E P A T I T I
VIRALI ACUTE
Sono malattie nelle quali vi è unʼinfiammazione di tutto il fegato, provocata
dallʼinfezione virale e dalla risposta immunitaria dellʼorganismo verso tale
infezione.
Sono malattie sistemiche, che colpiscono prevalentemente il fegato.
Aspetto macroscopico di un fegato affetto da epatite virale acuta
Quasi tutti i casi di epatite virale acuta sono causati da uno dei 5 agenti virali
(dellʼepatite A, B, C, D,E). Sono tutti RNA virus*, tranne quello dellʼepatite B
(che è un DNA virus). Di recente, sono stati scoperti altri virus epatotropi (G,
TT, SEN), ma il loro ruolo come agenti causali di epatite è tuttora in fase di
studio e nel caso dei virus G e TT appare molto dubbio.
Esistono poi altri virus -detti minori- che, accanto alla malattia di base,
possono causare una epatite di varia gravità (citomegalovirus, Epstein-Barr,
Coxsackie ed herpesvirus)
___________________________________
* Virus: sono microrganismi con caratteristiche di parassita obbligato (non disponendo di
tutte le strutture biochimiche e biosintetiche necessarie per riprodursi, reperiscono tali
strutture nella cellula ospite in cui penetrano). Sono mediamente circa 100 volte più
piccoli di una cellula e consistono di alcune strutture fondamentali:
• Tutti posseggono un piccolo genoma (=lʼinformazione ereditabile di un organismo, contenuta nel
DNA o, per alcuni virus, nellʼRNA) costituito da DNA o RNA, che trasporta lʼinformazione
ereditaria.
• Tutti posseggono, quando allʼesterno della cellula ospite, una copertura proteica (capside) che
protegge il genoma.
• Alcuni posseggono un ulteriore rivestimento (pericapside), di natura lipoproteica.
• Alcuni posseggono strutture molecolari specializzate ad iniettare il genoma virale nella cellula
ospite.
I genomi dei virus possono essere formati da una o più molecole di DNA o RNA, lineari o
circolari, a singola o doppia elica.
Per quanto questi agenti virali possano essere distinti lʼun lʼaltro per le loro
caratteristiche molecolari e per le loro proprietà antigeniche, tutti i tipi
producono quadri clinici similari.
Sono, da una parte, comuni infezioni che possono variare dallʼasintomatica e
silente alla fatale e fulminante; dallʼaltro i virus B, C e D più facilmente
provocano infezioni croniche a rapida evoluzione verso la cirrosi o anche il
carcinoma.
Prima che fossero disponibili i tests sierologici per lʼidentificazione dei virus
dellʼepatite, tutte le epatiti erano etichettate come ʻviraliʼ. Le modalità di
trasmissione si sovrappongono ed i criteri epidemiologici o clinici non
possono essere sufficienti.
A puro titolo informativo, il grafico successivo dà unʼidea delle proporzioni di diffusione dei
principali virus in Italia.
EPATITE A
Lʼepatite virale acuta A (alimentare o infettiva) è sostenuta da un virus RNA;
presenta incubazione più breve (15-60 giorni) rispetto allʼepatite virale B,
contagiosità elevata e trasmissione fecale-orale.
Eʼ più diffusa nelle popolazioni a basso livello igienico. La via di contagio è
generalmente orale, attraverso cibi contaminati (acqua, latte, frutti di mare
ecc.).
La prevenzione si attua con il rispetto di norme igieniche elementari (per
esempio, il virus viene inattivato con la bollitura in acqua per 10 minuti).
Il sintomo classico è rappresentato dallʼittero, che però compare in una
piccola percentuale di casi, per cui molte forme passano inosservate: la
malattia guarisce spontaneamente nella stragrande maggioranza dei casi; in
questo caso compaiono gli anticorpi anti-virus A (IgG), che conferiscono
protezione per tutta la vita, e non ne conseguono forme croniche.
La profilassi con gammaglobuline è indicata per le persone a contatto stretto
con i malati di epatite virale acuta A. Eʼ invece generalmente superflua nel
contatto occasionale (scolastico o lavorativo).
La vaccinazione pre-esposizione è oggi disponibile ed è indicata prima dei
viaggi in zone ad alto rischio (aree tropicali e paesi in via di sviluppo).
