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VACCINI
GENERALITÀ:
Malattie causate da agenti patogeni quali virus e
batteri subirono una drastica caduta di incidenza
a partire dal momento in cui vennero introdotte in
modo sistematico le vaccinazioni.
Il sistema immunitario garantisce un buon livello
di protezione nei confronti degli agenti patogeni
basandosi soprattutto su una caratteristica unica
e fondamentale: la specificità. L’immunità, o
memoria immunologica, rende l’organismo pronto
a rispondere in modo estremamente efficiente ad
un agente infettivo qualsiasi, virus o batterio che
sia. Esso deve però prima incontrare il patogeno e
in un secondo tempo attivare un’efficace azione
difensiva nei suoi confronti. Risulta quindi chiaro
che l’immunità verso microorganismi infettivi può
essere ottenuta in modo:
‰ Naturale: è quanto fa il sistema immunitario
normalmente, ma non esclude l’instaurarsi
della patologia;
‰ Artificiale: si tratta dei vaccini, potenti mezzi a
disposizione dell’uomo che portano ad una
risposta del sistema immunitario (come l’instaurarsi di immunità e della memoria immunologica) senza l’instaurarsi della malattia.
‰ È inoltre importante conoscere la differenza
che esiste tra immunizzazione attiva e passiva.
L’immunizzazione :
‰ Passiva consiste nel trasferimento di anticorpi
in un organismo ricevente. Essa può avvenire
in modo naturale, attraverso il trasferimento di
anticorpi dalla madre al feto durante la gravidanza, oppure in modo passivo, in quella che
viene anche indicata come "sieroprofilassi",
cioè con l’introduzione nel ricevente di anticorpi prodotti appositamente. Questo tipo di
immunità ha il pregio di essere ottenuta molto
velocemente, ma ha anche il limite di non
conferire memoria immunologica.
‰ Attiva consiste nel produrre un’immunità protettiva e soprattutto una memoria immunologica, in modo che una successiva esposizione
al patogeno provochi una risposta immunologica più potente, che lo elimini con successo
prima di dar luogo a manifestazione patologiche. In questo caso il S.I. svolge un ruolo di
primaria importanza, mentre nel caso precedente esso risultava inattivo: i linfociti selezionati e specifici per l’antigene proliferano e
determinano la formazione di cellule memoria.
Una precedente risposta immune verso un
microrganismo
rende
un
individuo
meno
suscettibile oppure anche resistente ad una
infezione da parte dello stesso agente infettivo.
Una malattia infettiva può difficilmente colpire
soggetti guariti della stessa infezione. Questa
constatazione fornisce la base razionale della
vaccinazione.
La vaccinazione consiste nell’inoculazione di
vaccini per indurre una risposta immunitaria
attiva simile a quella che si osserva nell’infezione
naturale, in assenza di malattia. I vaccini
possono essere microrganismi, virus, materiali
d’origine microbica (tossine) resi poco o per nulla
dannosi per l’organismo ma in grado di funzionare
da antigeni.
‰ In Oriente si inoculava per scarificazione
cutanea materiale proveniente da pustole di
soggetti con vaiolo leggero: la pratica della
vaiolizzazione fu propagandata in Europa da
Lady Mary Wortley Montague, moglie di un
ambasciatore inglese in Turchia.
‰ Alla fine del 700, Edward Jenner osservò che
soggetti che avevano superato un’affezione pustolosa benigna contratta dai bovini non si
ammalavano di vaiolo. Pensò quindi di inoculare la malattia del bovino (variolae vaccinae)
per proteggere l’uomo contro il vaiolo. I francesi
derisero Jenner chiamando “Vaccination” il
trattamento jenneriano.
‰ Pasteur, alla fine del 1800, dimostrò la
passibilità di attenuare microrganismi patogeni
per usarli come vaccini.
‰ L’uso dei vaccini nella terapia delle malattie
infettive si deve a Wright.
VACCINI BATTERICI
Sono di due tipi:
1. ANATOSSINE o TOSSOIDI: le esotossine
proteiche batteriche prive del potere tossico,
ma con inalterate proprietà antigeni. Alcune
tossine, in seguito all’invecchiamento o a
trattamenti (formaldeide, ecc) sono parzialmente denaturate, perdono il potere tossico e
mantengono le proprietà antigeni. Oggi ci sono
due vaccini: antidifterico e antitetanico. Nella
difterite e nel tetano, tutta la sintomatologia è
causata dalle esotossine prodotte dai clostridi.
La presenza di anticorpi previene la sintomatologia, mentre le difese infiammatorie eliminano i batteri infettanti che sono scarsamente virulenti.
