Dalle obesità “genetiche” all`epigenetica nell`obesità

Prospettive in Pediatria
Aprile-Giugno 2015 • Vol. 45 • N. 178 • Pp. 123-130
Obesità infantile
Dalle obesità “genetiche”
all’epigenetica
nell’obesità
Laura Perrone
Pierluigi Marzuillo
Emanuele Miraglia del Giudice
Dipartimento della Donna,
del Bambino e di Chirurgia Generale e
Specialistica,
Seconda Università di Napoli
Le obesità genetiche presentano un modello di trasmissione di tipo mendeliano, in cui si
riconosce una mutazione causativa rara a carico di un singolo gene, che si può esprimere
allo stato eterozigote o omozigote. Dette tipologie di obesità possono essere classificate
come sindromiche e non sindromiche. Tra le non sindromiche si annoverano una serie di
obesità monogeniche imputabili a mutazioni di geni coinvolti nella via ipotalamica “leptinamelanocortina” o nei segnali ipotalamici posti a valle di questa via, segnali che sono alla
base della regolazione dell’appetito e della sazietà. Tra le obesità sindromiche, invece, si
annoverano sia le ciliopatie, come la sindrome di Bardet-Biedl e di Alström, sia le obesità
da difetto di imprinting come la sindrome di Prader-Willi.
Oltre alla genetica, anche l’epigenetica, che si riferisce ai cambiamenti rinvenibili nell’espressione (e non nella sequenza) del gene, svolge un ruolo determinante nell’insorgenza
dell’obesità. L’articolo si propone di approfondire le obesità monogeniche sindromiche e
non, con lo scopo di fornire ai Pediatri che non si occupano di endocrinologia pediatrica,
gli strumenti indispensabili per riconoscere ed inquadrare le obesità monogeniche. Si è
voluto, inoltre, porre in risalto il ruolo fondamentale che l’epigenetica ricopre nello sviluppo
dell’obesità.
Riassunto
Monogenic obesity is characterized by a rare, monogenic, causative mutation with a mendelian inheritance pattern. Monogenic obesity comprehends both syndromic and not syndromic forms. Among not syndromic forms, all the monogenic forms of obesity affecting
the hypothalamic leptin-melanocortin pathway involved in the satiety control are recognized. Among the syndromic forms of obesity, the nonmotile ciliopathy (Bardet-Biedl and
Alström syndromes) and the imprinting defects (Prader-Willi syndrome) are listed. Apart
from genetic, also epigenetic mechanisms play a relevant role in determining obesity. The
aim of this review is to give to the general Pediatricians the key elements to suspect and
then to diagnose genetic forms of obesity. Moreover, we underline the importance of the
epigenetic mechanisms in determining obesity.
Summary
Introduzione
L’obesità pediatrica, in costante aumento negli ultimi
anni, è il frutto dello stravolgimento del delicato equilibrio esistente tra i fattori ambientali (alto intake calorico
e ridotta attività motoria) e il substrato genetico dell’individuo con un modello di ereditarietà di tipo poligenico (Miraglia del Giudice et al., 2009). Esistono forti
evidenze scientifiche sul fatto che l’indice di massa
corporea (BMI) sia, per la gran parte, geneticamente
determinato, con un tasso di ereditabilità stimato tra il
40 ed il 70% (Barsh et al., 2000) che può raggiungere
un picco del 77% nei gemelli (Haworth et al., 2008).
Del tutto diverso è il modello di ereditarietà delle
obesità monogeniche (che possono essere sindromiche e non). Esse sono ascrivibili, infatti, ad un modello mendeliano in cui si riconosce una mutazione
causativa rara, a penetranza completa, a carico di
un singolo gene che può esprimersi sia allo stato
eterozigote che a quello omozigote (Morandi e Maffeis, 2014).
Accanto alla genetica ed all’ambiente, un altro fattore
responsabile dell’insorgenza dell’obesità è l’epigenetica, consistente, cioè, nelle modificazioni che interessano l’espressione (e non la sequenza) genica.
