5. 1. Il nichilismo • Uno dei concetti più utilizzati da Nietzsche, e

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5. 1. Il nichilismo
• Uno dei concetti più utilizzati da Nietzsche, e forse tra i più attuali, per interpretare
la storia e i caratteri della civiltà occidentale è quello di nichilismo.
• Il termine deriva dalla parola latina nihil, che significa nulla, e ha quindi un
significato di annullamento, annientamento.
• Con questo concetto Nietzsche allude in primo luogo all’annullamento che la
nascita e lo sviluppo della metafisica e della morale hanno operato sulla vita.
• Costruire un mondo ideale, metafisico e morale, nel quale collocare il vero senso
dell’esistenza significa infatti azzerare, nullificare il valore della vita terrena.
• Questo processo, come ho cercato di spiegare, è avviato da Socrate e Platone,
giunge alla sua perfezione nel cristianesimo, ed è riassunto nel concetto del dio
cristiano.
• In quanto riassume il mondo ideale metafisico e morale, dio è stato “la più grande
obiezione contro l’esistenza”.
• Ora, però, il processo di annientamento della vita comincia, osserva Nietzsche, a
rivolgersi contro i suoi stessi promotori.
• Quello stesso mondo vero e ideale di cui ci si è serviti per annientare il mondo reale
comincia a sua volta ad annientarsi.
• Metafisica e morale tradizionale iniziano a rivelare il nulla su cui si fondano.
• Il termine nichilismo ha dunque due significati: il primo indica il processo di
annientamento dell’esistenza concreta a opera dell’esistenza ideale, e in
generale ogni atteggiamento di fuga e di disgusto nei confronti del mondo (che
Nietzsche vede incarnato soprattutto nel platonismo e nel cristianesimo);
• il secondo indica la specifica situazione dell’uomo moderno che, non credendo
più in un “senso” metafisico delle cose e nei valori supremi, finisce per avvertire,
di fronte all’essere, la disperazione del vuoto e del nulla.
• Con il venire meno degli idoli della metafisica, della morale, della religione e della
razionalità che per secoli hanno dominato sugli uomini dell’occidente, con lo
scomparire dell’ordine trascendente e del sistema di valori a esso collegato – quei
valori che per secoli hanno guidato gli uomini d’occidente – si produce un effetto di
spaesamento, di vuoto: il nichilismo.
• Il primo processo è accaduto nel passato, a partire dalla nascita della morale e della
metafisica di Socrate e di Platone.
• Il secondo è tuttora in atto, si rivela con l’avanzare dell’ateismo, con la perdita di
credito della metafisica.
• Al processo, ancora in atto, che ha come risultato finale la scomparsa della
metafisica Nietzsche si riferisce con la locuzione “morte di dio”.
• La morte di dio è quindi la scomparsa di ogni punto di riferimento abituale, di
ogni sicurezza, di un millenario sistema di credenze.
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• L’annuncio della morte di dio è la constatazione che il declino dei valori tradizionali
è ormai in atto, anche se gli uomini per lo più non se ne rendono conto e
continuano a vivere come se dio ci fosse ancora.
• La morte di dio non è un fatto che accada anzitutto nella coscienza degli uomini, e
in ciò si distingue da una pura affermazione di ateismo: essa coincide con la stessa
oggettività del venire alla fine della morale e della metafisica; è un evento che è
accaduto anche se noi non ne abbiamo ancora piena coscienza.
• Proprio perché la maggioranza dell’umanità ancora non sa nulla di questo evento,
chi lo annuncia è un folle e non viene ascoltato.
• A Nietzsche interessa non tanto la dimostrazione del fatto che la morte di dio sia
realmente avvenuta, quanto la riflessione sulle conseguenze esistenziali
prodotte da questo fatto decisivo della storia dell’uomo.
• Di fronte al fatto sconvolgente della morte di dio si delineano due forme di
nichilismo:
quello passivo che subisce inerte il crollo dei valori tradizionali;
quello attivo, consapevole che solo vivendo fino in fondo l’esperienza del
vuoto, ovvero portandola alle estreme conseguenze, è davvero possibile
superarla e andare oltre.
• Dunque: la morte di dio, ossia la fine delle illusioni, può significare per l’uomo o la
paralisi della volontà o il riconoscimento che non esistono un ordine e una
verità già stabiliti, al di fuori della volontà umana, e che proprio l’avere voluto
trovare un ordine e una verità immutabili ha condotto al nichilismo.
