!
!
!
!
I Re Magi
"Abbiamo visto una stella splendere tra tutti gli astri di un così vivo chiarore che li
eclissava tutti al punto di renderli invisibili. Così abbiamo conosciuto che era nato
un re per Israele e siamo venuti ad adorarlo."(Protovangelo di Giacomo")
Dall’Oriente, da una località non ben
definita, tre Re vedono sorgere nel cielo
una stella più splendente del Sole e la
seguono. Doveva essere di notte, perché
solo in quel momento si può veder
comparire nel cielo un tale chiarore: la
scorgono e si fanno condurre da lei nel
luogo in cui sta per nascere il
Redentore.
La notte presuppone il buio, un
momento di assenza di luce, sintomo
del “nero” nel quale si può trovare
l’animo umano prima di veder sorgere il bagliore che romperà le tenebre
apportando gioia, splendore e “nuova vita”: l’arrivo del Figlio di Dio nell’Umanità.
Andando avanti nella lettura delle Sacre Scritture, si capisce che quella non era una
stella qualunque, ma un Angelo-stella che
compare all’improvviso nel cielo, conduce i
Re Magi e, sempre precedendoli, si ferma al
di sopra di quella misteriosa grotta. Si dice
che appena raggiunto quel sicuro riparo, alla
presenza del Bambino, la sua for ma
cambiasse in una “colonna di luce” che saliva
verso il Cielo.
A quella stella detta, “Stella dei Re Magi”
vennero dati i nomi più disparati: “verace
Stella di Giacobbe”, “Colonna di Fuoco”,
“Angelo di Dio”, “Stella di Davide”, “Stella
del Redentore”; tanti nomi che racchiudono simboli
diversi ma il cui intrinseco significato rimane quello di
un’unione tra il Divino e l’umano, tra il Cielo e la
terra.
Nella simbolica cristiana la “stella dei Magi” fu
rappresentata da una stella a 8 punte. Una sua prima
raffigurazione risale all’anno 100, quando un
anonimo pittore volle ritrarla nelle catacombe di
Santa Priscilla, in via Salaria a Roma. L’antico
dipinto riproduce un’arcaica presentazione del
Bambino Gesù ai Re Magi: la Madonna tiene in grembo quel “figlio divino”, vicino
a lei vi è un uomo (San Giuseppe) ed in alto, a dominare la scena, una stella ad otto
punte.
Anche Giotto (nel 1300) si cimentò nel riprodurla ma si distaccò da quell’antica
immagine, identificandola in una cometa con testa a nucleo e coda molto allungata.
Quest’immagine fa parte del
dipinto, l’Adorazione dei Magi,
presente tra gli incredibili affreschi
della Cappella degli Scrovegni a
Padova. Le comete sono sempre
state osservate nel cielo con estremo
interesse e viste come apportatrici di
avvenimenti sconvolgenti per
l’Umanità.
Quindi, se una stella insolita,
straordinaria, aveva segnato nel
cielo un cammino, non meno
singolari dovevano essere quei tre
personaggi che dall’Oriente
l’avevano seguita.
L’Oriente di cui si parla è la Persia,
quella terra tra il Tigri e l’Eufrate,
abitata dai Caldei già 4000 anni a.C.
I Caldei erano giunti nel sud della Mesopotamia e si erano installati integrandosi
con lo stato babilonese, apportando delle notevoli conoscenze nel campo
dell’astronomia e dell’astrologia (allora un’unica scienza). Lì, in quella parte del
mondo si dice che il cielo di notte fosse così particolarmente nitido da potervi
scorgere pianeti e costellazioni anche con i
rudimentali strumenti di allora. Secondo la
testimonianza di antiche tavole di argilla assirobabilonesi (oggi custodite al British Museum) si
attesta che l’osservazione dei primi pianeti (Sole,
Luna, Giove, Saturno e Marte) nacque proprio lì in
Mesopotamia. A quell’epoca il popolo babilonese
era già in grado di realizzare mappe celesti in base
al movimento del sole lungo l’eclittica, ma fu grazie
ai sacerdoti caldei che l’astrologia venne arricchita
da nuove conoscenze basate su studi dettagliati dei
movimenti dei pianeti allora conosciuti. Fin dai
tempi più antichi il termine Caldeo divenne
sinonimo di astrologo: attraverso queste
osservazioni i Caldei potevano formulare presagi a
breve o a lunga scadenza.
