CORSO DI FORMAZIONE IRC E ARTE A. S. 2006 - 2007 LABORATORI ZONALI SCHEDA DI LETTURA CICLO DEI VANGELI DELL’INFANZIA a. ADORAZIONE DEI MAGI DELL’ORBETTO b. ADORAZIONE DEI PASTORI DI BENCOVICH Scuola Primaria Adorazione dei Magi dell’Orbetto 2 ADORAZIONE DEI MAGI dell’Orbetto SOGGETTO Una pala con Adorazione dei Magi. Non si conosce la provenienza della bella pala che, secondo la documentazione d’archivio del museo, si trovava depositata nella chiesa di San Francesco di Paola fino a quando, il 5 gennaio del 1906, il direttore Pietro Sgulmero e una commissione incaricata del riordinamento della pinacoteca civica, chiesero alla giunta municipale di “poter levare dalla Chiesa degli Artigianelli, e di traslocare in questo Museo, una pala di Agostino Ugolini, rappresentante l’Adorazione dei Magi”. DIMENSIONI E MATERIALE / TECNICA E’ una pala, olio su tela, dimensioni cm. 219 x 117. AUTORE Alessandro Turchi, detto l’Orbetto, è nato a Illasi (VR) nel 1578 ed è morto a Roma il 22 gennaio 1649. Suo padre faceva lo spadaio, in seguito ad un incidente sul lavoro divenne cieco. Alessandro essendo il figlio più grande, aveva il compito di accompagnare il padre e da qui, deriva il suo soprannome: “l’Orbetto”. Sotto Felice Brusasorzi, Alessandro Turchi apprese non solo i principi dell’arte, ma molto si avanzò nella sua pratica. Lavorò nella bottega di Brusasorzi e ne divenne uno dei migliori allievi. Dopo la morte di Felice (1605), Turchi completò le opere lasciate incompiute dal maestro e ne continuò il ruolo di pittore colto. Ciò avvenne in seno alla più prestigiosa istituzione culturale del tempo, quell’accademia filarmonica di cui Felice era stato fino ad allora unico pittore ufficiale. Lavorerà a Venezia e poi a Roma, dove dipingerà per il Papa. Le sue opere le possiamo trovare in numerosi musei del mondo tra cui il Louvre di Parigi. La recente mostra di Verona nel 1999 dedicata interamente all’artista, ha costituito uno sviluppo e un approfondimento sui 50 anni di pittura veronese (1580 – 1630) dove Turchi figurava tra i protagonisti. Dopo il “soggiorno” veronese, le opere esposte, sono tornate nelle loro sedi. Resta tuttavia l’opportunità per i veronesi, per i romani e per quelle città nelle quali l’Orbetto ha lasciato gran parte della sua produzione, di visitare chiese in cui le opere del pittore sono sempre esposte. A Verona in particolare sono stati segnalati: Quattro angeli musicanti in Duomo, l’Adorazione dei pastori, la Flagellazione di san Francesco, l’Adorazione dei Magi, tutti nel museo di Castelvecchio. 3 DATAZIONE E STILE L’Adorazione dei Magi è un soggetto più volte replicato. Nelle collezioni veronesi antiche, una versione è citata nell’inventario della raccolta del defunto Francesco Bonduri nel 1715, con altre due opere del pittore giunte per vie diverse a Castelvecchio. Un’altra è ricordata da Dal Pozzo in casa Gherardini a san Fermetto nel 1718, come opera singolare che “doveva servire per una nuova cappella a Montorio” della famiglia. Quest’ultima fu presto famosa ed elogiata come bellissima, non solo dalle fonti sette e ottocentesche locali: l’ammirò probabilmente Goethe tra i “bellissimi quadri dell’Orbetto” che vide nella Galleria Gherardini durante il viaggio in Italia nel 1786, e a breve distanza Luigi Lanzi, segnalandone il bozzetto in casa Fattorini a Bologna, ne esaltò la