• Come i greci dei tempi eroici l’uomo deve tornare a essere capace di vivere senza
credere che ci sia un ordine razionale del mondo, che la storia abbia un senso e
una fine, che vi sia un progresso, una differenza tra il bene e il male, una verità.
• Nonostante tutto ciò, quest’uomo dovrà essere capace di vivere la vita con gioia.
• Quest’uomo nuovo è dunque il superamento dell’uomo attualmente esistente, è
l’oltre-uomo (Üebermensch, spesso, specialmente in passato, tradotto con
superuomo).
• In questo quadro si collocano i grandi temi della filosofia nietzscheana: la volontà di
potenza, l’oltre-uomo, l’eterno ritorno dell’identico, che occupano la fase più matura
del pensiero del filosofo, inaugurata dalla pubblicazione di Così parlò Zarathustra
(1883).
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6. Chi è Zarathustra?
• Volontà di potenza, eterno ritorno, oltre-uomo – i temi centrali del pensiero
nietzscheano – sono le parole d’ordine di Zarathustra, il protagonista di un’opera
stilisticamente unica nella produzione nietzscheana (ma più in generale nella storia
della filosofia), metà romanzo filosofico e metà poema in prosa, dove il
linguaggio è irto di metafore e dominato dai toni dell’ispirazione e della profezia.
• Zarathustra è una sorta di saggio, solitario, riflessivo, che annuncia l’eterno
ritorno dell’uguale, la morte di dio e il superamento dell’uomo comune,
l’avvento di un nuovo modello umano, ossia l’oltreuomo.
• Zarathustra è una sorta di contraltare di Cristo, un profeta che annuncia una
religione senza dio.
• Zarathustra è lo spirito libero dal peso della tradizione, l’eroe capace di affrontare gli
eventi più strani, inquietanti, paurosi, il poeta della saggezza dionisiaca, il
preannuncio di un nuovo avvenire.
• Attraverso le esperienze più disparate egli sperimenta il difficile cammino
dell’uomo dopo la morte di dio, alla ricerca di una nuova immagine di sé, mentre
coloro che la pubblica opinione giudica uomini superiori appaiono smarriti e
incapaci di seguirlo fino in fondo in questo cammino.
• Nel deludente rapporto con gli uomini cosiddetti grandi, che lo induce a ritornare
alla solitudine in attesa di veri interlocutori, Zarathustra compie fino in fondo la sua
esperienza e comprende come non sia facile diventare veramente liberi, accettare
senza contropartite la sofferenza, il male, i limiti umani.
• Allora il suo messaggio diventa: imparare ad accettare la vita nella sua
complessità, un messaggio che egli affida al riso, al canto, alla poesia, alla danza,
ovvero a forme di espressione diverse dalla razionalità: come dire che la sola
ragione non è in grado di rappresentare la contraddittoria ricchezza
dell’esistenza umana.
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7. Accettare la vita: la volontà di potenza; l’oltre-uomo e l’eterno ritorno
• L’espressione “volontà di potenza” assume ora un ruolo centrale. Che cos’è la
volontà di potenza? Innanzitutto va detto che Nietzsche lasciò un gran numero di
manoscritti inediti.
• La questione più delicata del materiale inedito di Nietzsche fa capo all’opera La
volontà di potenza, l’opera filosofica capitale di Nietzsche, programmata e
preparata per anni, che però non realizzò.
• Quella che è stata pubblicata nel 1906 con tale titolo è stata messa insieme e
curata dalla sorella Elisabeth, la quale utilizzò gli appunti manoscritti del fratello,
spesso manipolandoli in modo tale da avallare le concezioni razziste propugnate
dal nazismo.
• Per molti anni, dunque, il pensiero di Nietzsche è stato associato all’ideologia
nazista sulla base di alcune idee esposte nella Volontà di potenza.
• In realtà il concetto di volontà di potenza non ha nulla a che fare con l’ideologia
aggressiva del nazismo.
• Anzi, in generale Nietzsche è sempre stato molto critico nei confronti della
Germania e della cultura tedesca, del nazionalismo e dell’antisemitismo.
• La volontà di potenza è in realtà la vita, o meglio volontà di autoaffermazione:
dove c’è vita, c’è volontà di potenza, perché la vita vuole conservarsi ed
espandersi.
La volontà di potenza è semplicemente un altro modo di definire la vita.
• Come scrive Heidegger: la volontà di potenza “è la denominazione di ciò che
costituisce il carattere fondamentale di tutto ciò che è”.
• E’ il carattere fondamentale dell’essere, l’impulso originario che spinge ogni cosa
non solo a conservarsi, ma anche a crescere, a incrementare la propria potenza.
