Capire l’India INDIA OGGI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 776 Fatti e dati che illustrano il quadro generale dell’India dei nostri giorni. STORIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 779 I vari fili che formano la ricca trama della storia dell’India. LA VITA QUOTIDIANA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 803 Una finestra su tutto ciò che è tipico dell’India, dal sistema delle caste al cricket. L’INDIA DELLA SPIRITUALITÀ. . . . . . . . . . . . . . . . . 810 Un excursus sul variegato panorama religioso del paese, con siti sacri e festività tutte da scoprire. DELIZIE INDIANE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 819 Le delizie indiane spaziano dai piccanti spuntini venduti per strada a soffici pizze super farcite. I GRANDI BAZAR INDIANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 830 Sontuose sete, scintillanti pietre preziose, manufatti tribali e molto altro: un paradiso per shopping dipendenti. L’ARCHITETTURA RELIGIOSA . . . . . . . . . . . . . . . . 839 Suggestive opere architettoniche antiche e contemporanee che infiammano l’immaginazione. LE ARTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 843 Dalle antiche danze religiose alla dinamica scena delle arti dello spettacolo, l’India vi stupirà con effetti speciali. ELEFANTI E TIGRI: LE RISERVE NATURALI INDIANE . . . . . . . . . . . . . 850 Un safari alla ricerca di tigri, elefanti e altri magnifici animali. IL PAESAGGIO. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 856 Dalle calde foreste tropicali alle montagne incappucciate di neve il paesaggio indiano è tanto vario quanto spettacolare. popolazione per kmq 776 INDIA CINA ITALIA ≈ 30 abitanti India oggi L’epica vicenda del Kashmir »»Popolazione: 1 miliardo e 210 milioni »» PIL/abitante: US$1031 (2009) PM:rimanecosì? »» Tasso di disoccupazione: 10,8% »» Occupati nel settore agricolo: 52% »» Tasso di alfabetizzazione: 65% femmine, 82% maschi »» Rapporto donne/uomini: 940/1000 Nell’estate del 2010, la valle del Kashmir era sotto un coprifuoco costante e gli scontri tra i dimostranti a favore dell’indipendenza e le forze di sicurezza indiane si erano trasformati in violenza con esito mortale. I dimostranti chiedevano all’India di allontanare dal Kashmir i suoi 500.000 uomini. Ai lanci di pietre contro poliziotti e paramilitari e all’incendio dei loro veicoli al grido di azadi (libertà) le forze dell’ordine risposero aprendo il fuoco, facendo un centinaia di vittime, quasi tutte teenager. La valle del Kashmir (a maggioranza musulmana) è rivendicata sia dall’India sia dal Pakistan e ora anche da un movimento autonomista: la questione kashmira è sempre stata causa delle cattive relazioni tra i due paesi sin dalla Partition nel 1947 (v. p798). Dopo tre guerre indopakistane e innumerevoli schermaglie armate, ancora non si vede una soluzione. Nel 2004, al momento dell’elezione del primo ministro Manmohan Singh, appartenente al Congress Party, le relazioni tra i due paesi erano tese ma ragionevolmente cordiali. Alcune misure volte a ricreare la reciproca fiducia, quali la riapertura dei trasporti transfrontalieri, avevano contribuito infatti a distendere i toni. I colloqui di pace subirono purtroppo una brusca frenata nel novembre 2008, quanto un gruppo terroristico a Mumbai uccise non meno di 163 persone, alcune delle quali furono torturate prima di perdere la vita, in tre giorni di un attacco attentamente orchestrato, con sparatorie e bombe in dieci luoghi della città. Uno degli attentatori catturati vivi si dimostrò essere un pakistano con legami con il gruppo militante Lashkar-e-Taiba, che negli anni ’90 era stato costituito per assistere l’esercito pakistano in Kashmir. Il Pakistan negò ogni coinvolgimento con gli attentatori. Si fa/non si fa »» Evitate i vestiti aderenti e coprite spalle e ginocchia, anche nuotando. »» Baciarsi, abbracciarsi e tenersi la mano in pubblico non sono gesti socialmente accettati. »» Nei luoghi sacri vestitevi e comportatevi in modo rispettoso. Film »» Entrando in un luogo sacro o in una casa toglietevi le scarpe. »» Chiedete il permesso prima di fotografare qualcuno o un luogo sacro. »» Scuotere il capo non significa sempre ‘no’, a volte può voler dire ‘sì’, ‘forse’ o ‘non lo so’. Fire (1996), Earth (1998) e Water (2005) La trilogia diretta da Deepa Mehta ha avuto un gran successo all’estero, ma è controversa in India. Gandhi (1982) Un film, diretto da Richard Attenborough, che ha ottenuto un successo strepitoso. su 100 abitanti in India religioni (% della popolazione) 777 80,5 hindu 13,4 2,3 musulmani cristiani 1,9 0,8 1,1 sikh buddhisti altri 41 parlano hindi 55 parlano una delle 21 lingue ufficiali 4 parlano una delle altre circa 400 lingue Nota: 10 di queste 100 persone parlano l’inglese come seconda lingua Tensioni tra le comunità Se il Kashmir è la regione dove continua a perdurare un conflitto irrisolto, le contrapposizioni per questioni religiose nelle zone più a sud sono forse più insidiose ancora. Uno degli episodi più critici delle tensioni tra le varie comunità ebbe luogo il 6 dicembre 1992, quando i fondamentalisti hindu distrussero una moschea musulmana, la Babri Masjid di Ayodhya (città venerata dagli hindu quale luogo di nascita di Rama) nell’Uttar Pradesh. Il BJP pro-hindu, principale partito di opposizione, non fece molto per scoraggiare gli attacchi; ne seguirono sanguinose rivolte che provocarono migliaia di morti in tutta l’India del Nord. Nel 2002, quando 58 hindu morirono in un incendio sospetto su un treno, ci furono disordini che provocarono almeno 2000 morti, soprattutto musulmani; secondo la ONG Human Rights Watch, funzionari governativi del BJP furono direttamente coinvolti nei fatti. Il 2008 fu uno degli anni più bui della storia del paese: una serie di bombe scoppiò a Jaipur, Ahmedabad e Delhi, facendo ogni volta decine di vittime. Le indagini sembravano convergere su alcuni gruppi di fondamentalisti islamici ma, mentre il governo di Delhi prometteva solennemente di impegnarsi con ogni mezzo per fermare il terrorismo, si trovò impotente di fronte all’attacco a Mumbai il 26 novembre. Al momento della stesura della guida, comunque, le tensioni si erano stemperate e i toni delle rivendicazioni ammorbiditi. E nel 2010, quando il tribunale stabilì che il sito di Ayodhya avrebbe dovuto essere suddiviso in due parti, una hindu e una islamica, la reazione fu pacifica, con gran sollievo di tutti. L’inno nazionale indiano, ‘Jana Gana Mana’ (tu sei il dominatore delle menti di tutti), è stato scritto e musicato dal poeta bengalese Rabindranath Tagore, premio Nobel per la letteratura. Gentilezze Pyaasa (Thirst; 1957) e Fiori di carta (1959) Due film agrodolci diretti e interpretati dal leggendario Guru Dutt. Lagaan – C’era una volta in India (2001) Scritto e diretto da Ashutosh Gowariker; film ambientato durante il British »» Dire namaste con le mani chiuse in un gesto di preghiera è un saluto rispettoso della tradizione hindu: è accettato ovunque come saluto per chi si incontra (molti infatti non stringerebbero la mano a un rappresentante del sesso opposto). »» Non ci si abbraccia tra estranei (non in pubblico). »» ‘Please’ e ‘thank you’ non si usano molto, ma non spiacciono. »» Usate solo la mano destra per mangiare e per la stretta di mano; quella sinistra serve per operazioni meno nobili. 