LE LETTERE di S. PAOLO - INTRODUZIONE - CENNI SULLA VITA DI PAOLO - PROFILO FISICO-SPIRITUALE DI PAOLO - LE LETTERE ALLE COMUNITÀ - IL CUORE DEL MESSAGGIO DI PAOLO 24 INTRODUZIONE NON C’è TESTO MIGLIORE DELLA Bibbia per continuare il nostro percorso nella catechesi per gli adulti.: “Lettera a noi inviata da Dio perché possiamo essere salvi” (S. Gregorio Magno). E della Bibbia, dopo la lettura-esegesi del vangelo di Matteo, vogliamo accostarci alle lettere di Paolo25. Certamente non potremo leggerle e commentarle tutte (sono 14)26, ma almeno alcune le leggeremo. CENNI SULLA VITA DI PAOLO Credo comunque necessario dare alcune notizie biografiche di Paolo e sulle lettere nella loro globalità. Questo ci sarà sicuramente di molto aiuto per la comprensione. Si può dire che Paolo appartiene a 3 mondi e a3 culture: ebraica, greca e romana, in tutte e 3 però emerge con la sua individualità, da nessuna si fa possedere. Anzi se appartiene totalmente a qualcuno questo è solo Cristo: “Sono stato crocifisso insieme a Cristo; vivo, però non più io, ma vive in me Cristo. La vita che ora vivo nella carne, la vivo nella fede, quella nel figlio di Dio che mi amò e diede se stesso per me” (Gal 2, 19-20). Nelle sue lettere Paolo si autopresenta con il schietto nome latino PAOLO27 e rivendica anche all’occorrenza il suo diritto di cittadinanza romana che possiede per nascita (Atti 22,28)28. Con Roma ha a che fare. Si confronta con proconsoli e procuratori romani a Cipro, a Corinto, a Cesarea. 25 Gigante della fede, colonna della Chiesa, grande nella persecuzione e nella missione. Il “numero” lo preciseremo successivamente, poiché la Lettera agli Ebrei non è di Paolo, ma a lui attribuita. 27 Il nome ebraico è Saulo, è il nome del primo re di Israele Saul. 28 “Replicò il tribuno: «Io questa cittadinanza l’ho acquistata a caro prezzo». Paolo disse: «Io, invece, lo sono di nascita!». 26 25 A Roma giunge nella primavera del 61 d. C., vi rimane a lungo, in libertà e in carcere, prima di essere decapitato sulla via Ostiense, verso il 67, sul finire del regno di Nerone (54 – 68 d. C.) È cittadino romano, ma greco di lingua e di Tarso “non oscura città della Cilicia” (Atti 21, 39) dove riceve una certa formazione culturale, Infatti usa il greco con disinvoltura e in maniera creativa. Tuttavia, nonostante tutto questo, la radice più profonda della personalità di Paolo è quella ebraica. Fino alla fine della sua vita Paolo si sentì profondamente ebreo. Per difendersi dalle accuse dei detrattori scrive in 2Cor 11, 22: “Sono essi ebrei? Anch’io. Sono israeliti? Anch’io. Sono stirpe di Abramo? Anch’io”. Ebreo: è della diaspora, ma ha grande padronanza della lingua ebraica; conosce molto bene la storia del popolo, gli usi, i costumi, la fede soprattutto. Israelita: appartiene all’alleanza di cui si gloriava la Nazione. Stirpe di Abramo: rivendica la sua assoluta purezza razziale. Vive in un contesto greco, ma respira in un clima spirituale ebraico: quando fissa date e scadenze di tempo lo fa in termini di calendario ebraico (cf. 1Cor 16,8; Atti 27,9)29; 2 volte nella sua vita lo troviamo impegnato nelle osservanze del voto del nazireato (Atti 18,18; 21, 17-26)30. La Bibbia è il suo libro e la usa e la tratta alla maniera dei rabbini, seguendone lo stile e i procedimenti letterari (nidrashim). Perché cittadino di Tarso?, vi è nato o trasferito? “9Essendo trascorso molto tempo ed essendo ormai pericolosa la navigazione poiché era già passata la festa dell’Espiazione, Paolo li ammoniva dicendo: …” (At 27, 9). 30 “Paolo si trattenne ancora parecchi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era fatto tagliare i capelli a causa di un voto che aveva fatto. “a causa di un voto: testo oscuro. Paolo e non Aquila, sembra, ha fatto il voto. Colui che pronunziava un voto diventava nazîr (cf. Nm 6,1+): durante tutto il tempo del voto (generalmente 30 giorni), fra le altre cose da osservare, egli non doveva tagliarsi i capelli. Si ignora se Paolo ha fatto il voto a Cencre o se qui lo ha adempiuto. Cf. At 21,23-27, dove Paolo con altri quattro giudei adempie i riti per lo scioglimento d’un voto.” 29 26 Secondo una informazione di s. Girolamo: “ L’apostolo Paolo, chiamato dapprima Saulo, … era della tribù di Beniamino e della città di Giocala in Giudea. Dopo l’occupazione romana di questa città, egli emigrò con i suoi genitori a Tarso di Cilicia” (De viris illustribus, 5). Però Paolo dice di sé in Atti 22,3: “nativo (γεγεννημένος) di Tarso”, ma questo può significare anche oriundo, proveniente. Perché cittadino romano? La famiglia di Paolo doveva essere molto o abbastanza agiata; ma sua sorella viveva a Gerusalemme e godeva di una sicura influenza negli ambienti romani (Atti 23, 1617). Atti 23: una congiura del Sinedrio contro Paolo che pensarono di ucciderlo. “16Ma il figlio della sorella di Paolo venne a sapere del complotto; si recò alla fortezza, entrò e ne informò Paolo. 22Il tribuno congedò il giovanetto con questa raccomandazione: «Non dire a nessuno che mi hai dato queste informazioni». Si potrebbe avanzare l’ipotesi che il diritto di cittadinanza romana sia stato acquistato dalla famiglia di Paolo nella sua qualità di fornitrice di tende o di teli militari (cilicium) alle legioni romane di stanza in quel tempo in Oriente. Perché da Saulo a Paolo? Il nome Paolo è usato a cominciare dal primo viaggio missionario nel mondo greco-romano. Era una consuetudine abbastanza diffusa in quel tempo associare al primo nome un altro nome. Ma nel caso di Paolo c’è un motivo più particolare? Probabilmente no. C’è una certa assonanza tra “SAULUS” e “PAULUS”. Il secondo nome Paolo l’ha usato nel mondo greco-romano (usare un nomi romani in un mondo dominato da Roma era normale). Tuttavia (secondo un’altra ipotesi da verificare) qualcuno sostiene che gli avi di Paolo siano stati affrancati o favoriti da un certo Paolo romano e quindi l’assunzione di questo nome era segno di riconoscenza. 27 Quando è nato Paolo? Si ignora l’anno di nascita di Saulo, si colloca generalmente tra il 5 e il 10 dell’era volgare, quindi circa 10 anni dopo Gesù Cristo. Dopo la fanciullezza a Tarso, Paolo va a Gerusalemmeper essere bene introdotto nella “Fede dei Padri”. Lo testimonia lui stesso in Atti 22, 3: “Io sono un giudeo, oriundo di Tarso in Cilicia, ma educato in questa città, istruito ai piedi di Gamaliele, nella rigorosa osservanza delle leggi dei padri”. Atti 5, 38-39 parlano di Gamaliele come un uomo sereno nei confronti della nuova “setta cristiana”: <<Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta; 39ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!». Saulo però non sembra aver tratto frutto da questa moderazione se poi è diventato un grande persecutore dei cristiani. È stato Saulo a Gerusalemme durante il ministero di Gesù nella città, lo ha conosciuto in qualche modo di persona? A questi interrogativi manca un fondamento per la risposta. Nemmeno il passo di 2Cor 5/6 possono servirci per una conoscenza diretta di Gesù. In 2Cor 5, 16 si legge: “16Cosicché ormai noi non conosciamo più nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così.”, ma ciò sembra riferirsi al duplice modo in cui l’Apostolo ha conosciuto Cristo, prima della conversione e dopo la conversione. Non si sa se dopo aver completato la formazione rabbinica sia tornato a Tarso o sia rimasto a Gerusalemme. Certo lo troviamo a Gerusalemme nei giorni in cui fu lapidato Stefano e dopo assunse un ruolo di protagonista nella persecuzione che divampò in quei giorni contro i seguaci di Cristo. Certo è che mentre si recava a Damasco con un drappello di collaboratori e le lettere commendatizie del Sinedrio per aggredire e molestare i cristiani di quella città, che egli considerava apostati del giudaismo, fu colpito da una folgorazione improvvisa. Gli “Atti” raccontano 3 volte questo episodio (cc. 9, 22, 26). Si è trattato di conversione, rivelazione, rinascita o meglio nuova nascita violenta? 28 Certo è che da quel momento incomincia per Paolo una vicenda epica che lo porterà ripetutamente per mari, per monti e deserti in tutto l’arco del mediterraneo orientale e culminerà a Roma nel martirio. L’evento di Damasco viene collocato al 35 d. C. Saulo ha circa 30 anni Battesimo a Damasco (Atti 9, 18) Tentativi missionari presso i suoi connazionali di Damasco Si ritira per un certo tempo in Arabia (cf Gal 1, 17)31 dove è verosimile ha dedicato questo tempo alla propria formazione e ri-orientale in senso cristiano la lettura rabbinica della Bibbia e le tradizioni religiose di Israele. Di nuovo a Damasco per molti giorni (Atti 9,23) apostolo verso gli Ebrei ostili tanto che è costretto a fuggire con uno stratagemma: “25 ma i suoi discepoli di notte lo presero e lo fecero discendere dalle mura, calandolo in una cesta.” A Gerusalemme “per prendere contatti con Cefa” (cf Gal 1, 19; Atti 9, 23-26). Siamo all’anno 38 d. C. A Gerusalemme, nonostante l’amicizia di Pietro e la tutela di Barnaba, i giorni si fanno duri per Saulo a motivo dell’ostilità degli Ebrei ellenisti, perciò parte per Tarso (cf Atti 9, 29ss; Gal 1, 21). In Atti 22, 17ss si parla anche di un’apparizione di Gesù nel tempio che gli fa comprendere il significato di quella partenza: egli avrebbe dovuto essere Apostolo delle genti.32 Inizia a questo punto un secondo tempo della vita cristiana di Paolo, di cui siamo all’oscuro. Si tratta di 4 o 5 anni, fino al giorno in cui Barnaba vivere a cercarlo per condurlo con sé ad Antiochia. Vi rimase un 17senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco. (Gal 1, 17). 32 “17Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi 18e vidi Lui che mi diceva: Affrettati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me. ( …) 21Allora mi disse: Và, perché io ti manderò lontano, tra i pagani». 