C U L T U R A due divinità rappresentate: il falco Horo, dio solare e fonte di vita, e lo sciacallo Anubi, tradizionalmente associato al culto egizio dei defunti, rivelano la profonda influenza esercitata dagli antichi culti. Degna di nota è infine la persistenza di idee faraoniche pagane all'interno della mitologia agiografica cristiana d'Egitto, evidente nei santi cinocefali raffigurati nell'icona lignea nazioni compaiono, inoltre, nella stessa iconografia angelica, come si può osservare nell'icona con l'Arcangelo Michele, sempre conservata al Cairo: l'emissario celeste sembra ormai aver assimilato quegli attributi che, nei tempi antichi, caratterizzavano le divinità del pantheon faraonico: il pilastro djed, emblema di forza e stabilità, nella mano destra e la bilancia del giudizio preposta alla pesatura delle anime, attributo del dio Thoth, nella mano sinistra. La stessa onomastica copta sembra rivelare un uso frequente e protrattosi abbastanza a lungo di nomi di persona di origine precristiana: si pensi, ad esempio, a San Pacomio, fondatore del monachesimo egiziano, il cui nome era di origine pagana, così come pagano era anche quello di uno dei suoi successori: Horsaesi, che letteralmente significa “Horo, figlio di Iside”. Se dunque la presenza di agganci tra mondo faraonico e mondo cristiano in Egitto non è in discussione, quella che deve essere analizzata è la quantità e, soprattutto, la qualità di tali consonanze. Infatti, nascendo all'ombra delle vestigia faraoniche, in un mondo in cui tutte le testimonianze della civiltà indigena erano ancora chiaramente visibili, stupisce il fatto che il Cristianesimo egiziano non abbia saputo coglierne l'enorme potenzialità ed appropriarsi di temi figurativi, significati verbali e strutture speculative che potevano essere facilmente piegate alle proprie esigenze. Non deve essere, tuttavia, dimenticato il fatto che il Cristianesimo nasceva in aperta contrapposizione ed ostilità verso gli antichi culti pagani, tutto ciò che rappresentava la venerazione agli dei, greci o egizi che fossero, era rifiutata, e le turbolente vicende legate alla soppressione di riti ed alla chiusura dei templi testimoniate dalle fonti già verso la fine del IV secolo ne sono un esempio. Il forte accento di spiritualità che caratterizza l'arte cristiana è inoltre assente dai rilievi e dalle pitture faraoniche in cui sembra emergere soprattutto la precisa ed impegnata volontà di rappresentare azioni, casi concreti. Dalle raffigurazioni copte, invece, l'accento spirituale è immediatamente percepibile: gli occhi ingranditi, la frontalità, la collocazione atemporale e aspaziale preludono ad uno spazio Figura 11 - Il Cairo, Museo Copto, icona lignea con l'Arcangelo Michele (Cannuyer, 2001) conservata al Museo Copto del Cairo. Secondo la leggenda, i due santi rappresentati sarebbero stati una sorta di licantropi convertiti dalla predicazione di San Mercurio. Nel modo di rappresentare i due personaggi appaiono tuttavia palesi i riferimenti al dio egiziano Anubi, divinità preposta all'oltretomba ed all'imbalsamazione del defunto. Simili contami- 20