P. 25 - Teoria e verifiche sull`origine dei pianeti e dei satelliti del

– origine dei pianeti e sistemi satellitari
Analizzeremo ora gli scenari più probabili dopo l’esplosione, con l’aiuto della
figura seguente.
In figura a si ha m 1 ≃ m 2 e quindi, in base al risultato che abbiamo ottenuto,
le due masse avranno in ogni momento la stessa velocità, per cui la velocità
relativa è quasi nulla.
In questo caso si produce quindi solo il graduale accostamento delle
due masse fino alla fusione in un unico aggregato.
Se anche le masse sono diverse, ma non troppo, è possibile che si verifichi
la loro fusione prima che venga raggiunto il valore V n della velocità relativa,
richiesto al satellite per entrare in orbita.
Infine, se
m a << m b
, la velocità acquistata dalla
risulta molto più elevata di quella acquistata dalla
ma
mb.
in breve tempo
Si ha così un accostamento delle due masse molto graduale fino a portare la
massa
ma
su un’orbita della
mb.
191
1
La dinamica dei fatti che abbiamo descritto è perfettamente compatibile
con l’ipotesi della stella esplosa , di cui abbiamo già parlato,
e con le situazioni che si presentano attualmente nel Sistema Solare.
A questo punto, se associamo
m→0
all’aggregato materiale che mettiamo
nel punto A dello spazio rotante, si può pensare di produrre direttamente sul
singolo elemento spaziale, dello spazio fisico considerato, una perturbazione
2
del suo equilibrio variando la velocità da V eqA a
v2 .
Tale perturbazione si propagherà nello spazio rotante, percorrendo le
traiettorie che abbiamo visto, diverse in rapporto al valore
v2 .
In definitiva, possiamo pensare che, se in uno spazio rotante s’introducono
masse di valore apprezzabile, esse percorrono le traiettorie che vengono
visualizzate e rivelate dalla loro presenza.
Se invece l’equilibrio dello spazio rotante viene perturbato in un punto
introducendo una massa infinitesima ( oppure energia ), le traiettorie,
che, essendo indipendenti dalla massa, comunque si producono, non
sono osservabili fisicamente attraverso il movimento dei corpi, ma si
rilevano come onde elettromagnetiche.
192
2
Quasi sempre negli spazi rotanti reali, sia atomici che astronomici, abbiamo
non una, ma diverse masse in orbita, per cui, per studiare l’equilibro si deve
considerare anche dalla loro interazione reciproca.
A tale scopo prendiamo in esame la situazione rappresentata in figura 23.
Abbiamo dunque uno spazio rotante solare
K 2s nel quale orbita alla distanza
R p la massa m p alla velocità di equilibrio V
2
eqsp
=
K 2S
.
Rp
Vogliamo determinare l’azione che essa esercita, nelle diverse direzioni, su
m < m p che orbita nello stesso spazio rotante centrale K 2s
ad una certa distanza r dalla m p .
un’altra massa
Ricordiamo che alla base dello studio svolto fino a questo momento
sono stati posti i principi di conservazione dell’energia e del momento
della quantità di moto.
Il verificarsi di questi principi, nel modo in cui sono stati usati, è subordinato
all’ipotesi che il moto si sviluppi in un campo di forze centrali e questo potrà
essere ritenuto valido solo se, nella interazione tra due masse, viene ritenuta
2
trascurabile la presenza dello spazio rotante centrale K s .
Nei casi reali la massa m è sottoposta all’accelerazione
a = ap + as
e la
risoluzione analitica rigorosa del problema si presenta piuttosto difficoltosa.
Noi ci limiteremo a fare solo alcune considerazioni sulle condizioni estreme
che si presentano nei punti M ed N posti sulla congiungente S−P e nel piano
perpendicolare a quello orbitale della massa m p .
