Capire
l’India
INDIA OGGI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 776
Fatti e dati che illustrano il quadro generale dell’India dei nostri
giorni.
STORIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 779
I vari fili che formano la ricca trama della storia dell’India.
LA VITA QUOTIDIANA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 803
Una finestra su tutto ciò che è tipico dell’India, dal sistema delle
caste al cricket.
L’INDIA DELLA SPIRITUALITÀ. . . . . . . . . . . . . . . . . 810
Un excursus sul variegato panorama religioso del paese, con siti
sacri e festività tutte da scoprire.
DELIZIE INDIANE. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 819
Le delizie indiane spaziano dai piccanti spuntini venduti per
strada a soffici pizze super farcite.
I GRANDI BAZAR INDIANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 830
Sontuose sete, scintillanti pietre preziose, manufatti tribali
e molto altro: un paradiso per shopping dipendenti.
L’ARCHITETTURA RELIGIOSA . . . . . . . . . . . . . . . . 839
Suggestive opere architettoniche antiche e contemporanee che
infiammano l’immaginazione.
LE ARTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 843
Dalle antiche danze religiose alla dinamica scena delle arti dello
spettacolo, l’India vi stupirà con effetti speciali.
ELEFANTI E TIGRI:
LE RISERVE NATURALI INDIANE . . . . . . . . . . . . . 850
Un safari alla ricerca di tigri, elefanti e altri magnifici animali.
IL PAESAGGIO. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 856
Dalle calde foreste tropicali alle montagne incappucciate di
neve il paesaggio indiano è tanto vario quanto spettacolare.
popolazione per kmq
776
INDIA
CINA
ITALIA
≈ 30 abitanti
India oggi
L’epica vicenda del Kashmir
»»Popolazione:
1 miliardo e 210
milioni
»» PIL/abitante:
US$1031
(2009)
PM:rimanecosì?
»» Tasso di
disoccupazione:
10,8%
»» Occupati nel
settore agricolo:
52%
»» Tasso di alfabetizzazione:
65% femmine,
82% maschi
»» Rapporto
donne/uomini:
940/1000
Nell’estate del 2010, la valle del Kashmir era sotto un coprifuoco
costante e gli scontri tra i dimostranti a favore dell’indipendenza
e le forze di sicurezza indiane si erano trasformati in violenza con
esito mortale. I dimostranti chiedevano all’India di allontanare dal
Kashmir i suoi 500.000 uomini. Ai lanci di pietre contro poliziotti e
paramilitari e all’incendio dei loro veicoli al grido di azadi (libertà) le
forze dell’ordine risposero aprendo il fuoco, facendo un centinaia di
vittime, quasi tutte teenager.
La valle del Kashmir (a maggioranza musulmana) è rivendicata sia
dall’India sia dal Pakistan e ora anche da un movimento autonomista:
la questione kashmira è sempre stata causa delle cattive relazioni tra
i due paesi sin dalla Partition nel 1947 (v. p798). Dopo tre guerre indopakistane e innumerevoli schermaglie armate, ancora non si vede
una soluzione.
Nel 2004, al momento dell’elezione del primo ministro Manmohan
Singh, appartenente al Congress Party, le relazioni tra i due paesi erano
tese ma ragionevolmente cordiali. Alcune misure volte a ricreare la
reciproca fiducia, quali la riapertura dei trasporti transfrontalieri, avevano contribuito infatti a distendere i toni. I colloqui di pace subirono
purtroppo una brusca frenata nel novembre 2008, quanto un gruppo
terroristico a Mumbai uccise non meno di 163 persone, alcune delle quali
furono torturate prima di perdere la vita, in tre giorni di un attacco
attentamente orchestrato, con sparatorie e bombe in dieci luoghi della
città. Uno degli attentatori catturati vivi si dimostrò essere un pakistano con legami con il gruppo militante Lashkar-e-Taiba, che negli anni
’90 era stato costituito per assistere l’esercito pakistano in Kashmir. Il
Pakistan negò ogni coinvolgimento con gli attentatori.
Si fa/non si fa
»» Evitate i vestiti aderenti e
coprite spalle e ginocchia, anche nuotando.
»» Baciarsi, abbracciarsi e tenersi la mano in pubblico non sono
gesti socialmente accettati.
»» Nei luoghi sacri vestitevi e
comportatevi in modo rispettoso.
Film
»» Entrando in un luogo sacro o
in una casa toglietevi le scarpe.
»» Chiedete il permesso prima
di fotografare qualcuno o un
luogo sacro.
»» Scuotere il capo non significa
sempre ‘no’, a volte può voler
dire ‘sì’, ‘forse’ o ‘non lo so’.
Fire (1996), Earth (1998) e
Water (2005) La trilogia diretta
da Deepa Mehta ha avuto un
gran successo all’estero, ma è
controversa in India.
Gandhi (1982) Un film, diretto
da Richard Attenborough, che ha
ottenuto un successo strepitoso.
su 100 abitanti
in India
religioni
(% della popolazione)
777
80,5
hindu
13,4
2,3
musulmani
cristiani
1,9
0,8
1,1
sikh
buddhisti
altri
41 parlano hindi
55 parlano una delle 21 lingue ufficiali
4 parlano una delle altre circa 400 lingue
Nota: 10 di queste 100 persone parlano l’inglese
come seconda lingua
Tensioni tra le comunità
Se il Kashmir è la regione dove continua a perdurare un conflitto
irrisolto, le contrapposizioni per questioni religiose nelle zone più a
sud sono forse più insidiose ancora. Uno degli episodi più critici delle
tensioni tra le varie comunità ebbe luogo il 6 dicembre 1992, quando i
fondamentalisti hindu distrussero una moschea musulmana, la Babri
Masjid di Ayodhya (città venerata dagli hindu quale luogo di nascita
di Rama) nell’Uttar Pradesh. Il BJP pro-hindu, principale partito di
opposizione, non fece molto per scoraggiare gli attacchi; ne seguirono
sanguinose rivolte che provocarono migliaia di morti in tutta l’India
del Nord.
Nel 2002, quando 58 hindu morirono in un incendio sospetto su un
treno, ci furono disordini che provocarono almeno 2000 morti, soprattutto musulmani; secondo la ONG Human Rights Watch, funzionari
governativi del BJP furono direttamente coinvolti nei fatti.
Il 2008 fu uno degli anni più bui della storia del paese: una serie
di bombe scoppiò a Jaipur, Ahmedabad e Delhi, facendo ogni volta
decine di vittime. Le indagini sembravano convergere su alcuni gruppi
di fondamentalisti islamici ma, mentre il governo di Delhi prometteva
solennemente di impegnarsi con ogni mezzo per fermare il terrorismo,
si trovò impotente di fronte all’attacco a Mumbai il 26 novembre.
Al momento della stesura della guida, comunque, le tensioni si erano
stemperate e i toni delle rivendicazioni ammorbiditi. E nel 2010, quando
il tribunale stabilì che il sito di Ayodhya avrebbe dovuto essere suddiviso
in due parti, una hindu e una islamica, la reazione fu pacifica, con gran
sollievo di tutti.
L’inno nazionale
indiano, ‘Jana
Gana Mana’ (tu
sei il dominatore
delle menti di
tutti), è stato
scritto e musicato
dal poeta bengalese Rabindranath
Tagore, premio
Nobel per la
letteratura.