regalità che faceva “rammentare i Tiziani e i Bassani” Si tratta di un precoce classicismo, già pienamente maturo: è un ritornare alla tradizione di patrio purismo formale, che aveva caratterizzato un filone della pittura veronese del Cinquecento, ma temperato di naturalismo. E’ un soggetto religioso, storico e mitologico. BREVE ANALISI ICONOGRAFICA e ICONOLOGICA “Il bambino Gesù aveva dodici giorni quando si mostrò al mondo pagano, cioè ai Magi, che arrivarono con molta gente sino alla grotta di Betlemme. La Madonna, sentito tutto quel rumore di folla, prese in braccio il bambino e lo mostrò ai Magi, che si inginocchiarono e lo adorarono con devozione”. Cominciano più o meno così le Meditazioni sulla vita di Cristo, una specie di biografia mistica, scritta da un anonimo frate francescano della fine del Duecento, che ripercorre nascita, passione e morte di Cristo. Fin dagl’inizi del Cristianesimo, molti artisti hanno riservato un’attenzione particolare alla narrazione del Vangelo di Matteo 2,9-11: “I Magi al vedere la stella entrarono nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre, e prostratisi, lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra”. Questo episodio assume un’importanza fondamentale nella storia della salvezza, perché ci ricorda che la manifestazione di Dio in Gesù Cristo è per tutti i popoli. Al racconto di Matteo vengono affiancati i Vangeli apocrifi, dei commenti teologici dei Padri della Chiesa, delle opere spirituali e delle omelie. In questo modo i Magi ricevettero un nome, una corona e una storia. L’Orbetto ebbe così a disposizione una vasta tradizione iconografica. 4 MAGI E’ dai regali oro, incenso e mirra, che viene fissato il loro numero; inoltre Matteo non parla nemmeno di re ma di sapienti. L’Orbetto non mostra alcuna corona. La tradizione ha stabilito che il numero tre dei Magi rappresenta le tre età della vita (giovinezza, età adulta e vecchiaia), ma anche come metafora del Tempo nella sua manifestazione di passato, presente e futuro. I tre colori diversi con cui vengono raffigurati i visi dei Magi, alludono alle tre razze umane, per mettere in evidenza che Gesù nasce per tutti gli uomini di ogni credo, di ogni provenienza, di ogni età. I Magi indossano abiti del Cinquecento come per indicare simbolicamente che i popoli di tutti i tempi riconoscono il Dio incarnato. Il più anziano, con le mani giunte, in adorazione profonda, è il più vicino a Maria: è un invito a diventare come bambini per riscoprire quella visione essenziale delle cose, che è vicina alla verità.I Magi offrendo oro lo riconoscono come Re di un regno senza fine, con l’incenso come Dio che si è manifestato in Giudea, con la mirra come colui che era venuto per morire ed essere sepolto per redimere (salvare) l’uomo dal peccato. È l’intera umanità, di tutti i tempi e di tutti i luoghi che adora e riconosce il Cristo. MARIA E’ seduta e porge il Bambino in adorazione dei Magi. Gesù è coperto da una fascia bianca che simboleggia la Passione, la Morte e la Resurrezione. Il viso di Maria è attraversato da tristezza e preoccupazione: sembra già che immagini il destino del figlio. Indossa una veste rossa che esprime la natura umana (il rosso è il colore del sangue), un manto azzurro, simbolo della contemplazione divina (l’azzurro è il colore del cielo) e un velo color ocra per indicare il colore della terra. GIUSEPPE Il testo dell’evangelista Matteo non menziona Giuseppe, ma viene comunque presentato, dietro a Maria, quasi a volerla proteggere. Ha una capigliatura bianca, folta e arrotondata, come pure lo è la barba: attributi con cui l’arte rappresenta S. Pietro il cui compito è quello di custodire la Chiesa di cui Maria è figura (la Chiesa che porge il Cristo all’adorazione dei popoli). 