Minsk, Belarus, 2-6 June 2014 RELIGION AND CULTURAL

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RELIGION AND CULTURAL DIVERSITY:
CHALLENGES FOR THE CHRISTIAN CHURCHES IN EUROPE
MINSK, BELARUS, 2-6 JUNE 2014
Religion and cultural pluralism:
Challenges for the Christian Churches in Europe today
Péter Card. ErdŐ
Arcivescovo di Esztergom-Budapest, Presidente del CCEE
Co-Presidente cattolico del Forum
Come sappiamo, il Forum Cattolico-Ortodosso europeo riunisce Vescovi ed altre delegati
cattolici e ortodossi delle Chiese del nostro continente con lo scopo di rispondere meglio
alle molteplici sfide che i cristiani in Europa sono chiamati ad affrontare. Essere cristiani
in Europa oggi non è sempre facile. Se per chi ha trovato Gesù Cristo la fede è
un’evidenza e una sorgente di gioia e di amore che riempie la vita, ciò non vuol dire
automaticamente che la sua vita sia “facile”. Il Signore che ci dona la vita in abbondanza
ci ha chiesto di abbracciare la croce e di seguirLo. Gli incontri del nostro Forum quindi
hanno alla base la consapevolezza che senza la divina grazia sarebbe una missione
impossibile quella di essere cristiani in Europa oggi. Sarebbe pure poco pensabile
rendere testimonianza di Cristo senza l’aiuto dei fratelli nella fede. Ma Dio non si
dimentica mai della sua promessa!
Non siamo qui, quindi, per elaborare proposte politiche, ma per guardare insieme la
realtà in cui viviamo e cercare modi concreti di essere presenti nella cultura e nella
società europea, con quella presenza sacramentale che è propria della Chiesa nella quale
è possibile incontrare il Signore Gesù in persona.
Il nostro incontro verterà sul tema “La diversità religiosa e culturale come sfida per le
chiese cristiane in Europa”. Questo titolo ci porta ad iniziare un percorso.
Europa è una continente speciale. In essa ci sono molte culture, molte lingue che
costituiscono la base di diverse nazioni che hanno la loro propria storia, la loro propria
esperienza umana collettiva, molto spesso anche il loro stato e la loro storia politica.
Tutta questa diversità culturale si è sviluppata nell’ultimo millennio sotto l’influsso e per
l’ispirazione del cristianesimo. La buona novella di Cristo, infatti, è diretta a tutti i popoli,
a tutta l’umanità. Ma essa non impoverisce il tesoro culturale dei popoli, bensì dà un
aiuto perché ciascuno possa svilupparsi in base alle proprie doti, alla propria genialità.
Tale situazione comporta una vocazione speciale per i cristiani europei che devono
trovare la via della cooperazione riconciliata e del pieno rispetto della diversità in uno
spirito autenticamente cristiano.
Esiste, infatti, una grande diversità di esperienze religiose e culturali in Europa oggi e
non sempre questo si integra facilmente nella sana pluralità che è presente in ogni
società. In realtà oggi si diffonde un certo atteggiamento che impedisce una vera e
propria coesione sociale, come conseguenza di una concezione individualista dell’uomo
che considera l’essere umano come una realtà a sé stante che non appartiene a nessuna
famiglia, a nessuna cultura, a nessuna comunità.
Senz’altro è importante sottolineare che l’idea moderna di puntare molto sulla persona
ha in se un valore fondamentale. Un approccio alla vita e alla fede più personale che
coinvolge la libertà di ciascuno è un fattore molto positivo. Mai una società potrà essere
veramente umana se la libertà personale non è rispettata e valorizzata.
Quando invece la persona è ridotta a un individuo solitario privo di rapporti e di
appartenenze, viene meno la stessa natura umana, che implica sempre questa
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dimensione sociale. Questo si rende evidente nella fragilità della famiglia moderna, ma
anche nella debolezza di altre istituzioni che prima erano riconosciute come parti
integranti della vita umana, e che oggi sembrano soltanto realtà aliene alla persona.
Questo individualismo diminuisce anche il senso di responsabilità personale e quindi
allontana dall’orizzonte umano il desiderio di essere solidali gli uni con gli altri.
Anche una spiritualità senza fede che riduce l’esperienza religiosa a un sentimento
sgretola la dimensione sociale propria delle religioni. E così l’esperienza religiosa rischia
di essere separata dall’appartenenza ad una comunità. Le conseguenze sociali e morali
sono evidenti. Senza una comunità di appartenenza come potrà l’individuo distinguere
ciò che è giusto e buono dal resto? La persona così rimane in balìa dei suoi istinti e non è
più realmente libera.