2. BATTERI: batteri patogeni uccisi (calore,
formolo) e varianti apatogene viventi. I vaccini
allestiti con batteri patogeni viventi sono il
vaccino antitifico, il vaccino contro la Rickettsia prowazekii (agente del tifo petecchiale), ed
altri.
STRATEGIE UTILIZZATE PER LA PRODUZIONE
DEI VACCINI:
Per la produzione di un vaccino, occorre considerare che i requisiti per la sua efficienza variano in
relazione alla natura dell’agente patogeno. I
vaccini hanno avuto un enorme sviluppo a partire
dagli anni ’60, quando si passò ad un approccio
più razionale, basato sulla comprensione a livello
molecolare della patogenicità microbica, sulla
comprensione della regolazione del sistema immunitario nella generazione di risposte T- o B- dipendenti. Si vide da subito che non poteva esistere
Mentre il vaccino antitubercolare è allestito con il
bacillo di Calmette e Guerin (BCG) e il vaccino
antitifico è preparato con il ceppo attenuato Ty21a
di Salmonella typhi.
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fondamentale, si possono utilizzare opportuni
adiuvanti, proteine "carrier" o anche opportune
citochine, in grado di fornire una risposta del
tutto mirata.
un’unica strategia per ottenere "artificialmente"
immunità contro i più svariati patogeni: tramite i
vaccini si cerca infatti di riprodurre nel modo più
fedele possibile un attacco "reale" da parte di un
agente infettivo. Si vuole indurre l’organismo a
produrre la risposta immune più simile a quella
che farebbe se incontrasse in circostanze "normali" lo stesso patogeno. Non si possono, quindi,
ignorare le differenze che si hanno nei confronti
dei diversi agenti patogeni. Per esempio, per gli
organismi extracellulari sono gli anticorpi a
rappresentare la principale forma di difesa,
mentre per il controllo di organismi intracellulari è
essenziale una efficace risposta CD8-positiva. Il
vaccino ideale fornisce all’ospite pronte difese nel
punto d’entrata dell’agente infettivo; così una delle
parole d’ordine nella creazione di un vaccino è
"mirare" la sua azione.
LIMITI DEI VACCINI:
Nonostante i notevoli progressi compiuti dalla ricerca sui "vaccini", esistono ancora molti difetti ai
quali sembra difficile porre rimedio, legati a:
1. molteplicità degli antigeni: se, come detto, è
possibile vaccinare "contro gli antigeni", è
altrettanto vero che risulta impossibile vaccinare contro "troppi" antigeni; ad esempio se
teoricamente sarebbe possibile ottenere immunità contro tutti gli antigeni patogeni dello
Streptococcus pyogenes, di fatto ciò risulta impossibile per l’estrema numerosità degli stessi.
2. Variabilità degli antigeni: qualsiasi vaccino,
per perfetto che sia, risulterà efficace solo per
l’antigene per cui è stato ideato; qualora il
target muti (quanto accade tipicamente per i
virus influenzali o HIV, per esempio) esso
risulterà inefficace nei confronti delle "novità".
3. Variabilità individuale dell’ospite: sono state
dimostrate diversità individuali a livello di cellule del sistema immunitario: è noto il grande
numero di HLA esistenti per la nostra specie;
così, se un antigene è ben processato ed
esposto su di un particolare MHC, in modo tale
da indurre un’appropriata risposta T in un
individuo, non è detto che lo sia anche per tutti
gli altri, dotati di HLA diversi.
4. Modo di somministrazione: la maggior parte
dei vaccini è somministrata per via parenterale; oltre a svantaggi di tipo pratico, ciò ha un
importante svantaggio immunologico: l’iniezione non è l’usuale porta d’entrata della maggior
parte degli antigeni patogeni contro cui la
vaccinazione è diretta. Può accadere che un
vaccino porti ad anticorpi altamente affini ma
di classe "sbagliata": ad es. l’inoculazione sotto
cute di un Ag induce una risposta di tipo IgM,
seguita da IgG, ma è molto più difficile un
ulteriore switch isotipico ad IgA, vale a dire la
classe anticorpale più efficace contro quei
patogeni che colonizzano le mucose, quali
rhinovirus o virus dell’influenza. È importante
capire come questi organismi stimolino l’immunità mucosale e sviluppare vaccini che
possano essere somministrati alla mucosa
oralmente o attraverso inalazione na-sale.