Si dice che i Re Magi provenissero proprio da quelle terre e che la conoscenza per
quella scienza fosse così profonda da venir considerati veri sacerdoti ed astrologi.
Il termine “Mago” aveva un alto significato, designava il Re-Sacerdote detentore di
un’antica Sapienza e la sua derivazione etimologica (Mag, Megh, Magh) in lingua
zend e pelvi, era sinonimo di “sapiente assoluto”. Il termine Mag, nei dizionari di
lingua ebraica e caldaica assume il significato di sacerdote Medio o Persiano e,
secondo quanto attesta
Anguentil-Duprerron nello
Zenda-Avesta, il termine
Maghira, in Caldaico, riporta
a l s i g n i fi c a t o d i “ a l t a
sapienza”, mentre in greco
magheia è la “la scienza e arte
dei Magi”.
I Re Magi quindi erano
considerati i sapienti assoluti,
perfettissimi, depositari di
un’antica conoscenza, la
segreta “scienza di Dio”, in
grado di saper sviluppare quell’antico itinerario iniziatico (conosciuto da pochi) che
dal buio più profondo della coscienza, portava alla scoperta della vera Luce. La
“magia” che loro esercitavano era quella intesa nel senso più alto del termine, che
consisteva nel saper sapientemente dominare le forze che muovono il cosmo per
“dirigerle, immobilizzarle, accelerarle, rallentarle” affinché fossero d’aiuto (e non
d’intralcio) ad un cammino di alta levatura spirituale. La Dottrina della quale i Re
Magi erano in possesso, veniva quindi da molto lontano,
dalla Persia antica, quella parte dell’Oriente che trovava
riferimento con il “sorgere del Sole” e quindi con una
tradizione monoteista solare, fondata da Zoroastro (suo
profeta) e che vedeva in Aura Mazda, il supremo Dio
portatore di una rivelazione segreta, non adatta a tutto
il popolo. La leggenda racconta che il “dio solare”
nacque nel freddo e nell’oscurità di una grotta, da
madre vergine e da Dio Sole (antica prefigurazione di
quello che avverrà al momento della nascita di Gesù
Cristo, molti secoli dopo in Palestina).
Dei tre Re si sa che furono iniziati ai misteri di
Zoroastro, ma anche che furono battezzati dall’apostolo
San Tommaso (patrono degli architetti) ricevendo,
insieme a questa iniziazione cristiana, la missione di
“percorrere il mondo per fondare delle chiese”.
Inizialmente vennero raffigurati con mantello e berretto
frigio come quell’antica tradizione prevedeva. Il
berretto frigio, copricapo rosso
con la punta ripiegata in avanti,
era il tipico indumento del
regno persiano intorno al VI II secolo a.C. e fu utilizzato solo
dai sacerdoti del dio Sole. Lo
stesso copricapo designò la
regalità di Mithra, il dio solare
nato da una roccia, che Ahura
Mazda designò quale
rappresentante divino qui sulla
terra, con l’incarico di
proteggere i giusti dalle forze
del male per condurli nel Regno celeste.
In un mosaico bizantino di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna (consacrata al culto
cattolico nel VI secolo) appaiono i tre Re d’Oriente con quel simbolico berretto,
mentre si presentano davanti al Bambino Gesù, tenuto in braccio dalla Vergine in
trono. Solo in seguito, quel caratteristico copricapo verrà sostituito con un altro a
fascia e addirittura con una corona d’oro tempestata di gemme.
La tradizione ci tramanda anche i nomi dei tre Re Magi Zendici venuti dalla Persia:
Melchior, Baldasar, Gasphar; nomi non certo casuali visto che ognuno di questi
racchiude un ben preciso significato.
