9291_08-06-11 Notarangelo - Giornale Italiano di Cardiologia

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CASO CLINICO
Trombosi di stent e variabilità di risposta al clopidogrel:
il test genetico può essere utile oggi
nella pratica clinica?
Maria Francesca Notarangelo1, Nicola Marziliano2, Rossella Giacalone1, Maria Antonietta Demola1,
Giulio Conte1, Francesco Mantovani1, Diego Ardissino1
1
U.O.C. di Cardiologia, Dipartimento Cardio-Nefro-Polmonare, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma
2
S.S. di Patologia Molecolare, A.O. Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano
The antiplatelet agent clopidogrel is an effective drug for the prevention of thrombotic events in patients
with acute coronary syndrome and in those undergoing percutaneous coronary intervention with the deployment of a coronary stent. However, it has been reported that, despite adequate treatment, about 30%
of patients continue to show the high degree of platelet reactivity that is central to the development of
atherothrombotic complications and poorer clinical outcomes. Up to 13% of those taking clopidogrel experience a recurrent ischemic event during the first year after acute coronary syndrome, 1-3% experience subacute stent thrombosis after percutaneous coronary intervention probably due to a poor drug response, and
about 1.5% experience major bleeding mainly due to an enhanced response.
Recent research findings have highlighted the role of genetic variations in determining antiplatelet response
variability, and this has aroused interest in genotyping all thienopyridine-eligible patients in order to identify
those who would be at increased risk of harm if treated with clopidogrel. However, it remains to be determined whether this information is necessary or sufficient for risk stratification.
Only when there are clinical data to support the hypothesis that genotype-guided therapy reduces the rate
of ischemic and bleeding events will it be possible to justify the use of genetic testing in all potential patients.
When that happens, genotype-guided antiplatelet therapy will also be available in the field of cardiovascular
medicine.
Key words. Clopidogrel; Genetic polymorphisms; Genetic testing; Intrastent thrombosis.
G Ital Cardiol
INTRODUZIONE
La duplice terapia antiaggregante piastrinica con aspirina e clopidogrel rappresenta uno dei capisaldi del trattamento farmacologico delle sindromi coronariche acute, in particolare nei pazienti sottoposti ad angioplastica con impianto di stent1,2. Tuttavia la trombosi intrastent costituisce, ancora oggi, un’importante complicanza dalle conseguenze cliniche potenzialmente
catastrofiche3.
È stato dimostrato che nei pazienti in duplice terapia antiaggregante piastrinica l’insorgenza di episodi ischemici ricorrenti può essere attribuita ad una risposta interindividuale variabile al clopidogrel. È stato stimato, infatti, che circa il 30%
dei pazienti nonostante la corretta assunzione della terapia antiaggregante sia “non responder”, continui cioè ad avere
© 2011 Il Pensiero Scientifico Editore
Ricevuto 09.05.2011; accettato 16.05.2011.
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr.ssa Maria Francesca Notarangelo U.O.C. di Cardiologia,
Dipartimento Cardio-Nefro-Polmonare, Azienda OspedalieroUniversitaria, Via Gramsci 14, 43126 Parma
e-mail: [email protected]
un’elevata reattività piastrinica, fattore centrale per lo sviluppo
delle complicanze ischemiche4.
È stato recentemente dimostrato che la variabilità di risposta al clopidogrel può essere attribuita alla presenza di varianti
genetiche degli enzimi coinvolti nell’assorbimento e nel metabolismo del farmaco, in particolare i polimorfismi dei geni che
codificano per la glicoproteina P5 e per il citocromo 2C196-13.
Descriviamo il caso clinico di un paziente in cui l’analisi genetica dei polimorfismi del citocromo 2C19 e del gene ABCB1
è risultata estremamente utile nell’inquadramento clinico e nella gestione terapeutica di ripetuti episodi di trombosi subacuta
intrastent. Riteniamo, infatti, che il caso descritto possa costituire un utile argomento di discussione sulle possibili applicazioni cliniche di una strategia di conduzione della terapia antiaggregante piastrinica guidata dalla conoscenza del genotipo.