778 Il Congress Party oggi In quanto sikh, il primo ministro Manmohan Singh (del Congress Party) è stato il primo membro di una minoranza religiosa indiana a essere eletto alla massima carica dello stato. Nel 2004 il Congress Party, sotto la guida di Sonia Gandhi, la moglie italiana di Rajiv, vinse le elezioni. Sonia Gandhi decise comunque di farsi da parte in favore di Manmohan Singh, già ministro delle finanze nel precedente governo del Congress Party: Singh, che ha fama di essere intelligente e onesto, gode di buona popolarità, anche se c’è chi pensa che Sonia Gandhi ne influenzi le decisioni. Sotto la guida di Singh, l’India ha iniziato un programma di liberalizzazione economica, insieme a progetti educativi, sociali e sanitari. Nel 2006 fece scalpore l’accordo firmato con gli USA che garantisce all’India accesso a fonti energetiche e tecnologia nucleare in cambio del rispetto delle norme di sicurezza emanate dall’AEIA. Criticato per la scarsa fermezza nel contrastare gli episodi di corruzione tra i membri del suo governo, Singh è stato comunque riconfermato nel 2009. La chiave è l’economia Nel 1991 la politica economica del welfare subì un brusco cambio di rotta in seguito alla decisione di Manmohan Singh di svalutare parzialmente la rupia nei confronti di un gruppo di valute ‘forti’, eliminando i sussidi statali e aprendo agli investitori stranieri, attratti dal gran numero di professionisti qualificati e dai salari relativamente bassi del paese. L’India è la seconda economia in più rapida crescita al mondo dopo la Cina e da allora ha fatto passi da gigante. Tuttavia, nonostante una crescita annuale media di circa il 9%, larghi strati del miliardo e oltre della popolazione indiana hanno tratto ben pochi benefici dal boom economico. In effetti, l’impegno del governo è allargare al paese intero i benefici connessi all’aumento del gettito fiscale. Il che non sembra un compito facile, visto il divario incolmabile che separa chi ha da chi non ha. Romanzi Politica I figli della mezzanotte L’allegoria di Salman Rushdie sull’indipendenza e la Partition. La grande frode e Il pittore di insegne Due classici romanzi di R.K. Narayan. Un perfetto equilibrio La storia tragica di Rohinton Mistryè ambientata a Mumbai. Gandhi. Un uomo di pace che divenne la fiera anima di un popolo (2003) Giorgio Borsa è l’autore di una pregevole biografia sul grande Mahatma. Political Resources – India (www.politicalresources.net/ India.htm) Link ai maggiori partiti politici e movimenti sociali. Quando la tigre incontra il dragone. Uno sguardo nel futuro di India e Cina (2010) di Prem S. Jh. Potere e contestazione. L’India dal 1989 (2009) di Nivedita Menon e Aditya Nigam. 779 Storia La storia dell’India è una delle grandi epopee della storia mondiale. Nel corso dei millenni, infatti, il subcontinente è stato teatro della nascita di grandi civiltà e religioni, di ripetute invasioni dall’esterno e di innumerevoli cataclismi. Del resto, come affermò Jawaharlal Nehru, primo premier della nazione indipendente, molto spesso questo paese ha dato prova di essere ‘un insieme di contraddizioni unite da fili forti benché invisibili’. La storia indiana è sempre stata un’opera in continua evoluzione, un processo costante che si reinventava ogni volta e insieme accumulava strato su strato ogni episodio del proprio divenire, eludendo qualsiasi tentativo di individuarne un’essenza peculiare e imprescindibile. Se si vuole riassumere in due parole secoli di storia, si può dire che gli imperi dei brahmini e le dinastie hindu e buddhiste dominarono il paese per un millennio prima della nascita dei sultanati islamici, che, insieme ai regni moghul, estesero il controllo musulmano sulla regione per diverse centinaia di anni; cedettero infine alla pressione degli occidentali – soprattutto, ovviamente, dei britannici, che riuscirono a conquistare l’intera penisola. Ma anche una sommaria cronologia come questa è fuorviante: piccole dinastie nacquero, morirono e rinacquero all’ombra di imperi più vasti; i centri del potere si spostarono in molte occasioni in modo quasi impercettibile, il dominio passò più volte di mano tra eterni rivali e nuovi territori furono conquistati e di nuovo persi; e l’appartenenza religiosa fu, a seconda del momento storico, di grande o nessuna importanza. Come per le acque di un fiume, nessuno è mai riuscito a ritornare in India una seconda volta trovandola com’era. Eppure, da questa miriade di conflitti, imperi e sommovimenti è emersa una nazione viva, eterogenea e profondamente moderna, che è al tempo stesso dinamica e tenace, sempre più preparata ad affrontare con successo le multiformi sfide che riserva il futuro. CRONOLOGIA 10.000 a.C. Prime pitture dell’Età della Pietra nelle grotte di Bhimbetka, oggi noto come Madhya Pradesh. L’arte rupestre continuò nella zona per secoli. Si pensa che esistessero insediamenti in tutto il subcontinente. Storia: letture consigliate »» www.harappa .com »»Storia dell’India, Michelguglielmo Torri (Laterza, Bari 2007) »» Storia dell’India, Barbara D. e Thomas R. Metcalf (Mondadori, Milano 2004) »» Il trono dei Mogul. La saga dei grandi imperatori dell’India, Abraham Eraly (il Saggiatore, Milano 2011) »» Storia dell’India, Dietmar Rothermund (Il Mulino, Bologna 2007) 2600-1700 a.C. Apice della civiltà della Valle dell’Indo. Dal Rajasthan al Gujarat e alla provincia di Sindh (oggi in Pakistan), fioriscono le grandi città di Harappa e Moenjodaro. Le civiltà della Valle dell’Indo 780 S to ria L e civiltà della Valle dell’ I ndo Per saperne di più sulle antiche civiltà della Valle dell’Indo, navigate sul sito www. harappa.com, ricco di immagini ma anche di informazioni molto scientifiche. La versione di Ramayana di R.K. Narayan del 1973 (Guanda, Parma 2010) racconta in forma narrativa condensata questo classico della letteratura indiana del III secolo. Il celebre romanziere ha fatto