Tecnologia informatica e sistemi di rappresentazione nell’insegnamento universitario della matematica Pier Luigi Ferrari Dipartimento di Scienze e Tecnologie Avanzate Università del Piemonte Orientale ad Alessandria 1. Introduzione All'università abbiamo da affrontare diversi problemi legati alla preparazione iniziale degli studenti. Queste difficoltà vengono d'abitudine collocate a livello di conoscenze (o, peggio, di contenuti elencati nei programmi). Esperienze di insegnamento universitario, e i risultati di diverse ricerche1, mostrano che vi sono anche altre difficoltà che esercitano un peso notevole. In particolare voglio riferirmi a due grossi temi: La competenza degli studenti nel linguaggio ordinario e nei linguaggi specifici utilizzati in matematica. Le convinzioni degli studenti su matematica, linguaggi, studio universitario e gli atteggiamenti collegati. È evidente che queste difficoltà hanno un'importanza tutt’altro che marginale. I problemi col linguaggio possono vanificare qualunque intervento perché gli studenti non capiscono il senso (talvolta nemmeno la lettera) di ciò che viene loro comunicato o richiesto. Parimenti, convinzioni inadeguate o atteggiamenti 'negativi' spesso ostacolano in modo determinante le attività di studio o lo svolgimento delle prove d'esame; questo vale, ad esempio, per il controllo sui testi e i risultati prodotti, che molti studenti omettono in quanto probabilmente sono convinti che non sia un'attività rilevante. Entrambi questi temi (soprattutto il primo, ma anche il secondo) diventano più importanti in classi di studenti provenienti da gruppi etnici, linguistici e sociali differenti. È anche evidente che queste difficoltà non possono essere interamente risolte a livello universitario ma richiedono di essere affrontati su tutto il percorso scolastico. Le attuali tendenze nell'organizzazione dei corsi di studio universitari prevedono, peraltro, corsi di minor durata e più concentrati nel tempo, con un maggior numero di insegnamenti rispetto al passato, programmi parcellizzati e una maggiore dispersione degli sforzi degli studenti; esse prevedono anche l'uso più ampio di tecnologia informatica (lezioni multimediali, teledidattica, laboratori). Spesso accade però che la tecnologia venga usata soltanto per riprodurre forme didattiche tradizionali (come la lezione frontale) senza che ne vengano sfruttate tutte le possibilità innovative sul terreno della rappresentazione, dell'interazione e delle attività individuali. Tutto questo rischia (almeno in un primo tempo) di focalizzare l’attenzione di studenti e docenti ancor più sui contenuti e di ridurre drasticamente i tempi di riflessione ed elaborazione a disposizione degli studenti, rendendo le difficoltà ancora più acute. È quindi necessario organizzare attività che promuovano la riflessione sulle rappresentazioni adottate e sugli scopi delle attività svolte. Tra le convinzioni più diffuse in materia di rappresentazioni gioca un ruolo pesantemente negativo quella per cui le espressioni matematiche servano a evocare procedimenti piuttosto che essere testi che possono essere interpretati, controllati, giustificati, modificati. Considerazioni simili valgono per tutti i tipi di rappresentazione, comprese quelle visuali. Nel seguito del lavoro cerco di approfondire l’analisi delle difficoltà legate al linguaggio e di proporre attività a livello universitario adeguate per renderle meno acute. In particolare, nella sezione 2 illustro esempi di comportamenti di studenti che mettono in luce difficoltà collegate al linguaggio. Nella sezione 3 presento alcune teorie su linguaggio e matematica utili per inquadrare il problema, interpretare le difficoltà e suggerire idee didattiche. Nella sezione 4 propongo, in base 1 Si vedano ad esempio Zan (2000 a-d), Vinner (1997) e Ferrari (1996 a,b, 1997, 2001). In tutti questi lavori si trovano ulteriori riferimenti bilbiografici su questo tema. alle conclusioni delle sezioni precedenti, alcuni esempi di attività didattiche a livello universitario che ritengo meritevoli di sviluppo e sperimentazione. 