Gentilezze
Pyaasa (Thirst; 1957) e Fiori di
carta (1959) Due film agrodolci
diretti e interpretati dal leggendario Guru Dutt.
Lagaan – C’era una volta in
India (2001) Scritto e diretto
da Ashutosh Gowariker; film
ambientato durante il British
»» Dire namaste con le mani
chiuse in un gesto di preghiera
è un saluto rispettoso della
tradizione hindu: è accettato
ovunque come saluto per chi si
incontra (molti infatti non stringerebbero la mano a un rappresentante del sesso opposto).
»» Non ci si abbraccia tra
estranei (non in pubblico).
»» ‘Please’ e ‘thank you’ non si
usano molto, ma non spiacciono.
»» Usate solo la mano destra
per mangiare e per la stretta di
mano; quella sinistra serve per
operazioni meno nobili.
778
Il Congress Party oggi
In quanto sikh, il
primo ministro
Manmohan Singh
(del Congress
Party) è stato il
primo membro
di una minoranza
religiosa indiana a
essere eletto alla
massima carica
dello stato.
Nel 2004 il Congress Party, sotto la guida di Sonia Gandhi, la moglie
italiana di Rajiv, vinse le elezioni. Sonia Gandhi decise comunque di
farsi da parte in favore di Manmohan Singh, già ministro delle finanze nel precedente governo del Congress Party: Singh, che ha fama di
essere intelligente e onesto, gode di buona popolarità, anche se c’è chi
pensa che Sonia Gandhi ne influenzi le decisioni.
Sotto la guida di Singh, l’India ha iniziato un programma di liberalizzazione economica, insieme a progetti educativi, sociali e sanitari.
Nel 2006 fece scalpore l’accordo firmato con gli USA che garantisce
all’India accesso a fonti energetiche e tecnologia nucleare in cambio
del rispetto delle norme di sicurezza emanate dall’AEIA. Criticato per
la scarsa fermezza nel contrastare gli episodi di corruzione tra i membri del suo governo, Singh è stato comunque riconfermato nel 2009.
La chiave è l’economia
Nel 1991 la politica economica del welfare subì un brusco cambio di rotta
in seguito alla decisione di Manmohan Singh di svalutare parzialmente
la rupia nei confronti di un gruppo di valute ‘forti’, eliminando i sussidi
statali e aprendo agli investitori stranieri, attratti dal gran numero
di professionisti qualificati e dai salari relativamente bassi del paese.
L’India è la seconda economia in più rapida crescita al mondo dopo
la Cina e da allora ha fatto passi da gigante. Tuttavia, nonostante una
crescita annuale media di circa il 9%, larghi strati del miliardo e oltre
della popolazione indiana hanno tratto ben pochi benefici dal boom
economico. In effetti, l’impegno del governo è allargare al paese intero
i benefici connessi all’aumento del gettito fiscale. Il che non sembra un
compito facile, visto il divario incolmabile che separa chi ha da chi non ha.
Romanzi
Politica
I figli della mezzanotte
L’allegoria di Salman Rushdie
sull’indipendenza e la Partition.
La grande frode e Il pittore
di insegne Due classici romanzi
di R.K. Narayan.
Un perfetto equilibrio La storia
tragica di Rohinton Mistryè
ambientata a Mumbai.
Gandhi. Un uomo di pace che
divenne la fiera anima di un
popolo (2003) Giorgio Borsa è
l’autore di una pregevole biografia sul grande Mahatma.
Political Resources – India
(www.politicalresources.net/
India.htm) Link ai maggiori partiti politici e movimenti sociali.
Quando la tigre incontra il
dragone. Uno sguardo nel
futuro di India e Cina (2010) di
Prem S. Jh.
Potere e contestazione. L’India dal 1989 (2009) di Nivedita
Menon e Aditya Nigam.
779
Storia
La storia dell’India è una delle grandi epopee della storia mondiale.
Nel corso dei millenni, infatti, il subcontinente è stato teatro della
nascita di grandi civiltà e religioni, di ripetute invasioni dall’esterno e
di innumerevoli cataclismi. Del resto, come affermò Jawaharlal Nehru,
primo premier della nazione indipendente, molto spesso questo paese
ha dato prova di essere ‘un insieme di contraddizioni unite da fili forti
benché invisibili’. La storia indiana è sempre stata un’opera in continua evoluzione, un processo costante che si reinventava ogni volta e
insieme accumulava strato su strato ogni episodio del proprio divenire,
eludendo qualsiasi tentativo di individuarne un’essenza peculiare e
imprescindibile.
Se si vuole riassumere in due parole secoli di storia, si può dire che
gli imperi dei brahmini e le dinastie hindu e buddhiste dominarono
il paese per un millennio prima della nascita dei sultanati islamici,
che, insieme ai regni moghul, estesero il controllo musulmano sulla
regione per diverse centinaia di anni; cedettero infine alla pressione
degli occidentali – soprattutto, ovviamente, dei britannici, che riuscirono a conquistare l’intera penisola.
Ma anche una sommaria cronologia come questa è fuorviante: piccole
dinastie nacquero, morirono e rinacquero all’ombra di imperi più vasti;
i centri del potere si spostarono in molte occasioni in modo quasi impercettibile, il dominio passò più volte di mano tra eterni rivali e nuovi
territori furono conquistati e di nuovo persi; e l’appartenenza religiosa
fu, a seconda del momento storico, di grande o nessuna importanza.
Come per le acque di un fiume, nessuno è mai riuscito a ritornare in
India una seconda volta trovandola com’era. Eppure, da questa miriade
di conflitti, imperi e sommovimenti è emersa una nazione viva, eterogenea e profondamente moderna, che è al tempo stesso dinamica e
tenace, sempre più preparata ad affrontare con successo le multiformi
sfide che riserva il futuro.
CRONOLOGIA
10.000 a.C.
Prime pitture dell’Età della Pietra
nelle grotte di Bhimbetka, oggi
noto come Madhya Pradesh.
L’arte rupestre continuò nella
zona per secoli. Si pensa che
esistessero insediamenti in
tutto il subcontinente.
Storia:
letture
consigliate
»» www.harappa
.com
»»Storia dell’India,
Michelguglielmo
Torri (Laterza,
Bari 2007)
»» Storia dell’India,
Barbara D. e
Thomas R. Metcalf
(Mondadori,
Milano 2004)
»» Il trono dei
Mogul. La saga dei
grandi imperatori dell’India,
Abraham Eraly (il
Saggiatore, Milano
2011)
»» Storia dell’India,
Dietmar Rothermund (Il Mulino,
Bologna 2007)
2600-1700 a.C.
Apice della civiltà della Valle
dell’Indo. Dal Rajasthan al Gujarat
e alla provincia di Sindh (oggi in
Pakistan), fioriscono le grandi
città di Harappa e Moenjodaro.
Le civiltà della Valle dell’Indo
780
S to ria L e civiltà della Valle dell’ I ndo
Per saperne di
più sulle antiche
civiltà della Valle
dell’Indo, navigate
sul sito www.
harappa.com,
ricco di immagini
ma anche di informazioni molto
scientifiche.
La versione di
Ramayana di R.K.
Narayan del 1973
(Guanda, Parma
2010) racconta in
forma narrativa
condensata questo classico della
letteratura indiana
del III secolo.
Il celebre romanziere ha fatto
lo stesso con il
Mahabharata
nel 1978 (stesso
editore, 2000).