31 29 anno, qui per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani (Atti 11, 25-26)33. Torna a Gerusalemme (Atti 11, 27-30) e siamo nel 44 d. C. (Atti 12, 2025). Di nuovo ad Antiochia che divenne la base missionaria per l’evangelizzazione dell’entroterra del Mediterraneo orientale. Da qui il periodo più intenso e decisivo della sua vita, che in 15 anni, attraverso 3 viaggi missionari, sposterà definitivamente l’asse del cristianesimo da Gerusalemme a Roma. I 3 viaggi partano tutti e 3 da Antiochia e qui Paolo ritorna, ma ogni viaggio è segnato anche da un visita a Gerusalemme: la prima sarà per il Concilio degli Apostoli, la terza coinciderà con il suo arresto. 1. Primo viaggio missionario (45-49): Cipro, Salamina, Pafo, Perge di Panfilia, Antiochia di Pisidia, Iconio, Listra, Derbe. 2. Secondo viaggio missionario (49-52) (cf Atti 15, 36-18, 22): Derbe, Listra, Iconio, Antiochia, Galazia, Triade, Neapolis, Filippi, Anfiboli, Apollonia, Tessalonica, Berea, Atene, Corinto. 3. Terzo viaggio missionario (53-58) Efeso, Laodicea, Colossi, Gerapoli. Torna a Gerusalemme; gli avversari si scagliano contro di lui, è arrestato. Nell’autunno del 60, Paolo, in compagnia di Luca parte alla volta di Roma, prigioniero, sotto la scorta di un centurione, e dopo una traversata memorabile che culminò nel naufragio di malta, dove svernarono, arrivarono a Roma nella primavera del 61. 2 anni di prigionia a Roma. Rimesso in libertà nel 63. 25Barnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e trovatolo lo condusse ad Antiochia. 26Rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente; ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani. (At 11, 25-26). 33 30 4. L’ultimo periodo della vita di Paolo è oscuro. Qualcuno mette la sua fine nel 63 con l’esecuzione capitale, altri lo dicono di nuovo in viaggio. In Spagna? In Asia Minore (1Tim 1,3). Fu nuovamente arrestato in circostanze oscure e tradotto a Roma. La sua vicenda terrena si conclude con la decapitazione avvenuta, secondo la tradizione, alle Acque Salvie, lunga la via di Ostia, a 5 miglia dalle mura di Roma. Era forse l’anno 67 d. C. PROFILO FISICO E SPIRITUALE DI PAOLO La personalità di Paolo è una delle più ricche e complesse che si conoscano. Alla sua base si trova un fisico d’eccezione , duro, tenace, resistente alla fatica fisica e spirituale, anche quando si parla di una malattia (Gal 4, 13-15)34; cos’è malattia, reumatismo? Oftalmia (“vi sareste cavati gli occhi per darmeli”), neuropatia? È difficile dirlo. In 2 Cor 12, 7-10 parlano di una “spina nella carne”. Cos’è? Dolori mistici? Tentazioni?, anche questo è difficile. Senza questa solidità corporea e psichica Paolo non sarebbe stato in grado di effettuare le prestazioni che gli sono attribuite. Già il mestiere di tessitore manuale e fabbricatore di tende cilicie evoca un ambiente di robustezza ruvida e aspra. Per il suo aspetto gli Apocrifi Atti di Paolo e Tecla (fine II secolo) lo descrivono: “di statura bassa, gambe arcuate, corpo vigoroso, calvo, sopraccigli uniti, naso aquilino, aspetto sano”; “Sapete che fu a causa di una malattia del corpo che vi annunziai la prima volta il vangelo; e quella che nella mia carne era per voi una prova non l’avete disprezzata né respinta, ma al contrario mi avete accolto come un angelo di Dio, come Cristo Gesù. Dove sono dunque le vostre felicitazioni? Vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati anche gli occhi per darmeli.” 34 31 un ritratto che sembra tradurre visivamente il ritratto psicologico quale appare dalle lettere; così comunque sarà l’iconografia che dagli apocrifi prenderà anche la barba, gli occhi grigio-celesti, la carnagione bianca e il profilo un po’ curvo. Gli interminabili viaggi per nave e per terra, in regioni montuose e desertiche, i naufragi, le percosse e fustigazioni subite, i disagi e le privazioni di ogni genere, gli eccessi di temperature rigide e torride del Mediterraneo orientale e del suo entroterra, aggiunti alle fatiche della predicazione e del lavoro quotidiano, le preoccupazioni spirituali per le comunità nascenti, l’assillo degli ostacoli frapposti ad ogni passo del suo cammino dagli avversari, avrebbero facilmente avuto ragione di una costituzione fragile e nevrotica. Aveva quindi una tempra forte, tenacia e lucidità. Tuttavia è luogo comune attribuire a Paolo una malattia cronica, spesso di ordine fisico, talora, con insinuazioni non serene, di ordine psichico. L’ipotesi di un’affezione cronica si regge in piedi a fatica. Egli stesso in Gal 4, 13ss parla di una “infermità nella carne” come di un incidente che lo costrinse a prolungare il suo soggiorno in Galazia. Dice che i Galati “si sarebbero strappati gli occhi per darli a lui”, ma da qui non si può dedurre che fosse malato agli occhi; si tratta certamente di una metafora per dire quanto gli volessero bene i Galati. Parla egli stesso anche di un “pungiglione nella carne, un emissario di Satana che lo schiaffeggia perché non insuperbisca” (2Cor 12, 7). Si sono fatte molte ipotesi: malattia cronica, febbri malariche, epilessia, …, ma fra tutte le opinioni, tenuto conto del linguaggio immaginifico dell’Apostolo, sembra che questa “spina nella carne” che lo affligge possa essere l’ostilità degli Ebrei, suoi “fratelli nella carne” (Rom 9, 3) che lo punge e lo affligge fino alla disperazione (Rom 9, 2) fino a fargli nascere il desiderio di offrirsi in sacrificio per loro (Rom 9, 2-3): “2ho nel cuore un grande dolore e una sofferenza continua. 3Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne.” Tutto sommato, in un uomo così provato e temperato da fatiche, paragonabili soltanto, nell’antichità, a quelle di Alessandro Magno o di Giulio Cesare, 32 difficilmente si può ammettere nella malattia cronica di carattere fisico o di natura nervosa. In questo fisico saldo e tenace si innesta un carattere indomabile, risentito e volitivo. L’arco delle sue oscillazioni è larghissimo, va dalla tenerezza affettuosa e delicata alle impennate più indignate e implacabili fino a cacciare le unghie e avere toni duri. Cf: 2Cor 6, 11-13; 1Tess 2, 7-8; Rom 16, 3-16; 2Cor 10, 6-11; Fil 3, 2; Gal 5, 12; Gal 1, 8-9 Tra questi due estremi della dolcezza e della violenza si distende la gamma della psicologia di Paolo: è ironico e veemente, sa ferire e medicare, umiliare e infondere coraggio, fiero della propria autonomia e sufficienza, ama l’autarchia dello stoico, la parresia35 e la franchezza del linguaggio del cinico, disdegna gli artifici della forma letteraria, coltiva l’amicizia, sa tacere, sopportare, accettare con gioia, e fa uso spontaneo di figure retoriche; è un uomo di azione dal temperamento virile e concreto, ma al tempo stesso è un mistico, un contemplativo che cerca e trova nella preghiera la fonte e l’energia dell’azione. Cf: Atti 22, 17-18; Atti a6, 9; Atti 17, 9; Atti 27, 23. Era sposato Paolo? È una questione che ritorna ogni tanto. Il Libro degli Atti, che in massima parte è dedicato alla vicenda di Paolo, tale del tutto in proposito, né da questo silenzio si può trarre qualche conclusione. Scrivendo alla Chiesa di Corinto nella prima metà degli anni 50, Paolo esorta i suoi interlocutori a vivere liberi dal vincolo matrimoniale, come lui stesso è libero (1Cor 7,8).36 Se ne deve concludere che aveva scelto il celibato? Non necessariamente; poteva anche essersi sposato e trovarsi poi sciolto da ogni legame con la moglie, vedovo o separato. 35 Parresia è un termine di origine greca che indica la "franchezza" e la libertà con cui gli apostoli annunciavano Cristo Risorto per la salvezza di tutti gli uomini. 36 “Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io;” 33 Si tratta di supposizioni suggerite dall’altro passo della lettera ai Corinzi, in cui egli stesso rivendica, per sé e per Barnaba, lo stesso diritto degli Apostoli gerosolimitani, in particolare di Pietro, di mettere a carico della comunità cristiana anche la moglie cristiana, (9, 5)37. Precisa però, più avanti, di aver rinunciato ad avvalersene. Si può dedurre da questo che abbia abbandonato la moglie per dedicarsi con libertà all’evangelizzazione? È possibile e alcuni studiosi lo hanno ipotizzato. Per la verità, in mancanza di inequivocabili testimonianze dirette, non è mancato chi ha creduto di poter far leva sulla prassi del mondo giudaico favorevole al matrimonio e contraria al celibato, per affermare che Paolo doveva aver contratto matrimonio. In concreto, si adduce a conferma il detto rabbinico, attribuito a Rabbi Eliezer (90 d. C. circa): “Chi non si cura della procreazione è come uno che sparge sangue” (Jebamot 63b). E se al tempo della 1Cor egli dice di essere libero, deducono il suo stato di vedovanza. Si sposavano tutti, era costume; perché non avrebbe potuto e dovuto farlo Paolo? Non tutti infatti. Ma l’esempio degli Esseni che, secondo le testimonianze di Giuseppe Flavio e di Plinio il Giovane, vivevano celibi rimette in discussione il presupposto dell’ipotesi suddetta e indica un contesto in cui il celibato di Paolo diventa possibile. In conclusione, non si può uscire dal campo dell’opinabile. 3 sono le ipotesi che si contendono il favore dei consensi: 1. Paolo fu celibe 2. rimase vedvo 3. abbandonò la moglie (o fu abbandonato dalla moglie) per seguire la vocazione missionaria “Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?” 