lo stesso con il Mahabharata nel 1978 (stesso editore, 2000). Nasce dalle pendici himalayane nell’estremo nord dell’India e scorre attraverso tutto il Pakistan, fino a sfociare nel Mare Arabico in un ampio delta vicino a Karachi: l’Indo (da cui gli inglesi denominarono tutto il subcontinente) è stato la culla delle prime civiltà della regione. I primi abitanti della sua vasta valle erano tribù nomadi di agricoltori e allevatori. Nel corso dei millenni, in particolare a partire dal 3500 a.C., da queste tribù cominciarono a svilupparsi una civiltà più stanziale e una cultura urbana. Quella che viene definita la civiltà della Valle dell’Indo (o dell’Indo-Sarasvati, dal nome di un fiume oggi scomparso) si sviluppò dunque in più di un migliaio di città intorno al fiume o ai suoi affluenti, dove il terreno era più fertile. Soprattutto sul fiume Ravi, nell’attuale Punjab pakistano, intorno al 2500 a.C. erano già sorte le grandi città destinate a diventare la culla della cosiddetta civiltà di Harappa, che sarebbe durata per oltre un millennio. Le città più importanti del tardo periodo della civiltà di Harappa furono Moenjodaro e Harappa nell’odierno Pakistan (entrambe scavate dagli archeologi negli anni ’20) e Lothal vicino ad Ahmedabad. Lothal è ancora meta di visitatori e la sua razionale e accurata planimetria riflette il raffinato livello di questa civiltà risalente a 4500 anni fa. Spesso le città della civiltà di Harappa presentavano un’acropoli, che probabilmente aveva una funzione religiosa, separata dal resto dell’insediamento; il grande bacino d’acqua di Moenjodaro si pensa fosse usato per le abluzioni rituali. Le città principali di quel periodo raggiunsero comunque dimensioni ragguardevoli: si stima che al suo apice la popolazione di Moenjodaro fosse di 50.000 abitanti. Verso la metà del III millennio a.C., la cultura della Valle dell’Indo era paragonabile alle altre grandi civiltà che stavano nascendo in quell’epoca intorno ad altri fiumi importanti, come il Nilo egiziano e il Tigri e l’Eufrate in Mesopotamia. Gli harappani, che intrattenevano rapporti commerciali con la Mesopotamia, elaborarono un sistema di pesi e misure e svilupparono forme d’arte molto raffinate, testimoniate dal rinvenimento di pregevoli statuette in bronzo e terracotta. Gli altri reperti riportati alla luce, tra cui modellini di carri trainati da buoi e gioielli, costituiscono la più antica testimonianza di una specifica cultura indiana. In effetti, molti elementi della civiltà di Harappa vennero successivamente assimilati dall’hinduismo: in particolare, le statuette di argilla rinvenute presso i siti della Valle dell’Indo fanno supporre l’esistenza del culto di una dea madre in seguito personificata in Kali e di una divinità maschile dai tre volti, seduta come uno yogi e attorniata da quattro animali – lo Shiva preistorico. Sono stati inoltre scoperti pilastri di pietra nera legati al culto fallico di Shiva e statue di animali 1500 a.C. La civiltà indo-aria si radica nelle fertili pianure del bacino indo-gangetico. La lingua è un’antica forma di sanscrito, da cui più tardi nacquero molte lingue locali compreso l’hindi. 1500-1200 a.C. Stesura del Rig-Veda, il primo e più corposo dei testi canonici hinduisti, i Veda; seguono altri tre libri. Nascono le prime forme di gerarchia ecclesiastica dell’hinduismo brahmanico. 1000 a.C. Fondazione di Indraprastha sul sito dell’odierna Delhi. Gli scavi archeologici di Purana Qila continuano ancora oggi, facendo emergere nuovi particolari sull’antica capitale. – la più importante delle quali è il toro con la gobba, divenuto poi cavalcatura di Shiva, Nandi. Le prime invasioni e la nascita delle religioni Mahavir e il Buddha vissero nello stesso periodo e i loro insegnamenti a volte si sovrappongono. Buddha evidenzia le differenze tra loro (e le sue critiche) nel Sankha Sutta e nel Devadaha Sutta, in cui fa riferimento a Mahavir come Nigantha (‘libero da legami’) Nataputta. Potete leggere gli scritti nel sito del buddhismo theravada www.accessto insight.com. I CONFINI SECONDO GLI ARII Gli storici hanno opinioni divergenti sulle origini della presenza degli arii nell’India del Nord, ma sembrano concordi sul fatto che i vari regni arii praticassero una delle forme di demarcazione del territorio più curiose della storia, l’asvamedha (sacrificio del cavallo). Questo rituale prevedeva che un cavallo, seguito da un gruppo di soldati, venisse lasciato galoppare liberamente in ogni direzione: se l’avanzare dell’animale incontrava qualche ostacolo, il re doveva combattere per conquistare la terra in questione e, al termine del periodo previsto, tutta la zona percorsa dal quadrupede veniva considerata territorio indiscusso del sovrano, mentre il cavallo veniva sacrificato. Il sistema doveva avere una sua funzionalità se veniva ancora praticato secoli dopo dalla dinastia Chalukya di Badami per dimostrare che deteneva il completo controllo del proprio regno. 599-528 a.C. DAMIEN SIMONIS / LONELY PLANET IMAGES © »» Purana Qila (p65), Delhi Vita di Mahavir, 24° e ultimo tirthankar (maestro illuminato) che fondò la religione giainista. Come il Buddha, predicava la compassione e un sentiero di illuminazione per tutte le caste. S to ria L e prime invasioni e la nascita delle religioni La civiltà di Harappa iniziò il suo declino a partire dal II millennio a.C. Tra le cause naturali che gli studiosi considerano responsabili di tale declino vi sono i cambiamenti climatici che ridussero la portata dei monsoni e diedero luogo quindi a una diminuzione delle precipitazioni (che determinò a sua volta la rovina dei raccolti) e un evento sismico che provocò la deviazione del corso di alcuni fiumi del bacino dell’Indo. Un’altra teoria (molto controversa) che predomina da tempo tra gli storici è che la scomparsa dell’impero di Harappa sia stata provocata da un’invasione di popolazioni arie, o ariane, dalla regione persiana. Ma non esistendo testimonianze archeologiche in merito, né sussistendone tracce negli antichi testi indiani, alcuni storici nazionalisti sostengono che gli arii (termine derivante da una parola sanscrita che significa ‘nobile’) fossero in realtà gli abitanti originari dell’India e che la teoria dell’invasione sia stata escogitata dai conquistatori a proprio beneficio. Secondo altre interpretazioni ancora, l’arrivo degli arii rappresentò, più che una vera e propria invasione, una pacifica migrazione che assorbì gradualmente la cultura di Harappa. I difensori della teoria dell’invasione sostengono che le tribù arie provenienti dall’Afghanistan e dall’Asia centrale abbiano iniziato a penetrare nell’India