Capitolo I Tumore dell’esofago Introduzione Il carcinoma dell’esofago è tra quelli a prognosi altamente infausta poiché la diagnosi è tardiva. Egli si presenta con disfagia progressiva, dimagrimento, dolore e senso di oppressione retrosternale nelle fasi precoci. Nella fase tardiva i sintomi sono più complessi, in quanto altri si aggiungono a quelli citati. A sintomatologia più manifesta, la diagnosi non è difficile anche perché si avvale di tecniche avanzate e che danno una certezza pressoché assoluta. I tumori dell’esofago sono essenzialmente maligni ed in Italia hanno una bassa incidenza che và dal 0,8 al 4,9 per 100.000 abitanti, mentre alta incidenza si ha in Russia, in Cina e in Sud–Africa. In Italia la regione più colpita è il Friuli–Venezia–Giulia verosimilmente in rapporto anche al consumo di alcool. È più frequente nell’uomo che nella donna con un rapporto di 3:1. Circa l’età l’incidenza maggiore si ha alla sesta–settima decade di vita. Fattori di rischio Come la maggior parte dei tumori non vi sono elementi assolutamente certi circa i fattori di rischio. Sicuramente uno o più di essi concorrono allo sviluppo della neoplasia e di ciò bisogna tenerne il giusto conto. Elenchiamo, e non vi è un ordine di importanza, i fattori di rischio ad oggi considerati: 11 12 Lezioni di oncologia clinica 1) 2) 3) 4) 5) 6) 7) 8) 9) 10) 11) 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) sostanze con nitrosamine; carenza di ferro e magnesio; carenza di vitamina A; acalasia (mancata peristalsi e mancato rilassamento del LES); infezione da HPV (papilloma virus); Helicobacter Pilori; razza nera; alcool; fumo di sigaretta (maggior rischio con l’associazione di alcool e fumo); cicatrici secondarie all’assunzione casuale di caustici o a scopo suicida; presenza di polipi; presenza di diverticoli; pregresse stenosi infiammatorie; scleroterapia; papilloma a cellule squamose; sindrome di Plummer–Winson; esofago di Barrett; fattori ereditari. Per quanto concerne i fattori ereditari sono da riferirsi ad una patologia autosomica dominante “La Tilosi” caratterizzata dalla presenza di ipercheratosi palmare–plantare e papillomatosi dell’esofago. Sede del tumore Dal punto di vista della sede il tumore dell’esofago può essere localizzato: a) al III superiore o tratto cervicale nel 20%; b) al III medio nel 37%; c) al III inferiore nel 43%. 1. Tumore dell’esofago 13 Rara risulta la localizzazione del carcinoma esofageo in sede cardiale, dove diventa difficoltoso distinguere un adenocarcinoma dell’esofago distale da un adenocarcinoma del cardias che si diffonde per continuità verso l’esofago. Esofago di barret L’esofago di Barrett può essere congenito od acquisito. Esso è caratterizzato dalla presenza di epitelio cilindrico che và a sostituire l’epitelio squamoso proprio dell’esofago per una metaplasia legata al reflusso gastro–esofageo o a processi infiammatori di altra natura. Fortunatamente l’esofago di Barrett, opportunamente curato, non costituisce un grave pericolo; solo un 3% circa evolve in carcinoma. Appunto per questa possibilità evolutiva, anche se bassa, molto utile risulta il follow–up dell’esofago di Barrett, che consiste in quattro punti essenziali: a) esofago di Barrett senza displasia: eseguire un controllo endoscopico annualmente per i primi 4 anni e praticare terapia con PPI (inibitore di pompa protonica) associato ad un regime dietetico appropriato; b) presenza di displasia non definibile più verosimilmente associata a processo infiammatorio: da trattare con PPI a dosaggio pieno per 12 settimane da ripetere ogni 3–4 mesi, controllo a 6 mesi; c) displasia a basso grado: se la displasia è multifocale eseguire biopsia allargata di circa 1 cm, controllo a 3 e 6 mesi e poi eseguire controlli secondo il corrente follow–up; d) displasia ad alto grado (equivale a carcinoma in situ): che sia essa focolaio unico o multiplo si procede con la stadiazione. L’esame endoscopico è in grado di rilevare gli aspetti macroscopici delle lesioni legate alla displasia. La displasia si può presentare come: — piatta; — sollevabile in pliche; 14 Lezioni di oncologia clinica — — — — — — priva di ulcerazione; priva di restringimenti; senza segni di invasione; con restringimenti; con ulcerazioni; con noduli. Anatomia patologica Macroscopicamente il carcinoma dell’esofago si può presentare come: a) vegetante, ovverosia che cresce aggettando nel lume esofageo come una massa irregolare e spesso sanguinante; b) ulcerato, a forma di cratere che escava con bordi duri; c) infiltrante la parete, che assume un aspetto ispessito e biancastro. Microscopicamente sono due gli aspetti: a) adenocarcinoma; b) carcinoma squamoso (o carcinoma epidermoidale a cellule squamose). L’adenocarcinoma è raro nelle persone di colore ed è soprattutto legato all’esofago di Barrett. Oltre questi tipi di tumore ve ne sono altri meno frequenti: carcinoma a cellule fusate, carcinoma verrucoso, pseudosarcoma, carcinoma muco–epidermoidale, carcinoma primitivo a piccole cellule, corioncarcinoma, carcinoide, sarcoma primitivo, linfoma non–Hodgkin. Carcinoma in situ: quando il tumore è limitato a mucosa. Infiltrante: quando invade la sottomucosa e tonaca muscolare di tipo circolare e longitudinale tenendo presente che all’esofago manca il rivestimento sieroso esterno. 