5. Somministrazione a bambini di età inferiore
a 6 mesi: i neonati infatti posseggono ancora
gli anticorpi materni per un tempo variabile in
relazione al periodo di allattamento; il preparato vaccinico può quindi essere neutralizzato
da tali anticorpi senza indurre un’attivazione
del sistema immunitario tale da garantire
l’immunità. Inoltre il neonato non ha ancora
un sistema immunitario perfettamente sviluppato, ma proprio per questo è importante
vaccinare ugualmente i bambini sotto i 6 mesi,
età in cui alcune malattie infettive si manifestano molto frequentemente e con la massima
virulenza (tanto più che non possiamo conoscere il grado di copertura anticorpale dei sin-
MODALITÀ DI RISPOSTA DELL’ORGANISMO:
Risposta T-indipendente: Nell’immunità specifica
troviamo un tipo di risposta che coinvolge solo i
linfociti B. Essa viene indotta da alcune sostanze
tra cui l’LPS della parete cellulare dei batteri
Gram- e il polisaccaride capsulare dello pneumococco. Ammettendo di voler fare un vaccino
inoculando in un ospite queste sostanze, si
otterrebbe sì risposta, ma con alcune caratteristiche che la renderebbero, secondo le attuali
vedute, praticamente inaccettabile:
‰ debole,
‰ senza memoria,
‰ con produzione di sole IgM,
‰ inesistente in bambini sotto i due anni d’età.
Risposta T- e B-dipendente: Per ovviare ai primi
tre inconvenienti, appare ora chiaro che un buon
vaccino deve indurre una risposta sia di tipo T che
di tipo B. Questo perché si vengono così a selezionare linee di linfociti T-helper, i "direttori d’orchestra" della risposta immunitaria, le cui citochine
secrete sono in grado di garantire:
a. sufficiente ampliamento dei cloni selezionati (la
successiva risposta sarà basata su "forze" più
numerose, oltre che sempre più affini);
b. generazione di cloni memoria (di importanza
fondamentale, il fine ultimo della vaccinazione);
3. maturazione di affinità (è necessario possedere
tanti anticorpi, ma bisogna che siano specifici
per l’agente patogeno e per la sua via d’entrata).
È necessario considerare anche altri punti. Nel
momento in cui un antigene entra in un
organismo, esso determina una risposta policlonale, cioè diretta verso tutti o la maggior parte
degli epitopi di superficie del patogeno, siano essi
patogenici oppure no.
A livello teorico, sembra quindi una soluzione
molto semplice e vantaggiosa l’inoculo a scopo
preventivo solo delle proteine o degli acidi nucleici
che determinano la patogenicità; è però da
considerare che in questo modo solo raramente
potremo ottenere una risposta efficace, in quanto
tenderà sempre a mancare la componente T o
quella B. Per ovviare a questo inconveniente
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con emivita dell’ordine di qualche mese e
cellule memoria: quando la titolazione anticorpale scenderà sotto livelli efficaci, poiché il
"risveglio" delle cellule memoria si può attuare
solo in un tempo superiore al tempo di incubazione, il virus potrà dar luogo all’infezione.
In questi casi risulta quindi necessario mantenere alto il livello di anticorpi neutralizzanti
con immunizzazioni successive.
goli bambini data la difficoltà ad effettuare
prelievi di sangue).
6. Limiti della risposta stessa: può accadere
che un vaccino risulti molto efficace nel conferire immunità, ma che sia il sistema immunitario in sé a risultare inefficace contro alcuni
patogeni; è quanto accade, ad esempio, nel
caso del virus dell’influenza, che ha un periodo
d’incubazione di circa tre giorni. Infatti dopo 56 giorni dalla vaccinazione si formano anticorpi
Figura 1. Risposta anticorpale sierica e secretoria a poliovaccino con virus ucciso somministrato
intramuscolo (Salk) e a poliovaccino con virus vivo attenuato somministrato oralmente (Sabin).
produzione del vaccino di Sabin così come in
quello di Salk e si richiese un’analisi più
attenta per eliminare questo contaminante. (Si
riteneva che questo virus non fosse pericoloso
per l’uomo, anche se ultimamente è stata descritta la sua presenza in certi casi di tumori
cerebrali, osteosarcomi e mesoteliomi). È stata
vista contaminazione dei vaccini attenuati
anche ad opera di CMV di scimmia e virus
della leucemia aviaria. Il problema può essere
superato con l’uso di linee di cellule diploidi
umane come substrato per la coltura del virus.
Vaccini preparati in tale modo sono in uso da
anni.
7) Inefficacia dei vaccini: la vaccinazione non è
efficace nel 100 % degli individui, ma per ogni
vaccino una piccola percentuale di individui risponde poco e non viene adeguatamente protetta. Questo non è un problema serio se la
maggior parte della popolazione è immune all’agente infettivo. In quanto la probabilità che
un individuo suscettibile entri in contatto con
uno infetto è così bassa che le probabilità d’infezione sono minime. Questo importante fenomeno è noto come immunità di massa.