nord-occidentale intorno al 1500 a.C. circa. Sebbene vantassero una notevole superiorità bellica, la loro avanzata verso est e la pianura del Gange sembra essere stata graduale, in quanto ostacolata dalla resistenza delle tribù che difendevano i propri territori. Alla fine, 781 782 S to ria L’ impero dei M aur ya e i regni successivi Resti della civiltà dei Maurya »» Junagadh (Gujarat) »» Allahabad Fort (Uttar Pradesh) »» Sarnath (Uttar Pradesh) »» Sanchi (Madhya Pradesh) »» Bodhgaya (Bihar) »» Vaishali (Bihar) »» Amaravathi (Andhra Pradesh) tuttavia, gli arii riuscirono ad assumere il controllo di tutta l’India settentrionale fino alle Vindhya Hills e molti di coloro che secondo questa teoria erano gli abitanti indigeni della regione, i dravidi, furono costretti a spostarsi a sud. Durante quest’età di transizione (1500-1200 a.C.) furono redatte in ogni caso le sacre scritture hindu, i Veda, che formalizzarono il sistema sociale delle caste. Alla fine del VII secolo a.C., molte delle tribù arie che si erano insediate nella pianura del Gange confluirono in 16 regni principali, che furono a loro volta accorpati in quattro stati più grandi. Tra questi si distinse la dinastia dei Nanda, che salì al potere nel 364 a.C. e regnò su una vasta parte dei territori dell’India del Nord. In questo periodo, la zona interna dell’India evitò a malapena altre due invasioni da ovest che, se avessero avuto successo, avrebbero potuto modificare notevolmente il corso della storia indiana. La prima fu quella guidata dal re persiano Dario (521-486 a.C.), che annesse al proprio regno il Punjab e il Sindh (che allora si estendeva oltre l’odierno confine con il Pakistan). Poi fu la volta di Alessandro Magno di raggiungere l’India nel 326 a.C.; le sue truppe, però, si rifiutarono di proseguire oltre il fiume Beas, nell’Himachal Pradesh, e il generale macedone dovette rinunciare alla conquista del subcontinente. Lo stesso periodo fu caratterizzato dalla nascita di due delle più importanti religioni professate in India, il buddhismo (p816) e il giainismo (p817), che si diffuse intorno al 500 a.C. Entrambe mettevano in discussione i Veda, di cui condannavano soprattutto il sistema delle caste; tuttavia, a differenza dei buddhisti, i giainisti non rinnegarono mai il loro retaggio hindu e la loro religione non si estese mai al di fuori dell’India. L’impero dei Maurya e i regni successivi Se la civiltà di Harappa fu la culla della civiltà indiana, Chandragupta Maurya fu il fondatore del primo grande impero del subcontinente. Salì al potere nel 321 a.C. sottraendo il trono alla dinastia dei Nanda e in breve tempo estese il proprio regno fino a includere la zona della Valle dell’Indo a suo tempo conquistata da Alessandro Magno. Dalla capitale Pataliputra (l’odierna Patna), l’impero dei Maurya governava su gran parte dell’India settentrionale e si estendeva in direzione sud fino all’odierno Karnataka. I Maurya riuscirono a mantenere il controllo su un regno così vasto grazie a un efficiente apparato burocratico, organizzato in un’amministrazione locale strutturata in diversi livelli e corrispondente a un rigido sistema sociale basato sulla rigorosa suddivisione delle caste, e all’appoggio del più grande esercito regolare dell’epoca. 563-483 a.C. Vita di Siddhartha Gautama (fondatore del buddhismo), che raggiunse l’illuminazione sotto l’albero della bodhi a Bodhgaya (Bihar) divenendo quindi il Buddha (l’Illuminato). V-IV secolo a.C. La dinastia dei Nanda emerge tra le altre nella ricca regione di Magadha (che corrisponde all’odierno Bihar) e allarga la propria sfera d’influenza dal Bengala al Punjab. Cade sotto il dominio dei Maurya nel 321 a.C. 326 a.C. Alessandro Magno invade l’India. Sconfigge re Porus nel Punjab ed entra nel subcontinente, ma l’esercito si ribella e gli impedisce di proseguire oltre il fiume Beas, nell’Himachal Pradesh. 783 UN IMPERATORE ILLUMINATO L’impero raggiunse il suo apogeo sotto l’imperatore Ashoka, la cui capacità di guidare il paese e tenere unite le popolazioni era tale che dopo la sua morte (232 a.C.), nessuno fu più in grado di conservare l’unità del regno, che si disgregò rapidamente fino al declino definitivo nel 184 a.C. Nessuno degli imperi che seguirono riuscì più a eguagliare la dinastia Maurya in termini di stabilità e longevità storica. Tutti ebbero un limitato periodo di gloria: i Sunga dal 184 al 70 a.C., i Kanva dal 72a 30 a.C., gli Shaka dal 130 a.C. e i Kushana dal I secolo a.C. al I secolo d.C. e in misura minore fino al III secolo; questi ultimi estesero la loro influenza su una vasta zona dell’India settentrionale e dell’Asia centrale. Nonostante l’assenza di un potere centrale, questo fu un periodo di grande sviluppo per il subcontinente. Nel corso del I secolo d.C. i commerci con l’impero romano (sia via terra sia via mare, attraverso i porti meridionali) si fecero molto intensi, così come quelli via terra con la Cina. 321-185 a.C. L’India viene sottomessa dalla dinastia dei Maurya. Fondato da Chandragupta Maurya, l’impero regna da Pataliputra (Patna) e con Ashoka adotta il buddhismo come religione di stato. metà III secolo a.C. Il buddhismo si diffonde in tutta la penisola indiana e oltre grazie ai monaci che Ashoka manda in giro come suoi ambasciatori dallo Sri Lanka al Sud-est asiatico. Vengono eretti gli stupa di Amaravathi e Sanchi. L’imperatore Ashoka, oltre che sulle proprie capacità politiche, poteva contare su un esercito permanente di 9000 elefanti, 30.000 cavalieri e 600.000 fanti. metà III secolo a.C. All’interno dell’hinduismo emerge il movimento Bhakti, citato per la prima volta nel Bhagavad Gita del V secolo. Pone l’accento sulla devozione individuale e sull’unione con il divino, sfidando la tradizionale gerarchia del brahmanesimo. S to ria L’ impero dei M aur ya e i regni successivi A parte i Moghul e, parecchi secoli più tardi, gli inglesi, nessun altro impero regnò su una parte così ampia di territorio indiano come quello dei Maurya. Proprio a questa dinastia l’India deve una delle sue figure storiche più significative. Durante il suo regno, infatti, l’imperatore Ashoka favorì lo sviluppo dell’arte e della scultura, mentre la sua fama di re-filosofo si diffondeva grazie agli editti scolpiti nella pietra che venivano impiegati sia per istruire il popolo, sia per testimoniare la vasta estensione del suo impero. Alcuni dei suoi insegnamenti morali si possono leggere ancora oggi, specialmente gli editti di Ashoka a Junagadh, nel Gujarat (p757). Il regno di Ashoka rappresentò anche un periodo di notevole importanza per il buddhismo, che l’imperatore abbracciò nel 262 a.C. dichiarandolo