1. Tumore dell’esofago 15 Vie metastatiche La via linfatica rappresenta la diffusione più precoce. Essa interessa i linfonodi peri–esofagei e da questi verso l’alto i linfonodi latero–cervicali ed in basso i linfonodi del plesso celiaco e della piccola curvatura gastrica; i linfonodi mediastinici, i linfonodi intertracheo– bronchiali, paratracheali e cervicali profondi. Per via ematica essenzialmente al fegato poi al polmone, encefalo, tenendo presente che dal III inferiore dell’esofago esiste una connessione tra il sistema venoso portale e quello sistemico. Per contiguità, infine, a faringe, trachea, bronco di sinistra, vene polmonari, aorta, pericardio, parte inferiore del polmone, corpo del pancreas, milza e surrene di sinistra. L’esofago stesso, però, può essere sede di invasione metastatica da parte di altri tumori a partenza dal faringe, tonsille, laringe, stomaco, fegato, polmone, mammella, prostata, testicolo. Sintomatologia I sintomi più appariscenti e frequenti sono: 1) disfagia: la disfagia rappresenta il sintomo più importante che il paziente avverte in maniera certa. Inizialmente è sporadica e con il progredire del tumore diventa sempre più frequente. Essa è inizialmente limitata ai cibi solidi e progressivamente anche per i cibi liquidi tanto che il paziente riferisce di aver dovuto cambiare abitudini alimentari. Tale sintomo però impone sempre una diagnosi differenziale con altre patologie, quali la disfagia da esofagite, da compressione in caso di impegno mediastinico, da mega–atrio, su base neurogena; 2) il calo ponderale è da considerare la naturale conseguenza della disfagia. Esso è sempre presente anche se il paziente si nutre regolarmente e con appetito; 16 Lezioni di oncologia clinica 3) la scialorrea che consiste in un difficoltoso passaggio della saliva dall’esofago allo stomaco; 4) il rigurgito legato alla stenosi o sub–stenosi esofagea con la possibilità di polmoniti ab ingestis; 5) il dolore è presente e da mettere in rapporto al reflusso gastro– esofageo e/o ad infiltrazione tardiva delle radici intercostali. Il dolore può essere localizzato sia in sede retrosternale che epigastrica. In tali sedi si impone una diagnosi differenziale con il dolore nelle stesse sedi dovuto ad altre patologie (ulcera gastrica, gastrite, litiasi colecisti, carcinoma del pancreas, dolore coronario, ecc.). Sintomi più tardivi sono: a) emorragia massiva; b) fetor ex ore dovuto alla putrefazione del cibo che ristagna nell’esofago non potendo progredire; c) disfonia per paralisi del nervo ricorrente; d) febbre; e) cachessia neoplastica; f) sindrome di Horner (miosi, enoftalmo, ptosi palpebrale e anidrosi per infiltrazione del simpatico cervicale); g) singhiozzo; h) sindrome della vena cava superiore (edema a mantellina e turgore giugulare). Diagnosi Elemento essenziale per la diagnosi rimane sempre la clinica, che ci deve indirizzare a richiedere gli esami più appropriati in quanto questi non devono far diagnosi a prescindere ma confermare o smentire la diagnosi posta dal clinico. 1. Tumore dell’esofago 17 1) L’RX dell’esofago con m.d.c. baritato, anche se rimane un esame sempre meno utilizzato, è utile per valutare sede, stenosi ed estensione del carcinoma, oltre a descriverne eventuali alterazioni di forma e di peristalsi. 2) L’Esofagoscopia rimane l’esame più usato e più idoneo per la diagnosi oltre che per la stadiazione, in quanto ci permette di valutare le dimensioni del tumore, l’aspetto macroscopico e soprattutto di eseguire brushing e più biopsie indispensabili alla diagnosi. Mi preme citare in questo primo argomento, e che vale per tutti gli altri, questa certezza: non esiste diagnosi certa di tumore senza esame istologico e/o citologico. L’endoscopia si avvale di altri due nuovi strumenti, ovvero la Cromoendoscopia e la Ecoendoscopia. 