INCONTRO SIONCOV 18-19 FEBBRAIO 2006 “IL LINFOMA NEL

INCONTRO SIONCOV 18-19 FEBBRAIO 2006
“IL LINFOMA NEL CANE: ASPETTO ISTOLOGICO, CITOLOGICO E
IMMUNOFENOTIPICO”
Dott.ssaVanessa Turinelli
Il linfoma rappresenta un gruppo estremamente eterogeneo di tumori maligni caratterizzati dalla
proliferazione clonale dei linfociti e dei loro precursori, bloccati ad uno stadio di differenziazione.
Tale blocco nella maturazione e differenziazione può essere totale e dar luogo ad un linfoma “puro”
in cui tutte le cellule figlie assomigliano al progenitore neoplastico, oppure parziale e determinare la
comparsa di un linfoma “misto” in cui alcune cellule riescono a progredire nel corso della
differenziazione e dare luogo ad un quadro cellulare eterogeneo: le cellule mostrano vari gradi di
maturazione senza raggiungere mai la completa differenziazione che dovrebbe caratterizzare la
cellula matura.
La principale difficoltà per il clinico che si trova di fronte ad un soggetto sospetto di linfoma sta
proprio nel riconoscere tale neoplasia, nel differenziarla da una iperplasia reattiva e nel formulare
una prognosi.
In questo lavoro saranno presi in esame tutti i tipi di linfoma descritti nel cane, correlandoli a quelli
descritti nell’uomo e mettendo in evidenza gli aspetti morfologici (citologici ed istologici) e
immunofenotipici (fenotipo B o T e indice di proliferazione) di ciascuno per facilitare l’iter
diagnostico e fornire un aiuto pratico al veterinario clinico.
I linfomi saranno classificati utilizzando la classificazione di Kiel attualizzata che li suddivide in
base al fenotipo (linfomi B e T) e in base al grado di malignità (basso e alto grado di malignità) e a
questa classificazione saranno aggiunti alcuni tipi di linfoma ancora poco conosciuti ma di grande
importanza dal punto di vista epidemiologico e clinico. Per ogni sottotipo di linfoma saranno prese
in considerazione le modalità di infiltrazione dei linfonodi o di altri organi, la morfologia delle
cellule neoplastiche, analizzandone la taglia cellulare, l’aspetto e la taglia del nucleo, l’architettura
della cromatina, la presenza e l’aspetto dei nucleoli, l’estensione e la basofilia del citoplasma. Sarà
valutato l’indice di proliferazione e il fenotipo, sottolineando i casi cosiddetti “frontiera”, quelli cioè
più difficili da differenziare con le iperplasie reattive.
INCONTRO SIONCOV 18-19 FEBBRAIO 2006
“IL LINFOMA CUTANEO”
Prof.ssa Francesca Abramo
Le proliferazioni linfocitarie cutanee possono essere reattive o neoplastiche. Al primo gruppo
appartengono la linfocitosi cutanea o pseudolinfoma, al secondo il linfoma cutaneo. Quest’ultimo
puo’ essere di due forme: non epiteliotropo ed epiteliotropo. Il linfoma cutaneo non epiteliotropo o
dermotropo può essere costituito da linfociti sia B che T, la forma epiteliotropa è invece sostenuta
da linfociti T. In medicina umana il linfoma epiteliotropo comprende tre forme: la reticolosi
pagetoide (caratterizzata da un infiltrato prevalentemente epidermico), la micosi fungoide
(caratterizzata da un infiltrato a forte componente dermica) e la sua forma leucemica, la sindrome di
Sézary (caratterizzata dalla presenza di cellule neoplastiche in circolo), tale classificazione si basa
prevalentemente su aspetti istopatologici.
La classificazione dei segni clinici della micosi fungoide nell’uomo risale al 1870, è ancora in uso
ed è ben adattabile anche alla medicina veterinaria; secondo questa classificazione la malattia
evolve attraverso 4 stadi con i seguenti segni clinici: 1° stadio) macule e chiazze, 2° stadio) placche,
3° stadio) noduli e 4° stadio) forma disseminata. Poiché nel cane sono presenti altri segni clinici
oltre a quelli sopra menzionati, è stata proposta da Scott (2001) un’altra classificazione che si basa
sulla localizzazione anatomica delle lesioni. Questa classificazione prevede una forma di
eritroderma esfoliativo con alopecia, una forma muco-cutanea con interessamento di tartufo, labbra,
aree perioculari e genitali, una forma nodulare cutanea e, infine, una forma con placche e ulcere a
carico della mucosa orale.