CASO CLINICO
Il Signor P. è un uomo di 86 anni, ricoverato presso la nostra
Unità Operativa con diagnosi di sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento persistente del tratto ST. Per la persistenza di angor e sottoslivellamento dinamico del tratto ST, nonostante adeguata terapia medica, viene sottoposto a studio coG ITAL CARDIOL | VOL 12 | GENNAIO 2011
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ronarografico urgente previa somministrazione di una dose carico di clopidogrel di 300 mg. La coronarografia evidenzia una
stenosi del 90% (Figura 1A) a carico del tratto prossimale della coronaria discendente anteriore, trattata mediante angioplastica ed impianto di stent metallico (Figura 1B). Il paziente
viene dimesso con indicazione all’assunzione di duplice terapia
antiaggregante con aspirina (100 mg/die) e clopidogrel (75
mg/die) per 12 mesi.
Due giorni dopo la dimissione il paziente si reca nuovamente in Pronto Soccorso per insorgenza di dolore toracico, associato a nausea e sudorazione algida. L’ECG eseguito in emergenza consente di rilevare la presenza di un sopraslivellamento persistente del tratto ST in tutte le derivazioni precordiali,
pertanto viene nuovamente eseguita l’indagine coronarografica con riscontro di occlusione totale della coronaria discendente
anteriore da trombosi subacuta dello stent precedentemente
impiantato (Figura 1C), trattata con efficace procedura di angioplastica semplice.
Il paziente, adeguatamente interrogato, riferisce di aver assunto regolarmente la terapia medica prescritta e inoltre ricorda di aver già avuto un’esperienza simile in passato. In effetti,
analizzando attentamente la sua documentazione clinica, è stato possibile identificare un ulteriore episodio di trombosi subacuta di stent. Cinque anni prima, infatti, il Signor P. accedeva
in Pronto Soccorso per infarto miocardico subacuto a sede inferiore con riscontro coronarografico di coronaropatia bivasale
a carico dell’arteria coronaria destra (Figura 2A) e dell’arteria
circonflessa (Figura 2D) per cui veniva eseguita angioplastica
con posizionamento di stent metallico su entrambi i vasi (Figura 2B-E). Nonostante l’assunzione di duplice terapia antiaggregante con aspirina (100 mg/die) e clopidogrel (75 mg/die), 8
giorni dopo il paziente ritornava in ospedale per dolore toracico. All’ECG si rilevava un sopraslivellamento del tratto ST a sede inferiore e la coronarografia eseguita nuovamente documentava la presenza di occlusione trombotica totale subacuta
di entrambi gli stent precedentemente impiantati (Figura 2C-F).
Il paziente veniva quindi sottoposto ad angioplastica semplice
sulla coronaria destra con buon risultato finale, mentre il tentativo di rivascolarizzazione del ramo circonflesso risultava inefficace. Alla dimissione si poneva indicazione ad assumere la duplice terapia antiaggregante piastrinica per 12 mesi, ma non
veniva fornita alcuna ipotesi eziopatogenetica dell’accaduto.
Figura 1. La coronarografia mostra presenza di stenosi critica (90%) a carico del
tratto medio della coronaria discendente anteriore (A) che viene trattata mediante angioplastica con impianto di stent metallico (B). Due giorni dopo si verifica un’occlusione totale del vaso da trombosi intrastent (C).
Figura 2. La coronarografia evidenzia una stenosi critica dell’arteria coronaria
destra (A) ed occlusione dell’arteria circonflessa al tratto medio (D). Il paziente viene sottoposto ad angioplastica con impianto di stent metallico su entrambi i vasi (B, E). Nonostante ciò dopo 8 giorni si verifica un evento multiplo di trombosi
intrastent (C, F).