2. Difficoltà Le difficoltà degli studenti non hanno, evidentemente, interpretazioni univoche. La situazione attuale dell’università, con i livelli di ingresso, l’organizzazione dei curricula e le possibilità di offerta didattica correnti, rende necessario andare oltre l’atteggiamento, molto diffuso fra i matematici, che attribuisce, in forma più o meno sofisticata, tutte le difficoltà a lacune sui contenuti. Interpretazioni di questo tipo sono palesemente insufficienti e inutili. D’altra parte bisogna evitare di usare i modelli interpretativi alternativi in modo esasperato, come talvolta è accaduto nel settore dell’educazione matematica. È fuori di dubbio che alcune difficoltà siano attribuibili prevalentemente a lacune nelle conoscenze. In altri casi è più difficile interpretare i comportamenti in questi termini. L’uso non controllato delle parole può diventare un ostacolo serio. Illustriamo un episodio che appartiene a una tipologia molto diffusa. Problema Considerate il grafico a destra. Quali delle equazioni riportate sotto certamente non corrispondono al grafico? 10 8 a) y = x3+1 b) y = 2x y 6 2 c) y = 2x2+1 4 d) … 2 x −4 −2 2 4 Una risposta abbastanza frequente consiste nell’escludere l’equazione b) (che è quella che invece corrisponde al grafico ed è l’unica che non può essere esclusa a prima vista) con la motivazione “La b) non corrisponde perché il grafico è una parabola e una parabola non può essere uguale a un’esponenziale”. In genere seguono altre considerazioni in cui il grafico anziché con le equazioni date viene messo a confronto con lo stereotipo di esponenziale. In questo caso l’uso stereotipato di due parole, ‘parabola’ ed ‘esponenziale’ blocca lo studente e gli impedisce di svolgere altre verifiche o di prendere atto di altri dati. Da un lato c’è un indebita estensione del riferimento di ‘parabola’, interpretata come una qualunque curva che assomigli vagamente a quella associata a un’equazione della forma y=ax2+bx+c. Dall’altro, un’altrettanto indebita restrizione del riferimento di ‘esponenziale’, interpretato come una funzione della forma ax oppure a−x. Anche in questo caso la spiegazione linguistica mi sembra più convincente di una basata sulla insufficiente comprensione dei corrispondenti capitoli di matematica. (per ulteriori esempi si veda il documento ‘parte II’) Il confronto fra le due interpretazioni, quella basata sui contenuti e quella alternativa che ho cercato di delineare, non è puramente accademico ma porta a scelte che inducono strategie didattiche diverse. Il riferimento alle conoscenze può indurre (e usualmente induce) gli studenti a dedicare tempo allo studio dei prerequisiti, e i docenti di secondaria superiore o universitari a investire maggiormente su attività di addestramento tecnico. Il riferimento ai linguaggi e agli atteggiamenti richiederebbe strategie diverse, sia a livello di secondaria sia a livello di università. Lo scopo principale di questo lavoro è proprio quello di individuare modelli di didattica universitaria adeguati per le difficoltà illustrate. 3. Quadro teorico In questa sezione vengono toccati principalmente due problemi: Le relazioni fra i sistemi semiotici e la conoscenza; Le relazioni tra i sistemi semiotici e i contesti in cui vengono prodotte o interpretate. Rappresentazioni semiotiche Il tema delle relazioni fra rappresentazioni e conoscenza è fra quelli che, esplicitamente o implicitamente, caratterizzano le posizioni teoriche in psicologia dell'apprendimento. Su questo tema anche nel settore dell'apprendimento della matematica vi sono scuole di pensiero con idee radicalmente contrapposte. A titolo di esempi, nel filone di ricerca collegato al linguista G.Lakoff2 e basato su idee come 'embodiment' e metafora, i linguaggi sono scarsamente considerati, e comunque interpretati come manifestazioni di superficie di fenomeni più profondi. Posizioni simili, anche se in forma più articolata sono sostenute da E.Dubinsky3. Sul versante opposto, gli studi che utilizzano idee di L.Vygotskij, o comunque quelli che interpretano la matematica come discorso4 devono mettere i processi di rappresentazione e di comunicazione in una posizione centrale. Anche il linguista R.Duval sostiene che i processi di concettualizzazione (noesis) sono inseparabili da quelli di rappresentazione (semiosis) e quindi non è possibile alcuna noesis senza semiosis5. Duval analizza le funzioni delle rappresentazioni semiotiche in matematica anche sul piano cognitivo, mettendo in risalto la funzione di trattamento, cioè la possibilità di effettuare trasformazioni sulle rappresentazioni. Secondo Duval un'altra attività fondamentale sul piano cognitivo, oltre a quella di formazione di una rappresentazione, è quella di conversione di rappresentazioni, cioè il passaggio da una rappresentazione in un sistema semiotico a una in un altro sistema. La possibilità di accedere a più rappresentazioni dello stesso 'oggetto' è condizione necessaria per raggiungere la capacità (fondamentale in matematica) di distinguere un oggetto dalle sue rappresentazioni. Naturalmente