Un documento con due cartine del Peloponneso, un

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In queste cartine sono visibili il fiume Eurota e il massiccio del Taigeto
Poesie di Tirteo
Tirteo era un poeta spartano che visse durante le guerre messeniche.
La leggenda racconta che, mentre gli Spartani combattevano contro i Messeni, l'oracolo di Delfi
aveva predetto che avrebbero vinto la guerra solo se avessero avuto una guida venuta da Atene.
Questa polis non aveva nessuna intenzione di aiutare Sparta, ma non poteva sottrarsi alla richiesta,
visto che era supportata dal responso della Pizia e se avesse rifiutato sarebbe stato un atto di ὕβρις.
Pertanto Atene inviò Tirteo, un maestro di scuola che, oltre a non essere un soldato, era anche
zoppo. Ma gli Spartani, incitati dai suoi canti militari riuscirono a sconfiggere i Messeni.
La leggenda è interessante perché nasce in ambiente ateniese e ci mostra come Atene volesse
diffondere l’idea che Sparta non aveva una vita culturale e quindi non era la patria di nessun
poeta. La πόλις attica aveva il fine propagandistico di esaltare il suo primato culturale su Sparta.
Le poesie di Tirteo esaltano la concezione eroica degli Spartiati:
fr. 6 Gentili Prato
È bello per un uomo valoroso cadere morto
combattendo in prima fila per la sua patria:
ma abbandonare la propria città e i fertili campi
e andare mendicando è di tutte le sorti la più misera,
errando con la madre e con il vecchio padre,
con i figli piccoli e sua moglie.
Sarà odioso alla gente presso cui giunge,
cedendo al bisogno e alla odiosa povertà:
svergogna la stirpe, smentisce il nobile aspetto;
e lo accompagnano disonore e viltà.
Se così dell'uomo fuggiasco nessuno tiene conto,
né ha rispetto, neppure in futuro, per i suoi discendenti,
con coraggio per questa terra combattiamo, e per i figli
moriamo, senza più risparmiare la vita.
Fr. 7
Giovani, combattete fianco a fianco
E non cominciate la fuga di cui vergognarsi né la paura,
ma grande e coraggioso fate il cuore in petto:
e non amate la vita combattendo contro i nemici:
e non fuggite abbandonando i vecchi
che non hanno più agili ginocchia, i vecchi!
È una vergogna se cade in prima fila
e giace un vecchio prima di voi giovani:
un vecchio dal capo bianco e dalla barba grigia
che esala il suo animo forte nella polvere
e copre i genitali insanguinati
con le mani – vergogna per chi guarda, e ripugnante a vedersi –
e il corpo nudo. Ma tutto è bello per i giovani
fino a quando si abbia lo splendido fiore della giovinezza amabile:
da ammirare per gli uomini, amabile per le donne
finché è vivo, e bello se cade fra i primi.
Resista ognuno ben piantato al terreno
sulle gambe larghe,mordendosi il labbro con i denti.
Silfio (vedi immagine a pag. 163 del libro di testo)
Moneta della colonia di origine spartana di Cirene recante l’effige
del silfio, una pianta (simile al sedano), estinta nel I sec. d. C., che
nasceva solo nella Cirenaica e costituiva la principale fonte di
reddito della πόλις fondata da Thera, a sua volta ἀποικία di
Sparta. La pianta veniva usata in cucina e il suo tubero aveva
proprietà medicinali ad ampio spettro, perché veniva usata per
curare la tosse, la febbre, l’epilessia e le infiammazioni oculari.
Dalla foglie si ricavava un anticoncezionale.
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