religione di stato per limitare le conseguenze dell’influenza spirituale e della dottrina sociale dell’hinduismo sulla popolazione. L’imperatore fece costruire migliaia di stupa e monasteri in tutta la regione. Le imperdibili tracce dell’India buddhista di Ashoka sono tuttora visibili a Sarnath (p421) nell’Uttar Pradesh (nel luogo in cui il Buddha pronunciò il suo primo sermone illustrando il ‘nobile ottuplice sentiero’, ovvero la ‘via mediana’ verso l’illuminazione; v. p816) e a Sanchi (p688) nel Madhya Pradesh. Ashoka inviò anche alcune missioni all’estero e nello Sri Lanka è tuttora venerato perché per diffondere il buddhismo sull’isola scelse nientemeno che il figlio e la figlia. L’importanza che questo imperatore del III secolo a.C. riveste ancora oggi è dimostrata dal fatto che il chakra di Ashoka (una ruota con 24 raggi), che un tempo sormontava molte colonne, è oggi la parte centrale della bandiera dell’India moderna (quattro leoni seduti schiena contro schiena in cima a un abaco con un fregio recante la scritta ‘la verità sola trionfa’) e come emblema nazionale per riaffermare l’antico impegno verso la pace e la benevolenza. L’età d’oro dei Gupta 784 S to ria L’ età d ’ oro dei G upta È ampiamente accettata l’idea che i concetti di zero e di infinito siano stati sviluppati da eminenti matematici indiani durante il regno dei Gupta. Molti degli imperi che succedettero ai Maurya detennero soltanto un potere nominale sui territori di cui si proclamavano padroni, poiché il controllo effettivo del territorio e degli affari locali era di fatto esercitato da varie tribù e da piccoli regni. Nel 319 d.C. Chandragupta I, terzo sovrano della pressoché ignota dinastia dei Gupta che regnava su una di queste popolazioni, acquisì particolare importanza sposando la figlia del capo di una delle più potenti tribù del nord, quella dei Licchavi. In seguito il potere dei Gupta crebbe rapidamente, e sotto Chandragupta II (che regnò dal 375 al 413) raggiunse la sua massima espansione. Il pellegrino cinese Fa Hsien, che visitò l’India in quel periodo, descrisse i suoi abitanti come ‘gente ricca e soddisfatta’, governata da re illuminati e giusti. Questa fu quindi un’epoca di fioritura della poesia, della letteratura e delle arti; alcune delle opere migliori furono realizzate ad Ajanta ed Ellora, nell’India meridionale, a Sanchi (p687) e a Sarnath (p421). Verso la fine dell’era dei Gupta, inoltre, l’hinduismo conobbe un nuovo periodo di diffusione e divenne il culto predominante, oscurando il giainismo e il buddhismo; quest’ultimo in particolare, privato del sostegno di Ashoka, non sarebbe più stato la religione dominante in India. Le invasioni degli unni all’inizio del VI secolo, e più precisamente la sconfitta dell’esercito dei Gupta a opera del capo unno Toramana nel 510, segnarono la fine di quest’epoca. L’India settentrionale si frammentò nuovamente in numerosi regni hindu indipendenti. Il sud hindu L’India meridionale ha sempre rivendicato una sua storia peculiare. Isolata dagli sviluppi politici del nord del paese a causa della grande distanza da quelle regioni, vide nascere un gruppo di potenti regni autonomi tra cui quello degli Shatavahana – che governarono sull’India centrale per circa 400 anni a partire dal 230 a.C. e, nonostante in maggioranza hindu, finanziarono le opere d’arte buddhista ad Amaravathi e Sanchi (p687) – dei Kalinga e dei Vakataka. Ma fu dai territori tribali delle fertili pianure costiere che nacquero i grandi imperi meridionali – le dinastie dei Chola, Pandya, Chalukya, Chera e Pallava. I Chalukya dominarono per lo più l’altopiano del Deccan dell’India centro-meridionale, nonostante riuscissero occasionalmente a estendere il controllo anche più a nord. Dalla propria capitale a Badami, nell’attuale stato del Karnataka, questi sovrani governarono dal 550 al 753 prima di cedere di fronte ai Rashtrakuta. Un ramo orientale della dinastia dei Chalukya riemerse intorno al 972 e, dalla sua capitale a Kalyani nel Karnataka, regnò fino al 1190. 235 a.C. circa Inizio del regno dei Chola. La dinastia tamil, che passò alla storia per il potere che esercitò sui vasti territori conquistati tra il IX e il XIII secolo, dominerà sull’India del sud per oltre 1500 anni. III secolo a.C. L’impero Satavahana estende il suo controllo su una grande area dell’India centrale, che manterrà fino al II secolo d.C. Il loro interesse per le arti e per il commercio marittimo influenza lo sviluppo artistico della regione e del Sud-est asiatico. I secolo Fioriscono i commerci con altre nazioni: la complessa rete di strade mercantili della regione collega l’entroterra con i porti, da cui salpano le navi per l’Africa, il Golfo, Socotra, il Sud-est asiatico, la Cina e anche l’impero romano. Il nord musulmano Mentre l’India del Sud conservava il suo carattere specificamente hindu, l’India del Nord veniva invasa dagli eserciti musulmani provenienti da nord-ovest. All’origine dell’espansione musulmana vi fu Mahmud di Ghazni. Oggi Ghazni è un’anonima cittadina situata tra Kabul e Kandahar in Afghanistan, ma all’inizio dell’XI secolo Mahmud la trasformò in una delle capitali più gloriose del mondo, attingendo le ricchezze necessarie al suo sviluppo dai territori confinanti. Dal 1001 al 1025 Mahmud condusse infatti ben 17 incursioni in India, tra cui quella, divenuta tristemente nota, contro il famoso tempio di Shiva a Somnath (p752), nel Gujarat. Ben 70.000 soldati hindu persero la vita nel tentativo di difendere il tempio, che infine cadde all’inizio del 1026. Dopo la vittoria, Mahmud, che non era particolarmente interessato alle conquiste territoriali, si limitò a far trasportare un’enorme quantità d’oro e altri tesori fino alla sua capitale. Le sue incursioni fecero però vacillare l’equilibrio di poteri consolidatosi nell’India settentrionale, consentendo agli invasori successivi di rivendicare per sé ampi territori. 319-510 Il persiano è stata la lingua ufficiale di molti imperi, da quello di Mahmud di Ghazni al sultanato dei Moghul di Delhi. L’urdu, che unisce elementi di persiano, arabo e dialetti locali, ebbe un’evoluzione di centinaia di anni e divenne una lingua vera e propria durante il regno dei Moghul. 