Melchior significa “il mio Re (Dio) è luce”; Baldassar riassume in sé il significato di
“custode della vita” e quindi “custode della conoscenza divina”; il nome Gasphar
invece riporta al momento dell’ “apparizione dell’aurora” quando la luce si fa più
intensa per il sorgere del Sole. In altri testi i loro nomi assumono significati più
concisi che confermano a grandi linee quelli già accennati: Melchior diventa “il Re
della Luce”, Baldassar è “il Protetto del Signore” ed infine Gasphar viene chiamato
“il Signore del Castello”; di loro si sa che oltre ad essere “magi”, astrologi, sapienti
ed iniziati, erano anche eccellenti
terapeuti in possesso di un forte
potere risanatore.
Anche i doni (oro, incenso e
mirra) con i quali si presentarono
davanti a Gesù Cristo hanno una
loro intima simbologia: l’ “oro” è
il simbolo di regalità iniziatica,
ma anche di “abbondanza”
divina e ben lega con quel
Melchior chiamato “Re della
Luce”; l’“incenso” è l’emblema
di Sacerdozio eterno (secondo
l ’ O rd i n e d i M e l ch i s e d e k ) ,
un’Alleanza tra l’umano ed il
Divino (che mai da Dio verrà
dimenticata) e trova
corrispondenza in quel Baldassar,
considerato “custode” della
saggezza e quindi “Protetto del
S i g n o r e ” ; G a s p h a r i nv e c e
consegna al Figlio di Dio la
“ m i r r a ” l ’ u n g u e n t o s a c ro
(contenuto a volte in un vasetto,
altre volte in un corno) con il
quale si consacravano i ReSacerdoti e che trova
rispondenza col nome di
“Signore del Castello” che gli
viene attribuito.
La domanda che adesso può
sorgere è come mai questi tre
misteriosi sapienti vanno a consegnare queste “ricchezze” al Re Messia che già di
per sé le possedeva?
In Lui riconoscevano il Re (l’oro), il Sacerdote (l’incenso) ed il Sacrificatore
Redentore dell’Umanità (la mirra), eppure su alcuni testi di Dottrina Ermetica si
trova scritto che la “visita ed il soggiorno dei Re Magi è connessa alla preparazione
didattica di Gesù e del Battista.”
Questo fa pensare che fossero proprio i Re Magi i nuovi depositari di quella antica
Dottrina e che giungessero davanti a “Colui che l’aveva elargita” (il Re dei Re
Magi), sia come riconoscimento della Sua grandezza che per consegnargli quei
doni simbolo del prezioso “alimento” della Sua prima infanzia.
Ai Re Magi fu quindi affidato il compito di tramandare l’antica Dottrina della
salvezza dell’anima che, più o meno velatamente, come un “filo aureo” nasce da
Oriente e va verso Occidente sempre con il medesimo intento di portare un
risveglio del Divino nell’Umanità. Queste notizie ci fanno capire che Dio ha parlato
a tutti i popoli e sempre in maniera comprensibile per quel momento storico o per
quella civiltà a cui si rivolgeva, portando sempre una nuova rivelazione. Con
l’avvento del Cristianesimo tutto
questo viene superato da una
rivelazione ulteriore, progressiva
che non ha mai cessato di
accompagnare l’Umanità.
Il 6 gennaio, si celebra la festa
dell’Epifania e con essa il giorno
in cui i Re Magi arrivano al
cospetto del Salvatore. La parola
“epifania” racchiude il significato
di “apparizione”, manifestazione
della Divinità ed il termine “fanum” (da cui è composta) deriva
dalla radice sanscrita “bha”, “bhati” che vuol dire “splendere” e
trova un riscontro etimologico con
“phan”, “phaino” che in greco
assume il concetto di “apparire”,
“svelare”, “rendere manifesto”.
Il giorno dell’Epifania, nella
tradizione Cristiana è quindi inteso
come manifestazione della Luce,
“le jour des Rois”: il momento in cui appare nel cielo quella splendente stella del
mattino che annuncia l’apparizione della Luce Vera.
Nella Dottrina Cristiana molti sono i Misteri contemplati e tra questi viene
nominato anche il “Mistero della stella e dei re Magi” o Epifania, per farci capire
che di questa festa poco ancora si sa e molto vi è ancora da scoprire.
