Se lo specchio non è magico va educato
Athenaeum Associazione N.A.E. in collaborazione con LUISS Guido Carli
15 febbraio 2013 - LUISS Guido Carli
Progetto: "Quale Europa per i giovani? "
Empatia e neuroni specchio
Sono intervenuti: Giacomo Rizzolatti, Professore Emerito di Fisiologia, Università
Statale di Parma Luigi Cancrini, Presidente Centro Studi di Terapia Familiare e
Relazionale; Paolo Rumiz, Scrittore e Giornalista
Non vi è nulla di magico nel fatto che siamo in grado di empatizzare con gli altri, di comprendere le
loro emozioni, le loro intenzioni, in altre parole di rispecchiarli. Sono le neuroscienze a dircelo.
La natura ha creato in noi un meccanismo naturale per volerci bene, per capirci a un livello antico
che viene prima del linguaggio, sostiene il professor Rizzolatti che, stamattina alla Luiss, ha
spiegato agli studenti la scoperta dei neuroni specchio. Il neurofisiologo e il suo team
dell’Università di Parma, negli anni ’80, durante alcuni studi sull’attività motoria dei primati, si
accorsero dell’esistenza di particolari neuroni che si attivavano non solo quando le scimmie
compivano certe azioni, ma anche quando vedevano altri compierle. Questo genere di neuroni si
attiva anche in noi, sia quando proviamo direttamente delle emozioni, sia quando vediamo qualcuno
provarle attraverso la mimica del viso. Il che rende possibile comprendere, senza troppi
ragionamenti, in modo immediato, cosa fa chi ci è di fronte, cosa sta provando, qual è la sua
intenzione, innescando il processo empatico che è alla base di una comunicazione efficace.
Il meccanismo dello specchio ha messo in seria discussione la vecchia analogia usata per spiegare la
mente: non siamo simili a computer che comprendono attraverso processi. Comprendiamo gli altri
perché li sappiamo replicare, vi ritroviamo noi stessi, possiamo rispecchiarci. L’uomo è un grande
imitatore ed è questo che caratterizza la sua specie e la sua modalità di apprendimento. Ha torto chi
insiste nel dirci di essere innanzitutto originali, di non imitare nessuno: non c’è cultura e sapere
senza imitazione. E questo spiega come mai tanta parte del cervello venga utilizzata soprattutto
nella vita sociale. Pochissima è invece impegnata in attività cognitive come la comprensione di
quesiti matematici o di fisica.
Come mai allora non viviamo in una sorta di armonia prestabilita, predeterminati al bene e anzi
spesso non ci capiamo e ignoriamo i nostri sentimenti reciproci? Come spieghiamo non solo
aberrazioni patologiche estreme, che denotano crudeltà mentale, ma anche il semplice egoismo
quotidiano? Negli affetti da autismo si è visto che il meccanismo dei neuroni specchio è alterato. E
in un nazista? In coloro che mostrano insensibilità, indifferenza? Come qualsiasi parte del nostro
corpo, se poco o mal utilizzato «il meccanismo dei neuroni specchio finisce con l’atrofizzarsi.».
L’educazione, la cultura, il grado di eticità che si respirano nel clima sociale hanno un ruolo
determinante nel potenziare o meno questa dote naturale, sostiene Rizzolatti.
Ma non sono solo il clima e i modelli assorbiti al momento dato a essere determinanti, corregge il
tiro Cancrini, il noto psichiatra che ha fondato negli anni ’70 la più importante scuola di
psicoterapia del Paese. Il nostro vissuto, la nostra storia personale, delineata dall’infanzia, decidono
ampiamente del buon funzionamento dei nostri neuroni. Un bambino abusato può comportarsi in
modo molto simile a uno autistico. La sua capacità di empatizzare compare solo alla fine di un
lungo e doloroso processo terapeutico che attraversa molte fasi. Dalla chiusura in se stesso,
all’esplosione della rabbia, dalla successiva proiezione sullo psicoterapeuta delle figure di chi lo ha
maltrattato, alla verbalizzazione dei fatti accaduti… e solo alla fine affiora una relazione empatica,
un embrione di alleanza. Un’infanzia infelice, in altre parole, rende disabili i nostri neuroni
specchio, condiziona inevitabilmente la qualità delle nostre relazioni.
Come potenziare la nostra capacità empatica, oltre che con la cura? Secondo Rumiz, scrittore e
giornalista, la vita ci offre molti modi. Racconta il suo singolare viaggio a piedi nell’entroterra di
Trieste, fino a Capo Promontore e quello sulle orme di Annibale. Viaggi fatti di incontri e di
racconti con estranei, ma dove anche le ricostruzioni di Polibio gli hanno permesso di empatizzare
con la figura di … Annibale, mettersi nelle sue scarpe. Non da ultimo il modo in cui ci si pone e si
cammina può attivare l’empatia di chi incontriamo: se si procede con arroganza, con passo ostile,
sarà difficile che gli altri attivino i propri neuroni specchio verso di noi. Se camminiamo umili e
leggeri tra le persone, sarà più facile.
06.58.12.04E-mail: [email protected]; Sito: www.athenaeumnae.com; Sito
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