ALIMENTAZIONE E CERVELLO E` in continuo aumento il numero

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ALIMENTAZIONE E CERVELLO
E’ in continuo aumento il numero degli studi sul rapporto tra alimentazione e cervello. Troppo spesso
vengono attribuite ai geni responsabilità che non hanno, infatti la sorte del cervello non dipende da
loro, tranne alcuni casi particolari ovviamente, per esempio cefalee croniche, epilessia, depressione
traggono origine dagli alimenti, in particolare dai cereali. Da circa trent’anni si sta lavorando per
verificare i danni prodotti da una dieta ricca di carboidrati raffinati e grassi saturi, tipica del mondo
occidentale. Si sta cercando di comprendere quali danni possono instaurarsi a livello cerebrale
soprattutto in alcune aree come le frontali, il limbo e l’ippocampo; queste sono le formazioni deputate
alla memoria e all’apprendimento. Anche se i dati della ricerca sull’uomo sono ancora incompleti, è
stato evidenziato un nesso di causalità tra dieta ricca di carboidrati raffinati e grassi saturi e
compromissione delle funzioni cerebrali; inoltre si ipotizza che possa contribuire anche allo sviluppo
di patologia neurodegenerativa. Siamo passati da una alimentazione basata su un alto tenore di grassi
e basso di carboidrati, a una che è esattamente il contrario, che a detta di Perlmutter è all’origine di
disturbi come cefalea, insonnia, ansia, depressione, disturbo da deficit di attenzione e iperattività
(ADHD- Attention Deficit Hyperactivity Disorder) e il declino cognitivo. A mio parere per quanto
concerne l’ADHD questo tipo di problematica si innesta su una già preesistente che è il danno
cerebrale subito dal bambino per altre cause, virali, vaccinazione, etc. I carboidrati raffinati ci
espongono a rischio di obesità, a diabete che a sua volta ci espone a un doppio rischio di morbo di
Alzheimer, e nessuno ha dato importanza né la spiegazione del rapporto tra alimentazione e salute
del cervello. Con la modifica genetica apportata al grano stiamo sfidando la nostra fisiologia, direi
che i nostri geni sono in rotta di collisione con alcuni alimenti, non è un caso che si evidenzia sempre
più il fenomeno del mimetismo molecolare, cioè l’omologia di sequenza con molte proteine
alimentari e microrganismi patogeni. Anche il BDNF (brain-derived neurotrophic factor) è
influenzato da una dieta di tipo occidentale, infatti, è stato osservato che dopo lesioni traumatiche
cerebrali ci sono ripercussioni negative sull’ippocampo e sulla funzione cognitiva per la riduzione
del BDNF. C’è una correlazione diretta tra bassi livelli di BDNF ippocampale e apprendimento,
infatti, il BDNF influenza la plasticità delle sinapsi attraverso la sinapsina I e la proteina CREB
(cAMP-response element-binding protein) che diminuiscono di pari passo al decremento del BDNF.
Anche in assenza di trauma ci sono problematiche di tipo cognitive legate al BDNF, gli animali che
imparano più velocemente un compito legato alla memoria spaziale, hanno più BDNF ed mRNA
nell’area ippocampale. Appena due mesi di dieta ricca di carboidrati raffinati e grassi saturi sono
sufficienti a ridurre i livelli ippocampali di BDNF, le conseguenze sono diminuzione
dei livelli di mRNA della sinapsina I inportante per il rilascio dei neurotrasmettitori, diminuzione dei
livelli di CREB che gioca un ruolo chiave per la memoria ed è
PROTEIN-CHINASI
sotto il controllo del BDNF. Questo tipo di dieta influisce sulla
fosfoproteina 43 associata alla
crescita
GAP43
(growth Famiglia di enzimi appartenenti al
È possibile fare qualcosa per
gruppo delle chinasi, hanno la
rallentare il danno indotto dalla
associated protein 43) che ha un capacità di modificare altre
dieta di tipo occidentale su
ruolo importante per la proteine, aggiungendo ad esse un
descritta, oltre alla modifica
crescita
di
alcune gruppo fosfato, ( fosforilazione).
dell’abitudine
alimentare,
fosforilazione
comporta
terminazioni presinaptiche La
ovviamente, l’attività fisica ci
del neurone, importante nello solitamente un cambiamento dello
aiuta
notevolmente,
ecco
stato funzionale della proteina
perché una sana e adeguata
sviluppo dell’assone e nella
bersaglio (substrato), ad esempio
attività fisica è importante.
plasticità sinaptica, alti livelli di l'attivazione del substrato stesso.