5 L’EDIFICIO La scena si svolge in un edificio che appare in rovina. Le due colonne che s’intravedono sono simbolo di quel periodo storico che aveva conosciuto splendore e potenza, ma che ora si deve confrontare e misurare col Dio fatto uomo. LA LUCE L’adorazione dei Magi dell’Orbetto non è ambientata sotto un cielo notturno anche se c’è la presenza della stella; sembra un cielo all’alba di un nuovo giorno che preannuncia l’Alba Pasquale di quando Gesù risorgerà. UNA CURIOSITA’ L’attribuzione dell’opera all’ambito settecentesco di Ugolini, come copia da Turchi, rimane finché Sergio Marinelli, a seguito del restauro, la riconobbe come uno dei suoi capolavori dei primi anni romani di quest’ultimo, identificando il probabile autoritratto del pittore nella figura semi - coperta al centro, che pare dichiarare il soprannome dell’Orbetto. 6 Adorazione dei Pastori di Bencovich 7 ADORAZIONE DEI PASTORI di Bencovich SOGGETTO Un dipinto con adorazione dei pastori. Testimonianza del passaggio del Dalmata a Verona probabilmente intorno al 1720. DIMENSIONI E MATERIALE / TECNICA E’ un dipinto, olio su tela, dimensioni cm 233 x 166, Verona Museo di Castelvecchio. AUTORE Federico Bencovich è nato in Dalmazia nel 1677 e detto anche, dal nome, Fedrighetto, sarebbe giunto giovanissimo a Venezia a studiare pittura, passando verso il 1695 nella bottega di Carlo Cignani a Bologna e poi in quella di Giuseppe Maria Crespi.. Qui conosce Giovanni Battista Piazzetta e torna verso il 1710 a Venezia, facendo amicizia con Rosalba Carriera. Intorno al 1715 riceve la commissione dal principe Franz Lothar von Schonborn, vescovo di Bamberg, di quattro dipinti. E’ documentato a Vienna, poi a Verona e nel 1724 a Milano. Del 1726 circa è una delle sue opere maggiori, il Beato Pietro Gambacorta, nella Chiesa veneziana di san Sebastiano, ma le sue opere non sono apprezzate dai committenti e dai pittori di Venezia e Bencovich si reca nel 1730 a Vienna, dove è ben considerato tanto da ottenere la nomina, nel 1734, di pittore di corte dal principe Friedrich Karl von Schonborn. Dal 1735 al 1740 opera anche in Italia, come mostra la sua pala della Deposizione nella parrocchiale di Borgo San Giacomo. Lasciato l’incarico a Vienna nel 1743, e ormai emarginato, visse l’ultimo decennio della sua vita nel Palazzo del conte di Attems a Gorizia, dove muore l’8 luglio 1753. 8 DATAZIONE E STILE Lo sviluppo artistico del Bencovich parte dall’influsso di Carlo Cignani e di Giuseppe Maria Crespi, cosicchè nella sua pittura si trova un poco dell’accademismo del Cignani e un poco del naturalismo crespiano, importante fu per lui anche la conoscenza delle opere di Giovanni Battista Piazzetta, fra i quali intercorsero del resto reciproci influssi. Nella sua pittura caratteristica è la sua vena espressionistica, che si afferma nel secondo decennio del secolo e agirà tanto sul Piazzetta, come si osserva nella Adorazione dei Magi di Stoccarda, dominata dall’imponente