8) Possibile presenza nella preparazione vaccinale di virus contaminanti che erano presenti
in forma latente nelle cellule di coltura, usate
per propagare il virus da inattivare o per le
procedure di attenuazione. Nel 1960 si scoprì
che il virus oncogeno SV40 aveva contaminato
alcune colture di rene di scimmia usate nella
USO CORRETTO DEI VACCINI:
1) Devono essere somministrati in un dosaggio
appropriato alla suscettibilità individuale e
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efficacemente il sistema immunitario in assenza
totale di attività replicativa e/o patogena per
organismi e culture cellulari. È definito appunto
inattivato o ucciso un virus che abbia perso
capacità replicativa; in questo modo esso ha
perso il potere infettante e patogeno, ma conserva
il potere antigenico.
Metodi di Inattivazione. Punto chiave nella preparazione di un vaccino a virus inattivato è quello
di uccidere effettivamente il virus, in modo da non
rischiare infezioni. Allo stesso tempo, però, è
molto importante mantenere la struttura degli
epitopi antigenici di superficie, cioè di quelle
stesse molecole presenti sui virus infettanti e che
in questo modo saranno poi riconosciute dagli
anticorpi prodotti grazie alla vaccinazione. A tale
scopo sono state ideate varie tecniche, con agenti
denaturanti di natura chimico-fisica:
• calore: è una tecnica generalmente non
soddisfacente,
poiché
causa
un’estesa
denaturazione delle proteine, che altera gli
epitopi dipendenti dalla struttura nativa delle
stesse;
• formaldeide: assieme all’uso di altri agenti
alchilanti è la tecnica che ha maggior successo;
• beta-propionolattone;
• raggi U.V
Vantaggi:
‰ Possono essere somministrati in soggetti
immunodepressi e donne gravide, in quanto
non possono in alcun modo generare infezione;
‰ Non richiedono particolari tecniche di conservazione, potendo resistere bene anche a
temperature piuttosto ostili, tipiche delle regioni del terzo mondo, in cui da un certo
periodo sono in corso estese campagne di
vaccinazione.
Svantaggi:
‰ Si può verificare l’esistenza di frammenti di
genoma virale non inattivati; ad esempio in
seguito all’inattivazione di Herpes simplex con
U.V si è notata la persistenza di corte sequenze
dei geni precoci ad azione trasformante;
‰ Conferiscono immunità spesso breve e devono
essere ripetuti; con questo tipo di vaccini, per
ottenere una buona risposta primaria occorre
una forte massa antigenica, bisogna quindi
effettuare inoculi sufficientemente concentrati
e se possibile frazionati in più somministrazioni, per iniezione sottocute. Ciò implica non solo
problemi logistici nel raggiungimento dei pazienti, ma ha anche causato preoccupazione
per i possibili effetti di ripetute somministrazioni di proteine estranee (ad esempio le reazioni
di ipersensibilità);
‰ Provocano solo la produzione di IgM e IgG
circolanti e non di IgA; quindi in caso di
contagio col virus selvaggio (es. mucosa
nasofaringea per i virus respiratori o mucosa
del tatto alimentare per il poliovirus) non lo
bloccano alla porta d’entrata, ma controllano
l’infezione ad uno stato più avanzato: quello
della viremia, risultando attivi soprattutto in
casi di infezioni generalizzate;
secondo un calendario preciso, cosa decisamente necessaria in quei vaccini che richiedono numerosi richiami. La difficoltà a raggiungere tutti i settori della popolazione con completa serie di immunizzazioni è evidenziata da
continui casi di poliomielite e morbillo in
persone non vaccinate; bambini di età prescolare nelle aree povere sono meno vaccinati.
2) La somministrazione contemporanea di ceppi
virali diversi è possibile solo con opportuni
accorgimenti a causa delle interferenze nella
stimolazione della risposta immunitaria. Ad
esempio il vaccino polio di Sabin, composto da
tre ceppi attenuati di poliovirus deve essere
somministrato in più dosi, perché i tre ceppi
interferiscono l’uno con l’altro nella replicazione nell’individuo. Con la prima immunizzazione uno dei tre ceppi cresce in modo
predominante e induce una immunità mirata
verso quel ceppo. Con la seconda immunizzazione l’immunità generata dalla prima dose di
vaccino limiterà la crescita del ceppo in precedenza predominante, permettendo a uno dei
due ceppi rimasti di predominare e di indurre
immunità. Con la terza immunizzazione si
ottiene l’immunità anche verso il terzo ceppo.
3) Analogo discorso può essere fatto per altri
vaccini trivalenti, in cui la risposta anticorpale
a ogni componente del vaccino è comparabile a
quella che si ottiene somministrando i vaccini
separatamente.
4) In circostanze eccezionali un vaccino antivirale
può essere somministrato all’inizio del contagio, nella speranza di ottenere una risposta
immunitaria prima che il virus si manifesti
negli organi bersaglio. In questi casi si ha la
possibilità di evitare e/o attenuare la sintomatologia di malattie virali a incubazione lunga
(es. rabbia, morbillo, vaiolo, ecc.).
