San Cataldo (CL) – Parrocchia S. Alberto Magno – 14/06/2012 29° Incontro Lectio Divina: Marco Mc 4,26-34: Con molte parabole annunciava la Parola - INVOCAZIONE ALLO SPIRITO SANTO 26 Diceva: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; 27dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. 28Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; 29e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». 30Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? 31È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; 32ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». 33Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. 34Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. II. – III. LECTIO E MEDITATIO Si può accelerare la crescita del regno di Dio? A questa domanda Gesù risponde con una breve parabola, un piccolo gioiello, conservatoci soltanto da Marco (vv. 26-29).E’ divisa in tre parti di diversa ampiezza, che corrispondono ai tre momenti in cui si svolge il lavoro agricolo: la semina (v. 26), la crescita del seme (vv. 2728), la mietitura (v. 29). La prima e la terza, quelle cioè in cui si descrive il lavoro del contadino, sono ridotte al minimo: <<Getta il seme nella terra>> (v. 26) e <<mette mano alla falce>> (v. 29), null’altro. Molto più sviluppata è quella centrale che occupa due terzi della parabola. Il narratore vuole chiaramente richiamare tutta l’attenzione sul tempo della crescita; perciò, con una certa forzatura, non solo evita di enfatizzare l’opera del contadino, ma ignora volutamente attività che questi è solito svolgere, anche dopo la semina: protezione, ripulitura, irrigazione dei campi. A Gesù preme mettere in risalto una sola cosa: la forza irresistibile del seme che, una volta gettato nella terra, cresce da solo. Della prima parte della parabola (v. 26) rileviamo un dettaglio: l’evangelista non impiega il termine tecnico seminare, racconta di un uomo che getta il seme, rendendo quasi percettibile l’ampio gesto delle braccia del contadino che sparge ovunque, con gioia e senza risparmio, i preziosi chicchi. E’ così che deve essere diffuso il messaggio evangelico, a profusione, e va lanciato nella terra, non in un campo definito e ristretto, ma ovunque, nel mondo intero. E’ l’invito a superare qualunque esclusivismo; nessun popolo può considerare riservate a sé le benedizioni di Dio. Dopo la stagione della semina viene per l’uomo il momento in cui cessa il lavoro (vv. 27-28). Giorni e notti si succedono e l’agricoltore dorme e veglia senza poter più intervenire nella crescita. E’ inutile che si dia da fare, che si inquieti o si preoccupi, il processo in atto ormai non dipende più da lui; se si agita, se entra nel campo, provoca solo guai, calpesta e danneggia i teneri germogli. Non deve fare atro che attendere. Infatti, nel silenzio e in modo quasi impercettibile, ecco che inizia il prodigio: dalla terra spunta il seme. La descrizione della crescita è accurata: prima compare lo stelo verde e tenero, poi la spiga e infine il chicco maturo. Uno sviluppo che lascia stupefatti e incanta, ma che non può essere forzato, richiede tempo e pazienza. L’assimilazione del messaggio evangelico non è immediata; l’opera di trasformazione interiore dell’uomo richiede giorni e anni. Tuttavia, una volta che è penetrata nel cuore, la parola di Cristo mette in atto un dinamismo inarrestabile, anche se lento. Chi l’ha udita non rimane più lo stesso. Una delle tentazioni più comuni agli apostoli del vangelo è lo scoraggiamento. Spesso si abbattono se non notano subito qualche risultato concreto della loro predicazione. Il messaggio della parabola è rivolto soprattutto a loro. Se sono certi di avere annunciato il messaggio autentico di Cristo, se non l’hanno confuso con la sapienza di questo mondo, se non ne hanno svigorito la forza dirompente con l’aggiunta di un pizzico di buon senso umano, devono coltivare l’intima certezza che i frutti saranno copiosi. La stagione e l’abbondanza del raccolto non dipende da loro, ma dal terreno, più o meno fecondo, in cui il seme della parola è caduto. Modello di predicatore è Paolo che ai corinti dichiarava: <<Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma Dio che ha fatto crescere>> (1Cor 3,6). Il processo di maturazione va rispettato. Chi vuole accelerarlo rischia di lasciarsi prendere dalla frenesia, si convince di poter sostituire la propria azione a quella dello spirito