Per avere equilibrio nel punto N , dovrà essere :
as = ap
e dunque:
2
che si scrive :
a = as + ap = 0
Kp
2
rN
2
=
KS
da cui si ricava :
2
RN
193
3
1
K 2p
rN =
K
1
2
⋅ RN
2
S
3
K 2p
=
K
Rp– rN
⋅
2
S
Indicando con R NPS il punto neutro della massa m p rispetto alla m s , risulta :
Rp
R NPS =
1
Se
rP
ed
rS
KS
+
1
2
2
1
RP
=
1 +
2
mS
mP
2
KP
m P ed m S ,
indicano i raggi dei due aggregati di massa
essendo, normalmente, m S
>> m P , con m =
4
⋅π⋅
r 3 ⋅ δ , si ricava :
3
1
R NPS =
KP
⋅
KS
RP =
2
mP
⋅
RP
mS
ovvero :
3
1
R NPS =
δP
2
⋅
δS
rP
2
rS
Ponendo, in questa espressione,
R NPS = r P
⋅
RP
si ottiene :
r P ⋅ R 2P ⋅ δ P = r 3S ⋅ δ S
Questa relazione è molto importante in quanto, fissata un’orbita di raggio R P ,
ci consente di calcolare il valore massimo che potrà raggiungere il raggio
della sfera materiale di massa
m P , avente prefissata densità δ P ,
per poter
194
4
restare sull’orbita senza perdere massa dalla superficie rivolta verso il centro
2
dello spazio rotante K S .
δS
r Pmax =
Si ricava dunque :
r 3S
⋅
δP
R 2P
Viceversa, se viene assegnata una massa avente raggio
rP
e densità
possiamo calcolare il valore minimo che deve avere il raggio dell’orbita
affinchè non si abbia perdita di massa dalla superficie :
δP ,
RP
1
δS
R Pmin =
δP
r
⋅
2
3
S
rP
Queste relazioni sono di grande utilità per comprendere la distribuzione delle
masse in funzione della distanza dal centro dello spazio rotante.
L’equilibrio nel punto M della figura 23 è possibile su orbite ellittiche in tutto
l’intervallo :
V 2eq ≤ v 2M ≤
dove
2⋅
V 2eq = V f
v M rappresenta la velocità relativa del punto M
KS
vM = VM – VP =
RM
Se la massa
m
arriva nel punto
v = 2 ⋅V
2
M
M
2
eqpM
P:
KS
–
1
2
rispetto al punto
1
RP
2
con una velocità uguale al valore limite
= 2⋅
K 2P
RM - RP
continua regolarmente la sua corsa sull’orbita di raggio R M dello spazio
195
5
rotante centrale
K 2s
senza essere influenzata in maniera apprezzabile dalla
mp.
presenza della massa
> 2 V 2eqpM , la massa m, apparentemente,
viene respinta verso l’esterno e si allontana dalla m p .
2
Se si verifica la condizione v M
Se teniamo conto che normalmente risulta
R P >> R M − R P
, la velocità
relativa tra le due masse, può essere calcolata, in prima approssimazione,
con la relazione :
v 2M = V M
VP
−
2
ΔV P
=
2
con :
2
2
ΔV P
2
dV P
≃
⋅ ΔR
dR
=
KS
d
dR
2
2
=
−
⋅
2 ⋅ RP
ΔR
=
2
R
VP
⋅ ΔR
1
=
−
KS
3
⋅
ΔR
=
2⋅R2
K 2S
⋅
3
4 ⋅ RP
r 2M
in definitiva si ha :
vM =
KS
⋅ rM
con
rM = RM − RP
3
2 ⋅ RP
2
Questa espressione fornisce un valore di prima approssimazione della
velocità relativa che esiste tra due masse che si trovano nello stesso
2
spazio rotante K S su due orbite distanti tra loro
rM.
Questo valore può dunque essere utilizzato per calcolare il valore massimo
raggiungibile dalla distanza tra le due masse in orbita prima che si manifesti
una apparente forza di repulsione.
196
6
2
Ponendo dunque :
v =2⋅V
2
M
2
eqpM
2
KS
ossia :
3
4⋅ R P
⋅
2
rM =
2⋅ K P
rM
si ricava :
1
K 2p
R maxa = 2 ⋅
K
Il raggio
R maxa
3
⋅ Rp
2
s
così calcolato può essere assunto, in assoluto, come
valore massimo del raggio d’azione di una massa in moto su un’orbita
2
all distanza R P dal centro dello spazio rotante K s .
