Se (e
poiché) la dottrina dell’Eterno Ritorno non è un’interpretazione tra le altre, una scommessa
pascaliana o kierkegaardiana, ma l’Interpretazione Necessaria, è inevitabile che l’Anello del
Ritorno, annullando lo scarto tra futuro e passato, appaia infine come già da sempre istituito.
Nel capitolo “Della Redenzione” si legge: «…Ma
ha già essa [la Volontà] detto queste parole? E
quand’è che ciò avviene? È forse la Volontà già
sciolta dai lacci della propria pazzia?». La dottrina
dell’Eterno Ritorno, per essere coerente, non può
non porsi come prospettiva autofondante, come
un’eterna Ruota che gira mossa solo da se stessa.
La Volontà dell’Oltre-Uomo s’incarna e si attua
quindi in ogni esistenza, anche là dove tale
Volontà sembra massimamente nascosta o tradita:
essa si manifesta sempre in questa coscienza in
atto, che è la “mia”, o la “tua”, e quella di ogni
soggetto pensante. La coscienza, come tale, è
dunque destinata eternamente ed irrevocabilmente
al Peso più grande e alla Redenzione.
4
Il serpente, senza più testa, si chiude su se stesso a formare l’Anello. Nell’induismo ed in altre
mitologie (ad esempio in quella nordica) ricorre l’immagine del serpente che cinge nelle sue spire
la terra. Così è raffigurato, nello śivaismo, il serpente Ananta (l’Infinito), che contempla in eterno la
danza del dio. Lo stesso Śiva, del resto, danza all’interno di un cerchio di fuoco.
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