Il linfoma epiteliotropo si manifesta sia nel cane sia nel gatto in età adulta e avanzata (media di 11
anni). Razze quali gli Airedales, barboncini, cocker spaniel, setter e altri sono predisposte.
L’andamento clinico della malattia è lento e progressivo e molto spesso è accompagnato da intenso
prurito.
Il coinvolgimento dei linfonodi è raramente presente negli stadi iniziali della malattia, ma compare
negli stadi più avanzati e sempre nello stadio tumorale. Sono state riportate metastasi ad organi
interni.
L’eterogeneità dei segni clinici presenti in questa malattia rende la lista di diagnosi differenziali
molto lunga. La forma eritematosa sia diffusa che localizzata, se associata a forte prurito, può
mimare malattie allergiche, se di tipo desquamativa va invece differenziata dalle piodermiti, dalle
seborree e dalle reazioni da farmaco (tipo seborroico). La forma mucocutanea con depigmentazione
del tartufo e delle labbra deve essere differenziata dalla leishmaniosi, dal lupus eritematoso
discoide, e dalla sindrome uveo-dermatologica. Il coinvolgimento delle mucose rende malattie
autoimmuni come il pemfigo volgare, il pemfigoide bolloso e le reazioni da farmaco le diagnosi
differenziali più probabili. La forma nodulare deve comprendere una lunga lista di malattie nodulari
infiammatorie e neoplastiche.
L'esame citologico di preparati ottenuti per apposizione da lesioni ulcerate e crostose o per agoaspirazione da noduli consente di rilevare un tappeto di linfociti atipici e poche altre cellule
infiammatorie. La diagnosi di linfoma epiteliotropo richiede la conferma istopatologica della
presenza di tropismo epiteliale (epidermide, follicoli). La forma mucocutanea corrisponde più
frequentemente alla reticolosi pagetoide dell’uomo ed è pertanto caratterizzata da marcato
epiteliotropismo e assenza di coinvolgimento dermico da parte delle cellule neoplastiche. Nella
forma nodulare oltre all’epiteliotropismo è presente un evidente infiltrato dermico e/o sottocutaneo.
Altri aspetti caratteristici della micosi fungoide sono la presenza di linfociti neoplastici che
infiltrano lo strato basale dell’epidermide, i microascessi di Pautrier (pustole intraepidermiche
contenenti linfociti atipici), linfociti atipici circondati da alone chiaro. E’ spesso rilevabile un danno
della giunzione dermo-epidermica infiltrato a banda sub-epidermico con grosse cellule linfoidi e
istiociti, linfociti, eosinofili e plasmacellule e incontinenza di pigmento.
L’immunofenotipo del linfoma epiteliotropo mostra alcune differenze tra uomo e animali.
Nell’uomo i linfociti T neoplastici esprimono il CD4 (linfociti T helper) e raramente le molecole di
superficie CD8 (linfociti T suppressor). Occasionalmente i linfociti T possono essere doppiamente
negativi, ma sempre portatori dei recettori γδ, caratteristici dei linfociti residenti nell'epidermide. Al
contrario, nel cane i linfociti T tumorali sono principalmente suppressor (CD8), meno
frequentemente sono doppi negativi e raramente sono T helper (CD4).