La variazione del raggio d’azione di un aggregato materiale con la posizione
occupata nello spazio è determinante per l’evoluzione nel tempo sia del suo
eventuale sistema di satelliti che dello stesso aggregato.
Facendo riferimento alla figura 24, consideriamo più dettagliatamente la
interazione tra gli spazi rotanti per definire meglio le condizioni di equilibrio.
Alla base dei nostri discorsi poniamo l’ipotesi che nessun corpo può
essere dotato di moto proprio, fornito da un non ben definito " impulso
iniziale ", indipendente dallo spazio fisico in cui esso si trova.
197
7
Assumiamo dunque che sia il moto di rivoluzione che quello di rotazione su
se stessi, che osserviamo a qualsiasi livello di aggregazione della materia
( atomico ed astronomico ), debba essere considerato non impresso alle
masse " inizialmente ", ma sostenuto in ogni momento dalla interazione,
tra gli spazi rotanti, che è sempre presente.
La presenza contemporanea dell’azione di due, o anche più, spazi rotanti su
una massa, fornisce un’azione iniziale risultante in una direzione diversa da
quella dei centri degli spazi .
Questa eccentricità iniziale dell’azione dà origine a un momento diverso da
zero rispetto al centro degli spazi rotanti presenti nello spazio e questo,
attraverso i meccanismi che abbiamo visto, produce un moto di rivoluzione
che viene poi sostenuto dallo spazio stesso.
Con riferimento alla figura 24 , se in uno spazio rotante, alla distanza
R p dal
centro, poniamo una sfera planetaria di raggio r p , essendo, in condizione di
equilibrio, il valore della velocità di rivoluzione imposto dallo spazio rotante
centrale dato dalla relazione V
KS
=
R
di quello che si ottiene nel punto
, esso risulta nel punto B maggiore
1
2
A.
Se la condizione di equilibrio del sistema è quella corrispondente alla
minore dissipazione di energia, la differenza di velocità
ΔV = V B −V A
impone alla sfera in orbita di raggio r p una rotazione nel verso indicato
in figura e nello stesso tempo si produrrà uno spostamento sull’orbita
alla velocità media in modo che il moto rotorivoluente avvenga senza
strisciare.
La velocità di rotazione risulta dunque :
vp = VB − VA ≃
dV p
dR
⋅
ΔR
con semplici sostituzioni, si ottiene :
vp =
rp
RP
⋅
Vp =
KS
⋅
rp
3
RP
2
198
8
Indicando dunque con
rivoluzione, si ricava :
2π
Tp =
Tp
⋅ rP
e
=
vp
Tn
rispettivamente il periodo di rotazione e di
2π
⋅ rP
⋅
Vp ⋅ rp
Rp =
2π
⋅ RP
= Tn
Vp
r p , e dunque
indipendentemente dalla massa in orbita, in assenza di satelliti,
la sfera planetaria ha sempre un moto sincrono, ossia con
Questo risultato ci dice che, qualunque sia il valore di
periodo di rotazione coincidente con quello di rivoluzione.
m p non ha satelliti, la sfera planetaria r p non necessariamente
coincide con la sua superficie di raggio r sp e rappresenta il valore del raggio
Se la massa
che consente un moto di rotorivoluzione con un perfetto equilibrio tra lo spazio
rotante centrale
K 2s e quello del pianeta K 2p .
Questa condizione si realizza quando le velocità di rotazione imposte
alla sfera di raggio
r p dai due spazi rotanti coincidono.
Il raggio della sfera planetaria rotante r p può dunque essere calcolato anche
ponendo :
vs = vp
con
vs =
KS
⋅
3
rp ; vp =
RP
KP
1
rP
2
2
si ricava così :
1
rp =
K
2
P
K
2
S
1
3
⋅ Rp
mp
=
3
⋅ Rp
mS
e risulta, naturalmente :
T 2p =
4 π2
2
KP
r 3P
=
4 π2
R 3P
2
KS
= T 2n
199
9
Anche il moto di rivoluzione sull’orbita deve realizzarsi con la minima
dissipazione di energia e quindi attraverso una sfera di raggio r P0 che
rotorivoluisce senza strisciare con le velocità imposte dai due spazi
rotanti aventi lo stesso valore.