PREPARAZIONE DI VACCINI PER L’IMMUNIZZAZIONE ATTIVA:
È stato possibile creare molti tipi di vaccini
seguendo tecniche diverse e basandosi su diverse
considerazioni. Schematicamente li possiamo suddividere in:
VACCINI con ORGANISMI:
1) Inattivati
2) Attenuati
3) Innovativi:
• Attenuazione tramite manipolazione genetica
• Vettori virali avirulenti
• Proteine purificate prodotte usando geni
clonati
• Peptidi sintetici
• Vaccini composti da subunità
• Vaccini a DNA
• Vaccini a RNA
• Vaccini antiidiotipo
VACCINI INATTIVATI
Lo scopo di tali vaccini è quello di ottenere
preparazioni antigeniche inerti capaci di stimolare
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inattivati non possono essere somministrati
per via orale e quindi non danno IgA secretorie.
‰ Oltre ad una buona risposta umorale inducono
anche una buona risposta cellulo-mediata,
che è di prioritaria importanza nella lotta
contro i virus, dato che provoca un’immunità
di lunga durata. Il virus infatti deve essere in
grado di replicarsi nelle cellule dell’ospite, in
modo che i suoi peptidi possano associarsi con
molecole MHC I per attivare cellule T CD8+.
Per questa ragione i vaccini attenuati, che permettono una limitata replicazione virale nelle
cellule dell’ospite, sono estremamente efficaci
nell’indurre l’attività citotossica. Presentano
però altri problemi derivanti dalla diversa
affinità che le diverse molecole MHC hanno con
i vari peptidi. Infatti, come accennato prima,
un epitopo T immunodominante in un individuo può non esserlo in un altro che esprime
un diverso aplotipo MHC.
‰ Proprio per la capacità di indurre efficace memoria immunologica è sufficiente la somministrazione di una singola dose di vaccino,
eliminando così la necessità di effettuare
successivi richiami. Questa proprietà è un
notevole vantaggio per i paesi del terzo mondo
dove studi epidemiologici hanno mostrato che
circa il 20 % degli individui non effettua
richiami successivi.
‰ Diffusione e stabilità nell’ambiente. Ad
esempio il poliovirus, eliminato per via fecale,
può diffondere nell’ambiente determinando
una "vaccinazione di massa naturale". E così,
anche se viene vaccinato solo l’80% della
popolazione, il restante 20% può venir immmunizzato per questa via naturale.
Svantaggi:
‰ Possibile ritorno del virus attenuato ad una
forma virulenta, anche se con probabilità molto
bassa. Ad esempio, la frequenza di reversione
del vaccino polio di Sabin, che porta alla
produzione di un ceppo virale virulento tale da
indurre paralisi nell’ospite è di circa 1 caso su
4.000.000 di dosi di vaccino. È possibile
applicare tecniche di ingegneria genetica a
questo vaccino per eliminare il rischio di
reversione;
‰ Il virus attenuato potrebbe produrre infezioni
persistenti. Il rischio reale è sconosciuto, ma
sembra molto basso, forse legato ad un’eccessiva persistenza del virus nelle cellule, in cui
continua a replicarsi;
‰ Un virus attenuato non è pericoloso in un
soggetto normale immunocompetente, ma può
essere letale in soggetti immunodepressi, a
cui quindi non può essere somministrato;
‰ I virus attenuati hanno un’alta affinità per i
tessuti embrionali in cui provocano mutazioni
e malformazioni; non si possono quindi
utilizzare in donne gravide;
‰ In caso di somministrazione del virus attenuato contemporaneamente ad altre infezioni virali, il virus patogeno può inibire la replicazione
del virus del vaccino e diminuirne l’efficacia.
Questo è stato notato con i ceppi virali del
vaccino per la poliomielite, che possono essere
‰ Determinano attivazione esclusiva o quasi
della risposta di tipo B, senza quella cellulomediata (risposta T). Questo avviene perché i
virus, essendo uccisi, non possono replicarsi
nelle cellule e quindi indurre presentazione di
loro molecole su MHC di classe I, necessarie
per l’attivazione dei linfociti T CD8+. Essi possono solo essere processati secondo la via esogena ed esposti su MHC di classe II, andando
così ad attivare i T CD4+, indispensabili per
una risposta solo di tipo anticorpale .
VACCINI ATTENUATI
I vaccini attenuati sono preparazioni virali che
mantengono inalterato il loro potere antigenico,
sono dotate di capacità replicativa limitata nell’ospite senza indurre manifestazioni patologiche e
con caratteristiche attenuate stabili nel tempo.