GAP43 neuronale si rilevano Le protein-chinasi sono importanti
sia durante lo sviluppo, sia nella rigenerazione assonale. L’azione nel processo di trasduzione del
della GAP43 non è del tutto nota, pur essendo la meglio segnale e delle risposte.
caratterizzata tra le proteine associate alla crescita, può legare la calmodulina, la protein chinasi C
può fosforilarla, influenza inoltre il rilascio di neurotrasmettitori. L’esercizio fisico contrasta gli
effetti nocivi del consumo di questo tipo di alimentazione, invertendo il decremento del BDNF
evitandone gli effetti nocivi a valle, si assisterà pertanto anche a un’adeguata funzione della sinapsina
I e della proteina CREB con conseguente miglioramento dell’apprendimento e della memoria. Poiché
c’è una maggior quota di radicali liberi, conseguenza di questo tipo di alimentazione, l’esercizio fisico
contribuisce alla loro diminuzione. L’esercizio fisico può essere utilizzato per aumentare la
plasticità sinaptica, promuovere la riabilitazione comportamentale e contrastare anche gli effetti
deleteri dell'invecchiamento. Anche nella Sclerosi Multipla l’esercizio fisico si è dimostrato
importante, infatti, il fattore di crescita insulino simile (GF1I) ( Insulin-like growth factor-I) sembra agire come fattore ad
DOPAMINA
azione neuroprotettiva e l'esercizio fisico può favorire questo
fattore nella malattia. Oltre al loro coinvolgimento nella
plasticità neuronale, CREB e BDNF sono molecole che
Oltre ai peptidi vi è anche la
dopamina, che costituisce il fattore
possono svolgere un ruolo importante nella modulazione
inibente la prolattina ed è prodotta
dell'umore. Iniziano ad emergere correlazioni tra disfunzione
dal nucleo arcuato periventricolare.
cerebrale e sindrome metabolica, ciò potrebbe spiegarsi nel
modo seguente: se consideriamo che i carboidrati raffinati, alti
livelli di acidi grassi saturi e ω-6, bassi livelli di acidi grassi ω-3 e gli acidi grassi polinsaturi a
catena lunga (PUFA), insieme alla sedentarietà e stress psichico possono predisporre a uno stato di
infiammazione. L’aumento dell’attività simpatica con conseguente aumento della produzione di
catecolamine, cortisolo e serotonina inducono stress ossidativo che danneggia il nucleo arcuato e
l’ipotalamo, importante rammentare che il nucleo arcuato produce dopamina. In questo processo sono
coinvolti anche i macrofagi e il fegato che rilascia citochine proinfiammatorie. Se c’è un concomitante
deficit di acidi grassi polinsaturi a catena lunga, oltre al danno ipotalamico si aggiunge un danno del
neuropeptide-Y, gli acidi grassi su menzionati nel cervello rappresentano il 40-50%, e sono costituenti
fondamentali delle membrane. Ci sono conseguenze dannose anche alla proopiomelanocortina(POMC), e ai recettori cerebrali dell’insulina, in tutte le prime fasi della vita:
intrauterina, infanzia e giovinezza. Gli acidi grassi della serie ω-3 sono utili perché oltre ad avere
un’azione di riequilibrio sulle membrane, migliorano l’attività parasimpatica, migliorano i livelli di
acetilcolina nell’ippocampo e fanno registrare un aumento di IL-4 e IL-10. Anche il tipo di acido
grasso incide in maniera diversa sull’organismo, a parte gli effetti obesogeni, anch’essi diversi in
dipendenza del tipo di grassi, ci interessa vedere gli effetti sul sistema nervoso, sui lipidi plasmatici,
glicemia, insulina e leptina. L’alimentazione con acidi grassi saturi induce iperfagia e maggior
aumento di peso corporeo rispetto a una dieta ricca di acidi grassi polinsaturi n-6 e n-3in modelli di
studio su animali è stato osservato che con una dieta ricca di acidi grassi saturi diminuisce
l’espressione dell’mRNA per il neuropeptide-Y nel nucleo arcuato e nei nuclei dorso-mediali rispetto
ai ratti alimentati con dieta a basso contenuto di acidi grassi saturi.
Tralasciamo il discorso sui grassi e carboidrati, e vediamo in che modo il cibo può influenzare il
nostro organismo, è ormai documentato che esso funge da modulatore epigenetico, è un regolatore
dell’espressione genica, quindi in grado di modificare il nostro DNA (metilazione).
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associated with glucose
regulation in healthy elderly
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with glucose and dietary
carbohydrates
3. The influence of carbohydrate
on cognitive performance: a
critical evaluation from the
perspective of glycaemic load
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/
pubmed/19278571
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