Dovrà dunque essere :
V P0 = vP0
KS
1
=
ossia :
KP
RP
1
r P0
2
2
da cui si ricava :
r P0 =
K 2P
K
2
S
⋅ Rp
=
mp
⋅ Rp
mS
r P0 < r SP (ricordiamo che con r SP abbiamo indicato il raggio della
superficie del pianeta), si ha un nucleo interno di raggio r P0 che ruota su se
stesso con una velocità periferica uguale a quella di rivoluzione V p .
Se risulta
Esso sarà dunque capace di generare, per attrito interno, una grande
quantità di energia termica che contribuisce ad elevare la temperatura
interna del pianeta con effetti spesso molto vistosi.
Vediamo ora come si modifica la situazione in presenza di satelliti.
Quando due masse, inizialmente in moto su due orbite indipendenti dello
spazio rotante, interagiscono formando un unico sistema, il satellite che entra
in orbita attorno al pianeta produce un aumento dell’energia di legame ed
una riduzione del momento angolare rispetto al valore associato alle masse
indipendenti iniziali.
Non avendo applicato al sistema alcuna forza esterna, per verificare il
principio di conservazione, il momento angolare non può cambiare.
Per poter sostenere il satellite in orbita, il pianeta, che si
trova al centro, dovrà così acquisire una rotazione su se
200
10
stesso tale da fornire la differenza del momento angolare
rispetto al valore iniziale.
Questa nuova rotazione modifica radicalmente l’equilibrio preesistente con
il risultato finale che il raggio della sfera planetaria r p , il periodo di rotazione
e l’inclinazione dell’asse di rotazione del pianeta dipendono notevolmente
dalla presenza o meno di satelliti in orbita nel suo spazio rotante.
Consideriamo ora il caso generale in cui siano presenti nello stesso spazio
K 2s due masse m 1 ed m 2 , entrambe di valore apprezzabile, in moto
su orbite di raggio R P1 ed R P2 .
rotante
Durante il moto la loro distanza raggiunge il valore minimo :
d min = R P1 – R P2
Considerando m s >> m 1 ; m 2 , i loro punti neutri, R N , rispetto allo spazio
rotante centrale si ricavano dalle relazioni :
1
R N1S
=
R P1
2
m1
=
mS
K1
KS
1
R N2S
=
R P2
2
m2
=
mS
K2
KS
il raggio d’ azione, entro il quale eserciteranno una forza attrattiva, risulta :
1
R maxa1 = 2 ⋅
K 21
K
2
S
1
3
⋅ R P1
; R maxa2 = 2 ⋅
K 22
K
3
⋅ R P2
2
S
201
11
Per semplificare l’esposizione, supponiamo che sia
presentare le seguenti situazioni :
1− Se
R N2S < d min < R N1S , la massa m 2
m 1 > m 2 ; si potranno
viene trattenuta in orbita dalla
m 1 la quale non riesce però ad essere trattenuta dalla m 2 .
E’ dunque solo la m 2 che orbita come satellite della m 1 stabilizzandosi su
un’orbita di raggio :
R n2 =
2 − Se d min
R N1S
n2
> R maxa1 ; R maxa2 le due masse si muovono praticamente
su due orbite indipendenti .
Esse interagiscono quindi con una
modesta forza di apparente
repulsione ed inglobano le piccole masse che incontrano sulla loro
orbita fino a formare un anello avente larghezza :
L = d min
3 – Se
d min < R N1S ; R N2S
−
R maxa1 + R maxa2
ciascuna massa ruota come satellite su
un’orbita dell’altra secondo le relazioni :
d1 =
R N1S
n 21
; d2 =
R N2S
n 22
Si ha dunque :
d1 =
K1
KS
Tenendo conto che :
si ottiene :
⋅
R P1
n 21
; d2 =
d1 = d2 = d
K2
KS
e, posto
⋅
R P2
n 22
R P1 = R P2
202
12
1
K1
K2
=
m1
m2
2
=
R N1S
R N2S
=
n 21
n 22
Le due masse creano così un sistema doppio , che presenta un
forte legame ed inizia a ruotare attorno al comune centro di massa.