EPATITE B
Lʼepatite virale acuta B è sostenuta da un virus DNA; ha un tempo di
incubazione di 30-180 giorni, minore contagiosità rispetto alla A e
trasmissione quasi esclusivamente parenterale (= tutte le vie tranne che la
gastro-enterica).
Eʼ caratterizzata dalla presenza nel sangue dellʼantigene Australia, o HBsAg,
che è una componente della particella virale.
Lʼinoculazione percutanea è stata a lungo considerata come la maggior via di trasmissione
dellʼepatite B (da cui anche la dizione di epatite da siero), ma oggi questo non è più
sostenibile.
La maggior parte delle epatiti da trasfusione non sono da virus B, così come, in almeno
2/3 di pazienti sicuramente affetti da epatite B, non vi è storia di una identificabile
esposizione percutanea.
Oggi si ritiene che la maggior parte dei casi di epatite B sia conseguenza di modalità di
trasmissione diverse dalla percutanea (a sua volta comunque possibile).
LʼHBsAg è stato riconosciuto in quasi tutte le secrezioni corporee delle persone affette ed
almeno due di queste secrezioni -liquido seminale e saliva- sono infettanti, per quanto
meno del siero (somministrato per via percutanea o non negli animali da esperimento).
Le due modalità non-percutanee di maggiore impatto nella trasmissione del virus sono
rappresentate da contatto sessuale e trasmissione perinatale.
Il contagio avviene con trasfusioni di sangue o emoderivati infetti
(attualmente di frequenza molto ridotta per il controllo accurato del sangue
dei donatori); con inoculazione accidentale di piccole quantità di sangue
infetto mediante siringhe, aghi, strumenti ed apparecchiature sanitarie non
sterilizzate adeguatamente (per esempio, agopuntura, tatuaggi, cure
dentarie, manicure ecc.) o con uso di spazzolini da denti, rasoi, forbici di
soggetti infetti; per contatto sessuale, per trasmissione del virus contenuto
nel liquido seminale e nel secreto vaginale; per passaggio da madre infetta al
neonato al momento del parto.
I sintomi della malattia sono aspecifici e somigliano a quelli delle epatiti di
altra origine: anche lʼittero è presente solo in una parte dei casi. Lʼinfezione,
quindi, può passare inosservata.
La malattia guarisce nella maggior parte dei casi e compaiono nel siero gli
anticorpi contro lʼHBsAg (IgG anti-HBsAg).
In una variabile percentuale di pazienti (a seconda della loro età, del modo di
trasmissione del virus e della competenza immunitaria dellʼospite), la malattia
tende a cronicizzare, presentando vari quadri che vanno dallʼepatite cronica
alla cirrosi, con persistenza del componente HBsAg della particella virale nel
sangue.
Alcuni soggetti, invece, dopo il contatto con il virus, non lo eliminano
dallʼorganismo e diventano portatori cronici e potenzialmente infettivi, pur non
presentando alcuna epatopatia (portatori sani dellʼHBsAg). In Italia questi
soggetti corrispondono al 3% della popolazione, pari a 2 milioni di portatori del virus.
La prevenzione dellʼepatite B si attua con il rispetto di opportune misure
igieniche.
Eʼ da sottolineare che la trasmissione ai conviventi è relativamente rara; in ogni
caso, ai portatori di HBsAg si consiglia lʼuso strettamente personale di spazzolini da
denti, rasoi, pettini, forbici ecc., e lʼuso di profilattici nei rapporti sessuali.
Eʼ necessario che questi soggetti segnalino il loro stato in occasione di cure
mediche o dentistiche, in modo da consentire lʼattuazione di opportune misure di
sterilizzazione.
Per quanto riguarda la profilassi con gammaglobuline, risultano efficaci solo quelle
specifiche per lʼepatite B, da eseguirsi entro 48 ore dal contagio (particolarmente in
soggetti con esposizione accidentale a sangue infetto).
Eʼ inoltre possibile effettuare la vaccinazione contro lʼepatite B: essa è efficace,
priva di effetti collaterali di rilievo, dura sufficientemente a lungo (fino a 8 anni, al
termine dei quali un richiamo vaccinale la prolunga altri 8 anni) ed è indicata nei
soggetti ad alto rischio di infezione (medici e paramedici, neonati di madre positiva
per lʼHBsAg, congiunti a stretto contato, tossicodipendenti, partner, persone che si
prostituiscono, emodializzati, politrasfusi, residenti in istituti a regime di vita
comunitario, viaggiatori in aree dove lʼepatite virale è più diffusa).