Nasce dalle pendici himalayane nell’estremo nord dell’India e scorre
attraverso tutto il Pakistan, fino a sfociare nel Mare Arabico in un
ampio delta vicino a Karachi: l’Indo (da cui gli inglesi denominarono
tutto il subcontinente) è stato la culla delle prime civiltà della regione.
I primi abitanti della sua vasta valle erano tribù nomadi di agricoltori e
allevatori. Nel corso dei millenni, in particolare a partire dal 3500 a.C.,
da queste tribù cominciarono a svilupparsi una civiltà più stanziale
e una cultura urbana. Quella che viene definita la civiltà della Valle
dell’Indo (o dell’Indo-Sarasvati, dal nome di un fiume oggi scomparso)
si sviluppò dunque in più di un migliaio di città intorno al fiume o ai
suoi affluenti, dove il terreno era più fertile. Soprattutto sul fiume Ravi,
nell’attuale Punjab pakistano, intorno al 2500 a.C. erano già sorte le
grandi città destinate a diventare la culla della cosiddetta civiltà di
Harappa, che sarebbe durata per oltre un millennio.
Le città più importanti del tardo periodo della civiltà di Harappa
furono Moenjodaro e Harappa nell’odierno Pakistan (entrambe scavate
dagli archeologi negli anni ’20) e Lothal vicino ad Ahmedabad. Lothal
è ancora meta di visitatori e la sua razionale e accurata planimetria
riflette il raffinato livello di questa civiltà risalente a 4500 anni fa.
Spesso le città della civiltà di Harappa presentavano un’acropoli,
che probabilmente aveva una funzione religiosa, separata dal resto
dell’insediamento; il grande bacino d’acqua di Moenjodaro si pensa
fosse usato per le abluzioni rituali. Le città principali di quel periodo
raggiunsero comunque dimensioni ragguardevoli: si stima che al suo
apice la popolazione di Moenjodaro fosse di 50.000 abitanti.
Verso la metà del III millennio a.C., la cultura della Valle dell’Indo
era paragonabile alle altre grandi civiltà che stavano nascendo in
quell’epoca intorno ad altri fiumi importanti, come il Nilo egiziano e
il Tigri e l’Eufrate in Mesopotamia. Gli harappani, che intrattenevano
rapporti commerciali con la Mesopotamia, elaborarono un sistema di
pesi e misure e svilupparono forme d’arte molto raffinate, testimoniate
dal rinvenimento di pregevoli statuette in bronzo e terracotta. Gli altri
reperti riportati alla luce, tra cui modellini di carri trainati da buoi
e gioielli, costituiscono la più antica testimonianza di una specifica
cultura indiana.
In effetti, molti elementi della civiltà di Harappa vennero successivamente assimilati dall’hinduismo: in particolare, le statuette di argilla
rinvenute presso i siti della Valle dell’Indo fanno supporre l’esistenza
del culto di una dea madre in seguito personificata in Kali e di una
divinità maschile dai tre volti, seduta come uno yogi e attorniata da
quattro animali – lo Shiva preistorico. Sono stati inoltre scoperti pilastri di pietra nera legati al culto fallico di Shiva e statue di animali
1500 a.C.
La civiltà indo-aria si radica
nelle fertili pianure del bacino
indo-gangetico. La lingua è
un’antica forma di sanscrito,
da cui più tardi nacquero molte
lingue locali compreso l’hindi.
1500-1200 a.C.
Stesura del Rig-Veda, il
primo e più corposo dei
testi canonici hinduisti, i
Veda; seguono altri tre libri.
Nascono le prime forme
di gerarchia ecclesiastica
dell’hinduismo brahmanico.
1000 a.C.
Fondazione di Indraprastha
sul sito dell’odierna Delhi. Gli
scavi archeologici di Purana
Qila continuano ancora oggi,
facendo emergere nuovi
particolari sull’antica capitale.
– la più importante delle quali è il toro con la gobba, divenuto poi
cavalcatura di Shiva, Nandi.
Le prime invasioni e la nascita
delle religioni
Mahavir e
il Buddha vissero
nello stesso
periodo e i loro
insegnamenti a
volte si sovrappongono. Buddha
evidenzia le
differenze tra loro
(e le sue critiche)
nel Sankha Sutta
e nel Devadaha
Sutta, in cui fa
riferimento a
Mahavir come
Nigantha (‘libero
da legami’)
Nataputta. Potete
leggere gli scritti
nel sito del buddhismo theravada
www.accessto
insight.com.
I CONFINI SECONDO GLI ARII
Gli storici hanno opinioni divergenti sulle origini della presenza degli arii nell’India del
Nord, ma sembrano concordi sul fatto che i vari regni arii praticassero una delle forme di demarcazione del territorio più curiose della storia, l’asvamedha (sacrificio del
cavallo).
Questo rituale prevedeva che un cavallo, seguito da un gruppo di soldati, venisse
lasciato galoppare liberamente in ogni direzione: se l’avanzare dell’animale incontrava
qualche ostacolo, il re doveva combattere per conquistare la terra in questione e, al
termine del periodo previsto, tutta la zona percorsa dal quadrupede veniva considerata
territorio indiscusso del sovrano, mentre il cavallo veniva sacrificato. Il sistema doveva
avere una sua funzionalità se veniva ancora praticato secoli dopo dalla dinastia Chalukya di Badami per dimostrare che deteneva il completo controllo del proprio regno.
599-528 a.C.
DAMIEN SIMONIS / LONELY PLANET IMAGES ©
»» Purana Qila (p65), Delhi
Vita di Mahavir, 24° e ultimo
tirthankar (maestro illuminato)
che fondò la religione giainista.
Come il Buddha, predicava la
compassione e un sentiero di
illuminazione per tutte le caste.
S to ria L e prime invasioni e la nascita delle religioni
La civiltà di Harappa iniziò il suo declino a partire dal II millennio a.C.
Tra le cause naturali che gli studiosi considerano responsabili di tale
declino vi sono i cambiamenti climatici che ridussero la portata dei
monsoni e diedero luogo quindi a una diminuzione delle precipitazioni
(che determinò a sua volta la rovina dei raccolti) e un evento sismico
che provocò la deviazione del corso di alcuni fiumi del bacino dell’Indo.
Un’altra teoria (molto controversa) che predomina da tempo tra gli
storici è che la scomparsa dell’impero di Harappa sia stata provocata da
un’invasione di popolazioni arie, o ariane, dalla regione persiana. Ma
non esistendo testimonianze archeologiche in merito, né sussistendone
tracce negli antichi testi indiani, alcuni storici nazionalisti sostengono
che gli arii (termine derivante da una parola sanscrita che significa
‘nobile’) fossero in realtà gli abitanti originari dell’India e che la teoria
dell’invasione sia stata escogitata dai conquistatori a proprio beneficio.
Secondo altre interpretazioni ancora, l’arrivo degli arii rappresentò, più
che una vera e propria invasione, una pacifica migrazione che assorbì
gradualmente la cultura di Harappa.