la parola 'oggetto' evoca discussioni filosofiche che non è il caso di affrontare in questa sede. La formazione di una rappresentazione non è un'attività meccanica, in quanto comporta una selezione di caratteristiche e di dati da rappresentare; la selezione dipende anche dagli elementi e dalle regole di formazione propri del sistema semiotico adottato. Esempi di trattamenti sono dati dai calcoli (aritmetici o algebrici), dalle derivazioni di alcuni linguaggi formali (calcolo proposizionale, calcolo dei predicati, …), dalle riconfigurazioni operate sulle figure geometriche. Esempi di conversione tra rappresentazioni sono il passaggio da un'equazione della forma y=f(x) al grafico della funzione associata, da una rappresentazione di un numero razionale come frazione di interi a una come allineamento decimale, da una tabella di dati numerici a un istogramma. Molti dei risultati scadenti ottenuti dagli alunni possono essere interpretati in termini della difficoltà che incontrano nella formazione di una rappresentazione. Caratteristiche tipiche del trattamento possono spiegare il comportamento degli studenti che sviluppano procedimenti interni a un particolare sistema semiotico senza alcun controllo semantico. L'inadeguatezza nella conversione fra un sistema semiotico e l'altro può spiegare la difficoltà che gli studenti mostrano nel controllo dei risultati ottenuti in un sistema semiotico rispetto alla situazione problematica descritta in un altro sistema semiotico. 2 Si vedano ad esempio Lakoff & Núñez (2000), Núňez et al. (1999). Si veda ad esempio Dubinsky (2000). 4 Si vedano ad esempio i lavori di A.Sfard (2000, 2001). 5 Si vedano ad esempio Duval (1995, 2000). 3 Per Duval un obiettivo fondamentale dei processi di apprendimento della matematica è il coordinamento di sistemi semiotici6, che consiste nell’usare spontaneamente e velocemente sistemi semiotici diversi per rappresentare uno stesso ‘oggetto’. Il coordinamento di sistemi semiotici gioca, come già accennato, una funzione cognitiva fondamentale in quanto consente di distinguere tra rappresentazione e riferimento. Gioca anche una funzione di economia di trattamento, in quanto consente di scegliere le rappresentazioni che consentono i trattamenti più efficaci. Ad esempio, ci sono situazioni e procedimenti in cui conviene rappresentare un numero razionale come frazione di interi, e altri in cui conviene rappresentarlo come allineamento decimale finito o periodico. Analogamente, saper pensare a una funzione come formula, come grafico e come tavola di valori consente di scegliere di volta in volta la rappresentazione più adeguata. Rappresentazioni e contesti Le esigenze di trattamento discusse nella sezione precedente, unitamente ad altre esigenze di efficacia comunicativa hanno portato a creare notazioni specifiche per la matematica (come il simbolismo algebrico) la cui semantica dipende molto poco dal contesto. Per interpretare una formula, in linea di principio, è sufficiente conoscere il significato di tutti i simboli, le regole di formazione delle espressioni e il dominio a cui appartengono le variabili. L’influenza del contesto si limita a quest’ultimo aspetto, che ha un’influenza limitata e controllabile. Tuttavia, nei processi reali di comunicazione, il contesto c’è e non può essere rimosso. Gli studenti nell’interpretare un testo (che può essere un testo verbale, orale o scritto, una formula, una figura geometrica o un diagramma) non possono fare a meno di essere pesantemente influenzati dal contesto, e cioè dalle loro percezioni della situazione e degli scopi dell’interazione. Lo stesso accade nella fase della produzione. Nella pratica didattica, ad esempio, è necessario allo stesso tempo descrivere idee e relazioni matematiche e comunicare con gli alunni in quanto persone. Le due finalità sono distinte e possono portare a usare le stesse espressioni con significati diversi anche contemporaneamente. Per avere un esempio di questo si provi a spiegare a voce la caratterizzazione vero-funzionale di un connettivo, ad esempio ‘e’, e si enumerino tutte le occorrenze di ‘e’ che si sono prodotte con significati diversi da quello vero-funzionale.7 È quindi necessario andare oltre ai luoghi comuni su matematica e linguaggio e, anche in base alle situazioni descritte nella sezione 2, tener conto dei fatti che seguono. 