EPATITE C
Lʼepatite virale acuta C è sostenuta da un virus DNA, contagioso come e
quanto il virus B.
Eʼ quella che, oggi, più facilmente viene riconosciuta nei soggetti politrasfusi
ed in coloro che, in passato, si sono sottoposti ad interventi chirurgici o a
trattamenti odontoiatrici, quando ancora non era stato identificato il virus e
non erano quindi disponibili efficaci mezzi di prevenzione del contagio.
Lo screening per lʼHBsAg eseguito su tutti i donatori di sangue (e lʼeliminazione di
tutto il sangue ʻcommercialeʼ per le donazioni) nei primi anni 70 ha ridotto la
frequenza delle epatiti associate a trasfusioni, senza però eliminarle. In quegli anni,
la possibilità di contrarre unʼepatite dopo aver ricevuto sangue da donatori
volontari, HBsAg-negativi, era approssimativamente del 10% (il 90-95% di tali
pazienti era classificato come “non-A non-B”). Per pazienti che ricevevano preparati
quali piastrine concentrate, il rischio era anche più alto (fino al 20-30%).
Negli anni 80, lʼautoesclusione volontaria dei donatori rientranti nelle categorie a
rischio per lʼAIDS e poi lʼintroduzione dei test per lʼHIV ridussero a meno del 5% il
rischio di epatite post-trasfusionale.
Negli ultimi anni 80 e nei primi 90, lʼuso di test volti alla ricerca di portatori non-A e
non-B e, successivamente, la scoperta del virus C hanno abbattuto ulteriormente la
frequenza delle epatiti post-trasfusionali. I livelli attuali di rischio sono pressochè
impercettibili (1 su 100.000).
Le modalità di trasmissione ed i soggetti a rischio sono, in linea di massima,
gli stessi dellʼepatite virale B.
Il decorso è più frequentemente asintomatico.
Lʼevoluzione verso una forma cronica sembra molto frequente e lʼesito in
cirrosi appare qui proporzionalmente ancora più probabile di quanto avvenga
per la forma da virus B. Eʼ segnalata anche una maggior tendenza a
degenerazione neoplastica.
EPATITE D
Lʼepatite virale acuta D (o delta) è sostenuta da un virus RNA difettivo
(capace di replicarsi solo se è contemporaneamente presente il virus B, del
cui rivestimento esterno necessita per attuare lʼinfezione): può dunque
causare unʼepatite acuta (o cronica) solo negli individui con contemporanea o
pregressa epatite B.
Il virus D si trova spesso nei tossicodipendenti e nei politrasfusi.
Causa unʼinfezione particolarmente aggressiva. Per questo motivo, è
opportuno vaccinare contro il virus B i soggetti predisposti allʼepatite D.
Le modalità di trasmissione del virus D concerne, nei paesi ove il virus è
endemico (Africa settentrionale, medio oriente ed Europa meridionale) non la
via percutanea, ma i contatti personali intimi. Laddove il virus non è endemico
(USA e nord Europa), come abbiamo già detto, lʼinfezione è pressochè
esclusivamente trasmessa da sangue e derivati.
Da sottolineare come lʼinfezione da virus D possa essere introdotta in una popolazione da
tossicodipendenti, ma anche dalla migrazione di persone da aree endemiche ad aree che
non lo sono.
Su scala mondiale, comunque, lʼincidenza delle infezioni da virus D è in
declino: ciò in rapporto con i provvedimenti di tutela di salute pubblica
progressivamente adottati nei vari paesi.
EPATITE E
Lʼepatite virale acuta E è sostenuta da un virus RNA, in parte simile al virus
A.
Estremamente diffuso in India, Asia, Africa ed America Latina.
La causa di più comune riscontro è la contaminazione dellʼacqua in
occasione delle piogge monsoniche, pur esistendo anche casi sporadici.
Caratteristicamente, il virus E si trasmette raramente da persona a
persona. La sua trasmissione è fecale-orale.
La clinica e la prognosi ripetono quanto già visto per lʼepatite A.
SEGNI
E
SINTOMI
DI
E PATITE
1. Fase prodromica (iniziale): i sintomi sono sistemici e variabili:
inappetenza, nausea, vomito (spesso in associazione con alterazioni di
gusto ed olfatto), debolezza, malessere, dolori articolari e muscolari,
cefalea, faringite e tosse possono precedere anche di 1-2 settimane la
comparsa dellʼittero.