I difensori della teoria dell’invasione sostengono che le tribù arie
provenienti dall’Afghanistan e dall’Asia centrale abbiano iniziato a penetrare nell’India nord-occidentale intorno al 1500 a.C. circa. Sebbene
vantassero una notevole superiorità bellica, la loro avanzata verso est e
la pianura del Gange sembra essere stata graduale, in quanto ostacolata
dalla resistenza delle tribù che difendevano i propri territori. Alla fine,
781
782
S to ria L’ impero dei M aur ya e i regni successivi
Resti della
civiltà dei
Maurya
»» Junagadh
(Gujarat)
»» Allahabad Fort
(Uttar Pradesh)
»» Sarnath (Uttar
Pradesh)
»» Sanchi (Madhya
Pradesh)
»» Bodhgaya
(Bihar)
»» Vaishali (Bihar)
»» Amaravathi
(Andhra Pradesh)
tuttavia, gli arii riuscirono ad assumere il controllo di tutta l’India
settentrionale fino alle Vindhya Hills e molti di coloro che secondo
questa teoria erano gli abitanti indigeni della regione, i dravidi, furono
costretti a spostarsi a sud.
Durante quest’età di transizione (1500-1200 a.C.) furono redatte
in ogni caso le sacre scritture hindu, i Veda, che formalizzarono il
sistema sociale delle caste.
Alla fine del VII secolo a.C., molte delle tribù arie che si erano insediate
nella pianura del Gange confluirono in 16 regni principali, che furono a
loro volta accorpati in quattro stati più grandi. Tra questi si distinse la
dinastia dei Nanda, che salì al potere nel 364 a.C. e regnò su una vasta
parte dei territori dell’India del Nord.
In questo periodo, la zona interna dell’India evitò a malapena altre
due invasioni da ovest che, se avessero avuto successo, avrebbero potuto
modificare notevolmente il corso della storia indiana. La prima fu quella
guidata dal re persiano Dario (521-486 a.C.), che annesse al proprio regno
il Punjab e il Sindh (che allora si estendeva oltre l’odierno confine con il
Pakistan). Poi fu la volta di Alessandro Magno di raggiungere l’India nel
326 a.C.; le sue truppe, però, si rifiutarono di proseguire oltre il fiume
Beas, nell’Himachal Pradesh, e il generale macedone dovette rinunciare
alla conquista del subcontinente.
Lo stesso periodo fu caratterizzato dalla nascita di due delle più
importanti religioni professate in India, il buddhismo (p816) e il giainismo (p817), che si diffuse intorno al 500 a.C. Entrambe mettevano in
discussione i Veda, di cui condannavano soprattutto il sistema delle
caste; tuttavia, a differenza dei buddhisti, i giainisti non rinnegarono
mai il loro retaggio hindu e la loro religione non si estese mai al di
fuori dell’India.
L’impero dei Maurya e i regni successivi
Se la civiltà di Harappa fu la culla della civiltà indiana, Chandragupta
Maurya fu il fondatore del primo grande impero del subcontinente. Salì
al potere nel 321 a.C. sottraendo il trono alla dinastia dei Nanda e in
breve tempo estese il proprio regno fino a includere la zona della Valle
dell’Indo a suo tempo conquistata da Alessandro Magno.
Dalla capitale Pataliputra (l’odierna Patna), l’impero dei Maurya
governava su gran parte dell’India settentrionale e si estendeva in
direzione sud fino all’odierno Karnataka. I Maurya riuscirono a mantenere il controllo su un regno così vasto grazie a un efficiente apparato
burocratico, organizzato in un’amministrazione locale strutturata
in diversi livelli e corrispondente a un rigido sistema sociale basato
sulla rigorosa suddivisione delle caste, e all’appoggio del più grande
esercito regolare dell’epoca.
563-483 a.C.
Vita di Siddhartha Gautama
(fondatore del buddhismo),
che raggiunse l’illuminazione
sotto l’albero della bodhi a
Bodhgaya (Bihar) divenendo
quindi il Buddha (l’Illuminato).
V-IV secolo a.C.
La dinastia dei Nanda emerge
tra le altre nella ricca regione
di Magadha (che corrisponde
all’odierno Bihar) e allarga la
propria sfera d’influenza dal
Bengala al Punjab. Cade sotto il
dominio dei Maurya nel 321 a.C.
326 a.C.
Alessandro Magno invade
l’India. Sconfigge re Porus
nel Punjab ed entra nel
subcontinente, ma l’esercito
si ribella e gli impedisce di
proseguire oltre il fiume Beas,
nell’Himachal Pradesh.
783
UN IMPERATORE ILLUMINATO
L’impero raggiunse il suo apogeo sotto l’imperatore Ashoka, la cui
capacità di guidare il paese e tenere unite le popolazioni era tale che dopo
la sua morte (232 a.C.), nessuno fu più in grado di conservare l’unità del
regno, che si disgregò rapidamente fino al declino definitivo nel 184 a.C.
Nessuno degli imperi che seguirono riuscì più a eguagliare la dinastia Maurya in termini di stabilità e longevità storica. Tutti ebbero un
limitato periodo di gloria: i Sunga dal 184 al 70 a.C., i Kanva dal 72a
30 a.C., gli Shaka dal 130 a.C. e i Kushana dal I secolo a.C. al I secolo
d.C. e in misura minore fino al III secolo; questi ultimi estesero la loro
influenza su una vasta zona dell’India settentrionale e dell’Asia centrale.
Nonostante l’assenza di un potere centrale, questo fu un periodo
di grande sviluppo per il subcontinente. Nel corso del I secolo d.C. i
commerci con l’impero romano (sia via terra sia via mare, attraverso
i porti meridionali) si fecero molto intensi, così come quelli via terra
con la Cina.
321-185 a.C.
L’India viene sottomessa
dalla dinastia dei Maurya.
Fondato da Chandragupta
Maurya, l’impero regna da
Pataliputra (Patna) e con
Ashoka adotta il buddhismo
come religione di stato.
metà III secolo a.C.
Il buddhismo si diffonde in
tutta la penisola indiana e
oltre grazie ai monaci che
Ashoka manda in giro come
suoi ambasciatori dallo Sri
Lanka al Sud-est asiatico.
Vengono eretti gli stupa
di Amaravathi e Sanchi.
L’imperatore
Ashoka, oltre
che sulle proprie
capacità politiche,
poteva contare
su un esercito
permanente di
9000 elefanti,
30.000 cavalieri e
600.000 fanti.
metà III secolo a.C.
All’interno dell’hinduismo
emerge il movimento Bhakti,
citato per la prima volta nel
Bhagavad Gita del V secolo.
Pone l’accento sulla devozione
individuale e sull’unione con il
divino, sfidando la tradizionale
gerarchia del brahmanesimo.
S to ria L’ impero dei M aur ya e i regni successivi
A parte i Moghul e, parecchi secoli più tardi, gli inglesi, nessun altro impero regnò su
una parte così ampia di territorio indiano come quello dei Maurya. Proprio a questa
dinastia l’India deve una delle sue figure storiche più significative.
Durante il suo regno, infatti, l’imperatore Ashoka favorì lo sviluppo dell’arte e della
scultura, mentre la sua fama di re-filosofo si diffondeva grazie agli editti scolpiti nella
pietra che venivano impiegati sia per istruire il popolo, sia per testimoniare la vasta
estensione del suo impero. Alcuni dei suoi insegnamenti morali si possono leggere
ancora oggi, specialmente gli editti di Ashoka a Junagadh, nel Gujarat (p757).