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FARMACOGENETICA DEL CLOPIDOGREL
Negli ultimi anni grazie ai notevoli progressi della genetica
cardiovascolare sono emersi nuovi dati riguardanti il fenomeno
della resistenza ai farmaci antiaggreganti. Oggi è stato possibile pertanto dapprima ipotizzare che il Signor P. fosse resistente
al clopidogrel e poi confermare questo dato mediante l’analisi
genetica dei polimorfismi del citocromo 2C19 (CYP2C19*2 e
CYP2C19*17) e del gene ABCB1. Il paziente è risultato infatti
omozigote per il polimorfismo CYP2C19*2 ed eterozigote per
il polimorfismo CYP2C19*17 e per il polimorfismo 3435 del
gene ABCB1. Con queste informazioni siamo diventati consapevoli che il paziente non si giovava della terapia con clopidogrel e pertanto risultava indispensabile sostituire il farmaco. Data l’età avanzata del paziente, non si è ritenuto prudente iniziare la terapia con prasugrel e abbiamo optato per il trattamento con ticlopidina.
DISCUSSIONE
Numerose evidenze dimostrano che la variabilità di risposta al
clopidogrel può essere attribuita alla presenza di varianti genetiche degli enzimi coinvolti nell’assorbimento e nel metabolismo del farmaco. In particolare si fa riferimento ai polimorfismi
dei geni che codificano per la glicoproteina P e per il citocromo
2C195-13.
È stato ipotizzato che il polimorfismo 3435 del gene
ABCB1, codificante la glicoproteina P, pompa di efflusso intestinale che si oppone all’assorbimento dei farmaci, influenzi la
risposta al clopidogrel. Tale polimorfismo infatti risulta in un incremento di funzione della pompa, con una conseguente riduzione dell’assorbimento di clopidogrel. A conferma di tale ipotesi la recente analisi genetica della popolazione dello studio
TRITON-TIMI 38 ha dimostrato che i soggetti omozigoti per la
variante 3435 (TT) avevano una biodisponibilità di clopidogrel
nettamente ridotta e un rischio più elevato di prognosi cardiovascolare sfavorevole rispetto ai pazienti eterozigoti e ai pazienti “wild type” (CT e CC)5.
È stato dimostrato che i polimorfismi genetici del citocromo
2C19 si associano a riduzione o incremento dell’attività enzimatica, interferendo con la produzione del metabolita attivo
del clopidogrel e con l’effetto antiaggregante. In particolare, i
pazienti portatori della variante genetica *2 del citocromo
2C19 metabolizzano il clopidogrel più lentamente, hanno in
circolo una minor quantità di farmaco attivo e pertanto un più
alto rischio di complicanze ischemiche10. Inoltre, sono state individuate ulteriori varianti genetiche del citocromo 2C19
(CYP2C19*17) che codificano per un enzima che metabolizza
il farmaco più velocemente e conferiscono, quindi, un più elevato rischio di sanguinamento12.
È noto che sia gli eterozigoti sia gli omozigoti per la variante
CYP2C19*2 hanno una frequenza di mortalità, infarto miocardico e ictus del 50% maggiore rispetto ai pazienti “wild type” ed una frequenza 3 volte maggiore di trombosi di stent10;
inoltre i soggetti portatori dell’allele *17 hanno un rischio di
sanguinamento maggiore di 4 volte aumentato12.
Questi dati sono particolarmente rilevanti; i polimorfismi del
citocromo 2C19 sono frequenti in oltre un terzo della popolazione europea.