1) Le caratteristiche specifiche del linguaggio matematico risiedono anche nella componente verbale, non solo in quella simbolica o in quella visuale. D’altra parte, le difficoltà linguistiche in matematica, anche a livello universitario, riguardano la componente verbale in modo rilevante. Il linguaggio verbale è in grado di svolgere, oltre a quelle degli altri sistemi semiotici, la funzione di guida e di controllo, di operare come metalinguaggio 2) L’interpretazione di un testo è un processo attivo che mette in gioco non solo le conoscenze grammaticali e lessicali di chi riceve, ma anche le sue conoscenze (e convinzioni …) su contesto e scopi. 3) Il linguaggio matematico (nella sua componente verbale e in quella simbolica) utilizza (talvolta in forma spinta) costruzioni e forme espressive proprie dei registri8 evoluti del linguaggio quotidiano. È quindi illusorio pensare di fare matematica semplicemente aggiungendo qualche definizione, qualche simbolo e qualche regola ai registri colloquiali 6 In realtà Duval usa la parola ‘registro’ (‘registre’) con il significato di ‘sistema semiotico’. Io preferisco l’accezione di ‘registro’ come ‘varietà linguistica’, in conformità all’uso più diffuso tra i linguisti e anche in diversi libri di linguistica in italiano. 7 La separazione tra metalinguaggio e linguaggio-oggetto potrebbe risolvere alcuni di questi problemi, attribuendo al metalinguaggio le funzioni comunicative, magari con l’adozione di un registro colloquiale, e al linguaggio-oggetto la descrizione di enti e relazioni matematiche, con l’adozione di un registro più evoluto. Tuttavia tale separazione si è rivelata finora di non facile realizzabilità didattica. Forse la tecnologia può favorire un uso più articolato dei linguaggi. 8 Un registro è una varietà linguistica in relazione all’uso; per una discussione approfondita sulle accezioni di ‘registro’ si veda Leckie-Tarry (1995). del linguaggio quotidiano. Per padroneggiare il linguaggio matematico è necessario avere qualche capacità di usare i registri evoluti e, soprattutto, di passare senza troppa fatica da un registro all’altro9. 4) La competenza linguistica di cui al punto precedente non è, almeno oggi, spontanea ma va costruita. I metodi tradizionali di insegnamento della lingua basati sullo studio di modelli grammaticali ed, eventualmente, stilistici senza collegamenti con contesti e scopi non sembrano più adeguati rispetto alla situazione odierna. In particolare, accade spesso che studenti che pure hanno acquisito competenze linguistiche apparentemente soddisfacenti grazie a questi metodi, non vogliano o non sappiano usarle in ambito scientifico. Competenze linguistiche adeguate per la matematica e, in particolare, una maggiore flessibilità nell'uso dei linguaggi possono essere sviluppate attraverso situazioni che forzino l'uso di strumenti linguistici evoluti non come adesione a un modello formale (grammaticale o stilistico) ma come risposta a vincoli di comunicazione e di rappresentazione espliciti e condivisi. 5) Il coordinamento dei sistemi semiotici delineato da Duval è un obiettivo fondamentale per l’insegnamento della matematica a tutti i livelli, compreso quello universitario. Per raggiungerlo è necessario superare la pratica didattica (che corrisponde anche a convinzioni profonde di insegnanti e studenti10) per cui la matematica si fa con le notazioni simboliche e il linguaggio verbale, mentre le altre rappresentazioni (grafici, figure ecc.) hanno una funzione sussidiaria. Per individuare e sviluppare queste tematiche sono stati ampiamente adottate idee e costruzioni dalla linguistica di orientamento pragmatico, e in particolare dalla linguistica funzionale11. 4. Proposte didattiche In questo lavoro il coordinamento di sistemi semiotici viene assunto come un obiettivo praticabile anche grazie alla tecnologia informatica. Le conversioni fra una rappresentazione e l'altra dovrebbero forzare gli studenti a riflettere su linguaggi e significati, a migliorare le capacità di controllo sui loro prodotti e ad affrontare la matematica in modo più autonomo. Tuttavia, per comprendere i significati, è necessario che gli studenti padroneggino gli scopi dei testi e i loro legami con i contesti in cui sono prodotti. Devono inoltre essere almeno in parte consapevoli delle caratteristiche specifiche del linguaggio matematico nelle sue componenti verbale, simbolica, figurale, almeno nella misura in cui tali caratteristiche comportano usi diversi da quelli quotidiani. Le analisi, molto diffuse, che si appoggiano sulla tradizionale dualità tra sintassi e semantica (cfr. comunicazioni al convegno UMI di Milano) sono insufficienti perché il significato di un testo non è determinato al di fuori del contesto in cui è prodotto (e quindi degli scopi per cui è prodotto). Anche le analisi, oggi