500-600 I Rajput del Rajasthan, provenienti da tre ceppi etnici di ipotetiche origini divine, formano 36 clan che allargano il loro dominio su tutto il territorio dello stato. RICHARD I’ANSON / LONELY PLANET IMAGES © L’età d’oro dei Gupta, il secondo dei grandi imperi indiani, è caratterizzata da una grande creatività nella letteratura e nelle arti. 785 S to ria I l n o rd musulman o Nell’estremo sud, i Pallava furono la prima dinastia a elaborare uno stile architettonico esuberante e quasi barocco, il cosiddetto stile dravidico. Si trovano resti di edifici del dominio pallava per tutto il Tamil Nadu, compresi i templi della capitale pallava a Kanchipuram. La prosperità economica delle regioni meridionali si basava da sempre sui legami commerciali stabiliti con altre civiltà, tra cui gli egizi e i romani; in cambio di spezie, perle, avorio e seta, gli indiani ricevevano oro dai romani. I mercanti indiani estesero la loro influenza anche al Sud-est asiatico, ma nell’850 i Chola salirono al potere soppiantando i Pallava e cominciarono subito a trasformare i rapporti commerciali nel sud del continente in conquiste territoriali. Con il regno di Rajaraja I (985-1014), i Chola arrivarono a controllare quasi per intero l’India del Sud, l’altopiano del Deccan, lo Sri Lanka, aree della penisola malese e il regno degli Srivijaya con capitale a Sumatra. Oltre a interessarsi all’espansione politica ed economica, l’impero dei Chola produsse d’altra parte interessanti testimonianze in campo artistico. I Chola ci hanno lasciato alcuni dei più sofisticati esempi di architettura dravidica, di cui i più interessanti sono il sublime Brihadishwara Temple di Thanjavur e l’incredibile Nataraja Temple di Chidambaram, costruiti nelle antiche capitali del loro regno. Durante tutto questo periodo l’hinduismo rimase alla base della cultura dell’India meridionale. »» Hawa Mahal (p107), Jaipur 786 S to ria I l N o rd inc o ntra il S ud Nei suoi 800 anni di vita, il Qutb Minar è stato danneggiato da due fulmini e un terremoto ed è stato ristrutturato e ricostruito da quattro sultani, un maggiore dell’esercito britannico e un governatore generale. Dopo la morte di Mahmud, avvenuta nel 1033, Ghazni fu conquistata dai Selgiuchidi e successivamente dai Ghuridi, provenienti dall’Afghanistan occidentale e anche loro interessati al prezioso bottino indiano. I Ghuridi si distinguevano per la loro brutalità, tanto che il loro generale Ala-ud-din era soprannominato ‘Colui che brucia il mondo’. Nel 1191 Mohammed di Ghur avanzò ulteriormente in India e combatté un’importante battaglia contro una federazione di sovrani hindu. In quell’occasione fu sconfitto, ma l’anno seguente ritornò e sbaragliò i nemici. Uno dei suoi generali, Qutb-ud-din, riuscì a conquistare Delhi e ricevette l’incarico di governatore della città – il complesso di Qutb Minar (p97) fu costruito proprio durante il suo regno. Un impero islamico indipendente venne fondato nel Bengala e in breve tempo quasi tutta l’India settentrionale si ritrovò sotto il dominio musulmano. Alla morte di Mohammed nel 1206, Qutb-ud-din divenne il primo sultano di Delhi. Il suo successore, Iltutmish, riportò il Bengala sotto il potere centrale e difese l’impero da un tentativo di invasione da parte dei mongoli. Nel 1296 salì al potere Ala-ud-din Khilji, che iniziò a premere ai confini meridionali, respingendo al contempo altri attacchi mongoli. Il Nord incontra il Sud Ala-ud-din morì nel 1320 e nel 1324 salì al trono Mohammed Tughlaq. Nel 1328 Tughlaq espugnò le roccaforti meridionali dell’impero Hoysala, che aveva i suoi centri a Belur, Halebid e Somnathpur. L’India intera sembrava ormai una facile conquista. Tuttavia, anche se sotto il regno di Tughlaq l’impero islamico avrebbe raggiunto la sua massima estensione, l’inestinguibile ambizione del sovrano piantò anche i semi della sua disintegrazione. Questo perché, differenza dei suoi predecessori, tra cui grandi leader come Ashoka, Tughlaq sognava non solo di estendere la sua influenza indiretta sull’India meridionale, ma anche di controllarla come parte del suo impero. A questo scopo, dopo una serie di campagne di successo, Tughlaq decise di trasferire la capitale da Delhi in una località più centrale. La nuova capitale, chiamata Daulatabad, era vicina a Aurangabad, nel Maharashtra. Non essendo uomo di mezze misure, Tughlaq cercò di popolarla trasferendo forzatamente l’intera popolazione di Delhi 1100 km più a sud, ma sottovalutò l’impresa provocando in questo modo la perdita di un gran numero di vite umane. Nel frattempo aveva capito che la mossa aveva lasciato indifesa la zona settentrionale del paese, quindi decise di riportare nuovamente la capitale a nord. La maestosa fortezza di Daulatabad si erge sulla cima di una collina come unico testimone sopravvissuto alla visione megalomane di questo sovrano. 610 Il profeta Maometto fonda l’islam. Invitati a rispondere al comando di Allah e ad adottare la nuova religione, gli abitanti della Mecca si uniscono al profeta e cominciano a diffondere la nuova religione. 850 L’impero dei Chola sale al potere nell’India del Sud, diventando una presenza economica e militare formidabile sotto il governo di Rajaraja Chola I e di suo figlio Rajendra Chola I. 1026 Mahmud di Ghazni mette a ferro e fuoco per l’ultima volta l’India, questa volta razziando il tempio hindu Somnath nel Gujarat, dove volutamente distrugge gli idoli con le proprie mani. I Moghul Mentre l’impero hindu di Vijayanagar, nell’India meridionale, era ormai in fase di declino, nasceva un altro grande impero, quello dei Moghul, che all’epoca del suo apogeo arrivò a regnare su quasi tutto il subcontinente. La sua importanza, tuttavia, non risiedeva unicamente nella vastità dei suoi territori: gli imperatori moghul furono infatti promotori di un’età d’oro per le arti e la letteratura. Ma non solo: grazie alla loro passione per l’architettura, in questo periodo vennero realizzati alcuni dei palazzi più pregevoli dell’India, come il magnifico Taj Mahal (p371) eretto da Shah Jahan, considerato una delle meraviglie del mondo. Il fondatore della dinastia dei Moghul fu Babur, che regnò dal 1526 al 1530 ed era un discendente sia di Gengis Khan sia di Tamerlano. Nel 1525, forte del suo illustre lignaggio, marciò fino al Punjab dalla sua capitale a Kabul e, grazie alla rivoluzionaria introduzione delle armi da fuoco e alla sua consumata abilità nell’utilizzo dell’artiglieria e della cavalleria, sconfisse l’esercito del sultano di Delhi (che pure era numericamente superiore) nella battaglia di Panipat nel 1526. Il successo dell’impresa bellica del padre non impedì però che il figlio Humayun (che regnò dal 1530 al 1556) venisse sconfitto nel 1539 da un potente sovrano dell’India orientale, Sher Shah, e fosse quindi costretto a ritirarsi in Iran. Alla morte di Sher Shah nel 1545, Humayun tornò per appropriarsi del suo regno e nel 1555 riconquistò Delhi. L’anno seguente morì, ma il giovane figlio Akbar che gli succedette sul trono riuscì nel corso dei suoi 49 anni di regno (dal 1556 al 1605) a consolidare l’impero e ad ampliarne notevolmente i confini. Tenendo fede al proprio nome (che in arabo significa ‘grande’), Akbar fu probabilmente il più grande degli imperatori moghul, non solo per le 1192 Prithviraj Chauhan cede Delhi a Mohammed di Ghur, segnando così la fine della preminenza hindu nella regione e lasciandola esposta alle invasioni musulmane da nord-ovest. 