37 34 L’unica certezza è che nella prima metà degli anni 50 non era legato ad alcuna donna; e ciò non poco contribuisce a spiegare la sua presa di posizione nei confronti del matrimonio, del celibato e del sesso esposta nel c. 7 della 1Cor. LE LETTERE ALLE COMUNITÀ Ci si meraviglia come Paolo, uomo di azione e viaggiatore instancabile, abbia potuto trovare il tempo per scrivere. Certo per lui le lettere non sono un passatempo né un diletto letterario, né il suo intento era fissare per il futuro il proprio pensiero. Il suo scrivere è un altro modo di essere “annunciatore del vangelo”38, la sua preoccupazione non era lasciare memoria di sé, anche se va detto che la sua viva presenza attraverso i secoli è soprattutto merito delle sue lettere. E va subito detto che Paolo non ha mai scritto una lettera senza conoscere la comunità (direttamente o indirettamente) o il personaggio, cui è indirizzata. E sempre in essa egli fa riferimento alla situazione concreta e spesso contingente, che appunto interessa il suo destinatario; ciò vale persino per la lettera ai Romani, inviata ad una Chiesa da lui non fondata. L’epistolografia, e qui lo si dice per completezza del discorso, è un genere letterario antico; scrivere lettere era abbastanza usuale nell’antichità. Dall’antichità greco-romana ci sono giunte circa 14 mila lettera: Dal mondo greco: Isocrate, Platone, Demostene, Aristotele, Epicuro Dal mondo latino: 1. 774 lettere di Cicerone (68 – 63 a. C.) Ad Familiares Ad Atticum Ad Quintinum Fratrem 38 “Guai a me sono annuncio il Vangelo”. Se lo si può fare scrivendo, perché non farlo? 35 Ad M. Brutum 2. Epistole di Orazio (dal 23 a. C. in poi) 3. 125 “Epistolae morales” di Seneca all’amico Lucilio (61 – 65 a. C.) 4. Epistolario di Plinio il Giovane Dal mondo egiziano: numerose lettere venute alla luce dalla sabbia d’Egitto nel secolo scorso (eccezione dei papiri di Ossirinco)39 Dall’antico medio-oriente: 1. 350 lettere di Tele – el Amarna 2. lettere aramaiche di Elefantino 3. lettere sparse nei libri canonici e apocrifi di Israele 4. lettere in aramaico ed ebraico al tempo dell’insurrezione di Bar Kisiba (130 – 135 d. C.) In questo abbondante materiale va fatta una distinzione tra: 1. LETTERA: Diceva l’epistolografo Demetrio: “è l’altra metà di una conversazione”. È qualcosa di privato, non letterario, intima e personale, valida solo per il destinatario, ma non per il grande pubblico, comprensibile solo da chi l’ha scritta e da chi deve aprirla, ma per gli altri è un mistero: un fresco scorcio sulla vita vissuta. 2. EPISTOLA: ha le caratteristiche di una composizione letteraria, che dalla corrispondenza reale ha solo la cornice; vicina al trattato, è scritta per un vasto pubblico di lettori; la si può comprendere senza conoscere l’autore o i destinatari: di differenzia dalla lettera come l’arte dalla natura. Lettere o epistole quelle di Paolo? Lettere certamente, però al loro interno c’è una notevole varietà di gradazione. L’autore è sempre un apostolo quindi affronta temi fondamentali del suo vangelo che vanno al di là del semplice destinatario. Questi testi sono sopravvissuti all’usura del tempo grazie a circostanze del tutto particolari, massimamente al clima secco dell’Egitto, paese dove ne è stata ritrovata la quasi totalità, soprattutto al Nord: celebri i ritrovamenti di Ossirinco e della regione del Fayum. 39 36 Si tratta in definitiva di un genere misto. Tuttavia questi scritti sono più affini alla lettera che all’epistola; e questo a motivo sia della loro occasione che della loro lingua e del loro stile tipico. Comunque, al di là delle lettere di Paolo che ci interessano particolarmente in questo contesto, col vasto mondo cultuale di cui si è parlato ha evidenti analogie strutturali e linguistiche l’epistolografia delle origini cristiane (50 – 150 d. C.), non senza però caratteristiche proprie. La lingua è il greco parlato e popolare (Κοινέ) in uso in tutto l’impero romano, con particolarità derivanti dalla bibbia greca dei LXX nata in Egitto nei secoli III-II a. C. e dal linguaggio delle sinagoghe della diaspora giudaica. Accanto ad epistole di carattere dottrinale, che sotto forma epistolare, si presentano in realtà come trattati, (es. Efesini, Giacomo, Giuda) si possono enumerare vere e proprie lettere, tra cui eccellono quelle di Paolo e di Ignazio di Antiochia. In ogni modo non si tratta mai di scritti privati, perché sempre incentrate nel messaggio cristiano e nella viva esperienza di fede dei credenti. La struttura di base ricalca quella dell’epistolografia del tempo: Prescritto (indica norme del mittente e del destinatario ed esprime “testi benedicenti” Corpo epistolare Post scritto L’epistolario paolino L’epistolario paolino contiene 14 lettere40. Di alcune di esse la critica, soprattutto quella acattolica, contestata l’autenticità e l’origine paolina, senza tuttavia portare argomenti perentori e risolutivi. Oggi la situazione si pone in questi termini: - sono attribuite unanimente a Paolo: 1 e 2 Corinzi Romani, Galati 40 Non tutte facilmente attribuite a Paolo soprattutto dei non cattolici. 37 Filippesi, 1 Tessalonicesi Filemone - vi sono obiezioni per: 2 Tessalonicesi Colossesi Efesini 1 2 Timoteo Tito Ma è difficile, se non impossibile, separare questi scritti dalla persona di Paolo: tutti riconoscono che in qualche modo provengono da lui. Non conoscendo con precisione le circostanze nelle quali si decideva e si effettuava l’invio di una lettera ad una comunità, di quali collaboratori e amanuensi l’Apostolo si servisse, non è possibile dire di più. Diverso è il caso della lettera agli Ebrei, della quale già si discuteva nel secolo II d. C.: oggi i pareri si dividono nell’attribuirla a Barnaba, o ad Apollo, ma nessuno osa recidere il filo che la connette con Paolo, il quale ispirò senza dubbio l’autore e gli comunicò il suo pensiero sull’argomento trattato. Si può dire in altro modo: delle 14 lettere di Paolo: 1. 7 autentiche: 1 – 2 Corinzi, Romani, Galati, Filippesi, 1 Tessalonicesi, Filemone (nel prescritto c’è il suo nome) 2. 6 pseudoepigrafe di cui 3 (di anonimo che si è nascosto sotto il nome di Paolo): 1 – 2 Timoteo, Tito; le altre 3 troppo diverse nello stile e nel contenuto delle 7 autentiche: Colossesi, Efesini, 2 Tessalonicesi. Il caso della pseudoepigrafia non è eccezionale nell’antichità e ciò anche nel mondo biblico: Salmi → a Davide Sapienziali → a Salomone Pentateuco → a Mosè Deutero-Isaia (40-55) → a Isaia Trito Isaia (56-66) → a Isaia 38 Si può parlare di pseudoepigrafia anche nel Nuovo testamento? Non è da escludere: i 4 Vangeli, Atti degli Apostoli, 1 Giovanni, Ebrei, originariamente sono scritti da anonimi, ma in seguito sono attribuiti ad apostoli o loro discepoli. Le lettere di Paolo, scritte tra il 51 e il 67 d. C., sono tra i più antichi testi del cristianesimo e ne attestano l’esplosione e il dinamismo a poco più di 20 anni dalla morte del Fondatore. Di qui la loro importanza storica eccezionale. Si indicherà volta per volta l’anno presunto di redazione. Il cuore del messaggio di Paolo Paolo è uno zelante ebreo. Per gli Ebrei centrale e fondamentale era la TORAH. “6Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; 7li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. 8Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi 9e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.” (Dt 6, 6-9). Ebbene tutto l’ardore e il puntiglio con cui Paolo si rapportava alla Torah e alle sue prescrizioni prima della conversione, dopo vengono rivolti alla persona di Cristo, il quale gli starà sempre davanti agli occhi e nel cuore. “Gesù Cristo nostro Signore” è dunque il termine al quale Paolo si rapporta, il fondamento su cui poggia, la linfa che lo fa vivere, il modello sul quale si conforma, il fine che si propone. In questa Persona egli prende rifugio e speranza, da lei attinge la forza e la ragione di vivere. Entrando in contatto con Gesù, l’Apostolo ne resta assimilato, ne riceve la mente e il cuore, ne condivide la Passione e ne sperimenta la forza della resurrezione. Il contatto con la persona di Gesù introduce Paolo nell’intimo del mistero di Dio, gli svela un nuovo tratto del volto di Dio, quello del Padre, cosicché ora può invocarlo con la stessa espressione filiale di Gesù: “Abbà, Padre” (Rom 8, 15). Grazie alla scoperta di Cristo Paolo scopre l’uomo “fratello per il quale Cristo è morto” (1Cor 8, 11). 39 Questo significa che il prossimo va amato; l’amore è l’espressione nella quale si adempie e culmina ogni precetto della Legge (cf Rom 12, 9-10). La persona e l’opera di Cristo lo hanno aperto sul mondo delle persone, ispirandogli un nuovo modo di rapportarsi vitalmente con gli uomini in una maniera “accetta a Dio” e liberamente. 1-2 Tessalonicesi 1-2 Corinzi Ebrei 1-2 Timoteo Galati Lettere Romani Tito Filippesi Efesini Colossesi Filemone 40 LE LETTERE AI TESSALONICESI Paolo scrive le lettere ai cristiani di Tessalonica41 quando sono già passati 15 anni dall’inizio della sua attività missionaria e altrettanti ne passeranno prima “che egli levi l’ancora” (2Tim 4, 6). La sua esperienza è ormai lunga e vasta e davanti alla chiesa egli ormai rappresenta l’universalità della salvezza (Atti 9, 15; 13, 2ss; 15; Gal 2, 7.9). L’arrivo a Tessalonica rappresenta la tappa più importante della missione di Paolo in Grecia. La città aveva un origine recente (315 a. C.). Era stata fondata, secondo le testimonianze di Strabone42 da Cassandro, generale di Alessandro Magno, che le aveva dato il nome della moglie Tessalonike, figlia di Filippo II, nata il giorno della vittoria dei Macedoni sui Tessali. Sotto i Romani, che la conquistarono nel 168 a. C. e la elevarono, nel 146 a. C., a capitale della Macedonia, raggiunse il suo splendore. Dopo la battaglia di Filippi (42 a. C.) divenne città libera con una propria assemblea (ekklesìa) popolare, un corpo senatoriale (boulé), magistrati eletti annualmente dal popolo (politarchi) (cf Atti 17, 6-9). A motivo della sua posizione strategica e del suo porto, era un punto di raccordo tra occidente e mondo egeo. Era luogo di transito e centro di scambi, rigurgitante di merci e di uomini, di qualsiasi provenienza e condizione. Agli indigeni si erano affiancati numerosi gruppi giunti dalle altri parti del mondo. Numerosa e influente era la colonia ebraica che aveva piena libertà religiosa. Era una città composita: 41 Entrambe le lettere, scritte a Corinto, vennero indirizzate ai neoconvertiti alla fede di Cristo che risiedevano nell'antica città macedone di Tessalonica, l'attuale Salonicco. 