e, se interviene, perde facilmente il controllo e ricorre anche a metodi scorretti, fa uso della coercizione, non rispetta la libertà, mette in atto in mano ricatti psicologici. La parabola interpella tutti, genitori, educatori, responsabili della comunità cristiana che, pur animati dalle migliori intenzioni, si lasciano a volte prendere dall’impazienza, dalla fretta, dall’efficientissimo, ottenendo, come unico risultato, di apparire irritanti, aggressivi, intolleranti. Gran parte delle raccomandazioni dei maestri di vita spirituale è costituita da pressanti inviti all’impegno, all’attività instancabile, al lavoro febbrile. Il vangelo di oggi richiama un altro aspetto importante. Ci sono momenti in cui è necessario <<dormire>>, cioè saper attendere, mantenere la calma e sedersi a completare stupiti il seme che germoglia e cresce da solo. I frutti andranno certo al di là di ogni previsione. Chi non è convinto di questo non ha fede nella forza prodigiosa della parola di Cristo. Anche la seconda parabola (vv. 30-32) è tratta dall’esperienza della vita dei campi. Il contadino vede ogni giorno piccoli semi scomparire nella terra e rinascere per divenire steli, arbusti e anche grandi alberi. E’ questo stupefacente contrasto fra la piccolezza degli inizi e la grandezza dei risultati che Gesù intende mettere in risalto con la parabola del granello di senapa che, secondo l’opinione popolare, era il più piccolo di tutti i semi. La meraviglia deriva dalla constatazione che, da un chicco quasi invisibile, germogliava e cresceva, in una sola stagione, un arbusto che anche oggi lungo le rive del lago di Galilea può raggiungere i tre metri di altezza. Con questa parabola Gesù non intendeva far profezie sui futuri trionfi della Chiesa che, sorta da alcuni poveri pescatori, sarebbe divenuta un’istituzione solida, influente, capace di incutere timore e rispetto anche ai detentori del potere politico. Lo sviluppo del regno di Dio non si valuta con le statistiche perché, come riferisce Luca, non lo si può vedere o quantificare, si trova infatti, nell’intimo di ogni uomo (Lc 17,21). Il seme del regno di Dio rimane sempre piccolo e privo della gloria di questo mondo; gli effetti che produce superano invece ogni attesa e nella parabola sono presenti attraverso immagini prese dall’Antico Testamento. La crescita rigogliosa dell’albero evoca l’esuberanza di vita, la pienezza del successo. Ezechiele paragona l’Assiria, giunta all’apice del potere a un <<cedro del Libano, bello di rami, folto di fronde, alto di tronco; fra le nubi era la sua cima. Aveva superato in altezza tutti gli alberi dei campi>> (Ez 31,3-5). L’ombra che difende da raggi ardenti dal sole è una metafora della protezione offerta dal regno di Dio a coloro che vi entrano (Sal 91,1). Anche l’immagine degli uccelli che nidificano si ritrova spesso nell’Antico Testamento (Ez 31,6); raffigura coloro che, avendo accordato piena fiducia alla parola di Dio, costruiscono il loro nido nella casa del Signore (Sal 84,4), cioè impostano la vita in sintonia con i valori evangelici. Costoro sperimenteranno la beatitudine, la pace, la pienezza dell’amore, al riparo dell’ombra offerta dall’Altissimo (Sal 91,1). La parabola è un invito a considerare la realtà con gli occhi di Dio. Solo chi si sarà fatto piccolo come un granello di senapa diverrà <<come un albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai>> (Sal 1,3). La parabola vuole infondere gioia e ottimismo. Un giorno appariranno a tutti le meraviglie operate da Dio attraverso chi, come suo Figlio, si sarà fatto umile e mite servo di tutti. Di tutto il messaggio cristiano, questa è certo la parte più difficile da assimilare, perciò non desta meraviglia che non tutti la possono capire. Per i più rimane un enigma irrisolto, non perché non ne comprendano il significato, ma perché è umanamente assurdo e inconcepibile che, facendosi piccoli, si appaia grande davanti a Dio. Il brano si chiude con una annotazione dell’evangelista: <<In privato, Gesù spiegava ogni cosa ai suoi discepoli>> (v. 34). Sono necessari riflessione, silenzio e preghiera; bisogna dedicare tempo al dialogo con Cristo, occorre creare un clima spirituale adatto se si vuole accogliere, dallo Spirito, la luce necessaria per assimilare e tradurre in scelte di vita il messaggio di questa parabola. IV – V – VI: ORATIO, COMPLETATIO, E ACTIO (Prossimo incontro Giovedì, 21/06/2012 – ore 19,30)