123
L. Perrone et al.
Obiettivo della revisione
e metodologia della ricerca
bibliografica
L’articolo si propone di approfondire le conoscenze
sulle obesità monogeniche sindromiche e non, con
lo scopo di fornire ai Pediatri, che non si occupano di
endocrinologia pediatrica, gli elementi chiave per riconoscere ed inquadrare le obesità monogeniche. Si
è voluta sottolineare l’importanza dell’epigenetica nello sviluppo di obesità. La ricerca di articoli rilevanti su
tali argomenti è stata effettuata utilizzando PubMed
come motore di ricerca. Le parole chiave, utilizzate
quali filtri della ricerca, sono le seguenti: monogenic,
syndromic, obesity, children, epigenetic, ciliopathies,
imprinting.
Obesità monogeniche
senza quadri malformativi
Tutte le forme di obesità presenti in questo gruppo
(Tab. I) sono determinate da mutazioni di geni coinvolti nella via ipotalamica “leptina-melanocortina” o
nei segnali ipotalamici a valle di questa via, segnali che sono alla base della regolazione del senso
dell’appetito e della sazietà (Fig. 1).
L’obesità monogenica, derivante da mutazione (omozigote o eterozigote composto) della leptina o del suo
recettore, presenta un quadro fenotipico molto simile
(Montague et al., 1997).
I livelli indosabili di leptina o il malfunzionamento del
suo recettore, con conseguente mancanza di un tassello fondamentale sul controllo dell’appetito, spiegano il quadro clinico di un individuo che si presenta
come normopeso alla nascita, che registra un rapido
incremento ponderale nei primi mesi di vita e che è
potenzialmente in grado di giungere ad obesità se-
vera, associata ad iperfagia notevole ed aggressività,
qualora il cibo gli venga negato (Licinio et al., 2004).
In questo caso, l’individuo presenta anche ipogonadismo ipogonadotropo: la leptina, infatti, stimola la
produzione ipotalamica di GnRH (Ramachandrappa
e Farooqi, 2011). Inoltre, poiché la leptina stimola anche la risposta infiammatoria e la proliferazione dei
linfociti T e delle citochine Th1 mediate, i pazienti con
deficit di leptina presentano aumentata frequenza di
infezioni (Matarese et al., 2005).
A valle del recettore della leptina, agisce l’Src-homology-2 B adaptor protein 1 (SH2B1), un intermediario
chiave nell’attivazione del segnale intracellulare del
recettore della leptina. I pazienti con mutazioni o delezioni a carico di tale gene presentano, a parte l’obesità, severa insulino-resistenza e lieve ritardo dello
sviluppo (Perrone et al., 2010).
L’obesità monogenica da deficit della Proopiomelanocortina (POMC) si manifesta quando sono presenti
mutazioni null in omozigosi. Il POMC, grazie alla
proconvertasi 1 (PCSK1), è il precursore del peptide
anoressizzante a-melanocyte-stimulating-hormone
(a-MSH) (Kim e Choi, 2013). L’a-MSH agisce sul
melanocotin 4 receptor (MC4R) dei neuroni anoressizzanti e riduce l’appetito e l’assunzione di cibo. A
valle dell’MC4R sembrerebbe agire come fattore di
trascrizione single-minded homolog1 (SIM1) che
presenta target non completamente noti. Le mutazioni del POMC, dunque, determinano iperfagia, obesità ad esordio precoce, deficit di adrenocorticotropina
(ACTH) ed ipopigmentazione di cute e capelli (Krude
et al., 1998). Gli eterozigoti portatori di mutazioni null
presentano più elevato rischio di obesità o sovrappeso (Farooqi et al., 2003).
Il cocaine-and amphetamine-regulated transcript
(CART) è un peptide prodotto da specifici neuroni
ipotalamici in risposta allo stimolo della leptina. Esso
sembrerebbe mediare gli effetti termogenetici e di
Tabella I. Le obesità monogeniche senza quadri malformativi “a colpo d’occhio”.