Quello che possiamo per il momento intuire è che non esiste un linguaggio adatto
per delle verità che non tutti al
momento
sono in g rado di
comprendere ed allora si preferisce
trasmetterle sotto forma di “novella”
in modo che quella esperienza non
venga persa, ma che al tempo stesso il
suo vero, intimo significato rimanga
prudentemente nascosto. Così è
successo per il racconto di questi tre
Re Magi che, guidati dalla stella
cometa, giungono il giorno
dell’Epifania davanti a quel Bambino portando dei doni.
I simboli che costellano questa vicenda racchiudono molti importanti significati e,
consultando testi adatti alla loro decifrazione, aprono a ben altre comprensioni
rispetto a quelle abitualmente riportate. Una
speciale attenzione andrebbe posta ad
esempio su quei piccoli scrigni che
racchiudono i “doni” offerti dai Magi. Il
fatto che Gasphar venga a volte raffigurato
con un “corno” in mano contenente la
“mirra” (o “miron”), l’ “olio sacro” con cui si
“ungevano” i re per la consacrazione, può
far riflettere; se poi si incomincia ad indagare
sulla simbologia del “corno” e sulle
etimologie inerenti il termine “miron” gli
spazi di comprensione si ampliano
notevolmente.
Questi accenni possono servire a far capire
che la storia di quei tre Re Magi non si
ferma qui e che c’è stato chi, capendo la
grande importanza di quei tre personaggi
umano-divini, ne ha saputo conservare la
memoria andando a ricercare le loro
reliquie.
Intorno al 1270 Marco Polo scrive nel
“Milione” di aver trovato nella città
chiamata Saba (in Persia) “una bella
sepoltura” che conteneva le spoglie dei tre
Re Magi; dopo di lui altri scrittori ne attestano la presenza in altri luoghi, ma non
si sa quanto queste testimonianze siano certe. La
notizia più attendibile ed ampiamente confermata è
che i loro corpi siano stati traslati in Italia e
precisamente a Milano. Le loro reliquie, su richiesta
del vescovo Eustorgio, vennero trasferite e
gelosamente custodite dentro un grande sarcofago di
marmo, da Costantinopoli nella Basilica a lui
dedicata fatta costruire nel 344 dal vescovo stesso. Lì
vi rimasero finché Federico Barbarossa nel 1162 non
si appropriò di quelle spoglie. Due anni dopo
l’Arcivescovo Reinald Von Dassel trasportò i loro resti
in Germania, nella Cattedrale di Colonia. Furono i
cittadini di Colonia a volere che le reliquie dei Re
Magi fossero conservate in una cassa d’oro e
d’argento tempestata di pietre preziose. Il lavoro fu
assegnato a Nikolaus da Verdun, uno dei più famosi
artigiani dell'epoca, il quale
organizzò una vera equipe di
operai per realizzare quella
pregiata Cassa dalla caratteristica
forma di basilica.
La straordinaria reliquia fu
ultimata dopo 40 anni di accurati
lavori e divenne il luogo di culto
più famoso della Germania ed uno
dei più grandi centri di
pellegrinaggio
dopo
Gerusalemme, Roma, Santiago di
Compostela e Aix-la-Chapelle. Dopo quest’evento nel 1230 si decise di costruire
una nuova cattedrale di proporzioni gigantesche adatta a contenere quelle preziose
spoglie; da quel momento perfino i re tedeschi, dopo essere stati incoronati a Aix-laChapelle, arrivavano a Colonia per rendere omaggio al Signore e ad offrirgli dei
doni come avevano fatto i Re Magi.
Quei Magi venuti dall’Oriente divennero così il simbolo di tutti coloro che cercano
Dio e si mettono umilmente in cammino con quella alta finalità: esempio tangibile
di un serio e segreto lavoro da compiere nella propria interiorità per farsi affini a
quei Re diventati veri “Signori della Luce”.
Adorazione dei Magi del Beato Angelico e di Filippo Lippi
National Gallery of Art, Washington