A marzo 2010, la Food and Drug Administration (FDA) ha
rivisto la scheda tecnica del clopidogrel per includere informazioni sulla disponibilità di test volti a identificare i pazienti con
polimorfismi genetici e per enfatizzare l’opportunità, per gli
operatori sanitari, di usare dosi alternative di clopidogrel o altri
farmaci antiaggreganti nei pazienti portatori dei genotipi più a
rischio di un’alterata risposta al farmaco14,15. La FDA non ha
esplicitamente raccomandato di eseguire test genetici per il
CYP2C19 nei pazienti a cui è stato prescritto il clopidogrel e
non ha fornito indicazioni specifiche sul dosaggio del farmaco
da usare nei portatori delle varianti genetiche, lasciando notevole incertezza su come tale avvertimento debba essere tradotto nella pratica clinica. Le attuali evidenze, sulla base dei risultati degli studi CURRENT-OASIS 716 e GRAVITAS17, non supportano l’utilizzo di clopidogrel ad alte dosi nei pazienti con
elevata reattività piastrinica. Il CURRENT-OASIS 716 non ha dimostrato alcun beneficio nel raddoppio della dose di clopidogrel (hazard ratio 0.94, intervallo di confidenza al 95% 0.831.06, p=0.30) a fronte di un aumento dei tassi di sanguinamento (hazard ratio 1.24, intervallo di confidenza al 95% 1.051.46, p=0.01). Lo studio GRAVITAS17, recentemente pubblicato, non ha dimostrato alcun beneficio in termini di outcome
cardiovascolare o riduzione del rischio di trombosi di stent derivante da una dose doppia di clopidogrel nei pazienti con elevata reattività piastrinica residua.
Inoltre, nuove molecole, in particolare i potenti inibitori del
recettore per l’ADP P2Y12 prasugrel e ticagrelor, la cui risposta
non è influenzata dalla presenza delle varianti genetiche, hanno recentemente concluso la sperimentazione clinica di fase III
e sono state approvate o sono pronte per l’approvazione delle
Agenzie Regolatorie per l’immissione in commercio18,19.
In questo scenario diventa sempre più complessa la scelta
della terapia antiaggregante più idonea al singolo paziente. Le
linee guida non forniscono indicazioni precise in merito alla
scelta tra i farmaci antiaggreganti disponibili e nella pratica clinica la scelta del farmaco antiaggregante più appropriato avviene solitamente lasciandosi guidare dal fenotipo del paziente, prestando particolare attenzione al delicato equilibrio tra la
riduzione del rischio di eventi ischemici da un lato e la riduzione al minimo del rischio di sanguinamento dall’altro.
Attualmente il test genetico per la valutazione della risposta individuale al clopidogrel non può essere utilizzato routinariamente nella pratica clinica in quanto fino ad oggi non sono stati effettuati trial clinici randomizzati volti a dimostrare
che la strategia di conduzione della duplice terapia antiaggregante basata sulle informazioni di farmacogenomica influenzi
significativamente l’outcome dei pazienti con sindrome coronarica acuta. Tuttavia, in casi clinici selezionati, come quello
del nostro paziente, può essere utile effettuare il test genetico, in particolare per indirizzare il clinico nella scelta del farmaco antiaggregante da somministrare in associazione all’aspirina.
RIASSUNTO
Il clopidogrel è uno dei farmaci più utilizzati in ambito cardiologico, in particolare nei pazienti con sindrome coronarica acuta. Tuttavia questo farmaco è caratterizzato da un’ampia variabilità di risposta; si stima infatti che nel primo anno dopo una sindrome coronarica acuta più del 13% dei pazienti che assumono clopidogrel
ha almeno un evento ischemico, verosimilmente correlato ad una
ridotta risposta al farmaco, e circa l’1.5% ha un episodio di sanguinamento maggiore, verosimilmente dovuto ad una risposta esagerata al farmaco.
Recenti evidenze dimostrano che varianti genetiche correlate alla
farmacocinetica del clopidogrel possono influenzare la risposta individuale. Tuttavia non è stato ancora definito se utilizzare le inG ITAL CARDIOL | VOL 12 | GENNAIO 2011
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formazioni di farmacogenomica nel paziente con sindrome coronarica acuta sia una strategia terapeutica clinicamente vantaggiosa ed efficace.
per indirizzare il clinico nella scelta del farmaco antiaggregante da
somministrare in associazione all’aspirina, ottenendo, allo stesso
tempo, massima efficacia e massima sicurezza.
Attualmente, in casi clinici selezionati, come quello descritto, può
essere utile applicare la genetica alla pratica clinica, in particolare
Parole chiave. Clopidogrel; Polimorfismi genetici; Test genetico;
Trombosi intrastent.
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