42 Strabone (Amaseia Pontica 63 a.C. ca. - 24 d.C.) geografo e storico greco. Risalì il Nilo nel corso di una spedizione guidata da Elio Gallo, prefetto romano dell'Egitto; visse poi molti anni a Roma. La sua Geografia, in diciassette libri, che descrive in modo dettagliato il mondo allora conosciuto, ci è pervenuta quasi completa; quest'opera è una miniera di notizie, un prezioso trattato di geografia storica e di teoria della geografia. 41 Forti divari politici e sociali Armatori e commercianti con tutti i diritti civili Poveri, umili e schiavi, liberti sprovvisti di qualsiasi riconoscimento civico e della stessa facoltà di possedere Retori, matematici, astrologi, medici itineranti, sacerdoti e propagandisti di nuovo dottrine religiose Molteplicità di culti religiosi che si esternavano in cerimonie e riti pubblici che tuttavia non avevano ripercussioni nella vita, anzi favorivano la licenziosità Predominavano i vizi caratteristici delle città pagane, disonestà e lussuria Come ogni città portuale, non mancavano fannulloni, oziosi abituati a vivere di espedienti, senza nessuna seria occupazione. La comunità cristiana. Come e quando Paolo giunge in Macedonia? Notizie si hanno da Atti 16,9; 17, 1-9; 1 Tess 1,4 - 3,13. In Macedonia Paolo va nel corso del suo 2° viaggio missionario (autunno 49 – primavera 52); Paolo era arrivato prima a Filippi dove era nata una fiorente comunità cristiana (Atti 16, 1140), ma, costretto a fuggire quasi improvvisamente, va a Tessalonica in compagnia di Sila e Timoteo, dopo aver lasciato a Filippi solo Luca (cf Atti 17, 1). È verosimile pensare che gli “apostoli” (1Tess 2, 7)43 si siano trattenuti a Tessalonica alcuni mesi, da 3 a 8. A seguito della predicazione di Paolo i risultati sono buoni, “alcuni giudei” e “un gran numero di Greci timorati di Dio e non poche donne dell’aristocrazia” “si unirono a Paolo e Sila” (Atti 17, 4). 43 Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature. 42 Ma, come al solito, l’ostilità giudaica interrompe la predicazione sinagogale. Non è escluso che Paolo abbia utilizzato “l’agorà”, tuttavia Atti 17, 544 menzionano la “casa di Giasone” come nuova sede missionaria. Qui, nelle ore libere dal lavoro, primo pomeriggio e tarda sera, Paolo tiene le adunanze, celebra la liturgia, esorta, ammonisce i neofiti sulla nuova via. In questi raduni l’apostolo si trova in mezzo ai convertiti come un padre o una madre piena di tenerezza e di ansietà (1Tess 2, 7-12). Paolo comunque approfitta di ogni incontro, di ogni occasione, per portare gli uomini alla conoscenza del vangelo. I componenti la nuova comunità provengono in maggior parte dal mondo pagano e in massima parte appartengono al mondo operaio (cf 1Tess 4, 11-12; 2Tess 3, 610); ci sono però anche provenienti dal mondo più umile: liberti e schiavi. Le lettere sembrano registrare la presenza di qualche sfaccendato, che metterà a prova la pazienza dell’apostolo (1Tess 4, 11-12; 2Tess 3, 6-15). Non mancavano però personalità influenti (Atti 17,7). Paolo nelle lettere si mostra contento per la comunità di cui loda la fede operosa, la carità e la speranza che anima e sostiene la loro nuova vita. Come accaduto in altri posti l’attività di Paolo a Tessalonica si chiude tragicamente. In 1Tess 2,17-3,5 parla di persecuzioni che lo hanno costretto a fuggire e che lo tengono lontano dalla Comunità. Da Atti 17,13 sappiamo che sono i Giudei, numerosi e influenti a istigare le folle contro Paolo e i neo convertiti Quando però la massa della gente giunge alla casa di Giosué, questi, cioè Paolo, Silvano e Timoteo, erano già fuggiti. Paolo ripara ad Atene (Atti 17, 14-15) e poi a Corinto. Gli altri 2 rimangono in Berea. Le due lettere nascono in questo periodo, quindi fra il 51 – 53. Perché Paolo scrive queste 2 lettere? È un bisogno dell’anima dell’Apostolo. Il bisogno di felicitarsi perché la Comunità era riuscita vittoriosa dai pericoli che l’avevano minacciata. 44 Ma i Giudei, ingelositi, trassero dalla loro parte alcuni pessimi individui di piazza e, radunata gente, mettevano in subbuglio la città. Presentatisi alla casa di Giasone, cercavano Paolo e Sila per condurli davanti al popolo. 43 La Comunità certo andava bene, ma non tutto era tranquillo perché i Giudei turbavano la sua quiete ed erano sempre decisi a distruggere l’opera di Paolo, denigrando il suo insegnamento e accusando la sua persona di orgoglio e più ancora di debolezza e di viltà. Gli si rimproverava di non aver saputo misurarsi con i suoi avversari e di aver abbandonato i suoi fedeli. Per Paolo era in palio la salvezza e la vita eterna dei Tessalonicesi anche perché il paganesimo con le sue attrattive e con i suoi vizi esercitava pressione sui neoconvertiti. Tuttavia, nonostante tutto e nonostante questi pericoli, la comunità era rimasta compatta pur con qualche ombra o lacuna (1Tess 3, 10). I Tessalonicesi non erano perfetti (3, 12), qualcuno indulgeva alla fornicazione (4, 3-5), all’adulterio (4,6-8). Altri vivevano indisciplinatamente, cioè abbandonandosi alla curiosità e all’ozio (4, 11-12; 5, 14); non mancavano i bisognosi di istruzione o di sostegno (5, 14), i pusillanimi (5, 14), i vendicativi (5, 15). Tra di essi spiccavano i “contristati”, ossia gli afflitti per la morte di qualche congiunto (4, 13-18). In più c’erano i predicatori di sciagure, che annunziavano l’imminenza della parusia, generando apprensione e disagio (5, 1-11). 10noi che con viva insistenza, notte e giorno, chiediamo di poter vedere il vostro volto e completare ciò che ancora manca alla vostra fede? (1Tes 3, 10). 12Il Signore poi vi faccia crescere e abbondare nell’amore vicendevole e verso tutti, come anche noi lo siamo verso di voi,… (3,12) 3Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dalla impudicizia, 4che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto, 5non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio; (4, 3-5) 11e a farvi un punto di onore: vivere in pace, attendere alle cose vostre e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato, 12al fine di condurre una vita decorosa di fronte agli estranei e di non aver bisogno di nessuno. (4, 11-12). 14Vi esortiamo, fratelli: correggete gli indisciplinati, confortate i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti con tutti. (5,14). 15Guardatevi dal rendere male per male ad alcuno; ma cercate sempre il bene tra voi e con tutti. (5, 15). 13Non vogliamo poi lasciarvi nell’ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza. 14Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù 44 insieme con lui. 15Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti. 16Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; 17quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell’aria, e così saremo sempre con il Signore. 18Confortatevi dunque a vicenda con queste parole. (4, 13-18) 1Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva; 2infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore. 3E quando si dirà: «Pace e sicurezza», allora d’improvviso li colpirà la rovina, come le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà. 4Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi come un ladro: 5voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non siamo della notte, né delle tenebre. 6Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobrii. 7Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono ubriachi di notte. 8Noi invece, che siamo del giorno, dobbiamo essere sobrii, rivestiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della salvezza. 9Poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all’acquisto della salvezza per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, 10il quale è morto per noi, perché, sia che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. 11Perciò confortatevi a vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate. (5, 1-11). Paolo allora scrivendo ai Tessalonicesi tocca tutti questi argomenti dando delle risposte. Sono essenzialmente 4 i punti che Paolo tocca nelle 2 lettere ai Tessalonicesi: 1. la missione apostolica 2. la chiesa 3. il male 4. il problema escatologico 45 LE LETTERE AI CORINZI Paolo giunge a Corinto nell’anno 50. Questa data è uno dei capisaldi della cronologia neotestamentaria e si deduce dall’incontro che Paolo ebbe a Corinto con il proconsole dell’Acaia Gallione, fratello maggiore di Seneca (cf Atti 18, 12-17)45. A Corinto Paolo come ci testimonia Atti 18, 246 prese dimora presso Aquila “venuto da poco dall’Italia … in seguito all’ordine di Claudio che tutti i giudei partissero da Roma. La venuta di Paolo a Corinto rappresenta il culmine del 2° viaggio missionario durante il quale Paolo era stato anche ad Atene. Corinto nel momento in cui Paolo vi giunge, godeva di un periodo florido. Era città ricca grazie anche alla sua posizione strategica su 2 mari (cf. Orazio, Carm I, 7, 2). Era stata distrutta dai Romani nel 146 a. C., l’aveva ricostruita Giulio Cesare nel 44 a. C. e da lui aveva ricevuto l’appellativo di “Colonia Laus Julia Corinthiensis”. Nel 27 a. C. divenne capitale della provincia di Acaia e sede del governatore. La prosperità economica traeva alimento da 2 porti, il Lecheo sul golfo di Corinto, a 2 Km dalla città, e Cencre a 10 Km verso oriente, sul golfo saronico. Un ingegnoso sistema di trasporto permetteva il trasferimento della merce da un porto all’altro, risparmiando alle navi il pericoloso periplo del Peloponneso. La città non godeva buona fama sotto il profilo morale; gli Ateniesi soprattutto la dileggiavano per le sue licenze sessuali. “Fanciulla corinzia” e “vivere alla maniera corinzia” voleva dire essere poco di buono e comportarsi male. Tuttavia questo giudizio negativo sembra un po’ esagerato. 