Non esiste una terapia risolutiva per il linfoma epiteliotropo. Le numerose terapie palliative
utilizzate sono in grado di migliorare la qualità della vita dei soggetti malati e di diminuire l’intenso
prurito spesso presente e le infezioni secondarie. I cortisonici possono essere utilizzati da soli (se il
proprietario rifiuta ogni altro tipo di terapia o in combinazione con altri protocolli). Nelle forme di
eritroderma esfoliativo i retinoidi normalizzano le cellule che circondano i linfociti maligni,
migliorando la qualità della vita. La terapia non sembra allungare il tempo di sopravvivenza,
valutato in media in 7 mesi di media dal momento della diagnosi. L’olio di cartamo è stato
utilizzato con risultati variabili nel trattamento del linfoma epiteliotropo del cane
Bibliografia
1. Beale K.M., Bolon B. Canine cutaneous lymphosarcoma: epitheliotropic and nonepitheliotropic, a retrospective study. In: Ihrke P.J., Mason I.S., White S.D. (eds.) Advances in
Veterinary Dermatology Vol. 2. Pergamon Press 1993: 273-84.
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Histopathological Diagnosis. 2nd Ed Blackwell Science 2005, pp 876-888.
INCONTRO SIONCOV 18-19 FEBBRAIO 2006
“IL LINFOMA NEL CANE: INTRODUZIONE, STADIAZIONE e CENNI DI TERAPIA”
Dott.ssa Laura Marconato
Il linfoma è la neoplasia maligna più comune del sistema emopoietico del cane ed è
paragonabile al linfoma non-Hodgkin umano. Si tratta di una malattia sistemica a carattere
progressivo, che interessa i linfonodi ed altri visceri solidi, come il fegato e la milza, oppure
siti extranodali.
L’elevata frequenza in alcune razze suggerisce una predisposizione su base genetica
(dimostrata ad esempio per i bull mastiff ed i rottweiler), anche se sono state ipotizzate cause
ambientali (utilizzo di erbicidi come l’acido 2,4- diclorofenossiacetico, esposizione a benzene,
fumo di tabacco o a campi magnetici), infettive (virali) e immunomediate (somministrazione di
ciclosporine o immunosoppressione). Così come nell’uomo, anche nel cane appare sempre più
evidente l’associazione tra il linfoma (soprattutto con immunofenotipo T) e le aberrazioni
cromosomiche.
La continua e rapida evoluzione classificativa dei linfomi riflette non solo le maggiori
conoscenze in campo biologico, ma anche la necessità di correlare il tipo morfologico al
riscontro clinico, e soprattutto alla terapia e alla prognosi. Le classificazioni più recenti in
medicina umana (WHO e REAL) tengono pertanto conto delle caratteristiche epidemiologiche,
cliniche, morfologiche, immunofenotipiche e genetiche, distinguendo delle precise entità
cliniche provviste di un proprio schema prognostico e terapeutico. In medicina veterinaria si
sta seguendo lo stesso esempio, anche se al momento la classificazione WHO non è ancora
standardizzata.
La sintomatologia varia in funzione della sede d’insorgenza, ma la maggior parte dei cani è
portata alla visita per una linfoadenomegalia generalizzata non dolente (forma multicentrica).
Anche se più rare, è possibile osservare la forma mediastinica (timica), alimentare ed
extranodale.
La stadiazione è una tappa cruciale nella gestione del paziente con linfoma. Sono irrinunciabili
l’esame emocromocitometrico, l’ematochimica e l’esame delle urine, la citologia linfonodale,
la radiografia del torace, l’ecografia addominale, la valutazione del midollo osseo.
L’immunofenotipo sta acquisendo notevole importanza in medicina veterinaria e si spera che
nel breve futuro si possano istituire dei protocolli terapeutici più mirati.
Al momento la scelta terapeutica è ancora influenzata dallo stadio clinico del linfoma, che non
tiene in considerazione l’immunofenotipo.
La stadiazione clinica del linfoma riconosce 5 stadi (I-V) e 2 sottostadi (a, b).
La terapia d’elezione è la chemioterapia e la scelta dello schema dipende dal sottostadio del
paziente, dal grado istologico del linfoma, dall’estensione del tumore, dall’eventuale presenza
di sindromi paraneoplastiche, dalla motivazione del proprietario e dalla propria esperienza
personale. La maggior parte degli autori concorda nell’affermare che l’approccio
polichemioterapico (combinato o sequenziale) assicuri una più lunga sopravvivenza e che il
mantenimento non sia necessario nella maggior parte dei cani.