La febbre è di più frequente riscontro nelle epatiti A-E che nelle B.C.
Urine scure e feci chiare (acoliche) vengono di solito notate dal paziente
qualche giorno prima della comparsa dellʼittero.
2. Fase itterica: quando si manifesta lʼittero, di solito si attenuano i sintomi
prodromici, mentre si registra un discreto calo di peso (2-5 Kg.). Il volume
del fegato aumenta, con percezione di dolore o dolenzia in corrispondenza
dei quadranti superiori destri dellʼaddome. Nel 10-20% dei casi, si ha
splenomegalia (ingrossamento della milza) ed ingrossamento delle ghiandole
cervicali. Da ricordare che una significativa quantità di pazienti con epatite
virale non manifesta mai ittero.
3. Fase di guarigione: caratterizzata dalla scomparsa dei sintomi sistemici,
pur permanendo un certo aumento delle dimensioni del fegato
(epatomegalia) con qualche alterazione degli esami di funzionalità epatica.
La durata della fase post-itterica varia da 2 a 12 settimane, essendo di
solito più lunga nelle epatiti B e C. Si ritiene comunemente che la
guarigione completa -clinica e biochimica- è attesa dopo 1-2 mesi (A-E) o
dopo 3-4 mesi (B-C) dal manifestarsi dellʼittero.
I virus epatitici causano infezioni acute (cui si riferiscono i sintomi descritti
nella pagina precedente) o croniche (nel caso di virus B, C e D).
Sia lʼepatite acuta che la cronica sono determinate non solo dallʼinfezione,
ma anche dalla situazione immunologica del soggetto nei confronti del virus.
Ad esempio: nel caso del virus B, la malattia epatica è causata dal tentativo di
eliminare il virus da parte del sistema immunitario mediante la necrosi delle cellule
epatiche infettate. Se il tentativo è efficace, la malattia acuta guarisce; se è
inefficace, la malattia cronicizza.
I pazienti affetti da epatite cronica, in genere, non ricordano un episodio di
malattia acuta (solo il 30% delle forme croniche fa seguito ad una forma
acuta. Spesso insorge in modo insidioso).
Se lʼinfezione cronicizza senza che il virus danneggi il fegato, il soggetto
rimane infettato dal virus, ma non è malato: è il caso del portatore sano.
Se lʼinfezione cronicizza, accompagnandosi a danno epatico persistente, si
ha lʼepatite cronica.
Lʼepatite virale cronica è caratterizzata dalla persistenza dellʼinfezione
virale per più di 6 mesi.
Si distinguono, fondamentalmente, due varietà di epatite virale cronica:
• Persistente: benigna.
• Attiva: più aggressiva, coinvolge più spesso il sistema immunitario, con innesco di
reazioni autoimmuni che sostengono il danno epatico continuato. Sono
variamente presenti, accanto ai sintomi da epatite, ascite e -come manifestazioni
di tipo immunologico- artriti, nefriti, anemie emolitiche ecc. Lʼesito in cirrosi è
assai probabile.
• La maggioranza delle cronicizzazioni tende a manifestarsi con alternanza di
periodi di relativa quiescenza, in cui il paziente sta abbastanza bene ed il quadro
clinico è modesto e periodi di riacutizzazione, caratterizzati da segni e sintomi di
insufficienza epatica.
DATI
DI
LABORATORIO
• Transaminasi (AST e ALT anche note come SGOT e SGPT): presentano
un incremento variabile nella fase prodromica, precedendo lʼaumento della
bilirubina. Raggiungono valori tra 400 e 4000 U.I. ed anche più, con un
picco che coincide con la fase dellʼittero, per diminuire progressivamente
poi. I valori delle transaminasi NON correlano con precisione con lʼentità del danno
epatico. I dati clinici e lʼaumento delle AST consentono la diagnosi di epatite anitterica.
• Bilirubina: lʼittero diviene visibile (su sclere e cute) solitamente quando la
bilirubina nel sangue supera i 2.5 mg/L. Nella fase itterica, può raggiungere
valori tra 5 e 20 mg/L e può continuare a crescere anche quando le
transaminasi diminuiscono. Nella maggior parte dei casi, lʼaumento della bilirubina
totale è equamente ripartito tra diretta (coniugata) ed indiretta (non coniugata)*. Valori di
bilirubina totale superiori a 20 e persistenti sono indicatori attendibili del danno epatico:
quanto più alti sono i valori, tanto peggiore è la prognosi (con lʼeccezione delle anemie
emolitiche**).
