il fatto, il commento
I copti egiziani,
eredi dei faraoni
I
Beatrice Nicolini
Insegna Storia e
istituzioni dell’Africa
presso la facoltà di
Scienze politiche
dell’Università Cattolica
di Milano. Si occupa,
in particolare, di
storia dell’Oceano
Indiano, schiavitù,
percorsi migratori e
di sviluppo. Ha al suo
attivo un’ottantina di
pubblicazioni, di cui più
della metà in inglese.
l 1° gennaio 2011 una bomba
è esplosa davanti alla chiesa
dei Santi al-Qiddisine ad
Alessandria d’E­gitto, causando
23 morti e nu­merosi feriti.
Il governo egiziano, in una
delicata fase di transizione (il
presidente Hosni Mubarak sta
preparando la successione in
favore del figlio Gamal), non
è stato in grado di prevenire
l’episodio che ha evidenziato
le fragilità politiche, oltre alle
profonde fratture sociali che il
Paese attraversa. Ma chi sono i
copti? Come si inseriscono nel
mosaico identitario egiziano?
Il termine «copto», inizialmente
privo di connotazioni confessionali, deriva dall’arabo «qubt»,
«quft», «qift» più precisamente,
dalla traduzione in arabo del
sostantivo greco «aiguptios»,
traslato attraverso il latino «cophti, cophtitae». All’inizio della
dominazione araba (VII sec.) tale termine indicava gli abitanti
originari dell’Egitto (i discendenti dei faraoni), distinguendoli dai «rum», cioè gli abitanti
di origine greco-bizantina. Inizialmente i musulmani distinguevano i copti dai «melchiti»
(i cristiani in comunione con
Costantinopoli) e dai «giacobiti»
(dal nome di Giacomo Baradeo).
Successivamente le divisioni divennero meno nette e il termine
«copto» indicò tout court la
minoranza cristiana.
I copti hanno sempre ricollegato l’atto di fondazione della loro
Chiesa all’opera d’evangelizzazione di san Marco. Posizione
non condivisa dalla Chiesa di
Roma e dagli studiosi occidentali che ne hanno posticipato
l’inizio al 543: anno in cui
Baradeo ristrutturò la Chiesa cristiana d’Egitto in chiave
anti-calcedonense.
Quel che è certo è che la cattedra episcopale alessandrina e i suoi rappresentanti (san Marco, san Paconio,
san Atanasio, san Cirillo) contribuirono in modo importante al processo di evoluzione teologica dei primi
secoli dell’era cristiana, così come significativo fu il
peso politico esercitato dai cittadini di fede cristianocopta nel corso delle prime dinastie califfali islamiche.
L’importanza del contributo copto si manifestò nel corso del II Concilio d’Efeso (449 d.C.), quando Dioscoro
d’Alessandria, insistendo sul monofisismo (cioè l’unicità
della natura di Cristo), sottoscrisse una scissione che si
concretizzò due anni più tardi nel corso del Concilio di
Calcedonia. Qui, se da un lato si proclamò la doppia
«natura» di Cristo (umana e divina), dall’altro si escluse
All’inizio della dominazione araba (VII sec.)
il termine «copto» indicava gli abitanti
originari dell’Egitto. Successivamente le
divisioni divennero meno nette e il termine
indicò tout court la minoranza cristiana
il primato vantato dalla cattedra alessandrina nel dibattito teologico.
In seguito alle persecuzioni di Giustiniano (527-565) la
Chiesa copta comprese di dovere la propria sopravvivenza alla capacità di darsi un ordinamento distintivo
e una vita autonoma rispetto alle altre Chiese cristiane.
Tale scelta causò il fallimento del tentativo imperiale
(Eraclio 610-641) di riassoggettarla all’ortodossia e, nel
640 (battaglia di Heliopolis), ebbe luogo il passaggio
«naturale» dell’Egitto all’islam.
L’introduzione di regole discriminatorie nei confronti
dei copti non incise sulla coesistenza tra cristiani e musulmani, sostanzialmente inalterata fino al XII secolo.
La discriminazione invece si acuì con l’islamizzazione
dell’apparato amministrativo compiuta dai mammalucchi (XIII sec.). In epoca contemporanea, la partecipazione e l’impegno copto nella rivoluzione del 1919, che
condusse all’unificazione in chiave anti-britannica, non
vennero riconosciuti nei decenni successivi dai musulmani. A partire dal 1952, i presidenti egiziani si distinsero per atti di persecuzione contro la comunità copta:
la più grave fu l’arresto nel 1981 di papa Shenuda III,
da parte del presidente Sadat, seguito da una serie di
attentati fino ad arrivare a quello del gennaio 2011.
Sullo sfondo, la croce di san Marco.