molto diffuse, che si appoggiano su metafore ed ‘embodiment’12 a mio giudizio non tengono conto né della rilevanza della dimensione linguistica, né delle caratteristiche specifiche del linguaggio matematico. La tradizione didattica della scuola secondaria sfortunatamente incoraggia la lettura superficiale dei testi. Questo accade per diversi motivi. Nel caso dei problemi, ad esempio, la funzione dei testi non 9 Queste posizioni sono illustrate, a livello introduttivo, da Ferrari (2002, 2003). È opportuno chiarire che il fatto che un registro sia o no evoluto dipende dall’uso piuttosto che da chi lo usa. Quindi un gruppo di scolari di II elementare che elaborano un rendiconto scritto di una loro attività possono benissimo usare un registro evoluto. Analogamente un docente universitario può benissimo usare registri non evoluti quando chiacchiera con gli amici. 10 È abbastanza diffusa la convinzione che, ad esempio, una dimostrazione visuale di un teorema non sia una vera dimostrazione, e possa essere utilizzata solo come illustrazione della dimostrazione ‘vera’ svolta in precedenza. Esempi di questo tipo sono stati discussi da D’Aprile & Ferrari (2003). 11 Nel mio lavoro ho utilizzato ampiamente testi come Grice (1975), Halliday (1985), Leckie-Tarry (1995) e, per un collegamento con le problematiche specifiche dell’educazione matematica, Morgan (1998). 12 Si vedano ad esempio, Núñez et al. (1999) e Lakoff & Núñez (2000). è, come dovrebbe, la descrizione precisa della situazione problematica, la comunicazione di informazioni e la richiesta di altre informazioni ma piuttosto il richiamo di procedimenti scolastici da applicare. Questo diventa evidente nel caso degli eserciziari contenenti problemi classificati per tipo. Perché lo studente dovrebbe leggere accuratamente il testo quando sa già qual è il procedimento che dovrà applicare, o che dovrà applicare un procedimento scelto fra poche possibilità? Quindi i testi non vengono trattati in quanto tali ma come evocatori di procedimenti e, quindi di copioni scolastici. Quindi le linee guida per la programmazione di corsi di matematica per matricole sono: 1. Utilizzare diversi sistemi semiotici per rappresentare i concetti matematici, sfruttando le possibilità offerte dalla tecnologia e sviluppando in modo esplicito e consapevole, e in relazione a scopi condivisi, attività di interpretazione, confronto, conversione e trattamento di rappresentazioni. 2. Valorizzare il ruolo del linguaggio verbale come strumento per descrivere e motivare i procedimenti e conseguire quindi un migliore controllo. 3. Sottolineare il ruolo delle spiegazioni, verbali o no, rispetto alle ‘soluzioni’, proponendo attività che almeno in parte richiedano atteggiamenti nei confronti della matematica diversi da quelli prevalenti fra le matricole. Adesso approfondiamo ciascuno dei punti elencati. Gli esempi di attività presentati sono da considerarsi come semplici spunti da sviluppare e inserire in un piano di lavoro opportuno. Tecnologia e sistemi semiotici È evidente che la tecnologia dell’informazione fornisce opportunità enormi sul piano della rappresentazione. Questo vale sia per lo studente che opera in un laboratorio o a casa, sia per il docente che può utilizzare rappresentazioni diverse anche in una lezione frontale. Consideriamo il caso delle funzioni. Sono ampiamente diffusi programmi (i cosiddetti CAS, Computer Algebra Systems) che consentono di rappresentare funzioni attraverso formule (generalmente scritte in un formalismo ad hoc), grafici e tabelle numeriche. Alcuni di questi programmi funzionano su calcolatrici grafiche. Un limite di alcuni di questi sistemi (come Derive) sta nel fatto che consentono conversioni soltanto a partire dalla rappresentazione simbolica. Attraverso programmi di tipo statistico è possibile approssimare con una curva una tabella di dati numerici. Manca generalmente la possibilità di operare direttamente su rappresentazioni grafiche. Questo è un aspetto delicato. La tradizione scolastica italiana, dalla secondaria all’università, ha utilizzato le rappresentazioni grafiche come illustrazioni di conoscenze rappresentate in forma simbolica o verbale. Anche la tradizione di insegnamento universitario dell’analisi prevede il tracciamento di grafici come momento conclusivo di un lungo percorso di studio dell’analisi, corredato di diversi teoremi. Non è raro incontrare colleghi che biasimano l’utilizzo di rappresentazioni grafiche nelle fasi iniziali dei corsi, in quanto, a detta loro, gli studenti non avrebbero le basi sufficienti per capirli. Tutte le