• Tempo di Protrombina (PT o Tempo di Quick): è il tempo impiegato, in
secondi, per la formazione del coagulo, quando al sangue del paziente si
aggiungono tromboplastina e calcio. Valori elevati possono esprimere un
esteso danno delle cellule epatiche (cui compete la sintesi della
protrombina).
• Elettroforesi siero-proteica (Protidogramma): caratteristico un certo
aumento delle globuline gamma. In particolare, allʼimmunoelettroforesi
risultano aumentate IgG ed IgM (soprattutto nellʼepatite A).
• Autoanticorpi: possono essere presenti, ma non sono specifici, potendo
essere espressione di infezioni virali concomitanti.
• Markers sierologici (anticorpi virus-specifici). Ricordiamo i più importanti:
anti HAV (per lʼepatite A), HBsAG (per lʼepatite B, con qualche possibile
correlazione tra il titolo di questi anticorpi e la gravità di malattia). Sempre
nellʼepatite B, lʼHBeAg è indicatore di relativa infettività; lʼanti-HBc viene usato per
definire acuta o cronica lʼinfezione. Anti-HCV (per lʼepatite C, sapendo che è
presente soprattutto nelle forme croniche, mentre può non essere
evidenziato nelle fasi acute, nel 5-10% dei casi).
Non ci addentriamo volutamente nei complessi algoritmi da seguire nella marcatura
sierologica dei diversi quadri di epatite virale.
________________________________________
* Bilirubina: riprendo in parte il contenuto di una nota delle pagine precedenti. La
bilirubina si forma dalla degradazione dellʼemoglobina, che nel globulo rosso è deputata
al trasporto dellʼossigeno. Al termine del loro ciclo vitale, i globuli rossi vengono rimossi
dal sangue e distrutti nella milza. Lʼemoglobina viene riversata nel sangue in forma
libera, legata alle proteine (albumine) del sangue ed inviata al fegato sotto forma di
bilirubina indiretta. Per eliminare la bilirubina attraverso lʼintestino, il fegato deve prima
coniugarla (ossia legarla) ad una sostanza che la rende solubile nella bile: lʼacido
glicuronico trasforma la bilirubina indiretta (solubile nei grassi) in bilirubina diretta
(idrosolubile). La bilirubina diretta (coniugata) è secreta dal fegato ed immessa nella
cistifellea, per poter arrivare con la bile nellʼintestino, dove viene eliminata con le feci.
Una piccola parte ritorna in circolo e viene eliminata con le urine. In generale, la
presenza abnorme di bilirubina nel circolo sanguigno e la sua conseguente diffusione nei
tessuti è la causa dellʼittero.
• Ittero: le cause possono essere unʼelevata distruzione di globuli rossi (ittero emolitico),
disturbi del fegato (ittero epatocellulare) o un diminuito deflusso della bile (ittero
ostruttivo) dovuto, per esempio, alla presenza di calcoli biliari.
** Anemie emolitiche: gruppo molto eterogeneo di anemie, tutte dovute ad aumentata
distruzione di globuli rossi. La causa può essere intrinseca ai GR (cioè da ricercare
allʼinterno del globulo rosso) - tutte ereditarie (talassemia, drepanocitosi, sferocitosi)- o
estrinseca (cioè da ricercare in fattori esterni ai globuli rossi) - fattori biologici
(autoanticorpi), chimici o fisici, che danneggiano i normali GR e ne favoriscono
lʼeliminazione.
COMPLICANZE E SEQUELE DELLE EPATITI VIRALI
ACUTE
• Epatite ricorrente: è quanto sperimentato da una piccola percentuale di
pazienti con epatite A, che vedono ripresentarsi i sintomi di malattia dopo
settimane ed anche mesi dalla presunta guarigione.
• Epatite colestatica: insolita variante sempre dellʼepatite A, caratterizzata
dalla persistenza di ittero colestatico e di prurito.
Entrambe queste complicanze, quando si manifestano, non modificano la prognosi
dellʼepatite A (che rimane malattia che si autolimita e non evolve in forma cronica).