1206 Mohammed viene ucciso mentre prega nel viaggio di ritorno a Ghazni da Lahore. In assenza di un erede, il suo regno è usurpato dai generali. Nasce il sultanato di Delhi. 787 Nella terra dei Moghul bianchi. Amore, tradimento e morte nell’India coloniale di William Dalrymple (Rizzoli, Milano 2002) narra la storia vera di un soldato della Compagnia delle Indie Orientali che sposò una principessa indiana di fede musulmana: una storia d’amore con un esito tragico, in cui si intrecciano intrighi, spionaggio e politica. XIII secolo I Pandya, una dinastia tamil risalente al VI secolo a.C., prendono il controllo dei territori dei Chola, e partendo dalla loro capitale nel Madurai si espandono in Andhra Pradesh, Kalinga (Odisha [Orissa]) e Sri Lanka. S to ria I M oghul I giorni dell’impero dei Ghur, infatti, erano ormai contati. L’ultimo dei grandi sultani di Delhi, Firoz Shah, morì nel 1388 e il destino del sultanato venne segnato definitivamente nel 1398, quando il mongolo Timur (Tamerlano) partì da Samarcanda (in Asia centrale) per compiere una devastante incursione nel subcontinente. Nel saccheggio di Delhi in particolare Tamerlano diede prova di una ferocia senza misericordia: alcuni racconti parlano dell’uccisione di ogni abitante hindu della città. Il sud, dopo il ritiro di Tughlaq, si frammentò in più regni. I più importanti furono il sultanato musulmano di Bahmani, che emerse nel 1345 e stabilì la sua capitale a Gulbarga e più tardi a Bidar, e l’impero hindu di Vijayanagar, fondato nel 1336 con capitale a Hampi. I conflitti tra i due regni sfociarono nei più sanguinosi episodi di violenza tra comunità di civili mai verificatisi in India, ma non portarono a nulla per tutti i due secoli seguenti, quando i Moghul inaugurarono infine un’epoca più illuminata. 788 sue doti militari, ma anche perché era un uomo colto e saggio, dotato di un forte senso della giustizia. Diversamente dai sovrani musulmani che l’avevano preceduto, infatti, egli comprese che gli hindu erano troppo numerosi per essere soggiogati. E, benché il suo operato non risulti del tutto limpido per via dei massacri di Panipat e Chitrod, Akbar è tuttora ricordato per aver integrato gli hindu nel suo impero, impiegandoli come consiglieri, generali e amministratori. Akbar nutriva anche un profondo interesse per le questioni religiose e amava trascorrere molte S to ria I M oghul LA BATTAGLIA PER L’ANIMA DELL’INDIA Nato come un’alleanza di regni hindu per contrastare la minaccia musulmana, l’impero di Vijayanagar crebbe rapidamente diventando uno dei più ricchi e influenti regni hindu, che sotto il dominio di Bukka I (circa 1343-79) controllava ormai la maggior parte dell’India del Sud. Il suo predominio venne a lungo conteso dal sultanato di Bahmani, situato anch’esso nell’India del Sud e, se a volte l’esercito di Vijayanagar riuscì ad avere la meglio, in genere furono i soldati del Bahmani a infliggere ai nemici le peggiori sconfitte. Le atrocità commesse da entrambe le parti sono difficili anche solo da immaginare. Nel 1366, per esempio, Bukka I rispose a quella che percepì come un’offesa conquistando la roccaforte musulmana di Mudkal e uccidendo praticamente ogni abitante tranne uno, che riuscì a scappare e a portare la notizia dell’attacco al sultano Mohammad Shah. Mohammad giurò che non si sarebbe fermato fino a quando non avesse ucciso 100.000 hindu, ma, secondo lo storico musulmano del XVII secolo Firishtah, furono 500.000 gli ‘infedeli’ uccisi nella campagna militare che seguì. In qualche modo Vijayanagar riuscì a sopravvivere, finché nel 1482, a seguito di un insieme di intrighi politici e complotti all’interno della corte reale, il sultanato del Bahmani si disintegrò in cinque regni diversi, ognuno insediato in una città – Berar, Ahmednagar, Bijapur, Golconda e Ahmedabad. Fra queste, Bijapur e Bidar ancora vantano eccezionali tracce del dominio islamico. L’impero hindu, che incontrò ben poca opposizione nel nord del paese, godette allora di un’età d’oro e di potere supremo nel sud, finché nel 1520 il re hindu Krishnadevaraya riuscì persino a conquistare Bijapur. Come quelli del Bahmani, tuttavia, anche i problemi interni di Vijavanagar vennero infine alla luce. Destino volle che una serie di sollevazioni dividesse il regno proprio mentre i sultanati musulmani stavano cominciando a formare una nuova alleanza. Nel 1565 una coalizione di eserciti islamici sconfisse quindi gli eserciti hindu nella battaglia di Talikota e Hampi venne distrutta. Anche se l’ultimo della linea regnante di Vijayanagar riuscì a fuggire e la dinastia si perpetuò per diversi anni ancora, il potere reale passò ai governanti musulmani locali o ai capi delle tribù hindu un tempo leali ai re di Vijayanagar. Uno dei periodi più crudeli e controversi dell’India finì quando anche i regni del Bahmani capitolarono di fronte ai Moghul. 1321 I Tughlaq prendono il potere a Delhi. Mohammed bin Tughlaq espande l’impero ma viene ricordato per mosse politiche discutibili: spostare la capitale a Daulatabad e creare una moneta facile da contraffare. 1336 Anno di fondazione del potente impero di Vijayanagar, chiamato così dal nome della sua capitale, le cui rovine sono visibili oggi nei pressi di Hampi (nell’odierno Karnataka). 1398 Timur (Tamerlano) invade Delhi, con il pretesto che i sultani di Delhi sono troppo tolleranti con i loro sudditi hindu. Prima della battaglia mette a morte decine di migliaia di prigionieri hindu. I Rajput e i Maratha Durante l’epoca dei Moghul alcuni regni hindu, in particolare quello dei Rajput, conservarono la loro sovranità. I Rajput, che avevano il loro centro nel Rajasthan, erano una fiera casta di guerrieri con una fede incrollabile nei dettami della cavalleria, tanto in battaglia quanto nella conduzione degli affari di stato. Essi si opposero a qualsiasi invasione straniera nel loro territorio, ma non furono mai tanto uniti né organizzati da riuscire ad affrontare per lungo tempo forze a loro superiori. Inoltre, quando non combattevano contro oppressori stra- 1469 Guru Nanak, fondatore del sikhismo – che ancora oggi ha milioni di seguaci in tutto il mondo – nasce in un villaggio vicino a Lahore (oggi in Pakistan). 