Il regno di Ashoka rappresentò anche un periodo di notevole importanza per il buddhismo, che l’imperatore abbracciò nel 262 a.C. dichiarandolo religione di stato per
limitare le conseguenze dell’influenza spirituale e della dottrina sociale dell’hinduismo
sulla popolazione. L’imperatore fece costruire migliaia di stupa e monasteri in tutta la
regione. Le imperdibili tracce dell’India buddhista di Ashoka sono tuttora visibili a Sarnath (p421) nell’Uttar Pradesh (nel luogo in cui il Buddha pronunciò il suo primo sermone
illustrando il ‘nobile ottuplice sentiero’, ovvero la ‘via mediana’ verso l’illuminazione; v.
p816) e a Sanchi (p688) nel Madhya Pradesh. Ashoka inviò anche alcune missioni all’estero e
nello Sri Lanka è tuttora venerato perché per diffondere il buddhismo sull’isola scelse
nientemeno che il figlio e la figlia.
L’importanza che questo imperatore del III secolo a.C. riveste ancora oggi è dimostrata dal fatto che il chakra di Ashoka (una ruota con 24 raggi), che un tempo
sormontava molte colonne, è oggi la parte centrale della bandiera dell’India moderna
(quattro leoni seduti schiena contro schiena in cima a un abaco con un fregio recante
la scritta ‘la verità sola trionfa’) e come emblema nazionale per riaffermare l’antico
impegno verso la pace e la benevolenza.
L’età d’oro dei Gupta
784
S to ria L’ età d ’ oro dei G upta
È ampiamente accettata l’idea che
i concetti di zero
e di infinito siano
stati sviluppati da
eminenti matematici indiani
durante il regno
dei Gupta.
Molti degli imperi che succedettero ai Maurya detennero soltanto un
potere nominale sui territori di cui si proclamavano padroni, poiché
il controllo effettivo del territorio e degli affari locali era di fatto
esercitato da varie tribù e da piccoli regni.
Nel 319 d.C. Chandragupta I, terzo sovrano della pressoché ignota
dinastia dei Gupta che regnava su una di queste popolazioni, acquisì
particolare importanza sposando la figlia del capo di una delle più potenti tribù del nord, quella dei Licchavi. In seguito il potere dei Gupta
crebbe rapidamente, e sotto Chandragupta II (che regnò dal 375 al 413)
raggiunse la sua massima espansione. Il pellegrino cinese Fa Hsien, che
visitò l’India in quel periodo, descrisse i suoi abitanti come ‘gente ricca
e soddisfatta’, governata da re illuminati e giusti.
Questa fu quindi un’epoca di fioritura della poesia, della letteratura
e delle arti; alcune delle opere migliori furono realizzate ad Ajanta
ed Ellora, nell’India meridionale, a Sanchi (p687) e a Sarnath (p421). Verso
la fine dell’era dei Gupta, inoltre, l’hinduismo conobbe un nuovo periodo
di diffusione e divenne il culto predominante, oscurando il giainismo
e il buddhismo; quest’ultimo in particolare, privato del sostegno di
Ashoka, non sarebbe più stato la religione dominante in India.
Le invasioni degli unni all’inizio del VI secolo, e più precisamente la
sconfitta dell’esercito dei Gupta a opera del capo unno Toramana nel 510,
segnarono la fine di quest’epoca. L’India settentrionale si frammentò
nuovamente in numerosi regni hindu indipendenti.
Il sud hindu
L’India meridionale ha sempre rivendicato una sua storia peculiare. Isolata dagli sviluppi politici del nord del paese a causa della grande distanza da quelle regioni, vide nascere un gruppo di potenti regni autonomi
tra cui quello degli Shatavahana – che governarono sull’India centrale
per circa 400 anni a partire dal 230 a.C. e, nonostante in maggioranza
hindu, finanziarono le opere d’arte buddhista ad Amaravathi e Sanchi
(p687) – dei Kalinga e dei Vakataka. Ma fu dai territori tribali delle fertili
pianure costiere che nacquero i grandi imperi meridionali – le dinastie
dei Chola, Pandya, Chalukya, Chera e Pallava.
I Chalukya dominarono per lo più l’altopiano del Deccan dell’India
centro-meridionale, nonostante riuscissero occasionalmente a estendere il controllo anche più a nord. Dalla propria capitale a Badami,
nell’attuale stato del Karnataka, questi sovrani governarono dal 550 al
753 prima di cedere di fronte ai Rashtrakuta. Un ramo orientale della
dinastia dei Chalukya riemerse intorno al 972 e, dalla sua capitale a
Kalyani nel Karnataka, regnò fino al 1190.
235 a.C. circa
Inizio del regno dei Chola.
La dinastia tamil, che passò
alla storia per il potere che
esercitò sui vasti territori
conquistati tra il IX e il XIII
secolo, dominerà sull’India
del sud per oltre 1500 anni.
III secolo a.C.
L’impero Satavahana estende
il suo controllo su una grande
area dell’India centrale, che
manterrà fino al II secolo d.C. Il
loro interesse per le arti e per il
commercio marittimo influenza
lo sviluppo artistico della
regione e del Sud-est asiatico.
I secolo
Fioriscono i commerci con
altre nazioni: la complessa
rete di strade mercantili della
regione collega l’entroterra con
i porti, da cui salpano le navi
per l’Africa, il Golfo, Socotra,
il Sud-est asiatico, la Cina e
anche l’impero romano.
Il nord musulmano
Mentre l’India del Sud conservava il suo carattere specificamente hindu,
l’India del Nord veniva invasa dagli eserciti musulmani provenienti da
nord-ovest.
All’origine dell’espansione musulmana vi fu Mahmud di Ghazni.
Oggi Ghazni è un’anonima cittadina situata tra Kabul e Kandahar
in Afghanistan, ma all’inizio dell’XI secolo Mahmud la trasformò
in una delle capitali più gloriose del mondo, attingendo le ricchezze
necessarie al suo sviluppo dai territori confinanti. Dal 1001 al 1025
Mahmud condusse infatti ben 17 incursioni in India, tra cui quella,
divenuta tristemente nota, contro il famoso tempio di Shiva a Somnath (p752), nel Gujarat. Ben 70.000 soldati hindu persero la vita nel
tentativo di difendere il tempio, che infine cadde all’inizio del 1026.
Dopo la vittoria, Mahmud, che non era particolarmente interessato
alle conquiste territoriali, si limitò a far trasportare un’enorme
quantità d’oro e altri tesori fino alla sua capitale. Le sue incursioni
fecero però vacillare l’equilibrio di poteri consolidatosi nell’India
settentrionale, consentendo agli invasori successivi di rivendicare
per sé ampi territori.
319-510
Il persiano è stata
la lingua ufficiale
di molti imperi, da
quello di Mahmud
di Ghazni al sultanato dei Moghul di
Delhi. L’urdu, che
unisce elementi
di persiano, arabo
e dialetti locali,
ebbe un’evoluzione di centinaia
di anni e divenne
una lingua vera e
propria durante il
regno dei Moghul.
500-600
I Rajput del Rajasthan,
provenienti da tre ceppi
etnici di ipotetiche origini
divine, formano 36 clan che
allargano il loro dominio su
tutto il territorio dello stato.
RICHARD I’ANSON / LONELY PLANET IMAGES ©
L’età d’oro dei Gupta, il
secondo dei grandi imperi
indiani, è caratterizzata da
una grande creatività nella
letteratura e nelle arti.
785
S to ria I l n o rd musulman o
Nell’estremo sud, i Pallava furono la prima dinastia a elaborare uno
stile architettonico esuberante e quasi barocco, il cosiddetto stile dravidico. Si trovano resti di edifici del dominio pallava per tutto il Tamil
Nadu, compresi i templi della capitale pallava a Kanchipuram.