Elementi clinici oltre ad obesità iperfagica
Pensa a…
Ipogenitalismo, ritardo/assenza dello sviluppo puberale, infezioni frequenti
Deficit di Leptina
Ipogenitalismo, ritardo/assenza dello sviluppo puberale
Deficit del recettore di Leptina
Ansia e depressione
Deficit di CART
Ipogenitalismo, ritardo/assenza dello sviluppo puberale, ipopigmentazione cute e
capelli, deficit ACTH
Deficit di POMC
Ipogenitalismo, ritardo/assenza dello sviluppo puberale, alterazione del metabolismo
glucidico, elevata proinsulina plasmatica, malassorbimento grave nel periodo
neonatale
Deficit di PCSK1
Crescita staturale accelerata, altezza definitiva aumentata
Deficit di MC4R
Insulino-resistenza severa e sproporzionata per il grado di obesità, in alcuni casi lieve
ritardo dello sviluppo
Deficit di SH2B1
Ritardo dello sviluppo, iperattività, deficit di memoria, ridotta sensibilità al dolore
Deficit di BDNF o di TrkB
Ritardo dello sviluppo
Deficit di SIM1
124
Obesità genetiche ed epigenetica
spesa energetica caratteristici della leptina. È stato dimostrato che mutazioni a carico del gene CART sono
associate a ridotti livelli del peptide da esso codificato
(Miraglia del Giudice et al., 2001). Pazienti con queste mutazioni possono presentare obesità severa associata ad ansia e depressione (Miraglia del Giudice
et al., 2006).
Il Prohormone convertase 1 (PCSK1) è un enzima
che taglia la proopiomelanocortina in ACTH ed in aMSH (Fig. 1). I pazienti con deficit di PCSK1 sono affetti da obesità di grado severo e presentano deficit di
glucocorticoidi, ipogonadismo ipogonadotropo ed alterata omeostasi glicemica, correlata ad alterato processamento di numerosi proormoni (Jackson et al.,
1997). Utili nella diagnosi di questo disordine sono gli
elevati livelli di proinsulina e i bassi livelli di insulina
sierica. Una caratteristica tipica di questi pazienti è
una storia di malassorbimento intestinale grave nel
periodo neonatale, probabilmente legato ad alterato
clivaggio dei propeptidi intestinali nelle cellule enteroendocrine e nei nervi esprimenti il PCSK1 all’interno
del tenue (Jackson et al., 1997).
Tra tutte le forme di obesità monogenica la più frequente è quella cagionata da deficit di MC4R. Questa mutazione è presente nel 5-6% dei casi di obesità
precoce e severa (Farooqi et al., 2003). Le mutazioni
del gene MC4R sono ereditate in modo codominante
con espressività e penetranza variabili nei portatori
eterozigoti (Stutzmann et al., 2008). I pazienti affetti
da questa forma di obesità monogenica presentano
iperfagia, alta statura ed anche incremento della massa magra (Santoro et al., 2009). L’aumentata crescita
lineare potrebbe essere dettata dall’iperinsulinemia
che tali pazienti presentano sin dalle prime epoche
di vita (Farooqi et al., 2003). Un’altra causa dell’incrementata crescita lineare potrebbe essere l’assenza di
soppressione della secrezione di GH, frequente nei
soggetti affetti da obesità primaria (Martinelli et al.,
2011).
Mutazioni del brain-derived neurotrophic factor
(BDNF) and tyrosin kinase B receptor (TrKb), sono
cause rarissime di obesità monogenica e determinerebbero obesità agendo a valle della cascata del
segnale dell’MC4R, bloccandone la trasduzione (Xu
et al., 2003.).
Un’altra molecola che agirebbe a valle della cascata
del segnale dell’MC4R è il SIM1, un fattore di trascrizione coinvolto nello sviluppo dei nuclei sopraottico e
paraventricolare dell’ipotalamo (Fig. 1). Sinora è stato
evidenziato un deficit eterozigote di SIM1 che, oltre
Figura 1. La regolazione dell’appetito (frecce rosse: inibizione; frecce verdi: stimolo).