mie considerazioni suggeriscono di utilizzare sistemi non troppo sbilanciati a favore delle rappresentazioni simboliche, tali da consentire almeno in qualche caso, conversioni a partire dai grafici e comunque attività di manipolazione dei grafici stessi. In ogni caso, si tratta di organizzare attività di conversione guidata da un sistema di rappresentazione all’altro, come ad esempio: Dato il grafico di una funzione (di equazione non nota), determinare approssimativamente l'immagine o la controimmagine di valori dati. Data una tabella di dati, o una formula, costruire un grafico per punti. Data una formula, scegliere, fra una gamma predisposta, un grafico che potrebbe corrisponderle o, meglio, escludere i grafici che sicuramente non le corrispondono. Dato un grafico, escludere, da una gamma predisposta, le formule che sicuramente non gli corrispondono, come nell’esempio seguente. y Considerate il grafico di lato, nell'intervallo visualizzato. Quali delle seguenti funzioni sicuramente non corrispondono al grafico? 3 f(x) = -x2+3x-2 2 g(x) = 8- x3 1 h(x) = x3-1 x Spiegate la vostra risposta. 0.5 1 1.5 −1 Un problema come questo può essere risolto mettendo in campo strategie diverse, dal confronto del valore delle funzioni in alcuni punti a osservazioni sulla crescenza, sulle derivate ecc. Dato un grafico, escludere, da una gamma predisposta, i grafici che sicuramente non stanno in una relazione data con quello (derivate, primitive, quadrati, ecc.), come nell’esempio seguente. y Considerate la funzione g un tratto del cui grafico è visualizzato a destra. Quali dei grafici seguenti corrispondono a funzioni che certamente non sono primitive di g? Motivate. 2 1 x −8 −6 −4 −2 2 4 6 8 −1 −2 A) 6 B) y y 7 4 5 2 3 x −4 −2 2 4 6 C) −6 −6 −4 −2 0 D) 4 3 2 1 −4 −2 −1 −2 −3 −4 x 1 2 4 y y 4 x 2 4 2 6 −4 −2 x 2 4 6 −2 Idem con tabelle di dati al posto di grafici o di formule. Attività di questo tipo si prestano a creare collegamenti con le altre discipline di studio degli studenti. È possibile scegliere dati e fenomeni di interesse per i biologi, o per i chimici, o per gli informatici. Questo ha la funzione di consolidare il riferimento ai significati e, soprattutto, di rendere più credibile una proposta che contrasta con i modelli di apprendimento della matematica a cui gran parte degli studenti sono abituati. Di ciascun sistema di rappresentazione si dovranno evidenziare caratteristiche e limiti, che talvolta sono resi cogenti dalla tecnologia. Fra le caratteristiche vanno incluse anche le convenzioni che si applicano nel produrre o interpretare una rappresentazione. La rappresentazione simbolica, ad esempio, è molto potente perché consente di rappresentare con un numero finito di caratteri una funzioni anche definite su un insieme infinito, anche con la potenza del continuo. Né i grafici né le tabelle numeriche godono di questa proprietà. Inoltre la rappresentazione simbolica dispone di potenti algoritmi, come il calcolo di derivate. Tuttavia solo alcune funzioni dispongono di rappresentazioni di quel tipo: anche se questo sconvolge numerosi studenti, non è detto che a una qualsiasi tabella di dati sperimentali corrisponda in modo esatto una formula che definisce una funzione associata. I grafici consentono la rappresentazione simultanea di un'enorme quantità di dati e presentano caratteristiche cognitive che non possono non essere sfruttate. Le rappresentazioni grafiche sono necessariamente approssimate e richiedono convenzioni relativamente forti per la lettura; questo vale in modo particolare nel caso di funzioni definita, ad esempio, sui reali. Questo significa che nel grafico a lato di una y funzione f, per ricavare l'informazione 'f(1) = 2' non basta la sola lettura (nulla esclude, sul 2 piano percettivo, che possa essere f(1) = 2.0001) ma occorrono ipotesi di tipo pragmatico relative all'adeguatezza della rappresentazione rispetto agli scopi (se si x pubblica, senza ulteriori informazioni, una −1 −0.5 0.5 1 1.5 rappresentazione dalla quale 'sembra' che f(1)=2, allora deve essere veramente f(1)=2, perché altrimenti la rappresentazione sarebbe inadeguata e ingannevole) −2 y Come esempio di attività in cui è possibile partire dal grafico, e manipolarlo, per arrivare a formule 4 vi è la possibilità di introdurre le derivate in Autograph. Il programma consente di visualizzare 3 il gradiente di una funzione in corrispondenza di 2 due cursori che sono trascinabili sulla curva. In una finestra vengono date le coordinate di ciascun 1 cursore, il valore del rapporto incrementale x insieme con gli incrementi sulle