La prosperità economica delle regioni meridionali si basava da sempre sui legami commerciali stabiliti con altre civiltà, tra cui gli egizi e i
romani; in cambio di spezie, perle, avorio e seta, gli indiani ricevevano
oro dai romani. I mercanti indiani estesero la loro influenza anche al
Sud-est asiatico, ma nell’850 i Chola salirono al potere soppiantando i
Pallava e cominciarono subito a trasformare i rapporti commerciali nel
sud del continente in conquiste territoriali. Con il regno di Rajaraja I
(985-1014), i Chola arrivarono a controllare quasi per intero l’India del
Sud, l’altopiano del Deccan, lo Sri Lanka, aree della penisola malese e
il regno degli Srivijaya con capitale a Sumatra.
Oltre a interessarsi all’espansione politica ed economica, l’impero
dei Chola produsse d’altra parte interessanti testimonianze in campo
artistico. I Chola ci hanno lasciato alcuni dei più sofisticati esempi
di architettura dravidica, di cui i più interessanti sono il sublime
Brihadishwara Temple di Thanjavur e l’incredibile Nataraja Temple di
Chidambaram, costruiti nelle antiche capitali del loro regno.
Durante tutto questo periodo l’hinduismo rimase alla base della
cultura dell’India meridionale.
»» Hawa Mahal (p107), Jaipur
786
S to ria I l N o rd inc o ntra il S ud
Nei suoi 800 anni
di vita, il Qutb
Minar è stato
danneggiato da
due fulmini e un
terremoto ed è
stato ristrutturato
e ricostruito da
quattro sultani,
un maggiore
dell’esercito
britannico e un
governatore
generale.
Dopo la morte di Mahmud, avvenuta nel 1033, Ghazni fu conquistata dai Selgiuchidi e successivamente dai Ghuridi, provenienti
dall’Afghanistan occidentale e anche loro interessati al prezioso
bottino indiano. I Ghuridi si distinguevano per la loro brutalità,
tanto che il loro generale Ala-ud-din era soprannominato ‘Colui che
brucia il mondo’.
Nel 1191 Mohammed di Ghur avanzò ulteriormente in India e combatté un’importante battaglia contro una federazione di sovrani hindu.
In quell’occasione fu sconfitto, ma l’anno seguente ritornò e sbaragliò i
nemici. Uno dei suoi generali, Qutb-ud-din, riuscì a conquistare Delhi
e ricevette l’incarico di governatore della città – il complesso di Qutb
Minar (p97) fu costruito proprio durante il suo regno. Un impero islamico
indipendente venne fondato nel Bengala e in breve tempo quasi tutta
l’India settentrionale si ritrovò sotto il dominio musulmano.
Alla morte di Mohammed nel 1206, Qutb-ud-din divenne il primo
sultano di Delhi. Il suo successore, Iltutmish, riportò il Bengala sotto
il potere centrale e difese l’impero da un tentativo di invasione da
parte dei mongoli. Nel 1296 salì al potere Ala-ud-din Khilji, che iniziò a premere ai confini meridionali, respingendo al contempo altri
attacchi mongoli.
Il Nord incontra il Sud
Ala-ud-din morì nel 1320 e nel 1324 salì al trono Mohammed Tughlaq.
Nel 1328 Tughlaq espugnò le roccaforti meridionali dell’impero Hoysala,
che aveva i suoi centri a Belur, Halebid e Somnathpur. L’India intera
sembrava ormai una facile conquista.
Tuttavia, anche se sotto il regno di Tughlaq l’impero islamico avrebbe
raggiunto la sua massima estensione, l’inestinguibile ambizione del
sovrano piantò anche i semi della sua disintegrazione. Questo perché,
differenza dei suoi predecessori, tra cui grandi leader come Ashoka,
Tughlaq sognava non solo di estendere la sua influenza indiretta sull’India meridionale, ma anche di controllarla come parte del suo impero.
A questo scopo, dopo una serie di campagne di successo, Tughlaq
decise di trasferire la capitale da Delhi in una località più centrale. La
nuova capitale, chiamata Daulatabad, era vicina a Aurangabad, nel
Maharashtra. Non essendo uomo di mezze misure, Tughlaq cercò di
popolarla trasferendo forzatamente l’intera popolazione di Delhi 1100 km
più a sud, ma sottovalutò l’impresa provocando in questo modo la perdita
di un gran numero di vite umane. Nel frattempo aveva capito che la
mossa aveva lasciato indifesa la zona settentrionale del paese, quindi
decise di riportare nuovamente la capitale a nord. La maestosa fortezza
di Daulatabad si erge sulla cima di una collina come unico testimone
sopravvissuto alla visione megalomane di questo sovrano.
610
Il profeta Maometto fonda
l’islam. Invitati a rispondere al
comando di Allah e ad adottare
la nuova religione, gli abitanti
della Mecca si uniscono
al profeta e cominciano a
diffondere la nuova religione.
850
L’impero dei Chola sale al
potere nell’India del Sud,
diventando una presenza
economica e militare
formidabile sotto il governo
di Rajaraja Chola I e di suo
figlio Rajendra Chola I.
1026
Mahmud di Ghazni mette
a ferro e fuoco per l’ultima
volta l’India, questa volta
razziando il tempio hindu
Somnath nel Gujarat, dove
volutamente distrugge gli
idoli con le proprie mani.
I Moghul
Mentre l’impero hindu di Vijayanagar, nell’India meridionale, era ormai
in fase di declino, nasceva un altro grande impero, quello dei Moghul, che
all’epoca del suo apogeo arrivò a regnare su quasi tutto il subcontinente.
La sua importanza, tuttavia, non risiedeva unicamente nella vastità dei
suoi territori: gli imperatori moghul furono infatti promotori di un’età
d’oro per le arti e la letteratura. Ma non solo: grazie alla loro passione
per l’architettura, in questo periodo vennero realizzati alcuni dei palazzi
più pregevoli dell’India, come il magnifico Taj Mahal (p371) eretto da Shah
Jahan, considerato una delle meraviglie del mondo.
Il fondatore della dinastia dei Moghul fu Babur, che regnò dal 1526 al
1530 ed era un discendente sia di Gengis Khan sia di Tamerlano. Nel 1525,
forte del suo illustre lignaggio, marciò fino al Punjab dalla sua capitale
a Kabul e, grazie alla rivoluzionaria introduzione delle armi da fuoco e
alla sua consumata abilità nell’utilizzo dell’artiglieria e della cavalleria,
sconfisse l’esercito del sultano di Delhi (che pure era numericamente
superiore) nella battaglia di Panipat nel 1526.
Il successo dell’impresa bellica del padre non impedì però che il figlio
Humayun (che regnò dal 1530 al 1556) venisse sconfitto nel 1539 da un
potente sovrano dell’India orientale, Sher Shah, e fosse quindi costretto
a ritirarsi in Iran. Alla morte di Sher Shah nel 1545, Humayun tornò per
appropriarsi del suo regno e nel 1555 riconquistò Delhi. L’anno seguente
morì, ma il giovane figlio Akbar che gli succedette sul trono riuscì nel
corso dei suoi 49 anni di regno (dal 1556 al 1605) a consolidare l’impero
e ad ampliarne notevolmente i confini.