L’attenuazione può essere ottenuta coltivando
virus (così come batteri) patogeni per lunghi
periodi in condizioni di coltura anormali. Questa
procedura seleziona mutanti che crescono meglio
nelle nuove condizioni di coltura, ma sono meno
capaci di crescere nell’ospite originale e non in
grado di indurre la patologia in quanto mutati in
qualche tappa essenziale per la patogenesi.
Mentre è relativamente semplice creare terreni di
coltura anormali per selezionare ceppi batterici
mutanti attenuati, le condizioni sperimentali per
estendere la procedura ai virus richiedono l’utilizzo di cellule ospiti, molto spesso di specie diverse da quella umana e che quindi possono dare
problemi di contaminazione. Ad esempio il poliovirus utilizzato nel vaccino di Sabin fu attenuato
mediante coltura in cellule epiteliali di scimmia,
mentre il vaccino del morbillo contiene un ceppo
virale coltivato in cellule di embrione di anitra e
successivamente in linee cellulari umane.
Proprio per i problemi di contaminazione e perché l’attenuazione sia irreversibile, si stanno cercando nuovi approcci di genetica molecolare, volti
ad ottenere modificazioni mirate nei geni virali
responsabili della patogenesi (ad es. per virus di
rabbia, influenza, virus respiratori, ecc.). Questo è
stato ottenuto nel maiale con un vaccino per il
virus dell’herpes, nel quale è stato rimosso il gene
della timidina chinasi, enzima necessario per la
crescita del virus in certi tipi di cellule.
Vantaggi
‰ È sufficiente somministrare dosi minime di
virus che, replicandosi nell’organismo, provoca
per accumulo il raggiungimento della massa
antigenica critica necessaria alla stimolazione
ottimale del sistema immunitario.
‰ Si possono ottenere risposte specifiche in base
alla via di somministrazione del vaccino tenendo conto della naturale via di entrata del
patogeno; ovvero con somministrazioni per via
naturale si ottengono un efficace stimolo e
un’adeguata mobilizzazione delle difese immunitarie locali, con conseguente blocco del virus
alla porta d’ingresso. Un esempio è l’induzione
della produzione di IgA secretorie antivirali
a livello delle mucose nel caso di un vaccino
somministrato per via orale, mentre i vaccini
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inibiti da concomitanti infezioni da diversi
enterovirus;
‰ Sono sensibili alla luce e al calore e quindi
instabili; vi è necessità di conservazione continua al freddo, il che costituisce un grosso
problema nel terzo mondo nel caso di vaccinazioni di massa, inoltre in alcuni casi è necessario per conservarli usare stabilizzatori virali
(es. MgCl2 per il vaccino polio);
‰ Vi sono due possibili rischi legati alla "vaccinazione di massa naturale": il virus, non più
controllato, può entrare in contatto con
pazienti immunodepressi o donne gravide,
oppure può riacquistare col tempo la sua
originaria patogenicità .
‰ Come il vaccino del vaiolo anche il vaccinia
virus può essere somministrato mediante semplice scarificazione dermica dove produce una
limitata infezione locale delle cellule dell’ospite.
Se il prodotto del gene estraneo espresso dal
vaccinia è una proteina dell’involucro virale,
esso viene inserito nella membrana della
cellula dell’ospite infettata e induce l’immunità
mediata da cellule T e quella mediata da
anticorpi (vedi figura 2) .
‰ In individui sani i vaccini attenuati crescono in
modo limitato, ma in individui con immunodeficienza questi virus possono essere fatali.
Altri vettori attenuati sono potenzialmente più
sicuri rispetto al virus vaccinico, ad esempio
un ceppo attenuato di Salmonella thipimurium
modificato con geni del batterio del colera. Il
vantaggio di questo vaccino è che la Salmonella
infetta le cellule della mucosa intestinale e induce la produzione di IgA secretorie fondamentali nell’immunità nei confronti del colera.
‰ Proteine purificate prodotte usando geni
clonati. I geni virali possono essere facilmente
clonati in plasmidi; questi cloni successivamente possono essere espressi in cellule procariote o eucariote usando determinate procedure. Gli antigeni immunizzanti del virus
dell’epatite B sono stati ad esempio sintetizzati
in modo soddisfacente in batteri e in cellule
fermentanti. Se il sistema di espressione permette di produrre l’antigene in quantità sufficiente, la produzione di un vaccino purificato
contenente solo l’antigene immunizzante è possibile. Proteine purificate di rota-virus e virus
di Norwalk prodotte con geni clonati, usando il
sistema di espressione del baculovirus, sono
state testate come vaccini possibili.
