Titolo Lévi-Strauss, Claude, Le cru et le cuit, Librairie Plon, Paris 1964 ; tr.it. Il crudo e il cotto, Mondatori, Milano 1966 (1990), trad it Andrea Bonomi, pp. 510. Autore della recensione Irina Annamaria Di Vora Data della recensione 28/02/2006 Abstract Un ottimo esempio di applicazione del metodo strutturale: il crudo e il cotto si configurano come i due poli entro i quali viene riconosciuta la struttura di un mito di riferimento capace far emergere, per isomorfismo, gli schemi conduttori che legano tra loro miti anche geograficamente lontani. Da “categorie empiriche” crudo e cotto divengono quindi “strumenti concettuali per far emergere […] nozioni astratte e concatenarle in proposizioni” valide oltre il primitivo contesto di partenza, sia geografico che culturale. Recensione La scansione dei capitoli e dei paragrafi sub specie musicalis non è per Lévi-Strauss un espediente retorico, ma mira ad offrire, ad esporre la struttura dei miti Bororo e Gé per il tramite di un ordinamento testuale che viene così dotato dei propri armonici, di una propria cassa di risonanza. Tra il crudo e il cotto l’oscillazione della lancetta del metronomo segna un tempo che è musicale fuori di metafora e per esplicita scelta dell’autore. Dovendo “alternare un discorso disteso e uno diffuso, accelerando il ritmo dopo averlo rallentato”1, necessitando di una forma duttile capace di restituire la polifonia degli esempi ai momenti di sosta riflessiva e la ricchezza di un’esperienza indagata e restituita in discorso, il ricorso alla varietà di forme musicali, efficaci e già date diventa il principio organizzatore della materia ancora da strutturare. Il mito e la musica condividono la caratteristica comune di aver bisogno del tempo per manifestarsi, ma di un tempo peculiare che, se ha bisogno fatalmente di una dimensione diacronica per manifestarsi, si tramuta in totalità sincronica al momento del godimento e della fruizione. Il tempo della musica come quello del mito “supera l’antinomia tra tempo storico compiuto e struttura permanente”2. Anche il mito, come l’opera musicale, si sviluppa a partire da un “doppio continuo: uno esterno, la cui materia è costituita da circostanze storiche o ritenute tali, che formano una serie teoricamente illimitata da cui ogni società astrae, per elaborare i propri miti, un numero ristretto di eventi pertinenti […]. Il secondo continuo è di ordine interno. Esso ha la propria sede nel tempo psicofisiologico dell’uditore, i cui fattori sono molto complessi: periodicità delle onde cerebrali e dei ritmi organici, capacità di memoria e potere di attenzione”3. La musica dal canto suo si avvale dei ritmi organici da una parte (ritmo cardiaco e ritmo respiratorio) e dall’altra preleva il suo sistema di intervalli dal contesto culturale. Questo sistema di intervalli è ciò che dà alla musica il suo primo livello di articolazione, esattamente come nella lingua il primo livello di articolazione è costituito dai fonemi e il secondo dai morfemi. L’organizzazione del materiale, sia di quello musicale che di quello mitico, per esibire un qualsiasi tipo di isomorfismo deve obbedire ai criteri metodologici, semplicissimi, teorizzati dal metodo strutturalista: la struttura è un sistema di 1 differenze, un modello trasponibile di fenomeno in fenomeno che consente un tipo di analisi interdisciplinare, tracciando analogie e identità laddove prima era solo l’informe materia del caos. L’etnologo non si occupa di prendere in esame ampie tranches di fenomeni, bensì si accontenta di rinvenire strutture omologhe nell’organizzazione di pochi oggetti empirici prelevati nel continuum del concreto. Così le sequenze di ogni mito ed i miti stessi