LA TEORIA CROMOSOMICA DELL’EREDITARIETÀ Nel 1882 Walther Flemming individua i filamenti che si separano in una cellula al momento della sua divisione e duplicazione, distribuendosi successivamente nelle due cellule-figlie: è la scoperta dei cromosomi, che verranno così denominati nel 1888 da Heinrich Wilhelm Waldeyer. Successivamente, nel 1902 il genetista americano Walter Stanford Sutton (1877-1916) ipotizza che i cromosomi siano i "contenitori" dei fattori ereditari che si trasmettono alla discendenza e che gli stessi sarebbero formati da "collane" di elementi di base dei caratteri ereditari, che il botanico danese Wilhelm Ludwig Johansen (1857-1927) per la prima volta chiama geni. Morgan nel 1910 compie ricerche sulla Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta che è ancora oggi il materiale elettivo delle ricerche di genetica grazie alla semplicità del suo corredo genetico e alla notevole,velocità con cui si riproduce. Morgan stabilisce che esistono particolari cromosomi che trasmettono i caratteri sessuali (cromosoma X per le femmine; Y per i maschi) e ottiene il primo cariotipo della Drosophila. Nel 1915, Morgan e i suoi collaboratori pubblicarono un testo in cui esponevano chiaramente l’ipotesi che i fattori mendeliani sono i geni, particelle materiali localizzate sui cromosomi, ed a questo autore ed ai suoi seguaci si deve la definizione dei principi fondamentali della moderna teoria cromosomica dell’ereditarietà. A partire dal 1927 si inaugura ufficialmente il grande filone di ricerca sull'ereditarietà che, combinando alcune scoperte precedenti sul materiale genetico e la teoria della trasmissione dei caratteri ereditari porterà, negli anni successivi, alla scoperta della struttura del Dna e, in tempi più recenti, alla definitiva affermazione della genetica e della biologia molecolare. I CROMOSOMI I cromosomi, composti da proteine e DNA, sono corpi densi che si trovano all'interno del nucleo delle cellule. L'informazione genetica è contenuta nel DNA dei cromosomi sotto forma di sequenze lineari di basi (A,T,C.G). Il DNA di un singolo cromosoma è una lunga molecola, spiralata e altamente condensata. Il numero complessivo di basi in tutti cromosomi di una cellula umana è circa 6 miliardi (!) e ogni singolo cromosoma contiene da 50 a 250 milioni di basi. Ogni cromosoma può contenere diverse migliaia di geni e poche o milioni di basi. Ogni cromosoma è costituito da una sequenza di geni, ognuno dei quali determina un carattere diverso. Nel 1944 si scoprì che il DNA è il materiale di cui sono costituiti i geni, e che tutta l’informazione necessaria alla continuazione della vita, di generazione in generazione, è inclusa in questa molecola. Un gene è, quindi, un tratto di DNA, responsabile della determinazione di un dato carattere e può presentarsi in più forme diverse: le diverse forme dello stesso gene vengono definite dette "alleli". Per ciascun gene, responsabile di un particolare carattere, nel nucleo di tutte le cellule somatiche di ogni individuo sono presenti due copie, una di provenienza materna ed una paterna; ciascuna copia si trova nella stessa posizione (locus genico), su ciascuno dei due cromosomi omologhi. Le due copie di ogni allele si separano durante la formazione dei gameti perché i due cromosomi di una coppia di omologhi si separano durante l’anafase della meiosi. Successivamente l’ unione dei gameti, al momento della fecondazione riunisce due corredi genici. Quando i due alleli di un gene sono identici, l’individuo è definito omozigote per quel particolare gene. Molto spesso, tuttavia, queste due copie possono essere diverse: ad esempio, quando un genitore ha gli occhi azzurri e l’altro ha gli occhi marroni, nella discendenza possono essere presenti due copie diverse del gene, una per ciascun colore, una trasmessa dal padre e l’altra dalla madre: in questo caso l’individuo è eterozigote per quel gene. Nelle cellule somatiche per ogni gene sono, quindi, presenti due alleli, di cui generalmente solo uno dei due è manifesto e maschera l’altro; il primo viene detto "allele dominante", il secondo "allele recessivo". Il carattere recessivo può manifestarsi, nelle generazioni successive, negli individui omozigoti per il gene considerato. La combinazione dei geni e degli alleli che un individuo possiede ed è in grado di trasmettere alle successive generazioni costituisce il genotipo individuale; con il termine fenotipo si indica, invece, l’insieme delle caratteristiche morfo-fisiologiche esteriori di un individuo. L’allele dominante si manifesta a livello fenotipico sia nell’individuo omozigote dominante, sia nell’eterozigote; quello recessivo si manifesta invece solo nell’omozigote recessivo. ASSOCIAZIONE GENICA (LINKAGE) E CROSSING-OVER I geni situati sullo stesso cromosoma vengono definiti "associati", cioè sono allineati in un' unica fila e generalmente vengono trasmessi "a blocchi" (Legge della disposizione lineare dei geni). Per esempio, nella Drosophila una stessa coppia di cromosomi che porta i geni relativi alla forma delle ali porta anche i geni relativi al colore degli occhi. Il suddetto allineamento genico può, tuttavia, venire alterato da un particolare processo che si verifica durante la meiosi: il "CROSSING OVER". Tale fenomeno, scoperto dallo zoologo americano T. H. Morgan, consiste nel fatto che alla meiosi i cromosomi appaiati possano in alcuni casi "attorcigliarsi" l'uno con l'altro (crossing over) e