Essa raggiunge la sua espressione più alta nell’uomo, in cui si realizza come
volontà di potenza.
• Non bisogna però interpretare in modo banale la volontà di potenza come la
tendenza indiscriminata all’autoaffermazione sugli altri, quanto piuttosto come il
fondo inesauribile delle potenzialità della vita, che, per quanto riguarda l’uomo,
sono state per troppo tempo misconosciute e soffocate a vantaggio di valori
puramente negativi.
• Volontà di potenza è dunque il flusso costante della forza tesa a un costante
superamento di sé.
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7. 1. L’oltre-uomo
• La volontà di potenza è il modo di essere proprio dell’oltre-uomo. Nietzsche
sceglie per l’uomo che va oltre se stesso, che si pone al di sopra di sé, un nome sin
troppo facile al malinteso. Anche questo termine, infatti, ha suscitato fraintendimenti
ed equivoci che gli hanno conferito connotazioni biologico-razziste.
• Con questo appellativo Nietzsche non intende del resto indicare un ingrandimento
della dimensione dell’uomo tradizionale.
• Neppure egli intende un tipo di uomo che rigetta l’umano e fa dell’arbitrio la legge, e
di una titanica frenesia la regola.
• Il superuomo, del resto, non è nemmeno un mago che dovrebbe portare l’umanità
ad una paradisiaca beatitudine sulla terra.
• Nelle pagine nietzscheane l’oltre-uomo è essenzialmente colui che va oltre
l’uomo della tradizione cristiano-occidentale, il quale è schiacciato dal peso
del mondo ideale, del trascendente, e sottomesso ai valori della morale e
della religione.
• L’oltre-uomo è colui che prende le distanze dall’uomo attuale: è l’uomo del grande
amore per la vita e del grande disprezzo per tutto ciò che nega la vita; è colui che
dice sì alla vita e alla sua tumultuosa energia, accettandone con coraggio anche le
contraddizioni e le sofferenze.
• L’oltre-uomo è colui che capovolge il “tu devi” – che segna la passività dell’uomo
della tradizione di fronte agli imperativi della morale – nell’ “io voglio”, cioè
nell’affermazione della propria volontà; è colui che si lascia alle spalle il vecchio
uomo imprigionato dalla metafisica per preparare la via all’uomo nuovo, libero dai
condizionamenti ultraterreni, fedele alla terra, cioè disposto ad accettare la realtà
nella sua pienezza.
• In sintesi, l’oltre-uomo è un concetto filosofico che esprime il progetto
nietzscheano di un nuovo tipo antropologico, definito da una serie di
caratteristiche che emergono dall’insieme della sua opera:
è colui che è in grado di accettare la vita; di rifiutare la morale cristiana o dei
perdenti;
di operare una trasvalutazione dei valori;
di reggere la morte di dio guardando in faccia la realtà al di là delle illusioni
metafisiche;
di superare il nichilismo;
di porsi come volontà di potenza;
e – infine – di collocarsi nella prospettiva dell’eterno ritorno dell’identico.
• Secondo Heidegger il superuomo nietzscheano è l’uomo tradizionale messo in
condizione di diventare il padrone della terra, ossia di amministrare in un senso
elevato le possibilità di potenza che verranno all’uomo futuro dal dispiegarsi delle
possibilità della tecnica.
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7. 2. L’eterno ritorno
• La dottrina dell’eterno ritorno costituisce uno dei temi più ardui del pensiero di
Nietzsche.
• Nietzsche presenta la teoria dell’eterno ritorno dell’uguale, ovvero la ripetizione
eterna di tutte le vicende del mondo, come il pensiero più profondo e decisivo
della sua filosofia: “Io Zarathustra, l’avvocato della vita, l’avvocato del dolore,
l’avvocato del circolo, io chiamo te, il più abissale dei miei pensieri”.
• Già nei primi progetti per la quarta parte e per la conclusione dell’opera, nel 1883,
Nietzsche dice chiaramente come Zarathustra sia il maestro dell’eterno ritorno delle
stesse cose: “Zarathustra annuncia la dottrina del ritorno”; “Zarathustra trae dalla
felicità del superuomo questo segreto: che tutto ritorna”.
• Nella teoria dell’eterno ritorno trova la sua definitiva comprensione la
concezione dell’oltre-uomo, e dunque per capire il senso profondo dell’eterno
ritorno è opportuno tenere presente il suo legame con l’oltre-uomo.