Crescono, purtroppo, nella nostra società i segni che mostrano come questo
individualismo si stia gradualmente diffondendo (basti pensare alla crescita del
fenomeno della criminalità e all’insicurezza in cui viviamo nelle nostre città). Se uno vive
solo per se stesso, verranno meno le motivazioni per avere un comportamento volto al
bene comune. Se aggiungiamo a questo fenomeno anche la visione soggettivista che è
spesso collegata all’individualismo, risulta chiaro che con tale atteggiamento si rischia di
perdere persino la speranza di poter identificare oggettivamente il bene e il male. Il bene
comune diventa così una nozione incomprensibile.
Credo che il nostro compito questi giorni sia veramente importante, anche perché siamo
consapevoli che una diagnosi dei problemi non è sufficiente. Così come non basta
riempire il vuoto con norme giuridiche in continuo mutamento. È necessario far
riferimento ad una realtà che precede la vita dell’individuo, è quella della società, cioè a
Dio, senza il quale l’uomo rimane disorientato e incapace di riconoscere il desiderio di
Verità e di Bontà che costituisce la sua natura umana.
È qui che troviamo il ruolo insostituibile della religione. Prima di tutto perché essa apre
il cuore umano a Dio, dal quale viene la luce e la vita per tutti e che garantisce una
moralità oggettiva e comune. Ma anche perché la religione, e in modo particolare il
cristianesimo, è sempre un’esperienza comunitaria e culturale. Nell’esperienza religiosa
si uniscono la dimensione interiore dove è in gioco la libertà personale e la dimensione
comunitaria nella quale esiste addirittura un linguaggio comune senza il quale non ci
sarebbe alcuna comunicazione e quindi non sarebbe possibile la comunione.
Non dimentichiamo però quello che è la nostra identità specifica. Siamo cristiani,
membri della Chiesa di Gesù Cristo. A Lui facciamo sempre riferimento. Gesù Cristo è
una persona storica, concreta e non una figura mitologica. Le nostre conoscenze sulla
Sua persona e sul Suo insegnamento provengono dalla conoscenza storica trasmessa
dalla comunità dei Suoi discepoli che è stata tramandata poi nella Santa Tradizione fino
a noi oggi. Per questo la nostra fede è radicata in una realtà oggettiva – Gesù Cristo – e
non nasce da un insieme di sentimenti. La nostra fede si basa sulla testimonianza di una
realtà che è una comunità concreta, costituita dall’insieme di quanti sono stati
incorporati a Cristo mediante il battesimo, divenendo membri del Popolo di Dio, e che
permette in ogni tempo l’incontro con Gesù risorto e glorioso.
L’importanza della Chiesa è quindi decisiva nell’esperienza di fede, ma non rimane
chiusa in una dimensione spirituale disincarnata, essa abbraccia tutta la vita umana.
L’azione ecclesiale si rivela sia quando la Chiesa comunica efficacemente la Parola di Dio,
e comunica la grazia e la misericordia di Dio attraverso i sacramenti; sia quando i suoi
membri sono coinvolti nel mondo sociale e politico.
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In che modo potrà allora la Chiesa essere di aiuto in questo nostro mondo che attraversa
una seria crisi culturale? Essa è di aiuto prima di tutto con l’annuncio gioioso della sua
fede. Aver trovato Cristo riempie la vita e fa traboccare questa gioia in opere di carità e
in una speranza viva che riempie di senso ogni attività e lavoro. È lui il nostro Salvatore e
nessun altro. In secondo luogo la Chiesa, essendo presente nel mondo come comunità di
fede, indica la dimensione comunitaria intrinseca e porta la persona alla fonte originaria
del senso della vita, capace di sorreggere una vita morale, vincendo ogni relativismo e
nichilismo.
Non è una casualità se tanti dei nostri politici si stiano rendendo conto dell’importanza
di rinsaldare le chiese tradizionali delle loro nazioni anche per ricostruire il tessuto
culturale alla base di una certa etica sociale, necessaria per la costruzione della vita della
società.
Tenendo presente tutto ciò, sono sicuro che il nostro incontro porterà tanti nuovi spunti
che cercheremo di comunicare ai nostri fratelli in tutta l’Europa. Auguro a tutti di vivere
giornate di lavoro e di amicizia in grado di portare buoni frutti per tutti.
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