125
L. Perrone et al.
ad obesità grave precoce, era in grado di determinare un disordine neuro-comportamentale (Ramachandrappa et al., 2013).
Altre recenti forme di obesità monogenica, ancora
in corso di definizione, sono l’obesità da mutazione di melanocortin 2 receptor accessory protein 2
(MRAP2) che codifica per un co-recettore di MC4R
(Asai et al., 2013) e da mutazione di Kinase suppressor of Ras 2 (KSR2) proteina coinvolta nel segnale
intracellulare (Pearce et al., 2013).
dini con la BBS. Essa è caratterizzata da distrofia retinica, ipoacusia neurosensoriale, obesità ad esordio
precoce ed insulino-resistenza che conduce a diabete di tipo 2 (Tab. II). Altre manifestazioni cliniche sono
la cardiomiopatia dilatativa, la disfunzione epatica e
renale, la bassa statura e l’ipogonadismo maschile
(Tobin e Beales, 2009).
Sindromi monogeniche
da disfunzione ciliare: la sindrome
di Bardet-Biedl e la sindrome
di Alström
Con il termine di “imprinting” si vuole indicare l’espressione differenziata di geni a seconda dell’origine parentale. Un classico esempio di disordine di
imprinting è la sindrome di Prader-Willi (PWS). Tale
sindrome è associata ad una delezione del braccio
lungo del cromosoma 15 (regione q11-q13) di origine paterna o alla presenza di disomia uniparentale
materna. Anche se la copia derivante dalla madre è
intatta o presente in duplice copia come nella disomia
uniparentale materna, essa non può sopperire alla
delezione o alla completa mancanza del cromosoma
15 paterno, perché tali geni materni sono normalmente silenziati. La PWS è la forma più comune di
obesità sindromica (prevalenza di circa 1 su 25.000).
Caratteristiche chiave sono rappresentate da ipotonia
e difetto di crescita nelle prime epoche di vita, ritardo
mentale, bassa statura, iperfagia, obesità severa ed
ipogonadismo ipogonadotropo. I bambini con PWS
hanno una massa magra ridotta con aumento di quella grassa. La terapia con GH che si può effettuare in
questi pazienti è quindi utile sia per migliorare la statura che la composizione corporea (O’Rahilly e Farooqi,
2006). La prima tappa nella diagnostica molecolare
della PWS, che permette di ottenere una diagnosi nel
99% dei casi, è il test di metilazione di 15q11-q13. Il
test risulta patologico, sia in caso di delezione sia in
caso di disomia uniparentale materna, poiché in entrambi i casi manca la copia demetilata della regione
15q11-q13 (Morandi e Maffeis, 2014).
L’osteodistrofia ereditaria di Albright (AHO) è un disordine autosomico dominante derivante da una mutazione nella linea germinale nel gene guanine nucleotide binding protein, alpha stimulatin 1 (GNAS1)
che riduce l’espressione o la funzione della proteina
Gsa. La trasmissione materna di mutazione nel gene
GNAS1 porta ad AHO, che è caratterizzata da bassa
statura, obesità, difetti scheletrici ed iposomia. È presente, inoltre, anche una resistenza a diversi ormoni
(ad esempio il paratormone) che attivano le proteine
Gs nei tessuti target. È interessante notare, invece,
che se la trasmissione della mutazione è di origine
paterna, è presente solo il quadro fenotipico caratteristico di AHO senza resistenze ormonali.
Le cilia sono degli organelli intracellulari formati da microtubuli, fondamentali nella trasduzione del segnale
intercellulare. Le ciliopatie sono delle malattie geneticamente determinate, la cui eziologia è rappresentata
da una disfunzione di questi organelli. L’integrità delle
cilia è fondamentale per la trasduzione del segnale
del recettore della leptina attivato, presente sui neuroni POMC. Il malfunzionamento ciliare spiegherebbe
perché tanto la sindrome di Bardet-Biedl (BBS) che
la sindrome di Alström (ALMS), due ciliopatie monogeniche, siano accomunate dalla presenza di obesità
(Tobin e Beales, 2009).