‰ Peptidi sintetici. La costruzione di peptidi
sintetici da usare come vaccini per indurre
immunità umorale o cellulo-mediata richiede
che si tenga conto delle caratteristiche degli
epitopi T e B; questa ricerca è stata rivoluzionata da due progressi fondamentali:
™ la possibilità di dedurre la sequenza proteica degli antigeni dai dati sulla sequenza
nucleotidica e preparare così grosse quantità di proteine attraverso la tecnologia del
DNA ricombinante;
™ grazie allo screening con peptidi sovrapposti
e all’analisi mutazionale la possibilità di
identificare epitopi o singoli residui riconosciuti dai linfociti T o B che si legano alle
molecole MHC per la presentazione a linfociti T. Lo screening a tappeto di peptidi che
contengono sostituzioni aminoacidiche singole o multiple ha consentito di costruire
antigeni dotati di maggior capacità di legarsi alle molecole MHC o di attivare linfociti T.
Nel preparare vaccini con peptidi sintetici
contro virus si cerca di utilizzare in generale
regioni invarianti del virus la cui sequenza
INNOVATIVI:
‰ Attenuazione di virus tramite manipolazione genetica. Il concetto è quello di introdurre mutazioni delete che danneggino il virus
ma non lo inattivino completamente in modo
che posa essere usato per produrre un vaccino.
Questa tecnica è un’evoluzione dei vaccini
attenuati che elimina la contaminazione e
rende irreversibile l’inattivazione.
‰ Vettori virali avirulenti. È possibile introdurre geni che codificano per i principali antigeni
di patogeni particolarmente virulenti contro cui
vogliamo vaccinare l’individuo in batteri o virus
attenuati. L’organismo attenuato serve come
vettore capace di replicarsi nell’ospite ed esprime il prodotto genico del patogeno. A questo
scopo sono stati utilizzati vari microrganismi
tra cui il vaccinia virus, il poliovirus attenuato,
adenovirus, ceppi attenuati di Salmonella e il
ceppo BCG del Mycobatterium bovis.
‰ Il virus vaccinico, il vaccino attenuato usato
per estinguere il vaiolo, un virus grande e complesso con un genoma di circa 200 geni, può
essere modificato in modo da portare parecchie
dozzine di geni estranei senza danneggiare la
sua capacità di infettare cellule ospiti e di
replicarsi. Il gene che codifica per l’antigene
desiderato viene inserito in un vettore plasmidico in prossimità di un promoter del vaccinia
virus fiancheggiato su entrambi i lati da sequenze che codificano per la timidina chinasi
del vaccinia.
‰ Cellule in coltura vengono poi infettate con il
vaccinia virus e trasfettate con il plasmide
ricombinante. Il gene desiderato e il promoter
vengono così inseriti nel genoma del virus
vaccinico mediante ricombinazione omologa a
livello del gene della timidina chinasi del
vaccinia, che non è essenziale per la crescita
virale. Si ottiene così un virus ricombinante
negativo per la timidina chinasi. Le cellule
infettate con vaccinia virus ricombinanti vengono poi selezionate in coltura con bromodeossidina, un analogo della timidina che
uccide tutte le cellule timidina chinasi positive.
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Figura 2. Produzione di un vaccino inserendo un gene che codifica per un antigene del patogeno nel vettore
vaccinico. Quando cellule in coltura vengono incubate con il plasmide ricombinante e con il virus vaccinico,
avviene la ricombinazione omologa nel sito del gene della timidina-chinasi (Tk) del virus vaccinico. Le cellule
che contengono il virus vaccinico ricombinante vengono selezionate aggiungendo bromodeossiuridina (BUdr),
che uccide le cellule Tk+.
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Questo nuovo metodo permette di preparare
vaccini contenenti epitopi immunodo-minanti sia
per le cellule B che per le T. Un tipo di approccio
prevede di preparare i cosiddetti complessi
matrice solida-anticorpo-antigene (SMAA) legando
anticorpi monoclonali a parti-colari matrici solide
e saturando l’anticorpo con l’antigene desiderato.
Questi complessi vengono poi usati come vaccini;
legando differenti anticorpi è possibile creare
complessi che coinvolgono una miscela di peptidi
o proteine che costituiscono epitopi immunodominanti sia per le cellule T che per le B.
Un altro sistema è quello di usare un detergente
per incorporare antigeni proteici o peptidi in vescicole lipidiche o in micelle proteiche o in
complessi immunostimolanti (ISCOM). Il peptide o
la proteina vengono espressi come complesso
multivalente sulla superficie della micella e si è
inoltre osservato che i liposomi e gli ISCOM possono liberare l’antigene nella cellula inducendo
immunità cellulo-mediata. Queste procedure
permettono l’eliminazione di peptidi soppressori e
l’inclusione nel vaccino solo di quei componenti
virali necessari per stimolare una protezione
anticorpale (vedi figura 3).
aminoacidica sia altamente conservata nei
diversi ceppi virali. Osservazioni fatte hanno
anche messo in luce l’esistenza di peptidi
inducenti immunodepressione; l’identificazione
dei peptidi soppressori potrebbe permettere la
loro eliminazione dai vaccini sintetici e il conseguente potenziamento dell’immunità. Questi
peptidi soppressori potrebbero essere anche
preziosi in situazioni in cui si voglia diminuire
la risposta immune come nel trattamento di
malattie autoimmuni.