figura di un mago, rappresentato manieristicamente in tinte fredde, che sembra impegnato in una drammatica recita davanti a un Bambino. Il Bencovich, creatore di uno stile, drammatico, tormentato e a volte bizzarro, resta tra i maggiori esponenti della pittura settecentesca del nord Italia e dell’Europa centrale e ha avuto il merito di aver dato, attraverso le sue opere viennesi, un forte impulso all’avvio della pittura rococò austriaca e bavarese, rappresentata soprattutto da Paul Troger e Franz Anton Maulbertsch. 9 BREVE ANALISI ICONOGRAFICA e ICONOLOGICA ELEMENTI DELL’IMMMAGINE VALORE SIMBOLICO AMBIENTE BUIO GESU’ E’ VENUTO PER PORTARE LUCE NELLE TENEBRE MANGIATOIA RICORDA IL SEPOLCRO DI CRISTO: IL NATALE, INFATTI, E’ L’INIZIO DELLA SALVEZZA CHE SI COMPIE CON LA PASSIONE, LA MORTE E LA RISURREZIONE DI GESU’ GROTTA RICORDA IL BUIO, LE TENEBRE CHE GESU’ E’ VENUTO A SCONFIGGERE PERSONAGGI GESU’ AVVOLTO DI LUCE GESU’ E’ LA LUCE DEL MONDO POSTO SOPRA UN LENZUOLO BIANCO E CON FASCE CHE SCENDONO DALLA MANGIATOIA RICORDANO LA SACRA SINDONE MARIA FIGURA GRANDE E’ LEI CHE HA PORTATO IN SE’ CRISTO IN POSIZIONE DIAGONALE E’ COLEI CHE COLLEGA CIELO E TERRA VESTE ROSSA E’ IL COLORE DEGLI IMPERATORI MANTELLO AZZURRO INDICA CONTEMPLAZIONE VOLTO ILLUMINATO GESU’ PORTA LUCE SULLA TERRA MANO CHE SOLLEVA IL LENZUOLO E’ LA MADRE CHE PRESENTA IL FIGLIO DI DIO ALL’UMANITA’ GIUSEPPE MANTO ROSSO INDICA LA DIGNITA’ REGALE ALLE SPALLE DI MARIA ESPRIME PROTEZIONE NEI CONFRONTI DI MARIA E DEL BAMBINO IN DISPARTE CONTEMPLA IL MISTERO DI DIO FATTO UOMO PASTORI AVVOLTI DI LUCE E’LA GLORIA DEL SIGNORE CHE SI MANIFESTA IN CONTEMPAZIONE STANNO ASSISTENDO AD UN EVENTO STRAORDINARIO ALTRI PASTORI IN LONTANANZA NON RIESCONO A SOSTENERE LO SPENDORE DIVINO ALTRE PRESENZE AGNELLO GESU’ E’ L’AGNELLO DI DIO CHE TOGLIE I PECCATI DEL MONDO 10 CURIOSITA’ Il critico Roberto Longhi, fingendosi, in uno scritto, un corrispondente del primo Ottocento dell’abate Luigi Lanzi, autore di una storica Storia della pittura italiana, così scrive del nostro pittore: “Qui a Pommersfelden vi ha un suo Agar con Ismaele svenuto per languidezza, di condotta sì originale che rapisce, e pareggia, se prima non l’eccede per eleganza e fuoco, il medesimo Piazzetta…un Martirio d’Ifigenia è spettacolo anche più fiero. Né so dove quell’assunto sia stato ricerco od espresso in modo più compendioso e che, per parere avventato, soltanto cela un’erudizione, una profondità d’idee che stupisce ed incanta. Questo Fedrigo, ch’io tengo fermamente per uno degl’ingegni più vasti dell’ultimo secolo in Venezia, riconoscesi per un cacciar d’ombre acutissime, opposte, direi velocemente, ad altrettanti luci di stesso vigore, di stessa piazza; le tinte, ridotte a pochissime salvo alcuni azzurri e tanè, risultandone una macchia, una cromatica, di stupore fin oggi non visto”. 11 INDICE - Adorazione dei Magi dell’Orbetto pag. 2 - Adorazione dei Pastori di Bencovich pag. 8 Zona 4 Basse Gli incontri si sono svolti: - Legnago (Domus Pacis) lunedi 11 dicembre 2006 ore 17 - 19 - Sanguinetto (Parrocchia) venerdi 19 gennaio 2007 venerdi 16 febbraio venerdi 23 febbraio ore 16 - 18 ore 16 - 18 ore 16 - 18 Componenti del gruppo: - Bellani Elena - Defanti Katia coordinatrice - Ferro Fabio - Menegazzi Paola - Moretti Marica - Periotto Alessandra - Vallani Cinzia Luciana - Zoppi Valentina 12