nelle loro reciproche relazioni verranno trattati “come le parti strumentali di un’esecuzione musicale” e il loro studio verrà assimilato “a quello di una sinfonia”. Se per sua stessa ammissione metodologica in precedenza, con l’Antropologia strutturale, Il totemismo oggi e Il pensiero selvaggio, Lèvi–Strauss aveva guardato dal mito al linguaggio, ora la decisione è di guardare dal mito alla musica, con la quale il mito condivide la proprietà di “operare mediante l’assestamento di due trame, l’una interna e l’altra esterna”4. Nel caso della musica, la trama esterna, quella che è stata chiamata “culturale”, quella della scala degli intervalli, rinvia ad una “discontinuità virtuale”, perché i suoni, oggetti culturali, si distinguono dai rumori; e la trama interna, “cerebrale”, è rafforzata dall’esistenza di una “trama viscerale”, in una specie di “ipermediazione tra natura e cultura”5 quale non si trova mai nelle altre arti. E se la musica mostra all’uomo “il suo radicamento fisiologico, la mitologia fa lo stesso con il suo radicamento sociale”6. Gli strumenti musicali e gli schemi mitici operano lungo lo stesso asse. Oltretutto i miti spesso si cantano. In questo modo l’autore ha agganciato cultura a natura, musica a linguaggio e mito a musica. Dalla comparazione di miti e usanze che separati non significano niente emergono gli elementi che essi hanno in comune, il profilarsi di una struttura, per la quale se in Cambogia , in Malesia e nel Siam le puerpere si coricavano su una griglia sotto la quale ardeva un debole fuoco, se in America le madri partorivano su un mucchio di sabbia calda, se in California le partorienti venivano collocate in forni scavati sotto terra, e “cotte”, allora forse sarà lecito azzardare che si fanno “cuocere” gli individui impegnati in un processo fisiologico: la cottura segnerebbe l’entrata dell’individuo nel gruppo: un “essere naturale è cotto e insieme socializzato”7. Ma questo non riduce il mito alla esplicazione di un significato ultimo. Ogni mito rinvia ad altri miti e “tutti i miti significano lo spirito il quale li elabora per mezzo del mondo di cui esso stesso fa parte”8. Questa conclusione, apparentemente pacata ed innocua, non mancò di attirare a Levi-Strauss parecchie critiche, in Francia ma anche in Italia. Il giovane Eco, per esempio, racconta in Opera Aperta9 di avere avuto nel 1963 uno shock culturale leggendo proprio Il pensiero selvaggio, ma nella Struttura Assente criticava con puntualità lo strutturalismo; anche Paci, parlando di strutturalismo e fenomenologia sottolineava come per la fenomenologia il soggetto conferisce significato agli avvenimenti, mentre per Lévi-Strauss trova le strutture significanti che lo precedono10. Tra le critiche che avevano investito Lévi Strauss in Francia egli stesso ricordava l’appunto di Paul Ricoeur, per il quale il tentativo strutturalista di “mettere a nudo una rete di costrizioni fondamentali e comuni” 11si traduceva il un “kantismo senza soggetto trascendentale”, perché chi è, allora, ad elaborare queste costruzioni-costrizioni che si presentano all’etnologo già categorizzate? L’inconscio, rispondeva Lévi-Strauss, accogliendo la critica ed approfittandone anzi rielaborare ulteriormente il proprio pensiero: “noi non pretendiamo di mostrare come gli uomini pensino nei miti, ma viceversa come i miti si pensano negli uomini, e a loro insaputa”12, esattamente come chi parla non applica coscientemente le leggi fonologiche e grammaticali. Di nuovo veniva proposta l’analogia con il linguaggio, modello forte di struttura, parametro con cui misurare l’efficacia di altre forme di espressione quali la pittura, non figurativa e figurativa, e la musica