Nonostante ciò i principali ostacoli all’uso di
peptidi sintetici sono sia il fatto che la risposta
immunitaria da loro indotta è considerevolmente
inferiore rispetto a quella indotta da proteine
intatte o virus inattivati ed inoltre spesso un
singolo peptide rappresentante un singolo epitopo
non è in grado di indurre resistenza contro una
proteina virale contenente determinanti antigenici
multipli.
Vaccini composti da subunità. Uno dei limiti dei
vaccini con peptidi sintetici e di quelli con proteine
ricombinanti è che tendono ad essere poco immunogenici e ad indurre una buona risposta anticorpale ma una scarsa risposta cellulo-mediata.
Figura 3. Vaccini costituiti da subunità multivalenti. (1) I complessi matrice solida-anticorpo-antigene
possono essere preparati in modo da contenere peptidi sintetici corrispondenti ad epitopi sia per cellule T che
B. (2) Micelle di proteine, liposomi e complessi immunostimolanti (ISCOM) possono essere preparati con
antigeni purificati o peptidi antigenici con i rsidui idrofilici dell'antigene orientati verso l'esterno.
anche nel muscolo sottostante. Non è chiaro il
sistema d’azione a questo livello; è presumibile
che il plasmide infetti alcune APC professionali o
le cellule muscolari stesse, inducendole ad esprimere i peptidi immunogenici che evocano la
risposta immune. In ogni caso la risposta alla
"DNA vaccination" non sembra danneggiare il
tessuto, è sicura ed efficiente e soprattutto, poiché
usa un solo gene microbico:
• non può portare ad un’infezione conclamata,
Vaccini a DNA. Questo tipo di vaccino prende
spunto da un’osservazione inaspettata: l’inoculo di
plasmide contenente un cDNA codificante per un
antigene proteico porta ad una forte e duratura
risposta immunitaria umorale e cellulomediata nei
confronti di quell’antigene. La "DNA vaccination"
consiste nella somministrazione di DNA inglobato
in piccoli proiettili metallici, i cosiddetti "gene
guns", in modo tale che molte particelle metalliche
penetrino nella epidermide, potendo passare
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•
caratteristica unica è che rappresenta l’unico
approccio, assieme ai batteri vivi, di generare
intense risposte CTL,
• è poco dispendioso, perché non richiede coltivazioni di batteri o virus.
Gli svantaggi legati ai vaccini a DNA dipendono
soprattutto dal fatto che si sa ancora poco su di
loro. Ad esempio non è chiaro il tempo di permanenza nell’ospite del plasmide e quindi la durata
dell’immunità da esso conferita; sembra comunque che il DNA debba essere somministrato continuamente.
•
Vaccini a RNA. In laboratorio sono stati sintetizzati genomi di virus a RNA. Successivamente questi genomi sono stati iniettati in
cellule osservando che causavano locali infezioni attenuate. L’RNA all’interno della cellula
replica, per cui la quantità che deve essere
somministrata è 1/1000 di quella di DNA necessaria per ottenere una analoga protezione.
Inoltre non integrandosi nei cromosomi non
presenta rischi di persistenza. Sebbene l’utilizzo di RNA sintetico sia troppo costoso per la
produzione di vaccini su larga scala e presenti
difetti legati alla maggior fragilità dell’RNA
rispetto al DNA, esso sarebbe applicabile otti-
•
mamente sulla febbre gialla e sulla poliomielite.
Vaccini anti-idiotipo. Gli anticorpi anti-idiotipo possono servire come immagine interna
di un antigene. Partendo da questi presupposti negli ultimi anni si è cercato di utilizzare
gli anticorpi antiidiotipo come vaccini. Si cerca
di indurre una risposta immune efficace verso
un patogeno pericoloso, senza però esporre
l’individuo a nessuna forma del patogeno
stesso. Un vaccino anti-idiotipo sviluppato per
l’HIV è stato progettato in modo che si leghi
ad una regione conservata della glicoproteina
gp120 dell’involucro virale, necessaria per il
legame del virus alla molecola CD4 espressa
sulle cellule dell’ospite. Il vantaggio di questa
vaccinazione è che non vengono inoculati
antigeni con capacità patogenica. Purtroppo ci
troviamo di fronte ad una novità e quindi
occorrerà tempo per sapere la reale efficacia.
Aggiornato il 10 ottobre 2005
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