I protocolli che includono L-Asparaginasi, metotrexate, vincristina, ciclofosfamide e
doxorubicina assicurano l’intervallo libero e la sopravvivenza più lunghi. Il prednisone, se
utilizzato per periodi lunghi, favorisce l’insorgenza di farmaco-resistenza, diminuendo
notevolmente l’efficacia della chemioterapia. Pertanto, l’utilizzo del prednisone nel linfoma del
cane dovrebbe essere utilizzato soltanto se si è ottenuta una diagnosi di certezza e dopo aver
chiarito con il proprietario i possibili svantaggi.
La chirurgia e la radioterapia hanno spesso un ruolo marginale.
Un caso di linfoma mediastinico associato ad ipercalcemia maligna in un cane
Autore(i): Fabio Valentini Med. Vet., MS, Marco Colaceci Med. Vet.
INTRODUZIONE
Il linfoma rappresenta un vasto gruppo di malattie neoplastiche dei linfociti. Le cellule neoplastiche
vanno incontro ad espansione clonale e mantengono caratteri morfologici ed immunofenotipici
distintivi. Tra i tumori maligni, è uno dei più comuni nel cane e, sempre in questa specie, è la
neoplasia emopoietica più rappresentativa (83%). Vengono colpiti principalmente cani di mezza età
(6-9 anni) e tra le razze predisposte vi sono: boxer, scottish terrier, bassethound, airedale, chowchow, pastore tedesco, barboncino, San Bernardo, bulldog, beagle e golden retriever.
La localizzazione anatomica più comune è quella multicentrica (84%), seguita da quella alimentare
(7%), extranodale (< 7%) e mediastinica (< 2%). La forma mediastinica coinvolge i linfonodi
mediastinici craniali e/o il timo. Segni clinici associati a questa forma sono: dispnea, tosse,
rigurgito, intolleranza all’esercizio e disfagia. La compressione della vena cava può determinare
edema cervicale e facciale. Circa il 40% dei cani con linfoma mediastinico presentano ipercalcemia
maligna paraneoplastica. Di solito, il linfoma mediastinico è associato ad un fenotipo T cellulare.
CASO CLINICO
Zak, cane da pastore tedesco maschio di 5 anni arriva in ambulatorio per una seconda opinione
richiesta spontaneamente dal proprietario. L’anamnesi riferisce debolezza, tremori improvvisi da un
paio di giorni, facile affaticabilità, perdita di peso e di appetito, poliuria/polidipsia da circa due
settimane. Gli esami del sangue precedentemente fatti mostrano ipercalcemia con valori di 18,0
mg/dl (8,0-12,0 mg/dl) ed ipercreatininemia. La terapia corrente, a cui è sottoposto l’animale, è a
base di doxiciclina prescritta per 21 giorni.
All’esame fisico si rileva astenia, debolezza, atrofia del treno posteriore e spasmi improvvisi; gli
esami del sangue, essendo recenti e ritenuti attendibili, non vengono ripetuti. L’esame delle urine
evidenzia un peso specifico ipostenurico. Si passa alla diagnostica per immagini radiografica ed
ecografica che mette in evidenza una massa di grandi dimensioni nel mediastino craniale con
dislocazione dorsale della trachea. Si procede ad eseguire una biopsia ad ago sottile eco-guidata per
successivi esami citologici. Il campione è rappresentativo e suggestivo di linfoma. Viene improntata
immediatamente una terapia per stabilizzare l’ipercalcemia a base di fluidoterapia (NaCl 0,9%) per
via endovenosa in quantità pari a 40 ml/kg/die ed iniziato un protocollo chemioterapico
multifarmacologico (COPLA) comprensivo di una fase di induzione e di una di mantenimento.
Dopo circa dieci giorni vengono ripetuti gli esami del sangue che evidenziano un rientro di tutti i
valori precedentemente alterati negli intervalli di riferimento. L’esame radiografico mostra una
remissione totale della massa mediastinica e le condizioni cliniche dell’animale migliorano
rapidamente. La prima recidiva si ha a due anni dalla diagnosi ed il cane viene reinserito sotto
regime chemioterapico, si decide di cambiare protocollo e viene utilizzato il MOPP a base di
mecloretamina, vincristina, prednisone e procarbazina. L’animale ottiene una remissione totale ma
di breve durata (2 mesi) andando incontro ad una seconda recidiva. Al momento l’animale si trova
in una fase di equilibrio precario tra ricadute e riprese in seguito alla somministrazione dei farmaci.