rompersi successivamente nel punto di incrocio; le parti staccate possono, quindi, riunirsi scambiandosi di posto. Questo fenomeno, quando si verifica, comporta la produzione di gameti prevedibili ed, in misura minore, di gameti non prevedibili, con diverso assortimento allelico. La frequenza degli "scambi", cioè di "crossing-over", è direttamente proporzionale alla distanza tra due geni, cioè del loro "linkage". Se, cioè, due geni sono molto vicini l'uno all'altro, le probabilità che lo scambio si realizzi proprio tra tali punti ravvicinati risulterà molto scarsa; al contrario, se i due geni sono piuttosto distanti la probabilità di scambio tra di essi risulta più elevata. I cromosomi sono strutture a forma di bastoncello costituiti da DNA e proteine e che sono visibili al microscopio quando la cellula è in divisione. Sono i depositari dei caratteri ereditari, ogni specie ne possiede un numero caratteristico. I geni sono dei tratti di DNA, localizzati sui cromosomi, dove occupano delle precise posizioni, dette locus. Gli alleli sono una coppia di geni presenti nella stessa posizione (locus) su cromosomi omologhi, responsabili di forme alternative dello stesso carattere. I geni contengono le istruzioni per costruire cellule, tessuti, organi e organismi completi. I geni vengono trasmessi dai genitori ai figli durante la riproduzione attraverso particolari modelli di eredità. Nell'uomo esistono circa 115.000 geni, ognuno dei quali contenente centinaia, migliaia o milioni di nucleotidi di DNA legati in modo lineare a mo' di catena di rosario. Le cellule umane contengono 46 cromosomi (corredo diploide), uguali a due a due tra loro (omologhi) ad eccezione delle cellule germinali (spermatozoi e ovociti) che invece ne contengono 23 (corredo aploide). L'unione quindi di due corredi aploidi attraverso il processo della fecondazione stabilisce il numero diploide dei cromosomi di una specie. Ogni coppia di cromosomi è assicurata dall'unione di due omologhi provenienti rispettivamente dal padre e dalla madre. Una rappresentazione grafica del corredo cromosomico presente nel nucleo delle cellule, si ha con il cariotipo, che è in genere ottenuto attraverso l'analisi cromosomica effettuata durante la metafase della divisione mitotica. I cromosomi comprendono 22 coppie di autosomi (le coppie 1-22) e due coppie di cromosomi sessuali, XX nella femmina e XY nel maschio. 23 cromosomi, cioè 22 autosomi e un cromosoma X, vengono ereditati al concepimento con la cellula uovo, mentre gli altri 23 cromosomi derivano dallo spermatozoo, che può contribuire con un cromosoma sessuale X oppure Y. Poiché ogni cromosoma è presente in duplice copia (coppia di cromosomi omologhi) è evidente che ogni individuo possiede una coppia di geni (materni e paterni) per ogni carattere (ad eccezione di quelli trasmessi con il cromosoma X). Quale gene esprime pertanto un carattere? Quello materno o quello paterno? Ciò dipende se i geni della coppia (alleli) che prendiamo in considerazione sono dominanti o recessivi. Se un allele di una coppia è dominante, la cellula esegue le sue istruzioni, al contrario, il programma di un allele recessivo è eseguito soltanto in assenza di alleli dominanti. Gli individui che possiedono due alleli differenti per lo stesso carattere sono definiti eterozigoti, mentre omozigote, è invece l'individuo che ha alleli identici per uno stesso carattere. I caratteri i cui geni mappano sui cromosomi sessuali (X e Y) vengono trasmessi in maniera differente rispetto ai caratteri autosomici. Per i geni mappati sul cromosoma X, i maschi (XY) saranno emizigoti (presenza di un solo allele), mentre le femmine (XX) disporranno sempre di due copie per ogni gene. Tuttavia, soltanto una di queste sarà funzionale per effetto dell'inattivazione della X, un meccanismo molecolare molto specifico che consente di inattivare l'espressione di molti geni di uno dei cromosomi X nelle cellule somatiche delle femmine, in modo da compensare l'eccesso di dosaggio di queste ultime nei confronti del maschio per i caratteri codificati dal cromosoma X. Il maschio, trasmette il cromosoma Y ai figli maschi e il cromosoma X alle figlie femmine, stabilendo di fatto il sesso cromosomico della prole. Le femmine trasmettono invece un cromosoma X a tutti i figli. E' evidente pertanto che nell'eredità legata al sesso, non vi è trasmissione padre-figlio, ma i caratteri mappati sul cromosoma X sono trasmessi ai figli maschi dalle madri. Trasmissione padre-figlio si verifica invece per i caratteri presenti sul cromosoma Y. Si possono ricavare informazioni sull'origine paterna o materna dei geni ed inoltre è possibile conoscere la sede (locus) e la sequenza nucleotidica di molti geni responsabili di determinati caratteri o malattie tramite la mappatura genica, tramite tecniche del DNA ricombinante, ad esempio tramite ANALISI RFLP (Restriction Fragment Lenght Polimorphism), cioè l'analisi della diversa lunghezza dei frammenti di restrizione, che può servire, ad esempio, anche al confronto di DNA fra due persone. Consiste nel confrontare i frammenti di restrizione di 2 o più individui per metterne in evidenza somiglianze o differenze. E' ovvio che il DNA di ogni individuo è differente da quello degli altri (solo nel caso dei gemelli monozigoti esso è praticamente uguale), ma è altrettanto evidente che le somiglianze (dei frammenti) saranno maggiori quanto maggiore è il grado di parentela fra gli individui.