12Mentre era proconsole dell’Acaia Gallione, i Giudei insorsero in massa contro Paolo e lo condussero al tribunale dicendo: 13«Costui persuade la gente a rendere un culto a Dio in modo contrario alla legge». 14Paolo stava per rispondere, ma Gallione disse ai Giudei: «Se si trattasse di un delitto o di un’azione malvagia, o Giudei, io vi ascolterei, come di ragione. 15Ma se sono questioni di parole o di nomi o della vostra legge, vedetevela voi; io non voglio essere giudice di queste faccende». 16E li fece cacciare dal tribunale. 17Allora tutti afferrarono Sòstene, capo della sinagoga, e lo percossero davanti al tribunale ma Gallione non si curava affatto di tutto ciò. 46 2 Qui trovò un Giudeo chiamato Aquila, oriundo del Ponto, arrivato poco prima dall’Italia con la moglie Priscilla, in seguito all’ordine di Claudio che allontanava da Roma tutti i Giudei. 45 46 La situazione religiosa della città non era diversa da quella di tutte le città ellenistiche, dove antichi culti locali sopravvivevano accanto alle divinità greche, romane, asiatiche, egiziane. Gli schiavi attestano il culto di Iside, Serapide e della Magna Mater: quindi un misto di religioni. Dal punto di vista sociale c’era squilibrio – del resto come sempre e come dappertutto – tra i grandi possessori di ricchezze e la massa dei diseredati e di poveri, tra i quali avvennero le prime conversioni (1Cor 1, 26ss)47. Come tutte le città illustri dell’epoca, Corinto era frequentata da retori, filosofi, sofisti ambulanti. Gli Ebrei erano anche qui numerosi (cf. Atti 18, 4.14)48 un’iscrizione attesta l’esistenza di una sinagoga. A Paolo si aggiungono a Corinto Sila e Timoteo, l’attività di evangelizzazione è fervida e fruttuosa. Gli Atti 18, 9-10 riferiscono a questo punto una apparizione di Gesù a Paolo per sostenerlo e incoraggiarlo. Ma ben presto un violento attacco degli Ebrei trascinò Paolo davanti al tribunale di Gallione, da cui uscì indenne grazie alla larghezza di spirito del proconsole e ad un moto di antisemitismo popolare. “9E una notte in visione il Signore disse a Paolo: «Non aver paura, ma continua a parlare e non tacere, 10 perché io sono con te e nessuno cercherà di farti del male, perché io ho un popolo numeroso in questa città».” Nell’autunno del 52, Paolo lascia Corinto per andare verso la Siria in compagnia di Priscilla e Aquila, dopo essersi fatto radere il capo a Cencre a motivo di un voto che aveva fatto (18,18): “18Paolo si trattenne ancora parecchi giorni, poi prese congedo dai fratelli e s’imbarcò diretto in Siria, in compagnia di Priscilla e Aquila. A Cencre si era fatto tagliare i capelli a causa di un voto che aveva fatto.” 26 Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. 48 4 Ogni sabato poi discuteva nella sinagoga e cercava di persuadere Giudei e Greci. 47 47 A Corinto Paolo lascia una comunità fiorente e numerosa, costituita in massima parte di Greci o di pagani convertiti però con al suo interno un gruppo autorevole di Ebrei. Era presieduta da persone della casa di Stefana (1Cor 16, 15-16)49. Era la prima comunità chiamata a vivere in un contesto sociale greco-romano, con le difficoltà ovvie di esprimere la fede in una cultura totalmente diversa da quella ebraica dove era nata. Dopo che Paolo è partito cosa accade a Corinto e siamo negli anni 52 – 57? Vi giunge Apollo (1Cor 3,6; Atti 18, 24-28)50 e qualcuno lo preferisce a Paolo. È probabile che vi sia passato anche Pietro (cf Eusebio, Hist. Eccl. II, 25, 8) e qualche altro lo contrappone a Paolo. In definitiva: si costituiscono fazioni si riscontrano 1. licenza sessuale 2. paganesimo religioso 3. liberi costumi e partecipazione ai culti pagani 4. liti e controversie per motivi di interesse 5. donne troppo emancipate nelle assemblee 6. separatismi e profanazioni nella Cena del Signore Paolo viene a sapere inoltre che ci si ponevano interrogativi: 1. è da preferire il matrimonio alla verginità? 2. è lecito mangiare le carni immolate agli dei? 3. quali carismi preferire? 4. cosa pensare della resurrezione? (cf 1Cor 7, 1ss; 8, 1ss; 11, 1ss; 12, 1ss; 15, 1ss) 15Una raccomandazione ancora, o fratelli: conoscete la famiglia di Stefana, che è primizia dell’Acaia; hanno dedicato se stessi a servizio dei fedeli; 16siate anche voi deferenti verso di loro e verso quanti collaborano e si affaticano con loro. 50 6 Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere. 7Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa crescere. 49 48 A questi interrogativi e all’assillo dei problemi esistenziali della comunità Paolo risponde nella 1 Corinti, che si presenta come uno scritto pastorale inteso a tracciare il cammino dell’esistenza cristiana in un ambiente sociale difficile. Paolo interviene come apostolo, teologo, pastore, padre e guida spirituale della comunità alla cui costruzione ha votato se stesso. La lettera fu portata a Corinto da Stefana, Fortunato e Acaico (16, 15-18): 15Una raccomandazione ancora, o fratelli: conoscete la famiglia di Stefana, che è primizia dell’Acaia; hanno dedicato se stessi a servizio dei fedeli; 16siate anche voi deferenti verso di loro e verso quanti collaborano e si affaticano con loro. 17Io mi rallegro della visita di Stefana, di Fortunato e di Acàico, i quali hanno supplito alla vostra assenza; 18essi hanno allietato il mio spirito e allieteranno anche il vostro. Sappiate apprezzare siffatte persone. Ma la situazione non si rasserenò, tanto che Paolo pare sia venuto personalmente di nuovo da Efeso a Corinto in una visita lampo senza concludere granché, tanto che tornato ad Efeso, pare abbia scritto una lettera dura “lettera delle lacrime” di cui in 2Cor 7,12, ma che non ci è pervenuta: 12Così se anche vi ho scritto, non fu tanto a motivo dell’offensore o a motivo dell’offeso, ma perché apparisse chiara la vostra sollecitudine per noi davanti a Dio. Paolo si rasserenò con l’arrivo di Tito che finalmente gli portò buone notizie da Corinto: la comunità era tornata dalla parte di Paolo, severe misure erano state prese contro gli offensori; così in queste condizioni di spirito, Paolo scrisse quella che è la: SECONDA LETTERA AI CORINZI per preparare il suo nuovo arrivo nella città, effondere il suo affetto per la comunità ed eliminare malintesi circa la sua persona e il suo operato, ma anche per illustrare a fondo la natura del ministero apostolico nell’economia della nuova alleanza, e per smascherare definitivamente gli avversari. Paolo approfitta anche per raccomandare ai Corinzi la colletta in favore della comunità di Gerusalemme. 49 SCHEMA VISUALE DELLE DUE LETTERE AI CORINZI 1 CORINZI 2 CORINZI Occasione: andata di Timoteo Scritta al ritorno di Tito da Scopo: disordine a livello morale Corinto che porta buone notizie Data primavera 56 o 57 anche se non sono finite le pole- È composta ad 16 capitoli miche e i guai. 1, 1-9: Prologo E’ composta da 12 capitoli 1, 10-6, 20: Prima parte: Correzione di e divisa in tre parti vizi, abusi, disordini * Paolo difende se stesso 7, 1-15, 68: Seconda parte: Soluzione di * Esorta ad ultimare la colletta dubbi e questioni varie: matrimonio e * Attacca gli avversari verginità, carni agli idoli, assemblee, carismi. 16, 1-24: Epilogo: raccomandazioni, saluti auguri 50 LETTERA AI GALATI51 Non si sa con precisione a quale comunità cristiana della Galazia Paolo scrive: Antiochia? Iconio? Listra? Derbe? Nella lettera non viene detto con precisione per cui rimane molto generico il riferimento. La lettera è per i cristiani che si trovano in questa parte del mondo allora conosciuto indicata col nome GALAZIA52. Perché Paolo scrive? In questa comunità fondata da Paolo si erano infiltrati dei giudaizzanti (ebrei convertiti al cristianesimo, ma distaccati a fatica dal giudaismo e dalle tradizioni ebraiche) che insegnavano soprattutto due cose: 1. Cristo non ha abolito la legge giudaica. Quindi chi vuole essere cristiano deve sottoporsi alla pratica della legge53, per dura che sia (cf. Circoncisione …) 2. Paolo non è un vero apostolo come lo sono gli altri. Ha una missione di seconda mano: tutt’al più è un mandatario degli apostoli, che poi, all’atto pratico, si rivela un incompetente. Paolo si rende conto della gravità della situazione e corre ai ripari chiarendo la sua posizione e per farlo usa anche toni e linguaggio improntati ad una certa severità. 51 Lettera in alcuni passi difficile a comprendersi a prima vista; nella presentazione generale capire il contenuto essenziale. Comunque nei capp. 5 e 6 Paolo mette a confronto spirito e carne e delinea il dono e il suo comportamento. Galazia (turco Galaţi), antica regione dell'Asia Minore centrale, che prende nome dai galati, popolazione celtica insediatasi nel III secolo a.C. La Galazia, che si estende nel bacino degli attuali fiumi Kizil Irmak e Delice Irmak nel grande altopiano centrale della Turchia, comprende alcune zone fertili, ma il territorio è destinato perlopiù al pascolo. Ellenizzata dai greci che vi si stabilirono, fu controllata indirettamente da Roma attraverso dinasti locali a partire dal 189 a.C. e divenne provincia romana nel 25 a.C. 52 53 Gesù ha superato la LEGGE che è stata un “Pedagogo”, per preparare a Lui. 51 Epoca di composizione della lettera ai Galati Probabilmente durante il 3° viaggio missionario, verso l’anno 54. Luogo di composizione: Probabilmente Efeso. Divisione della Lettera Essa si compone di 6 capitoli: Introduzione 1, 1-5: Paolo presenta se stesso Parte prima 1,6-2,21 Esiste un solo Vangelo, quello annunciato da Paolo, appreso per rivelazione, approvato da Pietro e dagli altri, difeso sempre da Paolo Parte seconda 3,1-29 Discorso sulla fede che è la sola che giustifica Parte terza 4,1-31 Filiazione divina portata dalla fede in Cristo. Ma cosa vuol dire essere figli di Dio? Cosa comporta questo? Parte quarta 5,1-6,10 Il cristiano è colui che vive secondo lo Spirito. In concreto cosa significa questo? Epilogo 6, 11-18 Sintesi della lettera e consigli particolari. Idee teologiche fondamentali 1. Paolo ha forte la coscienza del suo ministero apostolico. È volontà di Dio se lui è apostolo. È lui rimane fedele nonostante le sofferenze e difficoltà di ogni genere che l’essere apostolo gli presenta (Gal 4, 11; 6,16). 