ascisse e sulle −1 −0.5 0.5 1 1.5 ordinate, l'equazione della retta secante passante per i due cursori. Nella figura a sinistra è riportato un esempio. Questo consente di approssimare la derivata di una funzione in un punto attraverso un processo che non ne fa perdere di vista il significato geometrico. Lo studente può condurre esperimenti trascinando i cursori. Attività di riflessione guidata, di previsione, di individuazione di vincoli possono essere organizzate e pianificate con precisione. Linguaggio verbale e controllo semantico Le attività basate sull'uso articolato e diffuso di visualizzazioni sono indispensabili ma possono non essere sufficienti per conquistare il controllo consapevole sulle rappresentazioni. Per questo sono utili (e ampiamente studiate nella comunità dei ricercatori in educazione matematica13) attività basate sulla scrittura. Si tratta di organizzare momenti didattici in cui gli studenti sono richiesti di rispondere a domande, o di sviluppare un ragionamento, o di motivare risposte precedentemente 13 Per informazioni e riferimenti si vedano Morgan (1998), Per una riflessione approfondita sulle funzioni cognitive del linguaggio verbale scritto si veda Duval (2000). date, sempre in forma scritta. La forma scritta consente agli studenti di riflettere sui loro prodotti e di rendersi conto dell'adeguatezza della loro comprensione. Sviluppa anche le loro risorse metalinguistiche al fine di controllare meglio i loro processi di apprendimento. Attività di questo tipo non sono necessariamente individuali. In alcuni casi la possibilità di dialogo fra studenti può indurli a esprimere in modo preciso le loro opinioni, e a raffinare i loro ragionamenti per metterli al riparo delle obiezioni di altre persone che sono 'pari' rispetto a loro. Segue un esempio di quello che nel mondo anglosassone viene denominato 'comprehension test'. Esso consiste in una serie di domande su un testo matematico (spesso una dimostrazione) con lo scopo non di verificare l'avvenuta memorizzazione dei contenuti, ma di verificare e rendere esplicita la comprensione. Teorema Dati due numeri m, n∈ Z, n≠0, esistono unici q,r∈Z tali che: (i) m=qn+r (ii) 0 ≤ r<|n|. Nella prova del teorema si usa la proprietà del buon ordinamento dei numeri naturali, secondo la quale ogni insieme non vuoto di numeri naturali ha un elemento minimo. Prova del teorema Possiamo supporre m, n∈N, gli altri casi si ricavano facilmente. Fissati m, n∈N, definiamo l’insieme A ={x∈Z | m < n(x+1)}. Evidentemente A ⊆N e A≠∅. Quindi A ha un minimo. Poniamo q = minA, r = m–nq. Evidentemente (e banalmente) m = nq+r. Dobbiamo provare che 0 ≤ r < n. Evidentemente 0 ≤ r (segue dalla definizione di q). Rimane da provare r < n. Se fosse (per assurdo) n ≤ r, potremmo scrivere r = n+k, con 0 ≤ k. Quindi avremmo m = nq+r = nq+n+k = n(q+1)+k, da cui segue, poiché 0 ≤ k, n(q+1) ≤ m, contro l’ipotesi q = minA. Prova di comprensione 1. Sai spiegare perché "Possiamo supporre m, n∈N, gli altri casi si ricavano facilmente"? Quali sono gli altri casi? Spiega come è possibile estendere il risultato a tali casi. 2. Perché A ⊆N? 3. 4. 5. 6. 7. 8. Perché A≠∅? Perché A ha un minimo? Perché 0 ≤ r? Prova a sintetizzare per punti la dimostrazione del fatto che r<n? Sai citare esempi di insiemi per cui non valga il buon ordinamento? È possibile dimostrare il teorema per induzione? Attività di questo tipo servono anche come occasioni per consentire agli studenti di fermarsi a pensare e a controllare quello che fanno, opportunità che spesso manca nell’attuale organizzazione dei corsi. Tuttavia è fondamentale il lavoro di discussione, stesura di testi individuali provvisori, confronto fra di essi, stesura di testi che tengono conto della discussione. La semplice risposta orale alle domande, o la stesura di risposte scritte che non sono poi prese in esame in quanto testi non sfrutta a fondo le potenzialità di attività di questo tipo. Convinzioni e atteggiamenti Questo argomento è stato sviluppato nella sessione del seminario nazionale 2001/02 da Rosetta Zan e Pietro Di Martino e in altri lavori14. In questo testo lo affronto parzialmente senza approfondire. 