DISCUSSIONE
L’approccio terapeutico al paziente affetto da linfoma viene determinato sulla base dello stadio e
del sottostadio della malattia, presenza di sindromi paraneoplastiche e possibilità economiche dei
proprietari. Senza trattamento la maggior parte dei cani muore entro 4-6 settimane dalla diagnosi. Il
linfoma è una neoplasia molto responsiva alla chemioterapia e circa il 60%-90% dei cani ottengono
una remissione completa con un tempo di sopravvivenza mediano di 9-12 mesi. Il caso clinico
presentato può essere considerato un successo poiché il cane partiva già con dei fattori prognostici
negativi (crisi ipercalcemica e sintomatologia clinica) ma, nonostante ciò, è ancora vivo a due anni
e cinque mesi dalla diagnosi.
L’ATTIVITA’ DELLA TELOMERASI NEI TESSUTI LINFOIDI SANI E
LINFOMATOSI DEL CANE
Autore(i): Fabio Valentini, DVM, MS; Barbara Kitchell, DVM, PhD, DACVIM
INTRODUZIONE
Una delle molteplici differenze esistenti tra una cellula sana ed una neoplastica è che nella prima il
numero di replicazioni cellulari possibili è limitato mentre nella seconda, questo limite, sembra
essere inesistente. Per questo motivo si ritiene che le cellule neoplastiche subiscano un fenomeno di
immortalizzazione.
Le estremità dei cromosomi contengono porzioni di DNA, strutturalmente definito, chiamati
telomeri. Nelle cellule somatiche normali, ogni ciclo mitotico porta ad una riduzione nella
lunghezza dei telomeri fino a quando non viene raggiunta una lunghezza soglia che rappresenta un
segnale cellulare di arresto mitotico. A questo punto la cellula entra in una fase detta di “senescenza
cellulare” oppure va incontro ad apoptosi.
Se i telomeri potessero evitare questo eccessivo accorciamento, in teoria, potrebbero permettere alla
cellula di replicare continuamente senza fine e, quindi, immortalizzarla.
Questo problema viene risolto grazie all’attivazione di una trascrittasi inversa, la telomerasi.
La telomerasi è una ribonucleoproteina che contiene uno stampo di RNA di 9 bp capace di
sintetizzare rapidamente nuove sequenze telomeriche.
Le cellule tumorali guadagnano l’immortalizzazione amplificando l’attività della telomerasi.
Ipotizzando che la telomerasi sia un marker specifico per i tessuti neoplastici, lo sviluppo di metodi
per rivelarne l’attività potrebbe rappresentare un mezzo diagnostico e prognostico accurato e non
invasivo.
OBIETTIVI
Lo scopo dello studio è stato quello di rilevare l’attività della telomerasi in tessuti linfoidi sani,
iperplastici e neoplastici di cane per mezzo del TRAP assay con particolare enfasi sulla sensibilità e
specificità del metodo.
MATERIALI E METODI
I campioni sono stati ottenuti per mezzo di biopsie chirurgiche ottenute da cani di proprietà durante
il loro ricovero in clinica. I proprietari hanno dato il loro consenso all’utilizzo dei campioni per
questo studio. La popolazione in esame comprendeva cani con tessuti linfoidi normali, iperplastici e
neoplastici.
Il TRAP assay misura l’attività della telomerasi rilevando ed amplificando, tramite PCR, i prodotti
dell’enzima. I risultati vengono poi visualizzati su gel di poliacrilamide.
RISULTATI
Su 12 linfomi, confermati istologicamente, 11 hanno dato positività al TRAP assay mentre 11 di 12
tessuti linfoidi normali e 2 di 2 tessuti iperplastici hanno dato esito negativo.
L’analisi di questi risultati indica, per questo metodo, una sensibilità stimata essere del 91% ed una
specificità del 92%.
CONCLUSIONI
Sulla base di questo metodo si è ottenuta una forte correlazione tra diagnosi istopatologica ed
attività telomerasica in quanto la maggior parte dei tessuti linfomatosi è risultata essere positiva alla
telomerasi mentre i tessuti linfoidi sani e/o reattivi, in genere, hanno dato esito negativo.