Tenendo fede al proprio nome (che in arabo significa ‘grande’), Akbar
fu probabilmente il più grande degli imperatori moghul, non solo per le
1192
Prithviraj Chauhan cede
Delhi a Mohammed di
Ghur, segnando così la fine
della preminenza hindu
nella regione e lasciandola
esposta alle invasioni
musulmane da nord-ovest.
1206
Mohammed viene ucciso
mentre prega nel viaggio di
ritorno a Ghazni da Lahore.
In assenza di un erede, il suo
regno è usurpato dai generali.
Nasce il sultanato di Delhi.
787
Nella terra dei
Moghul bianchi.
Amore, tradimento e morte
nell’India coloniale
di William Dalrymple (Rizzoli,
Milano 2002)
narra la storia
vera di un soldato
della Compagnia
delle Indie Orientali che sposò
una principessa
indiana di fede
musulmana: una
storia d’amore
con un esito
tragico, in cui si
intrecciano intrighi, spionaggio e
politica.
XIII secolo
I Pandya, una dinastia tamil
risalente al VI secolo a.C.,
prendono il controllo dei
territori dei Chola, e partendo
dalla loro capitale nel Madurai
si espandono in Andhra
Pradesh, Kalinga (Odisha
[Orissa]) e Sri Lanka.
S to ria I M oghul
I giorni dell’impero dei Ghur, infatti, erano ormai contati. L’ultimo
dei grandi sultani di Delhi, Firoz Shah, morì nel 1388 e il destino del
sultanato venne segnato definitivamente nel 1398, quando il mongolo
Timur (Tamerlano) partì da Samarcanda (in Asia centrale) per compiere
una devastante incursione nel subcontinente. Nel saccheggio di Delhi
in particolare Tamerlano diede prova di una ferocia senza misericordia:
alcuni racconti parlano dell’uccisione di ogni abitante hindu della città.
Il sud, dopo il ritiro di Tughlaq, si frammentò in più regni. I più
importanti furono il sultanato musulmano di Bahmani, che emerse nel
1345 e stabilì la sua capitale a Gulbarga e più tardi a Bidar, e l’impero
hindu di Vijayanagar, fondato nel 1336 con capitale a Hampi. I conflitti
tra i due regni sfociarono nei più sanguinosi episodi di violenza tra
comunità di civili mai verificatisi in India, ma non portarono a nulla
per tutti i due secoli seguenti, quando i Moghul inaugurarono infine
un’epoca più illuminata.
788
sue doti militari, ma anche perché era un uomo colto e saggio, dotato di
un forte senso della giustizia. Diversamente dai sovrani musulmani che
l’avevano preceduto, infatti, egli comprese che gli hindu erano troppo
numerosi per essere soggiogati. E, benché il suo operato non risulti del
tutto limpido per via dei massacri di Panipat e Chitrod, Akbar è tuttora
ricordato per aver integrato gli hindu nel suo impero, impiegandoli
come consiglieri, generali e amministratori. Akbar nutriva anche un
profondo interesse per le questioni religiose e amava trascorrere molte
S to ria I M oghul
LA BATTAGLIA PER L’ANIMA DELL’INDIA
Nato come un’alleanza di regni hindu per contrastare la minaccia musulmana, l’impero di Vijayanagar crebbe rapidamente diventando uno dei più ricchi e influenti regni
hindu, che sotto il dominio di Bukka I (circa 1343-79) controllava ormai la maggior
parte dell’India del Sud.
Il suo predominio venne a lungo conteso dal sultanato di Bahmani, situato anch’esso nell’India del Sud e, se a volte l’esercito di Vijayanagar riuscì ad avere la meglio,
in genere furono i soldati del Bahmani a infliggere ai nemici le peggiori sconfitte. Le
atrocità commesse da entrambe le parti sono difficili anche solo da immaginare. Nel
1366, per esempio, Bukka I rispose a quella che percepì come un’offesa conquistando la roccaforte musulmana di Mudkal e uccidendo praticamente ogni abitante tranne uno, che riuscì a scappare e a portare la notizia dell’attacco al sultano Mohammad
Shah. Mohammad giurò che non si sarebbe fermato fino a quando non avesse ucciso
100.000 hindu, ma, secondo lo storico musulmano del XVII secolo Firishtah, furono
500.000 gli ‘infedeli’ uccisi nella campagna militare che seguì.
In qualche modo Vijayanagar riuscì a sopravvivere, finché nel 1482, a seguito di
un insieme di intrighi politici e complotti all’interno della corte reale, il sultanato del
Bahmani si disintegrò in cinque regni diversi, ognuno insediato in una città – Berar,
Ahmednagar, Bijapur, Golconda e Ahmedabad. Fra queste, Bijapur e Bidar ancora
vantano eccezionali tracce del dominio islamico. L’impero hindu, che incontrò ben
poca opposizione nel nord del paese, godette allora di un’età d’oro e di potere supremo nel sud, finché nel 1520 il re hindu Krishnadevaraya riuscì persino a conquistare
Bijapur.
Come quelli del Bahmani, tuttavia, anche i problemi interni di Vijavanagar vennero
infine alla luce. Destino volle che una serie di sollevazioni dividesse il regno proprio
mentre i sultanati musulmani stavano cominciando a formare una nuova alleanza.
Nel 1565 una coalizione di eserciti islamici sconfisse quindi gli eserciti hindu nella
battaglia di Talikota e Hampi venne distrutta. Anche se l’ultimo della linea regnante di
Vijayanagar riuscì a fuggire e la dinastia si perpetuò per diversi anni ancora, il potere
reale passò ai governanti musulmani locali o ai capi delle tribù hindu un tempo leali
ai re di Vijayanagar. Uno dei periodi più crudeli e controversi dell’India finì quando
anche i regni del Bahmani capitolarono di fronte ai Moghul.
1321
I Tughlaq prendono il potere a
Delhi. Mohammed bin Tughlaq
espande l’impero ma viene
ricordato per mosse politiche
discutibili: spostare la capitale
a Daulatabad e creare una
moneta facile da contraffare.
1336
Anno di fondazione del
potente impero di Vijayanagar,
chiamato così dal nome della
sua capitale, le cui rovine sono
visibili oggi nei pressi di Hampi
(nell’odierno Karnataka).
1398
Timur (Tamerlano) invade
Delhi, con il pretesto che i
sultani di Delhi sono troppo
tolleranti con i loro sudditi
hindu. Prima della battaglia
mette a morte decine di
migliaia di prigionieri hindu.
I Rajput e i Maratha
Durante l’epoca dei Moghul alcuni regni hindu, in particolare quello
dei Rajput, conservarono la loro sovranità. I Rajput, che avevano il
loro centro nel Rajasthan, erano una fiera casta di guerrieri con una
fede incrollabile nei dettami della cavalleria, tanto in battaglia quanto nella conduzione degli affari di stato. Essi si opposero a qualsiasi
invasione straniera nel loro territorio, ma non furono mai tanto uniti
né organizzati da riuscire ad affrontare per lungo tempo forze a loro
superiori. Inoltre, quando non combattevano contro oppressori stra-
1469
Guru Nanak, fondatore
del sikhismo – che ancora
oggi ha milioni di seguaci
in tutto il mondo – nasce
in un villaggio vicino a
Lahore (oggi in Pakistan).
1498
L’esploratore portoghese
Vasco da Gama scopre
la rotta per l’India. Arriva
nell’odierno stato del Kerala
e inizia a commerciare con
l’aristocrazia locale.