3) La Cromoendoscopia altrimenti definita “Endoscopia zoom”, “Endoscopia ad alta risoluzione”, “Magnificazione endoscopica”, è una metodica che trova sempre maggiore diffusione soprattutto dove il carcinoma dell’esofago ha un’alta frequenza e quindi soggetto a screening. Essa si avvale dell’uso di coloranti che vengono iniettati nella sede della lesione, o sospettata tale, durante la manovra endoscopica. I coloranti usati sono molti e a seconda dei casi colorano diversi tipi di cellule sia normali che patologiche. Per citarne qualcuno, la soluzione di lugol, blu di metilene o di toluidina e indaco di carminio. La Magnificazione endoscopica ha permesso addirittura una classificazione dell’esofago di Barrett distinguendolo in mucosa gastrica o cardiale con aspetto piccolo circolare, stratificato, allungato; mucosa di tipo intestinale con aspetto tubulare e villoso, mucosa mista con aspetto ovoidale. La Cromoendoscopia ha il merito di far diagnosi precoce di carcinoma in situ dell’esofago, ciò fa sì che la prognosi diventi molto buona e l’intervento si riduce ad una mucosectomia della parte interessata. Nell’atto dell’endoscopia, nelle aree ad alto rischio e dove si opera screening, si esegue anche il brushing per esame citologico. 18 Lezioni di oncologia clinica 4) L’Ecoendoscopia ha la capacità di delimitare l’area neoplastica, l’infiltrazione della parete, l’eventuale infiltrazione degli organi vicini e l’interessamento dei linfonodi adiacenti. Inoltre permette di valutare l’efficacia di eventuali trattamenti chemio–radioterapici. 5) La TC e la RMN hanno risultati sovrapponibili. Essi sono utili per la diagnosi e permettono di mettere in evidenza l’interessamento delle strutture vicine; sono importanti inoltre per la stadiazione. La sopravvivenza media dei pazienti è di circa un anno mentre quella a cinque anni non supera il 10%. Non vi sono marcatori che abbiano affinità con il tumore dell’esofago tali da indirizzare al sospetto diagnostico e da essere utilizzati nel follow–up. Stadiazione La stadiazione del carcinoma esofageo viene eseguita mediante la classificazione TNM (tab. 1.1). La stadiazione è uno dei momenti più importanti nell’iter della neoplasia in quanto ci dà indicazioni sulla terapia e ci permette di formulare una corretta prognosi. Gli esami che noi eseguiamo per la stadiazione includono ovviamente quelli che utilizziamo anche per la diagnosi, quindi la stadiazione viene effettuata mediante Endoscopia, Ecoendoscopia, TC dell’esofago, del mediastino e torace, Eco–addome e/o TC addome, Broncoscopia. Si ricorre alla toracotomia diagnostica in caso di difficoltà tenendo presente quasi sempre che la toracotomia diagnostica si traduce quando possibile in toracotomia terapeutica. Terapia Solo un accenno alla terapia che, in stadi precoci, quella elettiva è sempre la terapia chirurgica. Purtroppo come già detto in precedenza 1. Tumore dell’esofago 19 Tabella 1.1 Classificazione TNM e Stadiazione essendo la diagnosi tardiva, la terapia diventa quasi sempre palliativa, ovvero somministrata a pazienti inoperabili sia per lo stadio della malattia che per la performance clinica del paziente. Essendo il sintomo più appariscente, invalidante e fastidioso, la disfagia, per questa si applicano 2 diverse metodiche una dilatante ed una disostruttiva. a) Metodiche dilatanti mediante: 1) dilatatori di calibro sempre maggiore sino ad ottenere la massima pervietà nel tratto interessato dalla neoplasia; 20 Lezioni di oncologia clinica 2) mediante l’applicazione di endoprotesi per via laparoscopica in caso di stenosi infiltrante l’esofago dal III medio o in caso di presenza di fistole dell’esofago nell’albero respiratorio. Tra le due terapie dilatanti la seconda è quella che ottiene migliori risultati per la maggiore durata. b) Metodiche disostruttive con: 1) laser mediante il quale l’energia termica prodotta vaporizza la neoplasia vegetante; 2) con BICAP (Elettrocoagulazione bipolare) ovvero la distruzione della neoplasia per mezzo di energia termica emanata da un elettrodo bipolare; 3) con terapia fotodinamica consistente nell’utilizzazione di sostanze fotosensibili che producono necrosi del tessuto neoplastico. La chemioterapia può essere sia adiuvante che neo–adiuvante, ma solitamente è più utilizzata dopo l’intervento chirurgico. La risposta che si ha è quasi sempre incompleta e non dà risultati in termini di sopravvivenza sufficientemente confortanti. Per la chemioterapia i farmaci più usati sono cisplatino, bleomicina e vindesina. L’utilizzo di questi farmaci è spesso condizionato dalle condizioni generali del paziente. La radioterapia primaria viene utilizzata quando non è possibile altra terapia o nei pazienti con carcinoma in fase avanzata. Non è raro, però, il verificarsi di gravi inconvenienti quali l’emorragia soprattutto nei tumori molto vascolarizzati, l’edema che và ad aggravare ulteriormente la stenosi se presente. Per tale motivo è più opportuno ricorrere alle manovre disostruttive.