• L’eterno ritorno ha innanzitutto un carattere selettivo, fungente da spartiacque
fra l’uomo e il superuomo. Infatti la prima reazione di fronte alla prospettiva
dell’eterno ripetersi del tutto – il terrore e il senso di peso – è propria dell’uomo,
mentre la gioia entusiastica per il ritorno identico di tutto ciò che è stato si manifesta
come tipica dell’oltre-uomo e della sua accettazione totale della vita.
• Nietzsche dirà spesso che l’eterno ritorno è il grande principio selettivo dell’umanità,
che distingue tra umanità superiore e inferiore in base alla capacità che gli uomini
avranno di sopportarlo.
• Annunciato nell’aforisma 341 della Gaia Scienza, il tema è sviluppato nel terzo libro
dello Zarathustra. Che cosa vuol dire Nietzsche con questo annuncio, di tipo
assolutamente profetico e allegorico, dell’eterno ritorno?
• Se il tempo di Dio e della metafisica si esprime nel tempo lineare, secondo cui
ogni cosa ha un principio e una fine e tutto in qualche modo tende a uno scopo e a
una meta, allora il tempo successivo alla morte di Dio e all’avvento dell’oltre-uomo
non può più essere concepito in questo modo.
• Porsi nell’ottica dell’eterno ritorno significa credere che il tempo non abbia né
inizio né fine, che il divenire non abbia scopo, che il mondo non segue alcun
piano provvidenziale rivolto a un fine, né immanente né trascendente.
• Il tempo lineare è il tempo provvidenziale del futuro, di ciò che deve venire. In esso
noi diamo senso all’oggi riconducendolo alla sua coerenza con il passato e alla
speranza promessa nel domani che deve venire.
• Il presente insomma non esiste: è costruito sulla memoria di ciò che è stato e
nello stesso tempo è deformato dalle esigenze del futuro e del suo significato
ultimo.
• Credere in una concezione lineare del tempo significa ritenere che il senso
dell’essere e la felicità stia sempre oltre, più in là del momento attuale, al limite
al di fuori dell’essere, in un oltre irrangiungibile e frustrante, in un al di là che
sarebbe il vero scopo del vivere.
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• In quest’ottica i diversi momenti che si susseguono nel divenire appaiono
transitori, effimeri, dunque irrilevanti.
• All’immagine del tempo lineare, tipica dell’uomo occidentale, Nietzsche contrappone
l’antica concezione classica (Empedocle) del tempo ciclico dove tutto ritorna
invariabilmente e si ripete in eterno.
• Il tempo ciclico, al contrario di quello lineare, è il tempo dell’eterno presente dove
ogni istante, ogni attimo, anche il più piccolo frammento, vissuto con piacere o con
dolore, vale di per sé, e non in funzione di un altro ancora da venire, ed è destinato
a essere per sempre.
• Nella visione ciclica del tempo l’individuo è chiamato a valorizzare l’attimo, ad
agire nel presente, facendo valere la propria volontà.
• Solo attraverso la decisione di volerlo è possibile vivere il presente in modo intenso,
tanto da desiderare di riviverlo all’infinito.
• Per desiderare ciò bisogna che l’attimo sia ricco di un suo intrinseco significato,
completo, appagante, e ciò non può avvenire nella concezione rettilinea del tempo,
dove ogni istante acquisisce senso solo in funzione di quelli che lo
precedono e lo seguono.
• Ovviamente il tipo di uomo capace di assumere su di sé l’idea dell’eterno ritorno, e
quindi di vivere come se tutto dovesse ritornare, non può essere l’uomo che
conosciamo, cioè l’individuo risentito dell’occidente, il quale concepisce il tempo
come una tensione angosciosa verso un compimento sempre al di là da
venire, ma solo un oltre-uomo capace di vivere la vita come un gioco creativo e
avente in se medesimo il proprio senso appagante.
• Proprio per questo motivo l’eterno ritorno incarna al massimo grado
l’accettazione superomistica dell’essere.
Bibliografia essenziale
F. Nietzsche, Opere, Adelphi, Milano.
G. Vattimo, Il soggetto e la maschera. Nietzsche e il problema della liberazione, Bompiani,
Milano, 1974.
G. Vattimo, Nietzsche, Laterza, Roma-Bari, 1985.
C. Pozzoli (a cura di), Nietzsche nei ricordi e nelle testimonianze dei contemporanei, Bur,
Milano, 1990.
M. Heidegger, Nietzsche, Adelphi, Milano, 2004.
E. R. Dodds, I greci e l’irrazionale, Sansoni, Milano, 2005.
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