• Angioedema: nella fase prodromica dellʼepatite B, nel 5-10% dei pazienti,
può svilupparsi una sindrome caratterizzata da dolori articolari, artrite,
eruzioni cutanee, angioedema* e raramente ematuria e proteinuria. Questi
sintomi portano spesso ad errati percorsi diagnostici in cerca di malattie
reumatologiche (transaminasi ed HBsAG elevate sono la soluzione del dubbio).
__________________________________
* Angioedema: è il rapido gonfiore della cute, della mucosa e dei tessuti sottomucosi. La
cute del volto attorno alla bocca e della lingua può gonfiarsi -come in altre sedi (mani)- si
gonfia in un periodo che va da pochi minuti ad ore.
* Epatite fulminante: è la più temuta delle complicazioni, ma fortunatamente
anche rara. Interessate soprattutto le epatiti B (50%) -in particolare nelle
forme associate ad epatite D o a epatite cronica C- e quelle E (1-2% del
totale, fino al 20% dei casi in donne gravide). I pazienti presentano solitamente
gravi quadri di encefalopatia, che portano rapidamente al coma; il fegato è
piccolo, il tempo di protrombina abnormemente lungo, comune lʼedema cerebrale.
La mortalità supera lʼ80%, ma va detto che chi sopravvive può riguadagnare
lʼintegrità anatomica e funzionale del proprio fegato.
• Epatite cronica: vedi pagina precedente.
• Complicanze rare: pancreatiti, miocarditi, polmoniti atipiche, anemia
aplastica, polinevriti, mieliti.
• Epatocarcinoma: ne sono a rischio le persone affette da epatite B (specie
quelle infettate nellʼinfanzia e con positività dellʼHBeAg) e da epatite C
(quasi esclusivamente nei pazienti con cirrosi e quasi sempre dopo almeno
3 decadi di malattia).
Sezione di fegato con carcinoma
TERAPIA
delle epatiti virali in fase acuta
• Antivirali
Lʼepatite B, in individui adulti in precedenza sani, anche nelle forme più
severe, non rappresenta indicazione a terapia antivirale: la guarigione
spontanea è del 99% e nessuno studio clinico dimostra che ne possano
essere influenzate probabilità o tempi dalla terapia.
Lʼepatite C, invece, in cui la guarigione è rara e la progressione verso
unʼepatite cronica è la regola, la terapia antivirale con Interferone-alfa è
opportuna perché vantaggiosa (riduce significativamente il rischio di
cronicizzazione). La terapia combinata con Interferone-alfa e ribavirina* si è
dimostrata di ancor maggiore efficacia.
• Altri provvedimenti
Il riposo a letto forzato e prolungato non è indispensabile, anche se molti
pazienti si sentno meglio limitando la loro attività fisica.
Una dieta ipercalorica è auspicabile: stante la nausea frequente verso sera, il
maggior apporto alimentare andrebbe concentrato nelle ore mattutine (la
somministrazione endovenosa può rendersi necessaria nei casi in cui nausea
e vomito non consentano unʼalimentazione orale).
I farmaci con metabolismo epatico dovrebbero essere evitati, cortisonici
inclusi (il cui uso può addirittura essere controproducente).
Lʼisolamento del paziente è raramente necessario, fatti salvi i casi di
incontinenza fecale in pazienti con epatiti A-E o di emorragie incontrollate in
quelli con epatite C.
Nellʼepatite fulminante, lo scopo della terapia è quello di mantenere il bilancio
idrico e salino, sostenere circolazione e respiro, correggere lʼipoglicemia e
trattare ogni altra complicanza, per dare tempo al fegato di rigenerare (o di
organizzare un trapianto).
PROFILASSI
Essendo, come abbiamo visto, limitato il campo di applicazione della terapia
antivirale nelle epatiti acute ed efficace solo in una bassa percentuale di casi nelle
epatiti croniche, si è posta giusta enfasi sulla prevenzione con immunizzazione.
Lʼapproccio profilattico è differente per ogni tipo di epatite e, mentre in passato si
usavano solo immunoglobuline con anticorpi specifici, oggi sono disponibili, per le
epatiti A e B, efficaci vaccini.
In assenza di efficaci strumenti di immunizzazione attiva (vaccino) o passiva
(immunoglobuline) per lʼepatite C, la prevenzione passa attraverso
cambiamenti dei comportamenti individuali e precauzioni volte a limitare i
contatti con persone infette (soprattutto se non note come tali).