14 Si vedano a questo proposito i lavori di Zan, in particolare (2000d). Un altro punto delicato sono le convinzioni degli studenti nei confronti della matematica. Molti di loro, forse in numero crescente, sono convinti che fare matematica significhi applicare meccanicamente dei procedimenti, senza controllare né i risultati né il significato di quanto viene eseguito. Molti ritengono inoltre che la matematica non abbia nulla a che fare con la lingua e che l’elaborazione di testi comprensibili (orali o scritti) esuli dalle competenze richieste per fare matematica. Molti altri atteggiamenti negativi da parte degli studenti nei confronti della matematica sono stati rilevati e studiati. Rimane il fatto che per ottenere qualche risultato positivo occorre modificare almeno in parte tali atteggiamenti. Questo va fatto con gradualità, senza generare troppa frustrazione negli studenti. Alcuni esempi presentati nei punti precedenti di questa sezione (analisi di grafici non preceduta dallo ‘studio di funzioni’, motivazione di ragionamenti, …) vanno in questa direzione. Una difficoltà importante, anche se difficilmente superabile sta nel fatto che gli studenti interpretano, implicitamente, molte delle richieste che vengono loro rivolte come imposizioni arbitrarie dell’istituzione, non altrimenti motivate. Se un docente, ad esempio, chiede agli studenti di esprimersi chiaramente e con precisione, questo viene visto come una sua scelta personale, magari da assecondare in qualche modo per passare l’esame, piuttosto che come un’esigenza funzionale a scopi di comunicazione, peraltro raramente perseguiti. Infatti, quando lo studente viene richiesto dal docente di esporre un argomento, lo scopo dello studente non è di comunicare qualcosa al docente: questi conosce benissimo l’argomento, e lo studente lo sa. Per questo lo studente si aspetta un comportamento cooperativo da parte del docente. Questa aspettativa è tutt’altro che campata in aria: è abbastanza frequente che il docente sia cooperativo, accettando per buone risposte confuse, imprecise e incomplete, magari perché, in buona fede, ritiene che lo studente stia comunque mostrando dei miglioramenti rispetto a prove precedenti. Quindi se a un certo punto il docente ritiene inaccettabile il linguaggio dello studente, quest’ultimo può ragionevolmente (anche se non legittimamente) attribuire il fallimento non alla propria incompetenza linguistica, ma alla mancanza di cooperazione da parte del docente. Per questo sarebbe preferibile che almeno alcune delle richieste che si rivolgono agli studenti (come quella appena menzionata) nascessero da esigenze condivise dagli studenti. Questo significa costruire situazioni in cui usi linguistici accurati siano forzati da vincoli esterni, di tipo comunicativo o rappresentativo, condivisi dagli studenti. Questo è possibile a livello di scuola primaria e secondaria15, un po’ più difficile a livello universitario. Tuttavia è possibile utilizzare i vincoli imposti dalla tecnologia, che vengono generalmente accettati come oggettivi e indiscutibili. Il fatto che, ad esempio, un programma richieda l’immissione dei dati in un certo formato, e che questo possa creare casi di ambiguità, o difficoltà di rappresentazione, sono situazioni che possono giustificare qualche riflessione sulle notazioni e il passaggio a usi un po’ più accurati. Risorse Per sintetizzare, le proposte didattiche contenute in questo lavoro riguardano: La possibilità di usare la tecnologia multimediale nelle lezioni frontali. La possibilità di svolgere attività sistematiche di laboratorio di calcolo con non più di due studenti per postazione (e.g., esercitazioni, parti di corso ecc.). La possibilità di svolgere attività di tutorato individuale o a piccoli gruppi in laboratorio di calcolo. L'organizzazione degli studi quale sta emergendo dalle riforme in atto e dalle pratiche emergenti presenta diversi problemi dal punto di vista dell'apprendimento, anche rispetto alla situazione precedente. Occorre valutare con attenzione le risorse che oggi sono disponibili e che ieri non lo erano e sfruttarle con decisione. Per questo ritengo che, con i vincoli attuali su durata dei corsi e numero delle ore, attività di supporto ai corsi (tutorato, laboratori) siano indispensabili. Un ostacolo notevole su questa strada sono gli atteggiamenti di molti studenti, che spesso rifiutano tutte le attività non obbligatorie e vengono a farsi impallinare agli esami senza aver nemmeno tentato di chiedere aiuto prima. 15 Si veda Ferrari (2003) per un esempio di attività di questo tipo a livello di edia inferiore. 5. Riferimenti Dubinsky, E.: 2000, 'Meaning and Formalism in Mathematics', International Journal of Computers for Mathematical Learning, 5/3, 211-240. Duval, R.: 1995, Sémiosis et pensée humaine, Peter Lang. Duval, R.: 2000, 'Ecriture, raisonnement et découverte de la démonstration en mathématiques', Recherches en didactique des mathématiques, 20/2, 135-169. 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