Nuova ipotesi sul genoma della vite

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Nuova ipotesi sul genoma della vite
SAN MICHELE. La Fondazione Edmund Mach di San Michele getta luce sull'origine evolutiva del genoma della
vite e lancia una nuova, brillante, ipotesi scientifica: il
codice genetico di questa pianta da frutto sarebbe derivato dall'unione di due subgenomi che si sono evoluti in
maniera indipendente a partire da un progenitore comune. L'ipotesi scaturisce da tre anni di ricerche condotti
dal Centro ricerca e innovazione, ed è stata pubblicata
in questi giorni sulla rivista scientifica "Plos One".
La ricerca propone un vero e proprio modello evolutivo del genoma della vite e
rappresenta il punto di partenza per correlare l'evoluzione indipendente dei due
subgenomi con tratti fenotipici di interesse ovvero per
perfezionare le attività di miglioramento genetico in corso presso i laboratori di San
Michele. Intitolata "RicoGli autori
struzione del
genoma (pasoddisfatti:
leo)poliploi«Abbiamo stimato gli
de di vite sulla base dell'aeventi avvenuti nei
nalisi
di
eventi di tramilioni di anni di
sposizione
evoluzione della pianta» dei geni di resistenza", è
stata realizzata da Giulia Malacarne e
Michele Perazzolli con Alessandro Cestaro, Lieven Sterck, Paolo Fontana, Yves Van
de Peer, Roberto Viola, Riccardo Velasco, Francesco Salamini.
I risultati di Questo lavoro
hanno permesso alla Fondazione Mach di aggiudicarsi
uno dei 18 premi conferiti
nell'ambito del convegno promosso dalle Società italiane
di Genetica, Biologia Vegetale e Genetica Agraria.
Lo studio ha sfruttato le conoscenze derivate dal sequenziamento del genoma
del Pinot Nero effettuato nel
2007; è stato realizzato in silico, cioè riprodotto al computer grazie ai recenti sviluppi
della informatizzazione della
ricerca, ed ha analizzato i
meccanismi alla base della
formazione di regioni genomiche altamente dense di geni di resistenza (geni Nbs) e
di come tali geni si siano evoluti nel contesto del genoma
di Vitis vinifera. E' stato condotto presso il Centro Ricerca ed Innovazione della Fondazione Mach in collaborazione con il gruppo belga
coordinato dal professore
Yves van de Peer presso l'università di Ghent.
«L'utilità di questa ricerca
- spiegano gli autori - consiste nell'aver contribuito a delucidare il processo che ha
portato alla formazione dello
stato esaploide del genoma
di vite, stimando gli eventi di
ricombinazione
avvenute
nei milioni di anni di evoluzione della vite».
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