Il TRAP assay può essere utilizzato per misurare l’attività telomersica nel tesuto linfoide del cane.
Per il momento non è consigliabile utilizzare il TRAP assay come unico mezzo diagnostico e/o
prognostico per via di alcuni problemi legati ai falsi positivi bensì come test supplementare
successivo all’esame clinico, citologico ed istopatologico.
Un caso complicato : neoplasia delle plasmacellule o leishmaniosi ?
Francesco Carrani D.M.V.
Clinica Veterinaria Cascina
Via tosco Romagnola 338 56012 Fornacette (Pi) [email protected]
Nel gennaio 2003 stato portato alla visita un cane di razza springer spaniel di 8 anni che presentava
difficoltà alla deambulazione.
Alla visita è stata riscontrata una lesione a livello delle vertebre L3-L4 ed il cane è stato sottoposto
ad accertamenti ematochimici, biochimici e sierologici per Neospora, Toxoplasma, Leishmania e
Rickettsia, seguiti da mielografia ed analisi del LCR con risultati negativi. La sierologia è risultata
negativa tranne che per la toxoplasmosi dove ha evidenziato una positività sia alle IgG che alle IgM
Gli esami ematochimici hanno evidenziato una leucocitosi neutrofilica e la lesione vertebrale è stata
giudicata compatibile con discospondilite; il cane è stato trattato inizialmente con ceftriaxone e
carprofen per 10 giorni e dopo il risultato della sierologia la terapia è stata cambiata sostituendo il
ceftriaxone con trimetoprim e sulfametossazolo per 20 giorni. Il proprietario ha declinato la biopsia.
Il controllo eseguito dopo 12 giorni ha evidenziato la scomparsa dei sintomi e la normalizzazione
dell’emogramma.
A settembre 2005 il cane è stato portato per un problema di poliuria e polidipsia e nuovamente
dolore nella zona lombare.
Gli esami ematobiochimici hanno mostrato una alterazione dei parametri renali e delle proteine
totali con l’elettroforesi indicativa di un aumento delle proteine della fase acuta. Il cane presentava
anche ipertensione con valore medio di 190 su 110. L’esame radiografico è risultato compatibile
con una riacutizzazione della discospondilite con il sospetto della formazione di una cisti ossea. Il
proprietario ha declinato la TAC ed il cane è stato messo nuovamente sotto trimetoprim/
sufametossazolo ed amilodipina ed enalapril per l’ipertensione e l’insufficienza renale.
A novembre 2005 il cane è stato nuovamente riportato per un controllo del problema renale ed i
valori biochimici hanno mostrato una normalizzazione della creatinina con urea ancora alta, il
protidogramma ha mostrato invece un repentino cambiamento evidenziando una gammopatia
monoclonale. E’ stato ripetuto il test per la leishmaniosi con esito negativo e dato che il proprietario
ha declinato ulteriori analisi è stato deciso di continuare con la medesima terapia.
Nel mese di dicembre 2005 il cane è stato riportato per un sanguinamento dalla mucosa buccale. Gli
esami hanno mostrato un innalzamento dell’azotemia, della fosfatasi alcalina e delle proteine totali
con aumento del picco monoclonale ed aggravamento dell’ipoalbuminemia, PT e PTT erano entro i
limiti normali, il test per la leishmaniosi è stato ancora negativo.
I proprietari hanno declinato ulteriori analisi ed hanno riportato il cane circa 5 giorni dopo per
l’eutanasia.
In quella sede è stato eseguito l’esame del midollo che ha mostrato un’infiltrazione massiva da parte
di plasmacellule e megacariociti con caratteri di atipia ma anche una presenza massiva di macrofagi
contenenti protozoi del genere Leishmania.
Le difficoltà interpretative di questo caso risiedono nella sovrapposizione di segni clinici comuni a
due patologie completamente differenti, leishmaniosi e plasmocitoma e dimostrano come, in
assenza di esami specifici, sia stato estremamente difficile optare per terapie mirate anche se il
sospetto diagnostico era molto indicativo di plasmocitoma.