11Temo 16E per voi che io mi sia affaticato invano a vostro riguardo. su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. [Gal 6,16] l’Israele di Dio: il popolo cristiano, erede delle promesse (cf. Gal 3,6-9, Gal 3,29, Gal 4,21-31, Rm 9,6-8), in opposizione a Israele secondo la carne (1Cor 10,18). 2. Il Vangelo è “unico” ed egli lo ha ricevuto da Gesù Cristo (Gal 1, 12). 12infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. [Gal 1,12] rivelazione di Gesù Cristo: rivelazione di cui Gesù Cristo è insieme l’autore e l’oggetto (v 16). Non che Paolo abbia necessariamente appreso tutto per rivelazione diretta, ancor meno tutto in una volta, 52 sulla via di Damasco: egli pensa qui alla dottrina della salvezza per mezzo della fede senza le opere della legge, che forma l’unico oggetto della controversia. 3. Cristo è Figlio di Dio, mandato dal padre con una missione salvifica nel mondo (Gal 5, 4-5). Cristo ama gli uomini, si addossa le loro colpe, le loro debolezze, annullando tutto con la sua morte (Gal 1, 4; 2, 20). 4Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia. 5Noi infatti per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo. 4che ha dato se stesso per i nostri peccati, per strapparci da questo mondo perverso, secondo la volontà di Dio e Padre nostro,… [Gal 1,4] mondo: il mondo presente, in opposizione al «futuro» mondo messianico. Coincide con il regno di satana (At 26,18), «dio di questo mondo» (2Cor 4,4; cf. Ef 2,2, Ef 6,12, Gv 8,12, Gv 12,31+) e con il regno del peccato e della legge (Gal 3,19). Ma il Cristo, con la sua morte e risurrezione, ci libera da tutti questi tiranni fin da quaggiù e ci fa entrare nel suo regno e in quello di Dio (Rm 14,17, Col 1,13, Ef 5,5), in attesa della piena liberazione, con la risurrezione corporale alla parusia (cf. Rm 5-8). 20Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me. [Gal 2,20] vive in me: per mezzo della fede (Rm 1,16), il Cristo diventa in qualche modo il soggetto di tutte le azioni vitali del cristiano (Rm 8,2, Rm 8,10-11+, Fil 1,21; cf. Col 3,3+). - Sebbene ancora nella carne (Rm 7,5+), la vita del cristiano è già spiritualizzata con la fede (cf. Ef 3,17); circa questa condizione paradossale, cf. Rm 8,18-27. - nella fede del Figlio di Dio: i codici B e D hanno: «la fede in Dio e nel Cristo». 4. La giustificazione è gratuita, è inefficace la legge mosaica al riguardo (Gal 2, 16). 16sapendo tuttavia che l’uomo non è giustificato dalle opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Gesù Cristo per essere giustificati dalla fede in Cristo e non dalle opere della legge; poiché dalle opere della legge non verrà mai giustificato nessuno». 5. La Chiesa è il nuovo popolo di Dio, la Gerusalemme celeste (Gal 4, 26). Tutta la vita del cristiano si svolge nell’ambito della comunità ecclesiale; nessuno può fare a meno degli altri e tutti devono aiutare gli altri, interessarsi di loro (Gal 6, 2). 2Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo. [Gal 6,2] adempirete: BJ, con i codici vaticano, di Beza e altri ha: «adempite». 6. La vita cristiana è contraddistinta dalla libertà. Il cristiano è libero da ogni costrizione imposta dall’esterno (Gal 4, 21-31; 5, 1-13). 53 21Ditemi, voi che volete essere sotto la legge: non sentite forse cosa dice la legge? 22Sta scritto infatti che Abramo ebbe due figli, uno dalla schiava e uno dalla donna libera. 23Ma quello dalla schiava è nato secondo la carne; quello dalla donna libera, in virtù della promessa. 24Ora, tali cose sono dette per allegoria: le due donne infatti rappresentano le due Alleanze; una, quella del monte Sinai, che genera nella schiavitù, rappresentata da Agar 25- il Sinai è un monte dell’Arabia -; essa corrisponde alla Gerusalemme attuale, che di fatto è schiava insieme ai suoi figli. 26Invece la Gerusalemme di lassù è libera ed è la nostra madre. 27Sta scritto infatti: Rallègrati, sterile, che non partorisci, grida nell’allegria tu che non conosci i dolori del parto, perché molti sono i figli dell’abbandonata, più di quelli della donna che ha marito . 28Ora voi, fratelli, siete figli della promessa, alla maniera di Isacco. 29E come allora colui che era nato secondo la carne perseguitava quello nato secondo lo spirito, così accade anche ora. 30Però, che cosa dice la Scrittura? Manda via la schiava e suo figlio, perché il figlio della schiava non avrà eredità col figlio della donna libera. 31Così, fratelli, noi non siamo figli di una schiava, ma di una donna libera. [Gal 4,21] Testimonianza della Scrittura (cf. Rm 3,19+); per ereditare dalla promessa non basta essere figli di Abramo (cf. Mt 3,9): bisogna ancora esserlo non come Ismaele, ma come Isacco, cioè in virtù della promessa (v 23), o di una discendenza che è più dallo spirito che dalla carne (v 29), e con ciò prefigura quella dei cristiani (v 28; cf. Rm 9,6s). Questo argomento, che è fondamentale, viene illustrato con altre corrispondenze bibliche, ma più artificiali. [Gal 4,23] secondo la carne: secondo le leggi ordinarie della natura (cf. Rm 7,5+), senza un intervento speciale di Dio per realizzare la sua promessa. [Gal 4,25] il Sinai è un monte dell’Arabia: B, A e C hanno: «Agar rappresenta il Sinai in Arabia» (o: «in lingua araba»). - Gerusalemme attuale: quella del tempo presente, asservita alla legge, in opposizione alla Gerusalemme messianica (cf. Is 2,2), feconda dopo una lunga sterilità (v 27; cf. Is 54,1-6, Ap 21,1+). [Gal 4,29] Una volta stabilito il parallelismo tra Ismaele e gli ebrei da una parte, Isacco e i cristiani dall’altra, Paolo ne trae due nuove applicazioni. Secondo certe tradizioni giudaiche, Ismaele «perseguitava» Isacco. In ogni caso, secondo la Bibbia, Sara, vedendo in Ismaele un rivale per il figlio, esige l’allontanamento di Agar (Gen 21,9). 1Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. 2Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla. 3E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge. 4Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia. 5Noi infatti per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo. 6Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità. 7Correvate così bene; chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità? 8Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama! 9Un pò di lievito fa fermentare tutta la pasta. 10Io sono fiducioso per voi nel Signore che non penserete diversamente; ma chi vi turba, subirà la sua condanna, chiunque egli sia. 11Quanto a me, fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? È dunque annullato lo scandalo della croce? 12Dovrebbero farsi mutilare coloro che vi turbano. 54 13Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri. [Gal 5,1] Se si ritornasse alla circoncisione, si rinuncerebbe alla libertà che dà la fede in Cristo (cf. Rm 6,15+). In questo la legge e la fede non sono più conciliabili (vv 2-6). - La volg. e altri collegano le parole: «Cristo ci ha liberati, perché restassimo liberi» all’ultimo v del capitolo precedente. [Gal 5,6] la fede è il principio della nuova vita (Gal 4,5, Gal 5,5), ma è legata, con l’azione dello Spirito, alla speranza (v 5) e alla carità (vv 6.13-14; cf. Rm 5,5+, 1Cor 13,13+). E l’esercizio della carità che manifesta che la fede è viva (cf. 1Gv 3,23-24). [Gal 5,7] Correvate così bene: paragone caro all’apostolo (cf. Gal 2,2, 1Cor 9,24-26, Fil 2,16, Fil 3,12-14, 2Tm 4,7, Eb 12,1). [Gal 5,10] ... Signore: BJ preferisce: «Quanto a me, ho fiducia che uniti nel Signore». [Gal 5,11] circoncisione: come forse lo pretendevano gli avversari di Paolo (cf. Gal 1,10, Gal 2,3+). [Gal 5,12] mutilare: possibile allusione alla castrazione rituale praticata nel culto di Cibele. Analogo sarcasmo in Fil 3,2. [Gal 5,13-26] La nuova vita dei credenti si compie nell’amore (Gal 5,6, Rm 13,8, 1Cor 13,1+), che è una nuova «legge» (cf. Rm 7,7+) e produce il frutto dello Spirito (v 22 cf. Rm 5,5+, Fil 1,11), non le opere della carne (v 19; Gal 6,8; cf. Rm 13,12). 55 1^ E 2^ LETTERA A TIMOTEO Prima Lettera a Timoteo Conosciamo già TIMOTEO, discepolo di Paolo, responsabile della Chiesa di Efeso. A lui Paolo indirizza una 2^ lettera come un testamento spirituale; ma anche la 1^ lettera è importante. Questa Prima Lettera databile tra il 65/66 d. C.; forse scritta dalla Macedonia per incoraggiare Timoteo nelle difficoltà che la Comunità presenta. La leggiamo perché contiene utili insegnamenti (validi ancora oggi) circa La preghiera liturgica Come si sta nelle assemblee liturgiche I ministri della Chiesa (Vescovo – diacono) Comportamento di alcune categorie di persone: 1. Vedove 2. Presbiteri 3. Schiavi Uso delle ricchezze LEGGIAMO ALCUNI PASSI 1Paolo, apostolo di Cristo Gesù, per comando di Dio nostro salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza, 2a Timòteo, mio vero figlio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro. 3Partendo per la Macedonia, ti raccomandai di rimanere in Efeso, perché tu invitassi alcuni a non insegnare dottrine diverse 4e a non badare più a favole e a genealogie interminabili, che servono più a vane discussioni che al disegno divino manifestato nella fede. 5Il fine di questo richiamo è però la carità, che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera. 6Proprio deviando da questa linea, alcuni si sono volti a fatue verbosità, 7pretendendo di essere dottori della legge mentre non capiscono né quello che dicono, né alcuna di quelle cose che dànno per sicure. 8Certo, noi sappiamo che la legge è buona, se uno ne usa legalmente; 9sono convinto che la legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini, 10i fornicatori, i pervertiti, i trafficanti di uomini, i falsi, gli spergiuri e per ogni altra cosa che è contraria alla sana dottrina, 11secondo il vangelo della gloria del beato Dio che mi è stato affidato. 12Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al mistero: 13io che per l’innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede; 14così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù. 15Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io. 16Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché 56 Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna. 17Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen. 18Questo è l’avvertimento che ti do, figlio mio Timòteo, in accordo con le profezie che sono state fatte a tuo riguardo, perché, fondato su di esse, tu combatta la buona battaglia 19con fede e buona coscienza, poiché alcuni che l’hanno ripudiata hanno fatto naufragio nella fede; 20tra essi Imenèo e Alessandro, che ho consegnato a satana perché imparino a non più bestemmiare. Capitolo 2 1Ti raccomando dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, 2per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità. 3Questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro salvatore, 4il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. 5Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, 6che ha dato se stesso in riscatto per tutti. Questa testimonianza egli l’ha data nei tempi stabiliti, 7e di essa io sono stato fatto banditore e apostolo - dico la verità, non mentisco -, maestro dei pagani nella fede e nella verità. 8Voglio dunque che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure senza ira e senza contese. 9Alla stessa maniera facciano le donne, con abiti decenti, adornandosi di pudore e riservatezza, non di trecce e ornamenti d’oro, di perle o di vesti sontuose, 10ma di opere buone, come conviene a donne che fanno professione di pietà. 11La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. 12Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. 13Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; 14e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Capitolo 3 1È degno di fede quanto vi dico: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. 2Ma bisogna che il vescovo sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, 3non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. 4Sappia dirigere bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi con ogni dignità, 5perché se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? 6Inoltre non sia un neofita, perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo. 7È necessario che egli goda buona reputazione presso quelli di fuori, per non cadere in discredito e in qualche laccio del diavolo. 8Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, 9e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. 10Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. 11Allo stesso modo le donne siano dignitose, non pettegole, sobrie, fedeli in tutto. 12I diaconi non siano sposati che una sola volta, sappiano dirigere bene i propri figli e le proprie famiglie. Capitolo 5 1Non essere aspro nel riprendere un anziano, ma esortalo come fosse tuo padre; i più giovani come fratelli; 2le donne anziane come madri e le più giovani come sorelle, in tutta purezza. 3Onora le vedove, quelle che sono veramente vedove; 4ma se una vedova ha figli o nipoti, questi imparino prima a praticare la pietà verso quelli della propria famiglia e a rendere il contraccambio ai loro genitori, poiché è gradito a Dio. 5Quella poi veramente vedova e che sia rimasta sola, ha riposto la speranza in Dio e si consacra all’orazione e alla preghiera giorno e notte; 6al contrario quella che si dá ai 57 piaceri, anche se vive, è già morta. 7Proprio questo raccomanda, perché siano irreprensibili. 8Se poi qualcuno non si prende cura dei suoi cari, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore di un infedele. 9Una vedova sia iscritta nel catalogo delle vedove quando abbia non meno di sessant’anni, sia andata sposa una sola volta, 10abbia la testimonianza di opere buone: abbia cioè allevato figli, praticato l’ospitalità, lavato i piedi ai santi, sia venuta in soccorso agli afflitti, abbia esercitato ogni opera di bene. 11Le vedove più giovani non accettarle perché, non appena vengono prese da desideri indegni di Cristo, vogliono sposarsi di nuovo 12e si attirano così un giudizio di condanna per aver trascurato la loro prima fede. 13Inoltre, trovandosi senza far niente, imparano a girare qua e là per le case e sono non soltanto oziose, ma pettegole e curiose, parlando di ciò che non conviene. 14Desidero quindi che le più giovani si risposino, abbiano figli, governino la loro casa, per non dare all’avversario nessun motivo di biasimo. 15Già alcune purtroppo si sono sviate dietro a satana. 16Se qualche donna credente ha con sé delle vedove, provveda lei a loro e non ricada il peso sulla Chiesa, perché questa possa così venire incontro a quelle che sono veramente vedove. 17I presbiteri che esercitano bene la presidenza siano trattati con doppio onore, soprattutto quelli che si affaticano nella predicazione e nell’insegnamento. 18Dice infatti la Scrittura: Non metterai la museruola al bue che trebbia e: Il lavoratore ha diritto al suo salario. 19Non accettare accuse contro un presbitero senza la deposizione di due o tre testimoni. 20Quelli poi che risultino colpevoli riprendili alla presenza di tutti, perché anche gli altri ne abbiano timore. 21Ti scongiuro davanti a Dio, a Cristo Gesù e agli angeli eletti, di osservare queste norme con imparzialità e di non far mai nulla per favoritismo. 22Non aver fretta di imporre le mani ad alcuno, per non farti complice dei peccati altrui. Conservati puro! 23Smetti di bere soltanto acqua, ma fà uso di un pò di vino a causa dello stomaco e delle tue frequenti indisposizioni. 24Di alcuni uomini i peccati si manifestano prima del giudizio e di altri dopo; 25così anche le opere buone vengono alla luce e quelle stesse che non sono tali non possono rimanere nascoste. Capitolo 6 1Quelli che si trovano sotto il giogo della schiavitù, trattino con ogni rispetto i loro padroni, perché non vengano bestemmiati il nome di Dio e la dottrina. 2Quelli poi che hanno padroni credenti, non manchino loro di riguardo perché sono fratelli, ma li servano ancora meglio, proprio perché sono credenti e amati coloro che ricevono i loro servizi. Questo devi insegnare e raccomandare. 3Se qualcuno insegna diversamente e non segue le sane parole del Signore nostro Gesù Cristo e la dottrina secondo la pietà, 4costui è accecato dall’orgoglio, non comprende nulla ed è preso dalla febbre di cavilli e di questioni oziose. Da ciò nascono le invidie, i litigi, le maldicenze, i sospetti cattivi, 5i conflitti di uomini corrotti nella mente e privi della verità, che considerano la pietà come fonte di guadagno. 6Certo, la pietà è un grande guadagno, congiunta però a moderazione! 7Infatti non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via. 8Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo. 9Al contrario coloro che vogliono arricchire, cadono nella tentazione, nel laccio e in molte bramosie insensate e funeste, che fanno affogare gli uomini in rovina e perdizione. 10L’attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori. 11Ma tu, uomo di Dio, fuggi queste cose; tendi alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. 12Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni. 13Al cospetto di Dio che dá vita a tutte le cose e di Gesù Cristo che ha dato la sua bella testimonianza davanti a Ponzio Pilato, 14ti scongiuro di conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, 15che al tempo stabilito sarà a noi rivelata dal beato e unico sovrano, il re dei regnanti e signore dei signori, 16il solo che possiede l’immortalità, 58 che abita una luce inaccessibile; che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere. A lui onore e potenza per sempre. Amen. 17Ai ricchi in questo mondo raccomanda di non essere orgogliosi, di non riporre la speranza sull’incertezza delle ricchezze, ma in Dio, che tutto ci dá con abbondanza perché ne possiamo godere; 18di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere pronti a dare, di essere generosi, 19mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera. 20O Timòteo, custodisci il deposito; evita le chiacchiere profane e le obiezioni della cosiddetta scienza. Seconda Lettera a Timoteo È lettera pastorale. Probabilmente l’ultima lettera di Paolo prima di morire. Sembra un testamento spirituale. Scrive da Roma, già prigioniero e in carcere. È venuto Timoteo? Forse no! Sarebbe morte ad Efeso nel 97 d. C. , 30 anni dopo Paolo. L’11 maggio 1945 le reliquie di Timoteo furono scoperte a Termoli. STRUTTURA DELLA LETTERA Indirizzo (1, 1-5) Prima Parte (1, 6-2, 13): esortazione a Timoteo a soffrire per il Vangelo Seconda Parte (2, 14-4, 5): stare in guardia contro i falsi dottori Conclusione (4, 5-22): ultimi avvisi 59 LETTERA AI FILPPESI I Filippesi a cui Paolo indirizza questa lettera sono gli abitanti di Filippi. Filippi: Città di Macedonia Deriva il nome da Filippo II, padre di Alessandro Magno che la conquista non 363 a. C. Passa sotto il dominio di Roma nel 168 a. C. Dal 42 a. C. vi affluirono numerosi veterani romani in veste di coloni La popolazione era formata quindi da indigeni e veterani romani. Mancando una sinagoga (cf Atti 16, 13)54 gli ebrei dovevano essere pochi. Paolo vi giunge durante il suo 2° viaggio missionario verso il 50-51 (Atti 16, 12-40); era la prima volta che metteva piede nel territorio europeo e vi fonda la prima comunità cristiana europea. 12di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni; 13il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite. 14C’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. 