Per ciascuna massa satellite il periodo di rotazione risulta uguale a
quello di rivoluzione e quindi esse, durante la rotazione, si rivolgono
reciprocamente sempre la stessa superficie come se formassero un
sistema rigido.
Abbiamo visto che la forza di attrazione che un pianeta esercitata su un suo
satellite si manifesta entro il limite assoluto
R maxa .
Il calcolo è stato però condotto considerando sempre il piano orbitale del
satellite coincidente con quello dell’orbita percorsa dal pianeta nello spazio
rotante K s .
In queste condizioni si ottiene :
ΔR = Δr .
Se si considera l’orbita del satellite inclinata rispetto a quella del pianeta, la
variazione ΔR assume un valore diverso e raggiunge il minimo se le orbite
sono perpendicolari tra loro.
Con riferimento alla figura 25, in questo caso si ha :
R 2B = R 2p + r 2
e quindi, differenziando :
203
13
2 ⋅ R 1 ⋅ ΔR 1 = 2 ⋅
da cui si ricava :
r
ΔR B =
RB
⋅ Δr
=
r ⋅ Δr
r
RP
⋅ Δr
RA = Rp + r
con orbite complanari avevamo invece :
e quindi risultava :
ΔR A = Δr
il rapporto tra i due casi vale :
Δr
Δr
/
ΔR
=
ΔR
B
RP
.
r
A
Sostituendo nell’espressione del raggio d’azione, si ricavano le relazioni :
1
R maxaA =
3
K 2P
8⋅
K
⋅
2
S
1
R maxaB =
K
8⋅
K
2
P
2
S
Rp
2
5
⋅
K
Rp =
15
2
S
⋅
8⋅K
2
P
R maxaA
il rapporto vale :
2
R maxa B
R maxa A
15
K 2S
=
2
8 ⋅ KP
2
Essendo sempre K 2s >> 8 ⋅ K p , quest’ultima relazione ci
204
14
dice che, rispetto alla capacità di aggregazione, lo spazio
fisico presenta una forte anisotropia.
Questo, su larga scala, porta ad uno spazio a due dimensioni (nel senso che
una e’ trascurabile rispetto alle altre due).
Questo fatto sinteticamente si può esprimere dicendo che una sfera immersa
in uno spazio rotante presenta sul piano equatoriale un raggio d’azione molto
più basso di quello che essa manifesta nella direzione dell’ asse di rotazione.
Conseguenza immediata della anisotropia dello spazio che abbiamo
evidenziato è la formazione, sul piano equatoriale della sfera rotante,
di un disco, fatto di polveri ed aggregati di dimensioni minime, molto
esteso e sottile.
Se su tale disco si considerano due masse m 1 ed m 2 in moto su due orbite
distanti tra loro d = ΔR, nello spazio compreso tra le due masse si formerà
una fascia avente una larghezza :
L = d−
R maxa1 + R maxa2
In tale fascia i piccoli aggregati e le polveri, aventi aventi m << m 1 ; m 2
riescono ad orbitare nello spazio rotante centrale senza essere inglobate nè
da
m 1 nè da m 2 .
Il disco materiale presente sul piano equatoriale viene così suddiviso
in tanti piccoli anelli visibili quante sono le masse in orbita, di valore
apprezzabile, che li separano.
E’ chiaro che, se si accetta questa origine, il numero di anelli visibili in un
disco dipende unicamente dal potere risolutivo dei mezzi d’ indagine.
Altra importante conseguenza dell’anisotropia dello spazio fisico rotante è la
possibilità che acquistano le sfere materiali di trattenere in equilibrio satelliti
a distanza più elevata su orbite inclinate.
Una conferma di questo fatto si ha osservando il Sistema Solare, nel quale
205
15
le orbite dei satelliti più lontani sono sempre molto inclinate rispetto a quella
del pianeta (figura 26).
2
L’intensità dello spazio rotante solare K s , generato dal Sole, si può calcolare
sia utilizzando le caratteristiche geometriche che quelle dinamiche.