I pazienti affetti da BBS presentano tutte le caratteristiche tipiche delle ciliopatie: polidattilia, reni policistici,
retinite pigmentosa e situs inversus. Quasi tutti i pazienti (circa il 98%) affetti da BBS sono, inoltre, obesi.
Benché il meccanismo patogenetico posto alla base
del sovrappeso non sia ancora del tutto chiaro, sembra che esso possa dipendere da uno scorretto funzionamento del centro di sazietà ipotalamico. I pazienti
con BBS soffrono, inoltre, di polidattilia post-assiale e
di ipogenitalismo. Nei primi anni di vita essi passano
rapidamente dall’essere sovrappeso all’essere obesi
e, dunque, all’essere esposti alle complicanze legate
al caso. Ad 8 anni questi pazienti iniziano a soffrire di
cecità notturna, che diviene poi cecità completa con
buona approssimazione al raggiungimento del quindicesimo anno di vita. Le cisti renali si manifestano sin
dalla prima infanzia e alcuni pazienti potrebbero aver
bisogno, nelle epoche successive della loro vita, di
dialisi e trapianto renale. L’insufficienza renale rappresenta la principale causa di morte dei pazienti affetti
da BBS (nel 30% dei casi) (Tobin e Beales, 2009). Ad
oggi sono noti ben 19 geni correlati alla BBS, elemento, questo, che rende complessa la diagnosi molecolare effettuata con metodologie classiche. In ogni caso
la diagnosi di questi pazienti è principalmente clinica
(Tab. II).
La sindrome di Alström, dovuta a mutazione del gene
ALMS1, è una sindrome rara, con incidenza stimata
di 1/500.000-1/1.000.000, che mostra molte similitu126
Obesità sindromiche
da difetti di imprinting
Epigenetica nell’obesità
Come già anticipato nell’introduzione di questo lavo-
Obesità genetiche ed epigenetica
Tabella II. Criteri diagnostici per la diagnosi delle due più comuni sindromi monogeniche da disfunzione ciliare (da
Milani et al., 2014, mod.).
Sindrome di Alström
Sindrome di Bardet-Biedl
La diagnosi è fatta quando sono presenti i seguenti criteri: La diagnosi è fatta quando sono presenti:
4 criteri maggiori o 3 maggiori + 2 minori
2 maggiori o 1 maggiore + 2 minori
2 maggiori o 1 maggiore + 3 minori
2 maggiori + 2 minori o 1 maggiore + 4 minori
Età
Criteri Maggiori
Criteri Minori
Criteri Maggiori
Criteri Minori
< 2
anni
• Mutazione dell’ALMS
1 in un allele e/o storia
familiare di ALMS
• Nistagmo/fotofobia
• Obesità
• Cardiomiopatia
dilatativa con
scompenso cardiaco
congestizio
• Distrofia dei conibastoncelli
• Ritardo/disordine del
linguaggio
• Strabismo/cataratta/
astigmatismo
3-14
anni
• Mutazione dell’ALMS
1 in un allele e/o storia
familiare di ALMS
• Nistagmo/fotofobia,
ridotta acuità visiva,
distrofia dei coni valutata
all’elettroretinogramma
• Obesità e/o
insulinoresistenza
• (Storia di)
cardiomiopatia dilatativa
con scompenso
cardiaco congestizio
• Perdita dell’udito
• Età ossea avanzata
• Disfunzione epatica
• Insufficienza renale
• Polidattilia
• Obesità
• Ritardo
dell’apprendimento
• Ipogonadismo nei
maschi
• Anomalie renali
• Brachidattilia/sindattilia
• Ritardo dello sviluppo
• Poliuria/polidipsia
(diabete insipido
nefrogenico)
• Atassia/instabilità/
scarsa coordinazione
• Lieve spasticità
(soprattutto arti inferiori)
• Diabete melito
> 14
anni
• Mutazione dell’ALMS 1
in un allele e/o storia
familiare di ALMS
• Cecità, storia di
nistagmo, distrofia
di coni e bastoncelli
evidenziata
all’elettroretinogramma
• Obesità e/o
insulinoresistenza e/o
diabete di tipo 2
• (Storia di)
cardiomiopatia dilatativa