1498 L’esploratore portoghese Vasco da Gama scopre la rotta per l’India. Arriva nell’odierno stato del Kerala e inizia a commerciare con l’aristocrazia locale. 789 S to ria I R ajput e i M aratha ore a discutere con esperti di tutte le confessioni, compresi cristiani e parsi (seguaci di Zoroastro). Alla morte di Akbar salì al trono Jehangir (che regnò dal 1605 al 1627). Nonostante diversi attacchi perpetrati contro l’autorità stessa del sovrano, durante il suo regno l’impero rimase più o meno intatto. Nei periodi di stabilità Jehangir non si lasciava sfuggire l’opportunità di recarsi nel suo amato Kashmir e nel 1627 morì proprio mentre era in viaggio verso questa regione. Gli succedette il figlio Shah Jahan, che si assicurò il titolo di imperatore (ricoperto dal 1627 al 1658) giustiziando tutti i parenti maschi che avrebbero potuto insidiarlo. Durante il suo regno furono costruiti alcuni degli edifici che avrebbero testimoniato nei secoli la gloria dei Moghul: oltre al Taj Mahal, Shah Jahan fece costruire anche il possente Red Fort (Lal Qila) di Delhi (p54) e trasformò l’Agra Fort (p374) nel palazzo che in seguito sarebbe diventato la sua prigione. L’imperatore fu infatti imprigionato dall’ultimo dei grandi sovrani moghul, il figlio Aurangzeb, che salì al trono nel 1658 dopo due anni di lotte contro i suoi fratelli e regnò fino al 1707. Aurangzeb dedicò le proprie risorse all’ampliamento dei confini dell’impero, ma cadde nello stesso errore commesso da Mohammed Tughlaq circa 300 anni prima. Anch’egli infatti cercò di trasferire la capitale a sud, ad Aurangabad, ma soprattutto impose pesanti tasse alla popolazione per finanziare l’esercito. La decadenza della vita di corte e lo scontento della popolazione hindu, provocato dall’aumento delle imposte e dall’intolleranza religiosa, finirono così per indebolire considerevolmente il suo potere. Il sovrano si ritrovò anche ad affrontare serie minacce dall’esterno, come i Maratha nell’India centrale, ma soprattutto gli inglesi nel Bengala. Dopo la sua morte nel 1707, le sorti dell’impero subirono quindi un brusco declino finché, nel 1739, Delhi venne saccheggiata dal persiano Nadir Shah. Gli ‘imperatori’ moghul continuarono a regnare formalmente fino alla prima guerra di indipedenza indiana (detta anche ‘la ribellione indiana’) del 1857, ma ormai erano di fatto sovrani senza un impero. Amar Chitra Katha, un editore molto noto per i suoi libri di fumetti su personaggi del folklore, della mitologia e della storia indiana, ha in catalogo diversi libri su Shivaji, tra cui Shivaji – The Great Maratha, Tales of Shivaji e Tanaji, the Maratha Lion, sull’amico di Shivaji, suo compagno in armi. 1526 Babur conquista Delhi e diviene il primo imperatore moghul. Travolge il Rajasthan reindirizzando la forza della confederazione e grazie al vantaggio tecnologico dei moschetti a miccia tra i suoi soldati. 790 S to ria L’ espansi o ne del p o tere eur o pe o I nizam di Hyderabad dominarono il loro vasto stato dell’India centrale dal 1720 fino all’indipendenza – prima sotto il controllo dei Moghul e poi come governanti autonomi – ed erano noti per la loro ricchezza, la loro passione per l’architettura, la poesia e le pietre preziose e, quando l’India si emancipò dagli inglesi, per la loro determinazione a rimanere indipendenti. nieri, disperdevano le loro energie in lotte intestine, cosicché i loro territori finirono per diventare stati vassalli del regno dei Moghul. La loro prodezza in battaglia era tuttavia ampiamente riconosciuta e alcuni dei migliori uomini degli eserciti degli imperatori moghul provenivano proprio dalle fila dei Rajput. I Maratha erano meno votati alla guerra, ma si rivelarono ben più accorti. Acquisirono importanza grazie al carisma del loro capo Shivaji, che conquistò il consenso della popolazione difendendo la causa degli hindu contro i dominatori musulmani. Fra il 1646 e il 1680 Shivaji portò a termine più di un’impresa contro i Moghul in gran parte dell’India centrale. In un’occasione venne catturato e condotto ad Agra, ma riuscì a fuggire e a proseguire nelle sue imprese, tanto che ancora oggi i cantastorie ne raccontano le avventure. Shivaji è considerato un eroe soprattutto nel Maharashtra, dove ebbero luogo alcune delle sue imprese più estreme (il suo nome è ovunque a Mumbai), ed è venerato anche perché, pur appartenendo a una delle caste più basse (quella degli shudra), riuscì a diventare un grande condottiero, dimostrando così che un leader non doveva necessariamente provenire dalla casta dei kshatriya (soldati o funzionari). Il figlio di Shivaji venne tuttavia catturato, accecato e giustiziato dal sovrano moghul Aurangzeb e il nipote non era altrettanto determinato dei suoi predecessori; per questo motivo l’impero dei Maratha proseguì sotto la guida dei Peshwa, i ministri ereditari che ne divennero gli effettivi governanti. I Peshwa riuscirono a consolidare il loro potere a discapito dei Moghul, il cui impero andava indebolendosi, dapprima inviando in loro aiuto le proprie truppe e successivamente assumendo il diretto controllo dei loro territori. L’espansione dei Maratha si interruppe bruscamente nel 1761 a Panipat. Nella città in cui Babur, oltre 200 anni prima, aveva vinto la battaglia che aveva segnato l’inizio dell’impero dei Moghul, i Maratha furono sconfitti da Ahmad Shah Durani, proveniente dall’Afghanistan. L’espansione dei Maratha verso ovest quindi si arrestò, benché il loro potere si consolidasse nell’India centrale e nella regione nota con il nome di Malwa. I Maratha dovettero infine soccombere all’ultima potenza imperiale dell’India, gli inglesi. L’espansione del potere europeo L’Inghilterra non fu la prima potenza coloniale europea ad arrivare in India, né l’ultima a lasciarla: entrambi gli ‘onori’ spettano ai portoghesi. Nel 1498 Vasco da Gama giunse sulla costa dell’attuale Kerala, nell’India del Sud, dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza e la nuova rotta garantì ai portoghesi un secolo di monopolio commerciale tra l’Europa, l’India e l’Estremo Oriente. Per primi arrivarono Francisco de Almeida 1540 La dinastia dei Sur strappa per un breve periodo Delhi ai Moghul. La sconfitta di Humayun nella battaglia di Kanauj per mano di Sher Shah Suri costringe i Moghul a chiedere aiuto ai Rajput. 1556 Hemu, un generale hindu, conquista Delhi dopo la morte accidentale di Humayun. Perde il potere un mese dopo a favore di Akbar, che lo sconfigge nella seconda battaglia di Panipat. 1600 Elisabetta I accorda la prima autorizzazione commerciale alla Compagnia delle Indie Orientali il 31 dicembre; il viaggio inaugurale l’anno successivo verrà guidato da Sir James Lancaster.