Nel primo caso, ricaviamo la massa del Sole con considerazioni puramente
geometriche, immaginandolo costituito da atomi di idrogeno perfettamente
a contatto tra loro.
Siano
m 1 ; r 1 ; δ 1 massa, raggio e densità dell’atomo di idrogeno.
A s il numero di atomi di idrogeno presenti nella sfera del
Sole, attribuendo alla massa m s lo stesso significato che viene dato a quella
Se indichiamo con
dell’idrogeno, si potrà scrivere :
ms = As ⋅ m1 = As ⋅ δ1 ⋅
4
3
⋅
π ⋅ r 31
ma è anche :
206
16
4
ms = δs ⋅
⋅
3
π ⋅ r 3s
uguagliando le due espressioni si ha :
1
δ1
rs = r1 ⋅
1
3
⋅
δS
As
3
essendo, per ipotesi, le sfere a contatto tra loro, sarà :
δ1
δS
2⋅
=
sostituendo, si ottiene il valore di
r1
⋅π
4
3
As
3
=
⋅ r 31
6
π
e quindi si ricava quindi la massa :
3
mS =
π
rS
⋅
6
⋅ mH
rH
con i valori numerici noti si ha :
ms =
π
6
3
696000 K m
5,29 ⋅ 10
−11
m
1,67 ⋅ 10
−27
3
K 2S = β ⋅ m S = 6,67259 ⋅ 10 −11 secm K
Kg
= 1,99 ⋅ 10 30 K g
1.99 ⋅ 10 30 K g
2
= 132,784 ⋅10 9
g
3
Km
sec
2
utilizzando le caratteristiche orbitali dei pianeti, si ricava :
K 2S = V 2n ⋅ R n = 132,725 ⋅ 10 9
3
Km
sec
2
Il raggio dell’orbita circolare minima fondamentale, associata a
stato valutato, in prima approssimazione, pari a 5584 ⋅ 10 6 K m .
n = 1, è già
Sono comunque note dall’osservazione astronomica le caratteristiche
207
17
del pianeta più lontano, Plutone :
R Pl = 5900 ⋅ 10 6 K m
T Pl = 247,7 a
e = 0,248
raggio medio dell’ orbita :
periodo di rivoluzione :
eccentricità dell’ orbita :
Si ricava la velocità areolare :
π ⋅ R 2Pl ⋅
Va =
1−
e
2
2
Km
= 1, 3553 ⋅ 10 10 sec
T Pl
si ha dunque il momento angolare specifico :
C Pl = 2 ⋅ V a = 2, 7106 ⋅ 10 10
2
Km
sec
Associando all’ orbita di Plutone il numero quantico n = 1 , il raggio
della prima orbita circolare minima del sistema Solare risulta :
2
Km
C 1 = 2,7106 ⋅ 10 10
sec
; R1 =
C 21
K
= 5536 ⋅ 10 6 K m
2
S
Dovendo essere verificata su tutta la falda la legge delle aree, dovrà essere :
π⋅ R
2
Va =
⋅
1−
e
2
=
T
π ⋅ R 2n
Tn
sostituendo le relazioni :
3
T=
2⋅π⋅R
KS
3
2
e
Tn =
2 ⋅ π ⋅ R n2
KS
208
18
si ricavano le caratteristiche dell’ orbita media :
R=
Rn
1 −
e
Tn
; T=
2
; V = Vn ⋅
3
1−e
2
1−e
2
2
Utilizzando le caratteristiche orbitali di Plutone, si ricavano i valori dell’orbita
circolare minima fondamentale :
R 1 = R Pl ⋅
1–e
2
= 5536 ⋅ 10 6 K m
3
T 1 = T Pl
V1 =
1−e
2
V Pl
1−
2
= 82257 g
= 4, 895
e
2
Km
sec
Lo schema orbitale completo del Sistema Solare può essere dunque
descritto dalle relazioni :
R nmq =
5536 ⋅ 10 6
Km
n2 m2 q2
82257
T nmq
=
V nmq
= 4,895
g
n3 m3 q3
Km
sec
⋅nmq
Per una più facile lettura, riassumiamo i risultati nella seguente tabella.
209
19