con scompenso
cardiaco congestizio
• Perdita di udito
• Disfunzione epatica
• Insufficienza renale
• Bassa statura
• Ipogonadismo maschile
• Irregolarità mestruale
e/o iperandrogenismo
femminile
ro, l’ereditabilità del BMI gioca un ruolo fondamentale
nella determinazione del peso corporeo, registrando
una soglia di incidenza con un valore che può superare il 70% (Haworth et al., 2008). Questo ultimo dato
appare però in aperta contraddizione con l’evidenza di
un aumento epidemico dell’obesità pediatrica registrato negli ultimi venti anni, lasso di tempo, questo, assolutamente insufficiente perché si possano registrare
modifiche permanenti nel genoma. Solo la riprogrammazione dell’espressione genica, manifestatasi attraverso quelle che si definiscono modificazioni epigenetiche conseguenti a rilevanti modifiche ambientali avvenute in massima parte nelle prime epoche della vita,
potrebbe parzialmente giustificare questo fenomeno. I
due meccanismi principali che portano alle modificazioni epigenetiche sono la metilazione del DNA ed il rimodellamento della cromatina, cioè del complesso del
DNA e degli istoni ad esso associati (Waterland, 2014).
• Affollamento dentale/
ipodontia/radici piccole/
palato arcuato
• Ipertrofia del ventricolo
sinistro/cardiopatia
congenita
• Fibrosi epatica
Variazioni interindividuali nelle modificazioni epigenetiche, come la metilazione CpG, sono potenzialmente in
grado di alterare la funzione genica e di predisporre ad
obesità. La variazione del grado di metilazione, infatti,
è in grado di modulare l’espressione di geni coinvolti
nel controllo ipotalamico dell’appetito (Kuehnen, 2012).
Già in utero si può verificare una riprogrammazione
del bilancio energetico derivante dall’esposizione a
peculiari fattori ambientali, con conseguenti modificazioni epigenetiche che possono colpire il potenziale adipogenetico della prole (Waterland, 2014). Tobi
et al., hanno, infatti, dimostrato che l’esposizione prenatale di feti umani a carestia, è in grado di determinare alterazione della metilazione del DNA, con conseguenti modificazioni epigenetiche che persistono
per l’intera esistenza e che predispongono ad obesità
e ad aumentato rischio metabolico e cardiovascolare
nel corso della vita (Tobi et al., 2014).
127
L. Perrone et al.
Abbiamo prima sottolineato il ruolo del gene POMC
nello sviluppo delle obesità monogeniche. Un recente
lavoro dimostra come anche l’epigenetica, attraverso
la modificazione dell’espressione del POMC, possa
giocare un ruolo importante nel predisporre all’obesità (Kuehnen, 2012). Kuehnen et al., infatti, hanno
dimostrato che i pazienti obesi presentano un incremento significativo dello score di metilazione del gene
POMC (Kuehnen, 2012). L’ipermetilazione del POMC
determina riduzione dell’espressione del POMC con
conseguente sviluppo di obesità (Kuehnen, 2012).
Conclusioni e prospettive
per il futuro
L’obesità, considerata quale esempio di patologia poligenica per eccellenza, può, in una piccola percentuale
di casi, configurarsi come l’espressione di una mutazione monogenica causativa o, in altri casi, inquadrarsi
nell’ambito di una sindrome. Riconoscere le obesità
monogeniche, sindromiche e non, è davvero molto
importante per almeno due ragioni che si andranno
di seguito ad enunciare. In primis, perché si auspica
Anamnesi familiare, personale ed esame obiettivo
Segni o sintomi concomitanti o iperfagia tali da far
sospettare obesità sindromica?