789
S to ria I R ajput e i M aratha
ore a discutere con esperti di tutte le confessioni, compresi cristiani e
parsi (seguaci di Zoroastro).
Alla morte di Akbar salì al trono Jehangir (che regnò dal 1605 al
1627). Nonostante diversi attacchi perpetrati contro l’autorità stessa
del sovrano, durante il suo regno l’impero rimase più o meno intatto.
Nei periodi di stabilità Jehangir non si lasciava sfuggire l’opportunità
di recarsi nel suo amato Kashmir e nel 1627 morì proprio mentre era
in viaggio verso questa regione. Gli succedette il figlio Shah Jahan,
che si assicurò il titolo di imperatore (ricoperto dal 1627 al 1658)
giustiziando tutti i parenti maschi che avrebbero potuto insidiarlo.
Durante il suo regno furono costruiti alcuni degli edifici che avrebbero
testimoniato nei secoli la gloria dei Moghul: oltre al Taj Mahal, Shah
Jahan fece costruire anche il possente Red Fort (Lal Qila) di Delhi
(p54) e trasformò l’Agra Fort (p374) nel palazzo che in seguito sarebbe
diventato la sua prigione.
L’imperatore fu infatti imprigionato dall’ultimo dei grandi sovrani
moghul, il figlio Aurangzeb, che salì al trono nel 1658 dopo due anni
di lotte contro i suoi fratelli e regnò fino al 1707. Aurangzeb dedicò le
proprie risorse all’ampliamento dei confini dell’impero, ma cadde nello
stesso errore commesso da Mohammed Tughlaq circa 300 anni prima.
Anch’egli infatti cercò di trasferire la capitale a sud, ad Aurangabad,
ma soprattutto impose pesanti tasse alla popolazione per finanziare
l’esercito. La decadenza della vita di corte e lo scontento della popolazione hindu, provocato dall’aumento delle imposte e dall’intolleranza
religiosa, finirono così per indebolire considerevolmente il suo potere.
Il sovrano si ritrovò anche ad affrontare serie minacce dall’esterno,
come i Maratha nell’India centrale, ma soprattutto gli inglesi nel
Bengala. Dopo la sua morte nel 1707, le sorti dell’impero subirono
quindi un brusco declino finché, nel 1739, Delhi venne saccheggiata
dal persiano Nadir Shah. Gli ‘imperatori’ moghul continuarono a
regnare formalmente fino alla prima guerra di indipedenza indiana
(detta anche ‘la ribellione indiana’) del 1857, ma ormai erano di fatto
sovrani senza un impero.
Amar Chitra
Katha, un editore
molto noto
per i suoi libri
di fumetti su
personaggi del
folklore, della
mitologia e della
storia indiana, ha
in catalogo diversi
libri su Shivaji, tra
cui Shivaji – The
Great Maratha,
Tales of Shivaji
e Tanaji, the
Maratha Lion,
sull’amico di
Shivaji, suo compagno in armi.
1526
Babur conquista Delhi e
diviene il primo imperatore
moghul. Travolge il Rajasthan
reindirizzando la forza della
confederazione e grazie
al vantaggio tecnologico
dei moschetti a miccia
tra i suoi soldati.
790
S to ria L’ espansi o ne del p o tere eur o pe o
I nizam di Hyderabad dominarono
il loro vasto
stato dell’India
centrale dal 1720
fino all’indipendenza – prima
sotto il controllo
dei Moghul e poi
come governanti
autonomi – ed
erano noti per la
loro ricchezza,
la loro passione
per l’architettura,
la poesia e le
pietre preziose e,
quando l’India si
emancipò dagli
inglesi, per la loro
determinazione
a rimanere
indipendenti.
nieri, disperdevano le loro energie in lotte intestine, cosicché i loro
territori finirono per diventare stati vassalli del regno dei Moghul.
La loro prodezza in battaglia era tuttavia ampiamente riconosciuta
e alcuni dei migliori uomini degli eserciti degli imperatori moghul
provenivano proprio dalle fila dei Rajput.
I Maratha erano meno votati alla guerra, ma si rivelarono ben più
accorti. Acquisirono importanza grazie al carisma del loro capo Shivaji,
che conquistò il consenso della popolazione difendendo la causa degli
hindu contro i dominatori musulmani. Fra il 1646 e il 1680 Shivaji portò
a termine più di un’impresa contro i Moghul in gran parte dell’India
centrale. In un’occasione venne catturato e condotto ad Agra, ma riuscì a fuggire e a proseguire nelle sue imprese, tanto che ancora oggi i
cantastorie ne raccontano le avventure. Shivaji è considerato un eroe
soprattutto nel Maharashtra, dove ebbero luogo alcune delle sue imprese
più estreme (il suo nome è ovunque a Mumbai), ed è venerato anche
perché, pur appartenendo a una delle caste più basse (quella degli shudra), riuscì a diventare un grande condottiero, dimostrando così che un
leader non doveva necessariamente provenire dalla casta dei kshatriya
(soldati o funzionari).
Il figlio di Shivaji venne tuttavia catturato, accecato e giustiziato
dal sovrano moghul Aurangzeb e il nipote non era altrettanto determinato dei suoi predecessori; per questo motivo l’impero dei Maratha
proseguì sotto la guida dei Peshwa, i ministri ereditari che ne divennero gli effettivi governanti. I Peshwa riuscirono a consolidare il loro
potere a discapito dei Moghul, il cui impero andava indebolendosi,
dapprima inviando in loro aiuto le proprie truppe e successivamente
assumendo il diretto controllo dei loro territori.
L’espansione dei Maratha si interruppe bruscamente nel 1761 a
Panipat. Nella città in cui Babur, oltre 200 anni prima, aveva vinto la
battaglia che aveva segnato l’inizio dell’impero dei Moghul, i Maratha
furono sconfitti da Ahmad Shah Durani, proveniente dall’Afghanistan.
L’espansione dei Maratha verso ovest quindi si arrestò, benché il loro
potere si consolidasse nell’India centrale e nella regione nota con il nome
di Malwa. I Maratha dovettero infine soccombere all’ultima potenza
imperiale dell’India, gli inglesi.
L’espansione del potere europeo
L’Inghilterra non fu la prima potenza coloniale europea ad arrivare in
India, né l’ultima a lasciarla: entrambi gli ‘onori’ spettano ai portoghesi.
Nel 1498 Vasco da Gama giunse sulla costa dell’attuale Kerala, nell’India
del Sud, dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza e la nuova rotta
garantì ai portoghesi un secolo di monopolio commerciale tra l’Europa,
l’India e l’Estremo Oriente. Per primi arrivarono Francisco de Almeida
1540
La dinastia dei Sur strappa
per un breve periodo Delhi
ai Moghul. La sconfitta di
Humayun nella battaglia di
Kanauj per mano di Sher
Shah Suri costringe i Moghul
a chiedere aiuto ai Rajput.
1556
Hemu, un generale hindu,
conquista Delhi dopo la morte
accidentale di Humayun. Perde
il potere un mese dopo a favore
di Akbar, che lo sconfigge nella
seconda battaglia di Panipat.
1600
Elisabetta I accorda la prima
autorizzazione commerciale
alla Compagnia delle Indie
Orientali il 31 dicembre; il
viaggio inaugurale l’anno
successivo verrà guidato
da Sir James Lancaster.