15Dopo esser stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: «Se avete giudicato ch’io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa». E ci costrinse ad accettare. 16Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una giovane schiava, che aveva uno spirito di divinazione e procurava molto guadagno ai suoi padroni facendo l’indovina. 17Essa seguiva Paolo e noi gridando: «Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza». 18Questo fece per molti giorni finché Paolo, mal sopportando la cosa, si volse e disse allo spirito: «In nome di Gesù Cristo ti ordino di partire da lei». E lo spirito partì all’istante. 19Ma vedendo i padroni che era partita anche la speranza del loro guadagno, presero Paolo e Sila e li trascinarono nella piazza principale davanti ai capi della città; 20presentandoli ai magistrati dissero: «Questi uomini gettano il disordine nella nostra città; sono Giudei 21e predicano usanze che a noi Romani non è lecito accogliere né praticare». 22La folla allora insorse contro di loro, mentre i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli 23e dopo averli caricati di colpi, li gettarono in prigione e ordinarono al carceriere di far buona guardia. 24Egli, ricevuto quest’ordine, li gettò nella cella più interna della prigione e strinse i loro piedi nei ceppi. 25Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli. 26D’improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti. 27Il carceriere si svegliò e vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti. 28Ma Paolo gli gridò forte: «Non farti del male, siamo tutti qui». 29Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila; 30poi li condusse “ il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite.” 54 60 fuori e disse: «Signori, cosa devo fare per esser salvato31Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia». 32E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. 33Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lavò le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi; 34poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio. 35Fattosi giorno, i magistrati inviarono le guardie a dire: «Libera quegli uomini!». 36Il carceriere annunziò a Paolo questo messaggio: «I magistrati hanno ordinato di lasciarvi andare! Potete dunque uscire e andarvene in pace». 37Ma Paolo disse alle guardie: «Ci hanno percosso in pubblico e senza processo, sebbene siamo cittadini romani, e ci hanno gettati in prigione; e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano di persona a condurci fuori!». 38E le guardie riferirono ai magistrati queste parole. All’udire che erano cittadini romani, si spaventarono39vennero e si scusarono con loro; poi li fecero uscire e li pregarono di partire dalla città. 40Usciti dalla prigione, si recarono a casa di Lidia dove, incontrati i fratelli, li esortarono e poi partirono. Vi passò altre 2 volte: andando da Efeso a Corinto nell’autunno del 57 (Atti 20, 12) e nella Pasqua del 58 (Atti 20, 3-6) ritornando da Efeso. 1Appena cessato il tumulto, Paolo mandò a chiamare i discepoli e, dopo averli incoraggiati, li salutò e si mise in viaggio per la Macedonia. 2Dopo aver attraversato quelle regioni, esortando con molti discorsi i fedeli, arrivò in Grecia. 3Trascorsi tre mesi, poiché ci fu un complotto dei Giudei contro di lui, mentre si apprestava a salpare per la Siria, decise di far ritorno attraverso la Macedonia. 4Lo accompagnarono Sòpatro di Berèa, figlio di Pirro, Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio di Derbe e Timòteo, e gli asiatici Tìchico e Tròfimo. 5Questi però, partiti prima di noi ci attendevano a Troade; 6noi invece salpammo da Filippi dopo i giorni degli Azzimi e li raggiungemmo in capo a cinque giorni a Troade dove ci trattenemmo una settimana. Doveva trattarsi di una comunità consistente se poté più volte soccorrere Paolo e la sua attività (Fil 4, 16; 2Cor 11, 9). 16ed anche a Tessalonica mi avete inviato per due volte il necessario. 9E trovandomi presso di voi e pur essendo nel bisogno, non sono stato d’aggravio a nessuno, perché alle mie necessità hanno provveduto i fratelli giunti dalla Macedonia. In ogni circostanza ho fatto il possibile per non esservi di aggravio e così farò in avvenire. Perché Paolo scrive? Non per chiarire problemi o rispondere a quesiti posti dalla Comunità anche se sono presenti: 1. elementi di cristologia (2, 6-11) 6il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; 7ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, 8umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. 61 9Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; 10perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; 11e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre. 2. torna il problema della giustificazione mediante la fede (3,9) 9e di essere trovato in lui, non con una mia giustizia derivante dalla legge, ma con quella che deriva dalla fede in Cristo, cioè con la giustizia che deriva da Dio, basata sulla fede. Da’ invece sue notizie. Informa gli amici di Filippi sulla piega che stanno prendendo gli avvenimenti che lo riguardano. Parla di difficoltà, ma non si capisce bene di che genere sono queste difficoltà. La lettera è scritta e spedita dal carcere. Durante la prigionia di Roma (61-63 d. C.) perché si parla di “casa di Cesare” (4,22)55 e “pretorio” (1,13)56? Molto più probabile è che Paolo l’abbia scritta ad Efeso tra il 53-54 comunque non oltre il 57. E stata scritta tutta in una volta? Parrebbe di no perché il discorso si interrompe. Quindi potrebbe essere che Paolo ha scritto “biglietti” a più riprese ai Filippesi poi messi insieme, perché non andassero perduti, da un redattore. Struttura della lettera Indirizzo (1, 1-2) Esordio (1, 3-11) Situazione personale (1, 19-26) Esortazioni (1, 27-30; 2, 5-11; 2, 12-18) Programmi (2, 19-24; 2, 25-30) La via della salvezza (3, 1-3; 3, 4-6; 3, 7-11; 3, 18-19; 3, 20-41) Altri consigli (4, 2-3; 4, 4-9) Ringraziamenti e saluti (4,10-20; 4, 21-23). 22Vi salutano i fratelli che sono con me. Vi salutano tutti i santi, soprattutto quelli della casa di Cesare. 56 13 al punto che in tutto il pretorio e dovunque si sa che sono in catene per Cristo. 55 62 LETTERA A FILEMONE Filemone è di Colosse. Cristiano influente della Comunità nella cui casa si riunivano i cristiani. La lettera scritta da Roma, mentre Paolo è prigioniero, è indirizzata a Filemone, Appia (sua moglie) e Archippo (loro figlio). Personaggio chiave è ONESIMO, schiavo di Filemone fuggito dal padrone con una discreta somma di denaro (1, 18-19)57. Giunge a Roma e probabilmente cerca Paolo quando è finita l’ebbrezza della libertà. Paolo conosce quali gravissime pene sono comminate dalla legge romana allo schiavo che fugge e ruba, nonostante questo però lo rimanda a Filemone perché Onesimo: è figlio al pari di Filemone (1,10)58 e carissimo fratello (1,16)59. Epoca di composizione: 61 – 63 d. C. Tema di fondo: lo schiavo è da considerare un uomo e non una cosa. Si può parlare di primo passo verso la creazione della carta dei diritti dell’uomo. Figura 1: SANTI FILEMONE E APPIA MARTIRI 18E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. 10ti prego dunque per il mio figlio, che ho generato in catene. 59 16 non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello carissimo in primo luogo a me, ma quanto più a te, sia come uomo, sia come fratello nel Signore. 57 58 63 LETTERA AGLI EFESINI Sembrerebbe certo, dall’indicazione dei destinatari, che Paolo scrive questa lettera alla Comunità di Efeso, ma in realtà non è proprio così. Perché?: la lettera ha un carattere impersonale si nota un distacco tra autore e destinatari non si menziona Timoteo persona molto conosciuta ad Efeso si congratula Paolo per i progressi fatti dalla comunità, ma non per diretta conoscenza quanto perché gli è stato riferito. (Ef 1, 15)60. Allora, ci si domanda, a chi è diretta la lettera e perché poi la denominazione “agli Efesini”? Si tratta forse di una “lettera circolare” di un documento dottrinale per un gruppo ristretto di comunità che potrebbero essere quelle della valle del Lico: Gerapoli, Laodicea e Colosse. “Agli Efesini” si giustifica col fatto che ad Efeso è finito lo scritto, qui è stato conservato e ritrovato quando verso l’anno 125 iniziò la formazione del “Corpus Paulinum”. Si hanno dei dubbi anche sul fatto se sia Paolo l’autore. Per una serie di motivi si è portati a pensare ad un discepolo-segretario, il quale attraverso il costante contatto con l’Apostolo ne ha approfondito la catechesi e quindi è stato in grado di esporla egregiamente.61 La lettera dovrebbe essere stata scritta a Roma verso la fine della prima prigionia nell’anno 62-63. Temi fondamentali della lettera sono: 1. Cristo e la sua supremazia cosmica 2. Salvezza che si ottiene mediante l’unione al Corpo di Cristo 3. Chiesa che è: Perciò anch’io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi. 61 Attribuita a Paolo come in altri casi nella Bibbia. 60 64 Corpo Tempio Sposa Struttura della lettera 1, 1-2: Indirizzo: ci sono indicazioni circa il mittente, ma manca il destinatario 1,3-3,21: Prima parte: il Piano salvifico di Dio 1, 15-23: Esordio 2,1 – 10: Conversione dei gentili 2,11-22: Unità nel Cristo 3, 1-13: Paolo missionario del mistero di Dio 3,14-19: Preghiera 3,20-21: Dossologia 4,1-6,20: Seconda Parte: conseguenze morali dell’essere in Cristo 4,1-16: Unità della fede 4,20-24: Vita nuova in Cristo 4,25-5,20: Regole per la vita nuova 5,21-6,9: Consigli per la vita di famiglia 6,10-20: Il combattimento spirituale 6,21-24: Epilogo 6,23-24: Saluti finali Inizierei la lettura dal 4° capitolo dove Paolo affronta questioni pratiche; i primi tre capitoli sono più dottrinali vi si dice infatti: 1. Dio ci ha salvati per mezzo di Cristo 2. Ci ha salvati tutti: Ebrei e Gentili 3. In Cristo siamo stati fatti uomini nuovi, precisando come si esprime tale novità di vita. 65