SÌ
È presente ritardo dello sviluppo o sono chiaramente
evidenti dismorfismi?
SÌ
No
Positivo
Sindrome di
Prader-Willi
Cariotipo
Studio di metilazione del DNA
Negativo
SÌ
È presente fotofobia o
nistagmo?
Sindrome di
Alström
No
Positivo
Sindrome di
Bardet-Biedl
SÌ
È presente distrofia retinica?
No
Dosaggio di leptina,
insulina e proinsulina
Obesità monogenica
da deficit congenito di
leptina o PCSK1
Negativo
Osteodistrofia ereditaria di
Albright, obesità monogenica
da deficit di BDNF, TrkB,
SIM1
Studio genetico
molecolare
Obesità monogenica da deficit congenito del
recettore della leptina, POMC, MC4R
Figura 2. Inquadramento diagnostico delle obesità monogeniche (da Farooqi e O’Rahilly, 2014, mod.).
128
Obesità genetiche ed epigenetica
che, nell’immediato futuro, avvalendosi anche dei risultati di altre ricerche condotte nel campo dell’obesità, i pazienti obesi possano beneficiare di una terapia
specifica (come ad esempio della somministrazione
di leptina ed agonisti del recettore MC4R). In secondo
luogo perché si auspica che, se inquadrati nell’ambito
di una sindrome ben definita, essi potranno avvalersi
di un approccio multidisciplinare per la gestione dell’intero quadro sintomatologico. L’obesità ha raggiunto, ad
oggi, proporzioni epidemiche. Spesso, però, i quadri
clinici dei soggetti colpiti da questa patologia sono assai sfumati, tanto che capita di frequente che i pazienti
obesi necessitino di ulteriore attenzione diagnostica.
Nella Figura 2 è rappresentato un algoritmo di inquadramento diagnostico che può rivelarsi assai utile
nella pediatria territoriale, per sospettare un’obesità
monogenica, e nel secondo e nel terzo livello per
orientarsi nell’esecuzione di tutte le indagini diagnostiche atte a confermare la diagnosi finale. In futuro,
con il continuo affinarsi delle tecniche di diagnostica
genetico-molecolare, la diagnosi di tutte queste forme
potrebbe divenire più semplice. Le recenti evidenze
sul ruolo dell’epigenetica, confermano, inoltre, l’improrogabile necessità di orientare l’azione sulla prevenzione dell’obesità, prevenzione che può iniziare
sin dall’epoca prenatale.
Box di orientamento
• Cosa sapevamo prima
L’obesità deriva dall’interazione fra predisposizione genetica ed ambiente. Era noto solo un limitato numero di obesità monogeniche con ridotte possibilità diagnostiche.
• Cosa sappiamo adesso
L’obesità è legata all’interazione fra predisposizione genetica, epigenetica ed ambiente. Il campo di studio delle obesità monogeniche si è enormemente allargato così come le possibilità diagnostiche. Per
alcune tipologie di obesità si auspica che si possa, in tempi rapidi, giungere all’applicazione di una specifica terapia.
• Per la pratica clinica
Aumentate capacità di riconoscere il paziente con obesità monogenica tra i numerosissimi pazienti con
obesità semplice. La prevenzione dell’obesità pediatrica va attuata già in epoca prenatale.
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obesità genetiche umane.
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* Importante perché rappresenta la prima
descrizione dell’associazione di varianti
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in grado di interferire con la crescita ed il
metabolismo post-natale.
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** Ottima revisione delle attuali conoscenze sull’epigenetica dell’obesità.
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Corrispondenza
Laura Perrone
Dipartimento della Donna, del Bambino e di Chirurgia Generale e Specialistica. Seconda Università degli Studi di Napoli E-mail: [email protected]
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