seriale, colpevole di “saltare” un livello di articolazione. Ma se il modello di Lévi-Strauss si prestava alla critica di voler annullare la Storia per l’atemporalità di una struttura che finisce per coincidere con i meccanismi dello spirito o dell’inconscio, se finiva per incoraggiare le incalzanti domande degli studiosi italiani e francesi sul rischio di 2 una deriva di senso, d’altro canto egli, come non mancava di notare Derrida, non solo riconosceva che la ricerca mitologica non conosce la propria fine, non ha un termine ultimo(dando però ulteriore adito al sospetto che lo stesso rigore metodologico di mito in mito ci conduca verso un centro dove l’unica presenza è l’Assenza), ma dichiarava altresì che i tratti pertinenti selezionati dallo studioso sono suscettibili di revisione: “[…] come nel linguaggio, gli elementi respinti non si dissolvono […] la totalità virtualmente illimitata degli elementi rimane sempre disponibile”13, (a patto però che i nuovi elementi selezionati dal continuo comportino una riorganizzazione coerente di tutto il sistema). Ammissioni, queste, che rivelano lo sforzo di salvare un metodo di analisi e di accettarne la mera operatività, e contemporaneamente mostrano la tentazione di ridurre la realtà ad un reticolo cristallino di corrispondenze. Ù Indice OUVERTURE PARTE PRIMA TEMA E VARIAZIONI I. II. Canto Bororo Variazioni Gè PARTE SECONDA I. II. Sonata delle buone maniere Sinfonia breve PARTE TERZA I. Fuga dai cinque sensi II. Cantata della sariga PARTE QUARTA L’ASTRONOMIA BEN TEMPRATA I. Invenzioni a tre voci II. Doppio canone rovesciato III. Toccata e fuga IV. Composizione cromatica PARTE QUINTA SINFONIA RUSTICA IN TRE TEMPI I. II. III. Divertimento su un tema popolare Concerto d’uccelli Nozze Tavola dei simboli Bestiario 3 Bibliografia Indice delle illustrazioni nel testo Indice dei miti Indice analitico Autore Claude Lévi-Strauss nasce a Bruxelles il 28 Novembre 1908. Studia a Parigi e nel 1931 si laurea in Filosofia. Nel 1935, recatosi in Brasile per insegnare sociologia, partecipa a due spedizioni, una nel Mato Grosso e una in Amazzonia. Queste esperienza e l’incontro con Jacobson saranno fondamentali per lo sviluppo futuro del suo pensiero. Nel 1947 torna in Francia, dove insegnerà al Musée de l’homme, all’École des hautes Études e dal 1950 al Collège de France. La sua corposa produzione lega il suo nome al metodo dello strutturalismo. Bibliografia essenziale dell’autore La vita familiare e sociale dei Nambikwara [1948] Le strutture elementari della parentela [1949] Tristi tropici [1955], Il Saggiatore, Milano 1960 Antropologia strutturale [1958], Il Saggiatore, Milano 1965 Il pensiero selvaggio [1962], Il Saggiatore, Milano 1964 Il crudo e il cotto, Il Saggiatore, Milano 1966 Razza e storia e altri saggi di antropologia [1952], Torino 1967 Dal miele alle ceneri, Il Saggiatore, Milano 1970 Le origini delle buone maniere a tavola, Il Saggiatore Milano 1971 L'uomo nudo [1971], Il Saggiatore, Milano 1974 Links http://www.filosofico.net/levistrauss.htm Vita, pensiero e bibliografia di Lévi-Strauss: http://www.adpf.asso.fr/adpf-publi./folio/levi/14.html Breve scheda sul pensiero di Lévi-Strauss. http://www.riflessioni.it/enciclopedia/levi_strauss.htm Per un approfondimento: http://agora.qc.ca/mat.nsf/Dossier/Claude-Lévi 1 Lévi-Strauss, C., Il crudo e il cotto, Mondadori, Milano 1990, p. 31. Ibidem, p. 33. 3 Ibidem, p. 33. 4 Ibidem, p. 49. 5 Ibidem. 6 Ibidem. 7 Ibidem, p. 439. 8 Ibidem, p. 446. 9 Eco, U., Opera Aperta, Bompiani, Milano 1997, p. VIII. 10 Eco, U., La struttura assente, Bompiani, Milano 1994, p. 269. 11 Levi-Strauss, op. cit., p. 26. 2 4 12 13 Ibidem, p. 27. Ibidem, p. 446. 5